Sentenza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'articolo  1,  comma
24-bis, del  decreto-legge  18  maggio  2006,  n.  181  (Disposizioni
urgenti in materia di riordino delle  attribuzioni  della  Presidenza
del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri), convertito in legge, con
modificazioni, dalla legge 17  luglio  2006,  n.  233,  promosso  dal
Tribunale  ordinario  di  Roma,  sezione  lavoro,  nel   procedimento
vertente tra E.M.M. ed  il  Ministero  dello  sviluppo  economico  ed
altra, con ordinanza del 2 ottobre  2008,  iscritta  al  n.  154  del
registro ordinanze 2009 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 22, 1ª serie speciale, dell'anno 2009. 
    Visti gli atti di costituzione  di  E.M.M.  e  di  R.L.,  nonche'
l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; 
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  6  ottobre  2010  il  giudice
relatore Alfonso Quaranta; 
    Uditi gli avvocati Massimo Coccia  e  Luca  Pardo  per  E.M.M.  e
l'avvocato dello Stato  Gabriella  D'Avanzo  per  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Con ordinanza del 2 ottobre 2008 il Tribunale  ordinario  di
Roma,  sezione  lavoro,  ha  sollevato  questione   di   legittimita'
costituzionale dell'articolo 1, comma 24-bis,  del  decreto-legge  18
maggio 2006, n. 181 (Disposizioni  urgenti  in  materia  di  riordino
delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri e  dei
Ministeri), convertito in legge, con modificazioni,  dalla  legge  17
luglio 2006, n. 233, per asserito contrasto con gli articoli 97 e  98
della Costituzione. 
    Il giudice remittente espone che la ricorrente, dott.ssa  E.M.M.,
aveva chiesto, con ricorso proposto ai sensi dell'art. 700 del codice
di procedura civile, di essere reintegrata nell'incarico di direttore
dell'ufficio di Gabinetto del Ministro dello sviluppo economico e nel
relativo  contratto  individuale  di  lavoro.  In   particolare,   la
ricorrente aveva dedotto che tale incarico le  era  stato  conferito,
secondo  quanto  previsto  dall'art.  19,  comma   4,   del   decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165  (Norme  generali  sull'ordinamento
del lavoro alle  dipendenze  delle  amministrazioni  pubbliche),  con
decreto del Presidente del Consiglio  dei  ministri  del  17  gennaio
2008, per la durata di quattro anni a decorrere dal 14 gennaio  2008.
Con successiva nota del 23 maggio 2008  il  Ministro  dello  sviluppo
economico le aveva comunicato, «per mera  conoscenza»,  la  decadenza
immediata dall'incarico dirigenziale generale in  applicazione  della
norma censurata,  secondo  la  quale  «all'atto  del  giuramento  del
Ministro, tutte  le  assegnazioni  di  personale,  ivi  compresi  gli
incarichi  anche  di  livello  dirigenziale  e  le  consulenze  e   i
contratti, anche a termine», conferiti nell'ambito  degli  uffici  di
diretta collaborazione «decadono automaticamente ove  non  confermati
entro trenta giorni dal giuramento del nuovo Ministro». Il successivo
comma  24-ter  dell'art.  1  stabilisce  che:  «il  termine  di   cui
all'articolo 14, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo  2001,  n.
165, come modificato dal comma 24-bis del presente articolo, decorre,
rispetto al giuramento dei Ministri in carica alla data di entrata in
vigore della legge di  conversione  del  presente  decreto,  da  tale
ultima data. Sono  fatti  salvi,  comunque,  le  assegnazioni  e  gli
incarichi conferiti successivamente al 17 maggio 2006». 
    Il giudice a quo  riferisce,  inoltre,  di  avere  disposto,  con
ordinanza del 13 agosto 2008, la integrazione del contraddittorio nei
confronti della controinteressata, dott.ssa R.L., nominata  in  luogo
della ricorrente. 
