Ricorso della Regione  Puglia,  in  persona  del  Presidente  pro
tempore della Giunta regionale, a cio' autorizzato con  deliberazione
della Giunta regionale n. 2188 dell'11 ottobre 2010, rappresentato  e
difeso  dall'avv.   prof.   Marcello   Cecchetti   ed   elettivamente
domiciliato presso il suo studio in Roma, Lungotevere della  Vittoria
1, come da mandato a margine del presente atto; 
    Contro lo Stato, in persona  del  Presidente  del  Consiglio  dei
Ministri  pro  tempore,  per  la  dichiarazione   di   illegittimita'
costituzionale in parte qua dell'art. 1, comma 1, del decreto-legge 8
luglio 2010, n. 105 (Misure urgenti in  materia  di  energia),  cosi'
come convertito in legge, con modificazioni, dall'art.  1,  comma  1,
della legge  13  agosto  2010,  n.  129,  pubblicata  nella  Gazzetta
Ufficiale 18 agosto 2010, n. 192, nella parte in cui ha sostituito  i
primi quattro commi dell'art. 4 del decreto-legge 1° luglio 2009,  n.
78 (Provvedimenti anticrisi, nonche' proroga di termini),  convertito
in legge, con modificazioni, dall'art. 1,  comma  1,  della  legge  3
agosto 2009, n. 102. 
    1. - La legge 13 agosto 2010, n. 129, pubblicata  nella  Gazzetta
Ufficiale 18 agosto  2010,  n.  192,  ha  convertito  in  legge,  con
modificazioni, il decreto-legge 8 luglio 2010, n. 105 (Misure urgenti
in materia di  energia).  L'art.  1  del  suddetto  decreto-legge  ha
sostituito i primi quattro commi dell'art.  4  del  decreto-legge  1°
luglio 2009, n.  78  (Provvedimenti  anticresi,  nonche'  proroga  di
termini), a sua volta convertito in legge, con  modificazioni,  dalla
legge 3 agosto 2009, n. 102. 
    Il menzionato  art.  4  del  d.l.  n.  78  del  2009,  nel  testo
originario  risultante  dalla  conversione  in  legge   e   rubricato
«Interventi urgenti per le reti dell'energia», cosi' disponeva: 
        «Il Consiglio dei Ministri, su proposta  del  Ministro  dello
sviluppo economico di concerto con il Ministro delle infrastrutture e
dei trasporti, sentito il Ministro per la semplificazione  normativa,
individua  gli  interventi  relativi   alla   trasmissione   e   alla
distribuzione dell'energia, nonche', d'intesa con  le  regioni  e  le
province  autonome  interessate,   gli   interventi   relativi   alla
produzione dell'energia, da realizzare con capitale prevalentemente o
interamente privato, per i quali  ricorrono  particolari  ragioni  di
urgenza in riferimento allo sviluppo  socio-economico  e  che  devono
essere effettuati con mezzi e poteri straordinari» (comma 1); 
    «Per la realizzazione degli interventi di cui  al  comma  1  sono
nominati uno o piu' Commissari  straordinari  del  Governo  ai  sensi
dell'articolo 11 della legge 23 agosto  1988,  n.  400;  la  relativa
deliberazione del Consiglio dei Ministri e' adottata  con  le  stesse
modalita' di cui al comma 1 del presente articolo» (comma 2); 
    «Ciascun Commissario, sentiti gli enti locali interessati,  emana
gli atti e i provvedimenti,  nonche'  cura  tutte  le  attivita',  di
competenza    delle     amministrazioni     pubbliche,     occorrenti
all'autorizzazione e all'effettiva  realizzazione  degli  interventi,
nel  rispetto  delle  disposizioni   comunitarie,   avvalendosi   ove
necessario dei poteri di sostituzione e di deroga di cui all'articolo
20, comma 4, del decreto-legge 29 novembre 2008, n.  185,  convertito
dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2» (comma 3); 
    «Con i provvedimenti di cui al comma 1 sono altresi'  individuati
le strutture di cui si avvale il Commissario straordinario, senza che
cio' comporti nuovi o maggiori oneri  a  carico  del  bilancio  dello
Stato, nonche' i poteri di controllo e di vigilanza del Ministro  per
la semplificazione  normativa  e  degli  altri  Ministri  competenti»
(comma 4). 
    Avverso tali disposizioni, con i quattro ricorsi nn. 79, 80, 84 e
88 del 2009, la Regione Umbria, la Provincia autonoma di  Trento,  la
Regione  Toscana  e  la   Regione   Emilia-Romagna   hanno   promosso
altrettanti giudizi di  legittimita'  costituzionale  per  violazione
delle loro sfere di autonomia costituzionalmente garantite. 
    Con la sentenza n. 215 del  2010,  questa  Corte  ha  definito  i
giudizi  dichiarando  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  4,
commi 1, 2, 3 e 4, del d.l. n. 78  del  2009,  nel  testo  risultante
dalla  conversione  in  legge.  A   sostegno   della   pronuncia   di
incostituzionalita', questa Corte ha rilevato  il  mancato  rispetto,
nelle  disposizioni  censurate,   dei   «canoni   di   pertinenza   e
proporzionalita' richiesti  dalla  giurisprudenza  costituzionale  al
fine di riconoscere la legittimita'  di  previsioni  legislative  che
attraggano in capo allo Stato funzioni di competenza delle  Regioni»,
facendo leva, in particolare, sul fatto che  la  realizzazione  degli
interventi fosse affidata  a  risorse  del  tutto  aleatorie  perche'
provenienti da capitale  interamente  o  prevalentemente  privato  e,
conseguentemente, dichiarando assorbite tutte le ulteriori  questioni
sollevate dalle ricorrenti. 
    2. - Con l'art. 1, comma 1, del d.l. n. 105 del 2010,  nel  testo
risultante dalla conversione in  legge,  il  legislatore  statale  ha
espressamente inteso dare «seguito» ed «esecuzione» alla sentenza  di
questa Corte n. 215  del  2010,  sostituendo  integralmente  i  primi
quattro commi dell'art. 4  del  d.l.  n.  78  del  2009  nei  termini
seguenti: 
        «1. Su proposta del Ministro  dello  sviluppo  economico,  di
concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con il
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con
il Ministro  per  la  semplificazione  normativa,  il  Consiglio  dei
Ministri individua, d'intesa con le regioni e  le  province  autonome
interessate, gli interventi urgenti ed indifferibili,  connessi  alla
trasmissione, alla distribuzione e  alla  produzione  dell'energia  e
delle fonti energetiche che rivestono carattere strategico nazionale,
anche  in  relazione  alla  possibile  insorgenza  di  situazioni  di
emergenza, ovvero  per  i  quali  ricorrono  particolari  ragioni  di
urgenza in riferimento allo sviluppo socio-economico,  e  che  devono
pertanto essere effettuati con mezzi e poteri straordinari. 