    1.1. - Cio' premesso, il giudice a quo osserva, sotto il  profilo
della rilevanza della questione, che nella controversia in esame  non
potrebbe trovare applicazione, come  ritenuto  dalla  ricorrente,  il
riportato comma 24-ter, in quanto detta norma «disciplina un  profilo
di diritto intertemporale, connesso all'emanazione del  decreto-legge
n. 181 del 2006 a seguito del mutamento della  compagine  governativa
(entrata in carica del Governo presieduto  dall'onorevole  Prodi)  e,
quindi, con riferimento, sostanzialmente, agli incarichi dirigenziali
conferiti  dal  precedente  Governo».  Ne  consegue  che   troverebbe
applicazione  il  censurato  art.   1,   comma   24-bis,   il   quale
precluderebbe   la   reintegra   della    ricorrente    nell'incarico
dirigenziale di livello generale. 
    Si aggiunge, inoltre,  che,  contrariamente  a  quanto  sostenuto
dalla  controinteressata,  l'incarico  in  questione   non   potrebbe
ritenersi di diretta collaborazione. Gli artt.  2,  3,  6,  e  7  del
decreto del Presidente della Repubblica 20  settembre  2007,  n.  187
(Regolamento di organizzazione degli uffici di diretta collaborazione
del Ministro  dello  sviluppo  economico),  infatti,  «nell'enumerare
l'ufficio di diretta  collaborazione  del  Ministro  comprende  anche
l'ufficio di Gabinetto, ma  ne  individua  quale  titolare  il  "capo
dell'ufficio di Gabinetto", con il  quale  viene  ad  instaurarsi  un
rapporto di fiducia politica e non soltanto tecnica»; all'ufficio  di
Gabinetto, prosegue il remittente, «sono quindi, come pure agli altri
uffici, preposti dei dirigenti generali, quale "personale di  diretta
collaborazione", con i quali  si  instaura  un  rapporto  di  fiducia
tecnica». 
    1.2. - Alla luce di quanto sopra, il giudice remittente assume il
contrasto della norma impugnata con gli articoli 97 e  98  Cost.,  in
quanto tale norma, come affermato dalla Corte costituzionale  con  le
sentenze n. 103 del  2007  e  n.  161  del  2008,  «determinando  una
interruzione automatica del rapporto di ufficio ancora in corso prima
dello spirare del termine stabilito, viola, in  carenza  di  garanzie
procedimentali,   il   principio   costituzionale   di    continuita'
dell'azione amministrativa che e' strettamente correlato a quello  di
buon andamento dell'azione stessa». 
    1.3. - Il  giudice  a  quo  conclude  affermando,  «in  punto  di
rilevanza  della  questione»,  che  sussisterebbe  il  requisito  del
pregiudizio  grave  e  irreparabile  per  la  ricorrente,  posto  che
l'incarico e' stato conferito ad altro  dirigente,  con  assegnazione
della ricorrente ad un incarico di seconda  fascia,  il  che  avrebbe
determinato  «prevedibili  effetti  negativi   sulla   sua   immagine
professionale e verosimili  ricadute  non  positive  sul  suo  futuro
sviluppo di carriera (ovvero sulla possibilita'  di  attribuzione  di
ulteriori incarichi)»; inoltre, la documentazione  medica  depositata
testimonierebbe «uno stato di disagio  psicosomatico,  verosimilmente
riconducibile  alla  repentina   cessazione   dell'incarico   stesso,
concretizzando in tale modo un pregiudizio non  ristorabile  soltanto
in via economica». 
    Si deduce, infine, come, alla luce  della  stessa  giurisprudenza
costituzionale (citata sentenza  n.  161  del  2008),  sia  possibile
sollevare questione  di  costituzionalita'  anche  nel  corso  di  un
procedimento instaurato ai sensi dell'art. 700 cod. prov. civ. 
    2. - E' intervenuto in giudizio il Presidente del  Consiglio  dei
ministri, assumendo che la questione proposta non sarebbe fondata. 
    Si rileva, innanzitutto, come sia inconferente il  richiamo  alla
sentenza n. 103 del 2007 della Corte costituzionale. 
    Con tale sentenza e' stata dichiarata, infatti,  l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 3, comma 7, della legge 15 luglio  2002,  n.
145 (Disposizioni per il  riordino  della  dirigenza  statale  e  per
favorire lo scambio di esperienze  e  l'interazione  tra  pubblico  e
privato),  che  prevedeva  un  sistema  di  cessazione  automatica  e
generalizzata degli incarichi una tantum. 
    La normativa impugnata contemplerebbe una disciplina diversa,  in
primo luogo, perche' la decadenza dall'incarico e'  subordinata  alla
mancata conferma da parte  dell'amministrazione;  in  secondo  luogo,
perche' il  meccanismo  previsto  opera  soltanto  nell'ambito  degli
uffici di  diretta  collaborazione  con  il  Ministro  (tra  i  quali
certamente rientra anche l'ufficio di Gabinetto che la ricorrente era
stata chiamata a dirigere); infine, perche' non e' stato  contemplato
un sistema di spoils system una tantum, bensi' un sistema  che  opera
solo quando vi sia un cambio di vertice del Ministero con  la  nomina
di un nuovo Ministro. 
    Tali differenziazioni, sottolinea sempre la difesa  dello  Stato,
sarebbero, inoltre, idonee a rendere la disposizione censurata immune
dai vizi di costituzionalita' denunciati dal giudice a quo. 
    Analoghe considerazioni varrebbero in ordine al richiamo  operato
dal Tribunale remittente alla sentenza n. 161 del  2008  della  Corte
costituzionale. 
    La difesa dello Stato rileva, poi, come non sarebbe configurabile
la distinzione, operata  nell'ordinanza  di  rimessione,  nell'ambito
degli uffici di diretta collaborazione, tra ruoli che  implicano  una
fiducia politica e ruoli che implicano una fiducia tecnica.  Infatti,
si osserva  come  cio'  che  distinguerebbe  gli  uffici  di  diretta
collaborazione (cosiddetti uffici di  staff)  da  quelli  incardinati
nella struttura del Ministero (cosiddetti  uffici  di  line)  sarebbe
«l'assenza per  i  primi  di  qualsivoglia  riferimento  a  parametri
codificati che costituiscano presupposto per ricoprire incarichi».  A
conferma di quanto riportato si rileva  che  la  normativa  impugnata
consentirebbe  la  nomina  intuitu  personae  in  uffici  di  diretta
collaborazione  e  cioe'  sulla   base   di   scelte   esclusivamente
fiduciarie, che, in quanto tali, non impongono il rispetto  dell'iter
previsto per il trasferimento del personale assegnato agli uffici  di
line. Inoltre, ancora secondo la difesa dello Stato, «negli uffici di
diretta collaborazione non si svolge alcuna attivita'  amministrativa
riferibile al rapporto ordinario di ufficio del dipendente con la sua
amministrazione di appartenenza, bensi' si collabora  nel  tenere  il
collegamento tra l'organo politico di vertice e la struttura che esso
e' chiamato a dirigere merce' l'incarico  di  Governo».  Inoltre,  in
presenza degli uffici che vengono in rilievo in questa  sede,  da  un
lato, i rapporti con l'esterno avvengono in  nome  e  per  conto  del
vertice politico, dall'altro, e' prevista  una  specifica  indennita'
volta a «compensare» non solo il «disagio  derivante  dal  dovere  di
effettuare la prestazione lavorativa al di fuori degli ordinari orari
di lavoro», ma anche  la  precarieta'  del  rapporto  fiduciario.  Ne
conseguirebbe che «non sono rinvenibili aspetti legati  all'ordinario
rapporto di servizio, sia in tema di giudizio sulla diligenza che  di
valutazione  delle  attitudini  a  svolgere  le  mansioni  ricoperte,
tant'e' che in nessun caso  la  rimozione  da  tali  uffici,  proprio
perche'  non  necessitante  di  motivazione,  e'  idonea   a   creare
conseguenze pregiudizievoli sulla carriera del soggetto interessato». 
    3. - Si e' costituita in giudizio la ricorrente  nel  giudizio  a
quo, la quale, sviluppando argomentazioni analoghe a quelle contenute
nell'ordinanza  di  rimessione,  ha  chiesto  che  la  questione   di
costituzionalita' sollevata venga accolta. 