    2. Gli interventi di cui al comma 1 sono realizzati in regime  di
cooperazione funzionale ed organizzativa tra commissari  straordinari
del Governo, nominati ai sensi del comma 3, e le regioni  e  province
autonome interessate. Con le intese di cui al comma 1, sono  definiti
i  criteri  per  l'esercizio   della   cooperazione   funzionale   ed
organizzativa  tra  commissari  straordinari,  regioni   e   province
autonome per l'esercizio dei compiti di  cui  al  presente  articolo;
tali criteri possono contemplare anche il coinvolgimento di  soggetti
privati   nell'attuazione   degli   interventi   e    nel    relativo
finanziamento,  purche'  ne   siano   assicurate   l'effettivita'   e
l'entita'. Ciascun commissario, sentiti gli enti locali  interessati,
emana gli atti e i provvedimenti, nonche' cura tutte le attivita', di
competenza delle amministrazioni pubbliche che non abbiano rispettato
i termini previsti dalla legge o  quelli  piu'  brevi,  comunque  non
inferiori alla meta', eventualmente fissati in  deroga  dallo  stesso
commissario,   occorrenti    all'autorizzazione    e    all'effettiva
realizzazione  degli  interventi,  nel  rispetto  delle  disposizioni
comunitarie. 
    3. Per la realizzazione degli interventi ai sensi  del  comma  2,
con  decreto  del  Presidente  della  Repubblica,  su  proposta   del
Presidente del  Consiglio  dei  Ministri,  previa  deliberazione  del
Consiglio  dei  Ministri,  sono  nominati  uno  o   piu'   commissari
straordinari del Governo. Il medesimo decreto determina i compiti del
commissario e i poteri di controllo e di vigilanza del  Ministro  per
la semplificazione normativa e degli altri  Ministri  competenti.  Lo
stesso decreto, senza che cio' comporti  nuovi  o  maggiori  oneri  a
carico della finanza pubblica, individua  altresi'  le  dotazioni  di
mezzi e di personale, nonche' le strutture anche di concessionari  di
cui puo'  avvalersi  il  commissario,  cui  si  applica  l'  articolo
2-quinquies del decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 3, convertito,  con
modificazioni, dalla legge 22 marzo 2010, n. 41, anche  ai  fini  dei
relativi oneri. L'incarico e' conferito per  il  tempo  indicato  nel
decreto di nomina, salvo proroga  o  revoca.  Le  nomine  di  cui  al
presente  comma  sono  considerate  a  ogni  effetto  cariche  presso
istituzioni che  svolgono  compiti  di  alta  amministrazione  e  del
conferimento dell'incarico e' data notizia nella Gazzetta Ufficiale. 
    4. In caso di mancato raggiungimento dell'intesa di cui al  comma
1, decorsi trenta giorni dalla convocazione del primo incontro tra il
Governo e la regione o  la  provincia  autonoma  interessata  per  il
raggiungimento  dell'intesa,  il   Governo   puo'   individuare   gli
interventi   di   cui   al   comma   1,   dichiararne   l'urgenza   e
l'indifferibilita' nonche' definire  i  criteri  di  cui  al  secondo
periodo  del  comma  2,  anche   a   prescindere   dall'intesa,   con
deliberazione motivata del  Consiglio  dei  Ministri  cui  sia  stato
invitato a partecipare il Presidente della regione o della  provincia
autonoma  interessata.  In  tal  caso  il  commissario  del  Governo,
nominato con le procedure  di  cui  al  comma  3,  da'  impulso  agli
interventi, se indispensabile, avvalendosi, oltre che delle procedure
di cui al terzo periodo del comma 2, di: 
    a) poteri  straordinari  di  sostituzione  e  di  deroga  di  cui
all'articolo 20, comma 4, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185,
convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2; 
    b)  mezzi  e  risorse  finanziarie  pubbliche  gia'  previste   a
legislazione vigente; in ogni caso l'apporto finanziario dei soggetti
privati deve essere proporzionato alle risorse pubbliche utilizzate». 
    Tali  disposizioni,  tuttavia,  presentano  numerosi  profili  di
illegittimita' costituzionale, particolarmente  in  riferimento  alla
illegittima compressione dell'autonomia delle Regioni  e  degli  enti
territoriali sub-regionali. 
    3. -  La  Regione  Puglia,  con  la  deliberazione  della  Giunta
indicata in epigrafe, ha espresso la volonta' di impugnare davanti  a
questa Corte le disposizioni contenute nell'art. 1 del  decreto-legge
8 luglio 2010, n. 105 (Misure urgenti in materia  di  energia),  come
convertito, con modificazioni, dalla legge 13 agosto 2010, n.  129  -
ed in specie le disposizioni di cui all'art. 4, commi 2, 3 e  4,  del
d.l. n. 78 del 2009, convertito, con modificazioni,  dalla  legge  n.
102 del 2009, nel testo introdotto dal comma 1 del  suddetto  art.  1
del d.l. n. 105 del 2010 - perche' costituzionalmente  illegittime  e
lesive dell'autonomia che la Costituzione riconosce e garantisce alla
Regione  Puglia,  in   riferimento   ai   seguenti   articoli   della
Costituzione: art. 117, secondo, terzo e sesto comma; art. 118, primo
e secondo comma; art. 120, secondo comma. 
    La ricorrente ritiene di non  dover  contestare  la  legittimita'
costituzionale del nuovo comma 1 introdotto nell'art. 4 del  d.l.  n.
78 del 2009,  giacche'  l'esplicita  previsione  dell'intesa  con  le
Regioni interessate, quale requisito indispensabile  per  l'esercizio
in concreto della funzione amministrativa di  "individuazione"  degli
«interventi urgenti ed indifferibili» attratta in  sussidiarieta'  al
livello statale ed in specie  affidata  al  Consiglio  dei  ministri,
costituisce di per se' - fatto salvo quanto si avra' modo di rilevare
in relazione alla previsione del comma  4  -  garanzia  adeguata  del
rispetto dell'autonomia regionale costituzionalmente garantita. 
    Al contrario, l'illegittimita' costituzionale che si denuncia con
il presente atto, in relazione alle disposizioni oggi  contenute  nei
nuovi commi 2, 3 e 4 dell'art. 4  del  d.l.  n.  78  del  2009,  come
novellati dal d.l. n. 105 del 2010 impugnato in questa sede, si fonda
sulle seguenti ragioni di 
 
                            D i r i t t o 
 
    4. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 4, comma  2,  ultimo
periodo, del decreto-legge 1° luglio 2009,  n.  78,  convertito,  con
modificazioni,  dalla  legge  3  agosto  2009,  n.  102,  nel   testo
sostituito dal d.l. n. 105 del 2010, nella  parte  in  cui  affida  a
«ciascun  commissario»  straordinario,  «sentiti  gli   enti   locali
interessati», il potere di emanare  «ali  atti  e  i  provvedimenti»,
nonche'  di  curare  «tutte  le  attivita',   di   competenza   delle
amministrazioni  pubbliche  che  non  abbiano  rispettato  i  termini
previsti dalla legge o quelli piu' brevi, comunque non inferiori alla
meta', eventualmente fissati  in  deroga  dallo  stesso  commissario,
occorrenti all'autorizzazione  e  all'effettiva  realizzazione  degli
interventi,  nel  rispetto  delle  disposizioni   comunitarie»,   per
violazione dell'art. 117, terzo comma, e 118, primo e secondo  comma,
della Costituzione. 
    4.1. - La normativa posta dall'art. 1, comma 1, del d.l.  n.  105
del 2010 interviene indubbiamente  nell'ambito  della  materia  della
«produzione, trasporto e distribuzione  nazionale  dell'energia»,  di
cui al terzo comma dell'art.  117  Cost.  Si  tratta  dunque  di  una
materia di  competenza  legislativa  concorrente.  La  giurisprudenza
costituzionale  ha   in   molteplici   occasioni   evidenziato   che,
nell'ambito di tale materia, lo Stato puo' intervenire con disciplina
di dettaglio, avocando a se' e regolando funzioni amministrative solo
ove cio' avvenga nel rispetto dei principi di sussidiarieta' e  leale
collaborazione, e - per quel che qui piu' specificamente interessa  -
mediante una disciplina  che  sia  rigorosamente  proporzionata  alle
esigenze unitarie cui, tramite l'intervento in questione, si  intenda
far fronte (cfr., in particolare, le sentenze n. 6 del 2004;  n.  383
del 2005; nn. 215 e 278 del 2010). Senza prendere in  considerazione,
in questa specifica sede, la questione della sussistenza effettiva di
una esigenza unitaria che giustifichi la avocazione in sussidiarieta'
delle funzioni amministrative  operata  mediante  altre  parti  della
disciplina dettata dall'atto legislativo qui  preso  in  esame,  deve
affermarsi che l'art. 4, comma 2, ultimo periodo, del d.l. n. 78  del
2009 nel testo novellato viola le citate norme costituzionali perche'
dispone   un   intervento   assolutamente   sproporzionato   rispetto
all'esigenza unitaria presa in considerazione. 
    Anche concedendo, infatti, che  l'effettiva  sussistenza  di  una
simile esigenza sorregga la allocazione  allo  Stato  della  funzione
amministrativa  di  «individuazione  degli   interventi   urgenti   e
indifferibili» di cui al precedente comma 1, tale  esigenza  unitaria
potrebbe essere pienamente soddisfatta  mediante  una  normativa  che
arrechi un minor sacrificio - rispetto a quanto non accada con quella
in questa sede sottoposta  al  giudizio  costituzionale  -  a  carico
dell'autonomia regionale. 
    Secondo  le  indicazioni  che   e'   possibile   desumere   dalla
giurisprudenza costituzionale, la inadeguatezza del livello regionale
che - in base ai  principi  contenuti  nell'art.  118  Cost.,  ed  in
particolare al principio di sussidiarieta' - consente  la  avocazione
di funzioni al  livello  statale  anche  in  materie  affidate  dalla
competenza concorrente di Stato e Regioni dall'art. 117, terzo comma,
Cost., deve essere ricercata confrontando l'ambito valutativo proprio
dei poteri pubblici regionali con la ampiezza dell'ambito  valutativo
coinvolto dalla attivita' amministrativa che in concreto deve  essere
svolta (sentt. n. 6 del 2004, par. 7 del Considerato in diritto);  n.
196 del 2004, part. par. 29 del Considerato in diritto;  n.  242  del
2005, par. 7 del Considerato in diritto).  In  sintesi,  solo  quando
alla Regione «sfuggirebbe la valutazione complessiva» necessaria  per
lo svolgimento della funzione cosi' come conformata dalla  legge  che
la regola (sent. n. 6 del 2004, par.  7  cit.),  e'  consentito  allo
Stato avocare a se stesso tale funzione. 
    Ora, se si valutano le disposizioni in questa sede impugnate  con
i  parametri   tratti   dalla   giurisprudenza   costituzionale,   la
conclusione e' agevole. 
    Questa difesa non intende negare che  la  "individuazione"  degli
«interventi urgenti ed  indifferibili,  connessi  alla  trasmissione,
alla distribuzione e  alla  produzione  dell'energia  e  delle  fonti
energetiche che rivestono carattere strategico  nazionale,  anche  in
relazione alla  possibile  insorgenza  di  situazioni  di  emergenza,
ovvero per i  quali  ricorrono  particolari  ragioni  di  urgenza  in
riferimento  allo  sviluppo  socio-economico»  comporti   un   ambito
valutativo piu' ampio rispetto a quello  che  ha  a  disposizione  la
Regione, poiche' per adottare scelte  amministrative  concernenti  la
politica  energetica  complessiva  e'  necessario  tener   conto   di
interessi e situazioni localizzati in territori differenti rispetto a
quello di ciascuna singola Regione.  La  allocazione  allo  Stato  di
decisioni  amministrative  che  trascendono   l'ambito   territoriale
regionale, nella materia della «produzione, trasporto e distribuzione
nazionale dell'energia», dunque, e' costituzionalmente  legittima,  a
patto, ovviamente, che rispetti  le  prescrizioni  individuate  dalla
giurisprudenza di questa Corte per la  percorribilita'  della  strada
della c.d. "chiamata in sussidiarieta'". Su tale ultimo punto  ci  si
soffermera' nella pagine che seguono. Qui preme piuttosto evidenziare
che, se le esigenze unitarie possono  ritenersi  sussistenti  per  la
funzione di "individuazione" degli  interventi,  non  altrettanto  e'
possibile affermare per la successiva attivita' di "realizzazione  in
concreto" degli stessi, disciplinata dalla disposizione  che  qui  si
impugna. 
    E' del tutto evidente, infatti, che anche  ove  tali  interventi,
individuati e programmati dallo Stato, fossero affidati, per la  loro
attuazione, ad autorita' amministrative regionali, sarebbero comunque
pienamente raggiungibili i  fini  individuati  dalla  legge  statale,
magari corredando le autorita'  statali  di  poteri  di  controllo  e
sostituzione, purche', ovviamente, conformi  allo  "statuto"  che  di
tali poteri ha disegnato la giurisprudenza di questa Corte. 
    Non  occorre,  infatti  dilungarsi  nella   dimostrazione   della
circostanza secondo la  quale  l'ambito  valutativo  coinvolto  dalla
attivita' "attuativa" degli interventi programmati a livello  statale
non supera in alcun modo quello che caratterizza  i  poteri  pubblici
regionali. Una volta individuato l'intervento da realizzare,  con  le
sue  caratteristiche  tecniche  e  localizzative,  la  sua   concreta
realizzazione implica valutazioni legate essenzialmente  al  rapporto
dell'intervento con  il  territorio  in  cui  esso  e'  destinato  ad
inserirsi. Dunque, valutazioni per le quali e' certamente adeguato il
livello regionale di governo. 
    Puo' essere utile, in questa  sede,  ricordare  cio'  che  questa
Corte ha affermato in occasione  della  decisione  con  la  quale  ha
ritenuto  compatibili  con  l'autonomia  costituzionale  degli   enti
territoriali la previsione di poteri sostitutivi nei  loro  confronti
(sia pure con  alcune  cautele  e  precisazioni  sulle  quali  ci  si
soffermera' piu' avanti). In tale circostanza, infatti, questa  Corte
ha avuto modo di osservare che la previsione di  poteri  sostitutivi,
ove  costituzionalmente  ammissibile,  risponde   alla   logica   del
principio di sussidiarieta' di cui all'art.  118  Cost.,  poiche'  la
loro mancanza porterebbe all' «assurda conseguenza che,  per  evitare
la compromissione di interessi unitari che richiedono  il  compimento
di determinati atti o attivita', derivante dall'inerzia anche solo di
uno degli enti competenti, il legislatore (statale o  regionale)  non
avrebbe altro mezzo se non collocare la funzione  ad  un  livello  di
governo piu' comprensivo,  assicurandone  "l'esercizio  unitario"  ai
sensi  del  primo  comma  dell'articolo   118   della   Costituzione:
conseguenza evidentemente  sproporzionata  e  contraria  al  criterio
generale insito nel principio di sussidiarieta'»  (sent.  n.  43  del
2004, par. 3.2 del Considerato in diritto)». 