    4. - Si e' costituita  in  giudizio  anche  la  controinteressata
costituita nel giudizio a quo, la  quale,  dopo  aver  ricordato,  in
punto di fatto, gli  aspetti  principali  della  vicenda  contenziosa
oggetto  del  giudizio  a  quo,  ha  dedotto  che  la  questione   di
costituzionalita' sarebbe inammissibile, in primo luogo,  perche'  il
giudice remittente non avrebbe reso esplicite le ragioni per le quali
assume la rilevanza e la non manifesta infondatezza  della  questione
sollevata; in secondo luogo, perche' la  ricorrente,  avendo  chiesto
che le venisse attribuito  l'incarico  revocato  e  non  un  incarico
equivalente,  avrebbe  dovuto  impugnare  l'atto  di   nomina   della
controinteressata in quell'incarico. A  tale  proposito,  si  osserva
come  gli  atti  di  revoca  e  di  nomina  siano  autonomi,  con  la
conseguenza che l'eventuale declaratoria di illegittimita' del  primo
non potrebbe comportare un travolgimento del secondo. 
    Nel merito la interveniente deduce anche  la  infondatezza  della
questione per ragioni analoghe  a  quelle  formulate  dall'Avvocatura
generale dello Stato. 
    5. - Nell'imminenza dell'udienza pubblica  l'Avvocatura  generale
dello Stato ha depositato una memoria con la  quale  ha  ribadito  le
argomentazioni difensive che deporrebbero per la  infondatezza  della
questione, aggiungendo che la stessa sarebbe anche inammissibile  per
difetto di rilevanza. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.  -  Il  Tribunale  ordinario  di  Roma,  sezione  lavoro,  con
ordinanza del 2 ottobre 2008, ha sollevato questione di  legittimita'
costituzionale dell'articolo 1, comma 24-bis,  del  decreto-legge  18
maggio 2006, n. 181 (Disposizioni  urgenti  in  materia  di  riordino
delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri e  dei
Ministeri), convertito in legge, con modificazioni,  dalla  legge  17
luglio 2006, n. 233, per asserito contrasto con gli articoli 97 e  98
della Costituzione. 
    In particolare, la norma censurata, modificando il secondo  comma
dell'art. 14 del decreto legislativo 30 marzo  2001,  n.  165  (Norme
generali  sull'ordinamento   del   lavoro   alle   dipendenze   delle
amministrazioni pubbliche), prevede che «all'atto del giuramento  del
Ministro, tutte  le  assegnazioni  di  personale,  ivi  compresi  gli
incarichi  anche  di  livello  dirigenziale  e  le  consulenze  e   i
contratti, anche a termine», conferiti nell'ambito  degli  uffici  di
diretta collaborazione, «decadono automaticamente ove non  confermati
entro trenta giorni dal giuramento del nuovo Ministro». 
    Secondo il giudice a quo, tale norma violerebbe gli artt. 97 e 98
Cost., in  quanto,  «determinando  una  interruzione  automatica  del
rapporto di ufficio ancora in corso prima dello spirare  del  termine
stabilito»,  sarebbe,  «in  carenza  di   garanzie   procedimentali»,
contraria «al principio  costituzionale  di  continuita'  dell'azione
amministrativa  che  e'  strettamente  correlato  a  quello  di  buon
andamento dell'azione stessa». 
    2. - Appare opportuno ricostruire, brevemente, la vicenda oggetto
del giudizio a quo. 
    Alla ricorrente era stato conferito, con decreto  del  Presidente
del Consiglio dei ministri del 17 gennaio 2008,  ai  sensi  dell'art.
19, comma 4, del d.lgs. n. 165  del  2001,  l'incarico  di  direttore
dell'ufficio di Gabinetto del Ministro dello sviluppo economico,  per
la durata di quattro anni; nel provvedimento  di  attribuzione  della
funzione dirigenziale era fatta comunque salva  l'applicazione  della
norma censurata. 
    Con nota del 23 maggio 2008 il Ministro le aveva comunicato, «per
mera conoscenza», la decadenza immediata  dell'incarico  dirigenziale
generale in attuazione della predetta norma. 