    Ebbene, non ci vuol molto per accorgersi che  la  disciplina  che
qui si contesta ha determinato proprio quella  «assurda  conseguenza»
che la menzionata sentenza si era preoccupata di scongiurare. Per  la
tutela di un interesse unitario certamente  sussistente  -  ossia  la
tempestiva  attuazione  degli  interventi  programmati   al   livello
centrale - ha allocato la relativa funzione ad organi statali, quando
sarebbe stato sufficiente - e del tutto proporzionato  rispetto  agli
scopi della norma - allocarli al livello  regionale,  contestualmente
prevedendo  adeguati  poteri   sostitutivi   e   disciplinandoli   in
conformita' alle  indicazioni  provenienti  dalla  giurisprudenza  di
questa Corte. 
    In sintesi, si puo' osservare quanto segue. 
    La  normativa  in  questa  sede  censurata  ne  sostituisce   una
precedente  gia'  dichiarata  incostituzionale  per  violazione   del
principio di proporzionalita', in quanto non in grado di superare  il
test di idoneita' (sent. n. 215 del 2010, par. 4 del  Considerato  in
diritto).  Come  insegna  la  migliore  dottrina,  il  principio   di
proporzionalita' e' violato non solo quando la normativa  che  arreca
un sacrificio all'interesse concorrente non riesce a raggiungere  gli
obiettivi che si  prefigge  -  e  cio'  era,  per  l'appunto,  quanto
accadeva nel caso scrutinato con la decisione appena menzionata -  ma
anche quando la normativa che pure sia in grado di superare  il  test
di idoneita'  non  superi  invece  quello  di  necessita',  il  quale
richiede,  per  la  legittimita'   costituzionale   dello   strumento
sottoposto a scrutinio, che non  ne  esista  un  altro  in  grado  di
raggiungere i medesimi risultati con minor sacrificio  dell'interesse
concorrente (cfr., per tutti, R. Alexy,  Collisione  e  bilanciamento
quale problematica di base della dogmatica dei diritti  fondamentali,
in M. La Torre,  A.  Spadaro  (a  cura  di),  La  ragionevolezza  nel
diritto, Torino, Giappichelli, 2000, pag. 27 e ss.). 
    Cio' e' precisamente quel che accade nel caso della  disposizione
in questa sede censurata. Gli  obiettivi  dalla  medesima  perseguiti
sarebbero raggiungibili, come mostrato piu' sopra, mediante un  minor
sacrificio dell'autonomia regionale. Essa non supera dunque  il  test
di   necessita',   e   dunque   non   rispetta   il   principio    di
proporzionalita'.  Per  questa  ragione,  la  norma  considerata   e'
incostituzionale, non soddisfacendo i requisiti che - a partire dalla
sent. n 6 del  2004  -  sono  richiesti  per  la  c.d.  "chiamata  in
sussidiarieta'" di funzioni amministrative presso organi dello  Stato
in materie di legislazione  concorrente  e,  pertanto,  ponendosi  in
contrasto con gli artt. 117, terzo comma, e 118 Cost. 
    5. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 4, comma  2,  ultimo
periodo, del decreto-legge 1° luglio 2009,  n.  78,  convertito,  con
modificazioni,  dalla  legge  3  agosto  2009,  n.  102,  nel   testo
sostituito dal d.l. n. 105 del 2010, nella  parte  in  cui  affida  a
«ciascun  commissario»  straordinario,  «sentiti  gli   enti   locali
interessati», il potere di emanare  «gli  atti  e  i  provvedimenti»,
nonche'  di  curare  «tutte  le  attivita',   di   competenza   delle
amministrazioni  pubbliche  che  non  abbiano  rispettato  i  termini
previsti dalla legge o quelli piu' brevi, comunque non inferiori alla
meta', eventualmente fissati  in  deroga  dallo  stesso  commissario,
occorrenti all'autorizzazione  e  all'effettiva  realizzazione  degli
interventi,  nel  rispetto  delle  disposizioni   comunitarie»,   per
violazione dell'art. 118,  primo  comma,  e  dell'art.  120,  secondo
comma, della Costituzione. 
    5.1. - La presente censura e' proposta dalla  Regione  Puglia  in
via  subordinata  rispetto  a   quella   prospettata   al   paragrafo
precedente. La disposizione  di  cui  all'art.  4,  comma  2,  ultimo
periodo, infatti, anche ove si ritenesse infondata la questione  piu'
sopra sollevata, sarebbe  comunque  incostituzionale  per  violazione
degli artt. 118 e 120, secondo comma, Cost. 
    La  disposizione  in  questione,  infatti,  prevede   un   potere
sostitutivo affidato ad  un  organo  dello  Stato  nei  confronti  di
Regioni ed enti locali, senza  che  pero'  tale  disciplina  rispetti
alcuno dei due modelli di potere sostitutivo contemplati  dal  nostro
diritto costituzionale: ne' quello del potere sostitutivo  ordinario,
riconducibile al principio di  sussidiarieta'  di  cui  all'art.  118
Cost., ne' quello del potere sostitutivo straordinario,  disciplinato
dall'art. 120, secondo comma, Cost. 
    5.2. - In via preliminare, deve essere osservato che, da un primo
punto di vista, la Regione Puglia intende impugnare  la  disposizione
sopra   indicata   perche'    lesiva    della    propria    posizione
costituzionalmente  garantita  ove  si   ritenesse   che   i   poteri
sostitutivi da essa disciplinati siano destinati ad essere utilizzati
anche  nei  confronti  della  Regione  stessa,  e  non  soltanto  nei
confronti degli enti territoriali sub-regionali. A  tale  conclusione
interpretativa  potrebbe  giungersi  ritenendo  che  nell'espressione
«enti locali» - con la quale si designano  i  soggetti  istituzionali
che devono necessariamente essere sentiti  prima  della  adozione  di
atti sostitutivi da parte del Commissario straordinario  -  rientrino
anche le Regioni; ovvero, ritenendo che tale espressione non valga in
alcun modo a circoscrivere l'ambito degli enti sostituendi, e  dunque
che la surrogazione rispetto  ad  atti  ed  attivita'  di  competenza
regionale sia effettuabile,  in  base  alla  norma  impugnata,  senza
coinvolgere in alcun modo la Regione, ma limitandosi a "sentire"  gli
enti   locali   territorialmente   interessati   dall'atto   che   da
quest'ultima dovrebbe essere compiuto. 
    E' evidente, invece, che ove si  ritenesse,  all'inverso,  che  i
poteri sostitutivi disciplinati alla norma qui impugnata non  possano
in alcun modo esplicarsi nei confronti delle Regioni, la censura  qui
proposta, da questo primo punto di vista, sarebbe destinata a cadere. 
    La questione appena prospettata ed approfondita nelle pagine  che
seguono, dunque, e' un questione interpretativa.  Solo  per  scrupolo
difensivo, puo' essere utile evidenziare,  al  riguardo,  che  se  la
possibilita' di proporre simili questioni deve  senz'altro  ritenersi
esclusa nell'ambito del giudizio  in  via  incidentale,  esse  devono
viceversa considerarsi  ammissibili  ove  proposte  mediante  ricorso
nell'ambito del giudizio in via principale (cfr., ad es., la sent. n.
88 del 2007, par. 5 del Considerato in diritto). 
    5.3. - La censura qui proposta nei confronti dell'art.  4,  comma
2, ultimo periodo, peraltro, mantiene la sua ragion  d'essere  da  un
secondo punto di vista, anche se si interpretasse la disposizione  da
ultimo citata come rivolta a disciplinare soltanto poteri sostitutivi
esercitabili nei confronti degli enti territoriali sub-regionali. 
    E' noto, infatti, che  la  giurisprudenza  di  questa  Corte,  in
svariate occasioni, ha ritenuto le Regioni legittimate a sollevare in
via principale questioni di legittimita' costituzionale  avverso  una
legge statale, che invochino  quale  parametro  norme  costituzionali
poste a presidio di competenze degli enti locali. 
    Secondo  la  giurisprudenza  di  questa  Corte,   infatti,   deve
riconoscersi l'ammissibilita' di simili censure e la sussistenza  «in
via generale» in capo alle Regioni della legittimazione a  sollevarle
«perche' la stretta connessione (...) tra le attribuzioni regionali e
quelle delle autonomie locali consente di  ritenere  che  la  lesione
delle competenze locali sia potenzialmente idonea a  determinare  una
vulnerazione delle competenze regionali» (sent. n. 95 del 2007,  par.
3 del Considerato in diritto; nello stesso senso, si vedano anche  le
sentenze nn. 169 del 2007, par. 3 del Considerato in diritto, 417 del
2005, par. 3 del Considerato in diritto, 196 del 2004,  par.  14  del
Considerato in diritto). 
    Quella «stretta connessione» tra competenze regionali  e  locali,
che, secondo l'orientamento citato, determina «in  via  generale»  la
sussistenza della legittimazione  regionale,  nel  caso  oggetto  del
presente ricorso e' particolarmente evidente. Gli atti che  gli  enti
locali sono  chiamati  a  svolgere  in  attuazione  degli  interventi
programmati al livello statale, ed in relazione  ai  quali,  in  base
alla  normativa  qui  contestata,  e'  possibile  attivare  i  poteri
sostitutivi, ineriscono soprattutto la cura del  territorio  e  delle
attivita' che in esso sono destinate a svolgersi  in  relazione  alla
materia  della  "produzione,  trasporto  e  distribuzione   nazionale
dell'energia". Si tratta, quindi, di ambiti materiali  di  competenza
legislativa regionale, in relazione  ai  quali  la  Regione  esercita
importanti e numerose funzioni amministrative, il  cui  esercizio  e'
sovente interconnesso con i compiti dalla legge assegnati  agli  enti
territoriali dimensionalmente minori. Non e' un caso, oltretutto, che
i predetti interventi siano "individuati",  ai  sensi  del  comma  1,
«d'intesa  con  le  Regioni  interessate»  e,  pertanto,   che   tale
"individuazione" comporti, per esplicito riconoscimento dello  stesso
legislatore statale,  l'esercizio  di  competenze  costituzionalmente
spettanti alla Regione. 
    Per queste ragioni, non puo'  non  ritenersi  sussistente  quella
"stretta connessione" tra attribuzioni regionali e locali  che  rende
comunque ammissibile la censura. 
    5.4. - Come e' noto, a partire dalle sentenze nn. 313 del 2003  e
(soprattutto) 43 del 2004,  questa  Corte  ha  ritenuto  ammissibile,
anche nel sistema scaturente dalla riforma di cui alla legge cost. n.
3 del 2001, la previsione di poteri sostitutivi nei  confronti  degli
enti territoriali  ad  autonomia  costituzionalmente  garantita  -  e
precisamente di quelli indicati dall'art. 114 Cost. (cfr., sul punto,
la sent. n. 397 del 2006) - pur al  di  fuori  dei  casi  contemplati
negli artt. 117, quinto comma, e 120, secondo comma,  Cost.  Cio'  in
quanto la miglior implementazione  del  principio  di  sussidiarieta'
rende necessaria  la  previsione  di  ipotesi  di  sostituzione,  dal
momento che, grazie  a  queste  ultime,  e'  possibile  attribuire  a
livelli   "piu'   bassi"   funzioni   che,   altrimenti,   dovrebbero
necessariamente essere allocate a livelli "piu' alti". 
    Se l'art. 120 Cost. non vieta la possibilita', anche per le leggi
regionali, di prevedere ulteriori ipotesi di poteri sostitutivi, cio'
non vuol dire, tuttavia, che queste ultime siano senz'altro  conformi
al disegno costituzionale. Perche'  cio'  si  realizzi,  infatti,  e'
necessario che esse siano disegnate in modo tale da rispettare alcune
condizioni inestricabilmente connesse, secondo la  sent.  n.  43  del
2004, con la  posizione  di  autonomia  costituzionalmente  garantita
dell'ente sostituendo. 
    In particolare, lo "statuto" costituzionale elaborato  da  questa
Corte per la legittima previsione di poteri sostitutivi  contempla  i
seguenti punti: a) «le ipotesi di  esercizio  di  poteri  sostitutivi
debbono essere previste e disciplinate dalla legge  (...),  che  deve
definirne  i  presupposti  sostanziali   e   procedurali»;   b)   «la
sostituzione puo' prevedersi esclusivamente per il compimento di atti
o di attivita' "prive di  discrezionalita'  nell'an   (anche  se  non
necessariamente   nel quid   o   nel   quomodo)"   (...),   la    cui
obbligatorieta' sia il riflesso  degli  interessi  unitari  alla  cui
salvaguardia  provvede  l'intervento  sostitutivo»;  c)  «il   potere
sostitutivo deve essere (...) esercitato  da  un  organo  di  governo
della Regione o sulla base di una decisione di questo»; d) «la  legge
deve (...) apprestare congrue garanzie procedimentali per l'esercizio
del  potere  sostitutivo,  in  conformita'  al  principio  di   leale
collaborazione»;  in  particolare,   dovra'   essere   previsto   «un
procedimento nel quale l'ente sostituito sia comunque messo in  grado
di evitare la sostituzione attraverso l'autonomo  adempimento,  e  di
interloquire nello stesso procedimento» (sent. n. 43 del 2004, par. 4
del Considerato in diritto). 
    Si  tratta,  come  e'  agevole  rilevare,  di  statuizioni   gia'
anticipate dalla citata sent. n. 313  del  2003,  largamente  riprese
dalla precedente giurisprudenza  costituzionale  in  tema  di  potere
sostitutivo, del resto esplicitamente richiamata  (cfr.  le  sentenze
nn. 153 del 1986, 177 del 1988, 338 del 1989, 460 del 1989,  324  del
1994  e  416  del  1995),  e  comunque  ampiamente  confermate  dalla
giurisprudenza successiva (cfr. le sentenze nn. 69, 70, 71,  72,  73,
112, 140, 172, 173, 227 e 240 del 2004; 397 del 2006). 
    Nel  caso  di  specie,  e'  facile  mostrare  che  la  previsione
legislativa di cui all'art. 4, comma 2,  ultimo  periodo,  nel  testo
introdotto dalla disposizione che qui si impugna, non rispetta almeno
due di questi parametri. In particolare, essa viola i  criteri  sopra
indicati alle lettere c) e d), ossia: 
        il necessario affidamento ad un organo  politico  del  potere
surrogatorio in questione; 
        la necessita' di disciplinare l'esercizio del potere mediante
un procedimento che rispetti il principio di leale collaborazione  e,
in particolare, che consenta di garantire che l'ente  sostituito  sia
comunque  messo  in  grado  di  evitare  la  sostituzione  attraverso
l'autonomo adempimento e di interloquire nello stesso procedimento. 