    A seguito di tale  comunicazione  la  ricorrente  aveva  proposto
ricorso ex art.  700  del  codice  di  procedura  civile  per  essere
reintegrata nel posto di lavoro. 
    3. - Preliminarmente devono  essere  esaminate  le  eccezioni  di
inammissibilita' sollevate dalla controinteressata,  sul  presupposto
della assenza di motivazione in ordine  alla  rilevanza  e  alla  non
manifesta  infondatezza  della  questione,  nonche'   della   mancata
contestazione del provvedimento di conferimento del proprio incarico. 
    A tale proposito, deve rilevarsi come  il  giudice  a  quo  abbia
adeguatamente indicato le ragioni che, a suo avviso, depongono per il
contrasto della norma con gli evocati parametri  costituzionali.  Per
quanto attiene, poi, al giudizio sulla rilevanza,  il  remittente  ha
addotto una motivazione non implausibile, senza che possa  essere  di
ostacolo l'omessa contestazione dell'incarico medio tempore assegnato
ad  altro  dirigente;   tale   ultimo   profilo   potrebbe   incidere
eventualmente soltanto sulle modalita' di tutela ottenibili all'esito
del giudizio. 
    4. - Nel merito, la questione non e' fondata. 
    5. - La norma impugnata contempla un  sistema  di  spoils  system
applicato alle assegnazioni di personale, compresi gli  incarichi  di
livello dirigenziale, conferiti nell'ambito degli uffici  di  diretta
collaborazione con il Ministro. 
    L'analisi  della  questione  sollevata   presuppone   che   siano
richiamati, in via preliminare, da un lato,  gli  orientamenti  della
giurisprudenza costituzionale in ordine al rapporto  tra  politica  e
amministrazione, dall'altro, le linee essenziali della normativa  che
definisce le funzioni esercitate  dai  Ministri  e  dagli  uffici  di
diretta collaborazione. Cio' al fine di stabilire quale sia la natura
dell'attivita' svolta dai predetti uffici e  quindi  la  loro  esatta
collocazione nel complessivo quadro dei rapporti tra  gli  organi  di
governo e quelli di gestione. 
    5.1. - In relazione al primo  profilo,  deve  rilevarsi  come  la
giurisprudenza costituzionale sia ormai  costante  nel  ritenere  che
debba essere assicurata una chiara distinzione tra funzioni politiche
e  funzioni  amministrative  di  tipo  dirigenziale,   al   fine   di
assicurare,  in  particolare,  la  piena  attuazione   dei   principi
costituzionali di buon andamento e di imparzialita' dell'azione della
pubblica amministrazione (art. 97 Cost.). Perche' possa  in  concreto
operare tale differenziazione di  compiti  e'  necessario,  altresi',
come puntualizzato da questa Corte, che il rapporto di  ufficio,  pur
se caratterizzato dalla temporaneita'  dell'incarico,  sia  connotato
«da specifiche garanzie, le quali presuppongono che esso sia regolato
in  modo  tale  da  assicurare»  l'effettivo  rispetto  dei  principi
consacrati dal citato art. 97 Cost. (sentenza n. 103  del  2007).  In
questa prospettiva i meccanismi di decadenza automatica dei  predetti
rapporti in corso si pongono in contrasto  con  l'indicato  parametro
costituzionale «in quanto  pregiudicano  la  continuita'  dell'azione
amministrativa,  introducono   in   quest'ultima   un   elemento   di
parzialita',   sottraggono   al    soggetto    dichiarato    decaduto
dall'incarico le garanzie del giusto  procedimento  e  svincolano  la
rimozione del dirigente  dall'accertamento  oggettivo  dei  risultati
conseguiti» (da ultimo, sentenze n. 224 e n. 34 del 2010). 