    Quanto  al  primo  punto,  e'  sufficiente   osservare   che   il
Commissario  straordinario  titolare  dei  poteri  di   sostituzione,
evidentemente, non puo' in alcun modo essere ritenuto  facente  parte
del Governo. Ne', del resto, egli e' chiamato ad operare a seguito ed
in esecuzione di una decisione presa, ad hoc per il caso concreto, da
tale organo. 
    In relazione al secondo punto, invece, deve essere rilevato  come
il solo strumento collaborativo previsto dalla disposizione impugnata
e'  che  debbano  essere  previamente  «sentiti   gli   enti   locali
interessati». Dunque, non si tratta certamente  di  «un  procedimento
nel quale l'ente sostituito sia comunque messo in grado di evitare la
sostituzione attraverso l'autonomo  adempimento,  e  di  interloquire
nello stesso procedimento».  L'ente  sostituendo,  infatti,  dovrebbe
essere  quantomeno  diffidato  ad  adempiere   prima   dell'effettivo
attivarsi   del   poteri   sostitutivi   perche'   la    prescrizione
costituzionale  individuata   da   questa   Corte   possa   ritenersi
soddisfatta. 
    Per queste ragioni, la disposizione di cui all'art. 4,  comma  2,
ultimo periodo, viola l'art. 118 Cost. 
    5.5.  -  Le  considerazioni  fin  qui   proposte   sono   fondate
sull'assunto secondo il  quale  il  potere  sostitutivo  disciplinato
dalla  disposizione  impugnata  si  inserisca  nell'ambito  del  c.d.
"potere sostitutivo ordinario".  L'incostituzionalita'  dell'art.  4,
comma 2, ultimo periodo, tuttavia, risulterebbe palese, per contrasto
con l'art. 120, secondo comma, Cost., ove  si  volesse  ritenere,  al
contrario, che il legislatore statale abbia  voluto  individuare  una
fattispecie di potere sostitutivo "straordinario", ai sensi di questa
disposizione costituzionale. Cio' per le ragioni che seguono. 
    Come ha efficacemente evidenziato  la  giurisprudenza  di  questa
Corte,  il  potere  sostitutivo   introdotto   nel   nostro   sistema
costituzionale   dall'art.   120,   secondo    comma,    Cost.,    e'
«straordinario» ed «aggiuntivo» (sent. n. 43 del  2004,  par.  3  del
Considerato in diritto). 
    La "straordinarieta'" del potere in questione  e'  innanzi  tutto
connessa alla  circostanza  che  tale  intervento  prescinde  da  una
specifica previsione legislativa che lo  attribuisca  al  Governo  in
relazione a determinati atti  delle  autonomie  territoriali  il  cui
mancato   compimento   sia   idoneo   a   vulnerare   gli   interessi
cristallizzati dalla citata disposizione costituzionale. 
    In  altre  parole,  se  «le  ipotesi  di  esercizio   di   poteri
sostitutivi debbono essere previste e disciplinate dalla legge (...),
che deve definirne i  presupposti  sostanziali»  (cosi',  ancora,  la
sent. n. 43 del 2004), cio' non e'  vero  per  i  poteri  sostitutivi
straordinari previsti dall'art. 120: e'  il  secondo  comma  di  tale
disposizione   costituzionale   ad   attribuire    direttamente    ed
immediatamente al Governo la possibilita' di  sostituirsi  agli  enti
territoriali. La legge dello Stato e' invece richiesta dalla medesima
disposizione solo ed esclusivamente per definire le «procedure atte a
garantire che i poteri sostitutivi siano esercitati nel rispetto  del
principio di sussidiarieta' e di leale collaborazione». 
    Un secondo motivo di "straordinarieta'"  dell'intervento  di  cui
all'art. 120, secondo comma, Cost., e' connesso alla peculiarita'  ed
all'importanza dei suoi presupposti giustificativi. Si  tratta,  come
e' noto, del «mancato rispetto di norme e trattati  internazionali  o
della  normativa   comunitaria   oppure   di   pericolo   grave   per
l'incolumita' e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedano la
tutela  dell'unita'  giuridica  o   dell'unita'   economica   ed   in
particolare  la  tutela  dei  livelli  essenziali  delle  prestazioni
concernenti i diritti civili e sociali». Da  cio'  consegue  che  non
tutti gli interessi affidati alla cura dei poteri  pubblici  sono  in
grado di  fondare  la  sostituzione  "straordinaria":  viceversa,  il
Governo potra' sostituirsi solo alle attivita' che si rivolgano  alla
cura degli interessi sottesi ai presupposti legittimanti previsti  da
tale disposizione. 
    Da ultimo, la "straordinarieta'" indicata dalla giurisprudenza di
questa Corte deve essere connessa alla circostanza secondo  la  quale
il potere sostitutivo contemplato dall'art. 120, secondo comma, Cost.
e' configurato dalla Costituzione  come  un  potere  che,  in  quanto
attribuito al  Governo  direttamente,  si  puo'  esercitare,  ove  ne
ricorrano  i  presupposti,  in  deroga   all'ordinario   riparto   di
competenze, senza alcuna mediazione legislativa che  non  sia  quella
"meramente procedimentale" richiesta dallo stesso art.  120,  secondo
comma, sulla base del solo presupposto che gli enti competenti in via
ordinaria non abbiano posto in essere gli atti  necessari  alla  cura
dei sopra citati interessi. Si tratta, dunque,  di  un  istituto  nel
quale prende corpo  il  principio  di  sussidiarieta'  nell'esercizio
delle funzioni, in quanto prefigura l'intervento surrogatorio per  il
caso in cui, in concreto, gli interessi non siano stati adeguatamente
curati  dai  livelli  di  governo   ordinariamente   titolari   della
competenza in base al principio di sussidiarieta'  nella  allocazione
delle funzioni. 
    Questo  potere  sostitutivo  in  grado  di  superare  l'ordinario
riparto  delle  competenze,  tuttavia,  incontra   nella   disciplina
costituzionale  (per  quel  che  qui  interessa)  tre  vincoli  molto
importanti. Innanzi tutto, puo' essere utilizzato solo  ove  ricorra,
in concreto,  il  pericolo  della  lesione  ad  uno  degli  interessi
indicati dall'art. 120, secondo comma, Cost. In secondo  luogo,  deve
essere necessariamente esercitato dal Governo.  Infine,  deve  essere
posto in  essere  mediante  un  procedimento,  previsto  dalla  legge
ordinaria, che sia conforme ai principi  di  sussidiarieta'  e  leale
collaborazione. 
    La disciplina in questa sede contestata non  rispetta  alcuno  di
questi tre vincoli. 
    Quanto al primo, questa difesa non intende sostenere che la legge
ordinaria non possa provare a tipizzare in astratto  i  casi  in  cui
ricorrano i pericoli  agli  interessi  sopra  citati,  e  dunque  sia
possibile far uso dello strumento di cui all'art. 120, secondo comma,
Cost. Una previsione del  genere  non  sarebbe,  di  per  se  stessa,
incostituzionale.   Tuttavia   la   "straordinarieta'"   del   potere
sostitutivo in questione,  piu'  sopra  illustrata,  richiede  che  i
presupposti per l'esercizio di tale potere ricorrano in concreto,  in
relazione a ciascuno specifico caso in cui ad esso si faccia ricorso.
La tipizzazione generale, dunque,  non  puo'  mai,  in  nessun  caso,
impedire  la  verifica,  volta  per  volta,  della  sussistenza   dei
presupposti. 
    Da  questo  punto  di  vista,   la   disciplina   in   esame   e'
incostituzionale perche' non prevede che l'esistenza dei  presupposti
che  giustificano  la   sostituzione   straordinaria   debba   essere
verificata in ciascun caso concreto di esercizio del potere. 
    Quanto al secondo vincolo, esso non e' rispettato  in  quanto  il
potere sostitutivo  e'  affidato  ad  un  Commissario  straordinario,
anziche' essere riservato al Governo, cosi' come impone  l'art.  120,
secondo comma, Cost. 
    Infine, e' agevole dimostrare che  il  procedimento  disciplinato
dalla disposizione in questione non rispetti il  principio  di  leale
collaborazione, ove si consideri che esso appare meno partecipato  di
quello che la giurisprudenza costituzionale sopra richiamata richiede
per l'esercizio del meno invasivo  (per  le  autonomie  territoriali)
potere sostitutivo ordinario. Del resto, cio' e' confermato dall'art.
8 della legge n. 131 del 2003, la quale ha attuato  in  via  generale
l'art. 120,  secondo  comma,  Cost.,  predisponendo  a  tal  fine  un
procedimento ben piu' partecipato, nel quale  -  a  tacer  d'altro  -
l'ente  sostituendo  viene   messo   in   condizioni   di   adempiere
autonomamente mediante il meccanismo della preventiva diffida. 
    Per  queste  ragioni,  l'art.  4,  comma   2,   ultimo   periodo,
nell'ipotesi in cui vi si  voglia  rinvenire  la  previsione  di  una
ipotesi di potere sostitutivo "straordinario" ai sensi dell'art. 120,
secondo comma, Cost., e' costituzionalmente illegittimo per contrasto
proprio con tale disposizione costituzionale. 
    6. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 4, comma  2,  ultimo
periodo, del decreto-legge 1° luglio 2009,  n.  78,  convertito,  con
modificazioni,  dalla  legge  3  agosto  2009,  n.  102,  nel   testo
sostituito dal d.l. n. 105 del  2010,  il  quale  affida  a  «ciascun
commissario» straordinario, «sentiti gli enti locali interessati», il
potere di emanare «gli atti e i  provvedimenti»,  nonche'  di  curare
«tutte le attivita', di competenza  delle  amministrazioni  pubbliche
che non abbiano rispettato i termini previsti dalla  legge  o  quelli
piu' brevi, comunque non inferiori alla meta', eventualmente  fissati
in deroga dallo stesso commissario, occorrenti  all'autorizzazione  e
all'effettiva realizzazione  degli  interventi,  nel  rispetto  delle
disposizioni comunitarie», nella parte in  cui  non  prevede  che  il
potere  sostitutivo  da   esercitare   nei   confronti   degli   enti
territoriali diversi  dalla  Regione  venga  esercitato  senza  alcun
coinvolgimento di quest'ultima, per violazione dell'art.  118,  primo
comma, della Costituzione. 
    6.1. - A prescindere dai motivi di censura esposti ai paragrafi 4
e 5,  l'art.  4,  comma  2,  ultimo  periodo,  e'  costituzionalmente
illegittimo  per  violazione   di   una   competenza   amministrativa
costituzionalmente garantita alle Regioni, in quanto alloca un potere
sostitutivo in capo allo  Stato  (anche)  nei  confronti  degli  enti
territoriali sub-regionali, senza disporre alcun coinvolgimento della
Regione interessata nell'esercizio di questo potere. 
    6.2. - Questa previsione viola l'art. 118, primo comma, Cost., ed
il principio di sussidiarieta' in esso contenuto. 
    A  sostegno  della  fondatezza  di  tale  doglianza,  si   rivela
dirimente quanto affermato da questa Corte in occasione  del  recente
scrutinio di una norma legislativa statale che delegava il Governo  a
prevedere un potere sostitutivo dello Stato nei confronti degli  enti
locali. Le censure regionali che  lamentavano  l'esclusione  da  tale
potere sostitutivo sono state ritenute  inammissibili  in  quanto  la
«doverosa interpretazione costituzionalmente conforme  della  delega»
impone  di  escludere  un  significato  della  disposizione  in  essa
contenuta tale da «precludere l'introduzione di  forme  partecipative
della Regione nell'esercizio del  potere  sostitutivo  da  parte  del
Governo» (sent. n.  278  del  2010,  par.  14.3  del  Considerato  in
diritto). 
    In sintesi, dunque, in base  al  principio  di  sussidiarieta'  e
all'art. 118 Cost., se non puo' escludersi  la  possibilita'  che  la
legge  dello  Stato  attribuisca  ad  organi  statali  il  potere  di
sostituirsi direttamente agli  enti  locali,  deve  pero'  senz'altro
escludersi che tale  sostituzione  possa  essere  disciplinata  senza
prevedere   il   diretto   coinvolgimento   della   singola   Regione
interessata. 
    Nel caso di specie, a differenza della norma scrutinata da questa
Corte nella citata sentenza n. 278 del 2010, non siamo di  fronte  ad
una delega legislativa rivolta al Governo e non e'  dunque  possibile
quella interpretazione adeguatrice fondata sul rapporto tra legge  di
delega e potere legislativo delegato  che  ha  consentito,  nel  caso
della sentenza richiamata, di integrare  la  lacuna  della  norma  di
delega  con  il  contenuto  normativo   costituzionalmente   imposto.
Pertanto, la disposizione censurata  e'  senz'altro  incostituzionale
nella  parte  in  cui  non  prevede  che  il  potere  sostitutivo  da
esercitare  nei  confronti  degli  enti  territoriali  diversi  dalla
Regione venga esercitato senza alcun coinvolgimento di quest'ultima. 
    7. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 4, comma  2,  ultimo
periodo, del decreto-legge 1° luglio 2009,  n.  78,  convertito,  con
modificazioni,  dalla  legge  3  agosto  2009,  n.  102,  nel   testo
sostituito dal d.l. n. 105 del 2010, nella parte in cui prevede che i
commissari straordinari ivi disciplinati possano fissare termini,  in
deroga alla legge, per lo  svolgimento  delle  attivita'  «occorrenti
all'autorizzazione e all'effettiva  realizzazione  degli  interventi,
nel  rispetto  delle  disposizioni   comunitarie»,   per   violazione
dell'art. 117, terzo e sesto comma, e  dell'art.  118,  primo  comma,
della Costituzione. 