    5.2. - Con riferimento al secondo aspetto, e'  sufficiente  porre
in evidenza come l'art. 4, comma  1,  del  d.lgs.  n.  165  del  2001
attribuisca  agli  organi  di  governo  le  funzioni   di   indirizzo
politico-amministrativo, che si sostanziano,  in  particolare,  nella
definizione degli obiettivi  e  dei  programmi  da  attuare  e  nella
verifica   della    rispondenza    dei    risultati    dell'attivita'
amministrativa  e  della  gestione  agli  indirizzi   impartiti.   Il
successivo art. 14, comma 1, dello stesso decreto prevede,  poi,  che
spetta al Ministro, anche sulla base  delle  proposte  dei  dirigenti
generali, periodicamente: a) definire obiettivi, priorita',  piani  e
programmi da attuare ed emanare le conseguenti direttive generali per
l'attivita' amministrativa e per la gestione; b) assegnare, a ciascun
ufficio  di  livello  dirigenziale  generale,  una  quota-parte   del
bilancio dell'amministrazione, commisurata alle risorse  finanziarie,
riferibili  ai  procedimenti  o   subprocedimenti   attribuiti   alla
responsabilita' dell'ufficio, e agli oneri per il personale e per  le
risorse strumentali allo stesso assegnati (si veda la sentenza n. 103
del 2007). 
    Tali funzioni - una  volta  abbandonato  «il  modello  incentrato
esclusivamente sul principio della responsabilita' ministeriale,  che
negava, di regola,  attribuzioni  autonome  ed  esterne  agli  organi
burocratici» (citata sentenza n. 103  del  2007)  -  sono  nettamente
separate dall'attivita' gestionale che i dirigenti svolgono  mediante
apposite strutture organizzative (cosiddetti uffici di line). 
    In questo ambito, gli uffici di  diretta  collaborazione  con  il
Ministro (cosiddetti uffici di staff), nella  configurazione  che  di
essi ha dato la normativa vigente, svolgono una attivita' di supporto
strettamente  correlata  all'esercizio  delle  predette  funzioni  di
indirizzo politico-amministrativo. Lo stesso decreto  del  Presidente
della  Repubblica  20  settembre  2007,  n.   187   (Regolamento   di
organizzazione degli uffici di diretta  collaborazione  del  Ministro
dello  sviluppo  economico),  vigente  al  momento   della   adozione
dell'ordinanza di rimessione, prevedeva, al primo comma dell'art.  2,
la facolta' del Ministro di avvalersi «per l'esercizio delle funzioni
ad esso attribuite dagli articoli 4 e 14 del decreto  legislativo  n.
165  del  2001,  degli  uffici  di  diretta  collaborazione».  Si  e'
precisato, inoltre, che detti uffici  «esercitano  le  competenze  di
supporto all'organo di direzione politica e di raccordo tra questo  e
l'amministrazione, collaborando alla definizione degli  obiettivi  ed
all'elaborazione delle politiche  pubbliche,  nonche'  alla  relativa
valutazione  ed  alle  connesse  attivita'  di   comunicazione,   con
particolare riguardo all'analisi dell'impatto normativo,  all'analisi
costi-benefici ed alla congruenza  fra  obiettivi  e  risultati»  (in
questo senso anche l'art. 2 del  d.P.R.  28  novembre  2008  n.  198,
recante «Regolamento di definizione della struttura degli  uffici  di
diretta collaborazione del Ministro dello sviluppo economico», che ha
sostituito integralmente il d.P.R. n. 187 del 2007). 
    5.3. - Alla luce di quanto  sopra,  emerge  come  gli  uffici  di
diretta collaborazione svolgano un'attivita' strumentale  rispetto  a
quella esercitata dal Ministro, collocandosi, conseguentemente, in un
contesto diverso da quello proprio degli  organi  burocratici.  Detti
uffici, infatti, sono collocati in un ambito organizzativo  riservato
all'attivita' politica con compiti di supporto delle stesse  funzioni
di governo e di  raccordo  tra  queste  e  quelle  amministrative  di
competenza dei dirigenti. 
    In questa  prospettiva,  non  assume  rilievo,  contrariamente  a
quanto sostenuto dal remittente, la  distinzione  funzionale  tra  le
attribuzioni del Ministero e quelle degli uffici in  esame,  dovendo,
al contrario,  sussistere  tra  loro  una  intima  compenetrazione  e
coesione  che  giustifichi  un   rapporto   strettamente   fiduciario
finalizzato     alla     compiuta     definizione      dell'indirizzo
politico-amministrativo. 
    La separazione di funzioni, che la giurisprudenza di questa Corte
ha ritenuto necessaria per assicurare il  rispetto,  in  particolare,
dei  principi  costituzionali  di  buon  andamento  e   imparzialita'
dell'azione  amministrativa,  deve   essere   assicurata,   pertanto,
esclusivamente tra l'attivita' svolta dai Ministri, con  il  supporto
degli uffici di diretta collaborazione,  e  quella  esercitata  dagli
organi burocratici, cui spetta la funzione di amministrazione attiva. 
    5.4. - Chiarito cio', deve ritenersi non difforme  dagli  evocati
parametri  costituzionali  la  norma,  contenuta  nella  disposizione
censurata, che prevede la interruzione del rapporto in corso  con  il
personale, compreso quello dirigenziale,  assegnato  agli  uffici  di
diretta  collaborazione  al  momento  del  giuramento  di  un   nuovo
Ministro, ove non  confermato  entro  trenta  giorni  dal  giuramento
stesso. La previsione in esame, infatti, si giustifica in ragione del
rapporto strettamente fiduciario che deve sussistere tra l'organo  di
governo e tutto il personale di  cui  esso  si  avvale  per  svolgere
l'attivita' di  indirizzo  politico-amministrativo.  Al  momento  del
cambio  nella  direzione  del  Ministero  e',   pertanto,   legittimo
prevedere l'azzeramento degli incarichi esistenti, che possono essere
confermati qualora il Ministro stesso ritenga  che  il  personale  in
servizio possa godere della sua fiducia. 
    In definitiva, cosi'  come  la  nomina  del  personale,  compreso
quello dirigenziale, puo' avvenire, in base alla  normativa  vigente,
intuitu personae, senza predeterminazione di  alcun  rigido  criterio
che debba essere osservato nell'adozione  dell'atto  di  assegnazione
all'ufficio, allo stesso modo, e  simmetricamente,  e'  possibile  in
qualunque momento interrompere  il  rapporto  in  corso  qualora  sia
venuta meno la fiducia che deve caratterizzare in maniera costante lo
svolgimento del rapporto stesso. 
    Per  le  ragioni  indicate,  pertanto,  non  e'  ravvisabile   il
denunciato contrasto della norma censurata con gli evocati  parametri
costituzionali. 
    5.5. - Ne' si potrebbe obiettare, come fa il giudice a  quo,  che
quanto sin qui esposto  non  varrebbe  per  tutto  il  personale,  ma
soltanto, avendo riguardo alla specifica controversia in  esame,  per
il capo di Gabinetto. 
    L'attuale configurazione degli uffici di  diretta  collaborazione
impedisce, infatti, in linea con i  compiti  ad  essi  assegnati,  di
scindere l'attivita' di  chi  svolge  funzioni  «apicali»  da  quella
espletata dal personale addetto allo stesso  ufficio.  Non  e'  senza
rilievo che l'art. 3  del  d.P.R.  n.  198  del  2008  prescrive  che
«l'ufficio  di  Gabinetto  coadiuva  il  capo  di  Gabinetto  per  le
competenze proprie e per quelle delegate dal Ministro.  L'ufficio  di
Gabinetto coordina in particolare la cura dei rapporti con gli  altri
organi  costituzionali,  con  le  autorita'  indipendenti  e  con  il
Consiglio di Stato  e  cura  altresi'  l'esame  degli  atti  ai  fini
dell'inoltro alla firma del Ministro e dei Sottosegretari  di  Stato.
Cura le risposte agli atti parlamentari di controllo e  di  indirizzo
riguardanti  il  Ministero  e  il  seguito  dato  agli  stessi».   In
definitiva, pertanto, la unitarieta' degli uffici stessi  giustifica,
pur nella diversita' dei compiti del personale ad essi assegnato,  un
trattamento  normativo  omogeneo  in  relazione  alle  modalita'   di
cessazione degli incarichi conferiti.