    7.1. - Questa disposizione, nella parte in cui prevede  che  atti
del Commissario straordinario possano  intervenire,  in  deroga  alla
legge, a stabilire termini  piu'  brevi  di  quelli  da  quest'ultima
previsti  per  lo  svolgimento   delle   attivita'   dalla   medesima
individuate, pone in essere una forma di  delegificazione  "anomala",
poiche' ben lontana dal modello individuato dall'art.  17,  comma  2,
della legge n.  400  del  1988.  Tale  forma  di  delegificazione  e'
incostituzionale, nel caso  di  specie,  in  quanto  e'  destinata  a
svolgersi in una materia inserita nell'elenco di cui al  terzo  comma
dell'art. 117 Cost., ossia  quella  della  "produzione,  trasporto  e
distribuzione nazionale  dell'energia".  Si  tratta  percio'  di  una
normativa  che  istituisce  un  potere  regolamentare  che   esorbita
certamente dai limiti imposti alla competenza  dall'art.  117,  sesto
comma, Cost. 
    In senso diverso, del resto,  non  potrebbe  essere  invocata  la
circostanza secondo la quale l'atto commissariale di  fissazione  dei
termini piu' brevi in deroga a quelli gia' previsti dalla  legge  non
corrisponde alle  consuete  forme  in  cui  si  esprime  la  potesta'
regolamentare   dell'esecutivo,   ossia   quella   dei    regolamenti
governativi e ministeriali, ne'  la  mancata  attribuzione  del nomen
iuris di "regolamento" a tale atto. A questo specifico proposito,  e'
possibile richiamare, ancora una volta, la recente sentenza di questa
Corte n. 278 del 2010. 
    In essa, infatti, e' stato efficacemente chiarito  che  lo  Stato
non puo' "eludere" i criteri  costituzionali  di  ripartizione  della
potesta' regolamentare semplicemente imponendo ai  medesimi  un nomen
iuris che ne escluda la natura regolamentare. Al riguardo, rileva  il
seguente passaggio: «Attesa la  ripartizione  operata  dall'art.  117
Cost. di tale potesta' tra  Stato  e  Regioni,  secondo  un  criterio
obiettivo di corrispondenza delle norme  prodotte  alle  materie  ivi
indicate, non possono essere requisiti di  carattere  formale,  quali
il nomen iuris e la difformita' procedimentale rispetto ai modelli di
regolamento  disciplinati  in  via   generale   dall'ordinamento,   a
determinare  di  per  se'  l'esclusione  dell'atto  dalla   tipologia
regolamentare, giacche', in tal  caso,  sarebbe  agevole  eludere  la
suddivisione  costituzionale  delle  competenze,   introducendo   nel
tessuto ordinamentale norme secondarie, surrettiziamente rivestite di
altra forma, laddove  cio'  non  sarebbe  consentito»  (par.  16  del
Considerato in diritto). 
    Pertanto, cio' che conta ai fini della qualificazione di un  atto
come  "regolamento"  e,  dunque,  ai  fini  della  sua   collocazione
nell'ambito del riparto costituzionale delle competenze,  e'  il  suo
contenuto normativo, ossia generale e astratto, e non  certo  il  suo
procedimento di approvazione o il suo nomen iuris. 
    Ebbene, che l'atto commissariale  qui  considerato  abbia  natura
normativa, in quanto caratterizzato da  generalita'  ed  astrattezza,
non puo' certo essere seriamente posto in dubbio. La disposizione  in
questa sede censurata, infatti,  prevede  che  il  Commissario  possa
fissare termini, in deroga a quelli gia' stabiliti dalla  legge,  per
lo  svolgimento  delle  attivita'  «occorrenti  all'autorizzazione  e
all'effettiva realizzazione  degli  interventi,  nel  rispetto  delle
disposizioni comunitarie». Si tratta, pertanto, di atti in  grado  di
intervenire sulla "previa norma" alla quale, in virtu' del  principio
di   legalita',   deve   uniformarsi    la    successiva    attivita'
amministrativa. 
    7.2. - Il riconoscimento (obbligato,  come  si  e'  visto)  della
natura  normativa  di  questi  atti  commissariali  conduce  in  modo
pressoche'     automatico     alla     conclusione     della     loro
incostituzionalita'. 
    In senso inverso, infatti, non sarebbe possibile invocare neppure
l'argomento della c.d. "chiamata in sussidiarieta'". 
    Ove infatti si volesse ritenere che lo Stato sia  legittimato  ad
individuare termini diversi per il  compimento  degli  atti  e  delle
attivita' in questione in base al titolo  "straordinario"  da  ultimo
menzionato,  la  disposizione  presa  in  considerazione   violerebbe
comunque l'art. 117,  terzo  e  sesto  comma,  Cost.,  in  quanto  la
fissazione di tali termini,  in  un  ambito  di  indiscussa  potesta'
legislativa   concorrente,   risulta   affidata    ad    una    fonte
sub-legislativa  e  non  alla  legge,  come  richiesto  invece  dalla
giurisprudenza costituzionale sulla "chiamata  in  sussidiarieta'"  a
partire dalla sent. n. 303 del 2003. 
    In questa decisione, infatti, si legge che «la nuova formulazione
dell'art. 117, sesto comma,  Cost.,  secondo  il  quale  la  potesta'
regolamentare e'  dello  Stato,  salva  delega  alle  Regioni,  nelle
materie di legislazione esclusiva, mentre in ogni  altra  materia  e'
delle  Regioni»  esclude  che  la  fonte  secondaria  statale   possa
«vincolare l'esercizio della potesta' legislativa regionale  o  (...)
incidere su disposizioni regionali preesistenti» (sentenza n. 22  del
2003)». Inoltre  -  ed  e'  cio'  che  in  questa  sede  maggiormente
interessa - «neppure  i  principi  di  sussidiarieta'  e  adeguatezza
possono  conferire  ai  regolamenti  statali  una  capacita'  che  e'
estranea al loro valore, quella cioe' di modificare  gli  ordinamenti
regionali a livello primario» (par. 7 del Considerato in diritto). 
    8. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 4, comma  2,  ultimo
periodo, del decreto-legge 1° luglio 2009,  n.  78,  convertito,  con
modificazioni,  dalla  legge  3  agosto  2009,  n.  102,  nel   testo
sostituito dal d.l. n. 105 del 2010, nella parte in cui prevede che i
commissari  straordinari  ivi  disciplinati  possano  fissare  -   in
mancanza di una intesa con  la  Regione  interessata  -  termini,  in
deroga alla legge, per lo  svolgimento  delle  attivita'  «occorrenti
all'autorizzazione e all'effettiva  realizzazione  degli  interventi,
nel  rispetto  delle  disposizioni   comunitarie»,   per   violazione
dell'art. 117, terzo comma,  e  dell'art.  118,  primo  comma,  della
Costituzione. 
    8.1. - La Regione  Puglia  ritiene  che,  anche  ove  la  censura
esposta al precedente paragrafo  7  dovesse  essere  considerata  non
meritevole di accoglimento, la disciplina posta dall'art. 4, comma 2,
ultimo periodo,  dovrebbe  comunque  considerarsi  costituzionalmente
illegittima per violazione dell'art. 117, terzo  comma,  e  dell'art.
118, primo comma, Cost. 
    8.2. - Per illustrare adeguatamente questa censura e' ancora  una
volta necessario prendere le mosse dall'inquadramento della normativa
oggetto  del  presente  giudizio  nell'ambito   della   materia,   di
competenza  concorrente  tra  Stato  e  Regioni,  della  "produzione,
trasporto e distribuzione nazionale dell'energia". 
    La  disciplina  censurata  istituisce  un  potere   commissariale
destinato ad operare in tale materia e caratterizzato  da  una  forte
incidenza sul complesso delle  funzioni  regionali.  Ove  si  volesse
ritenere che - nonostante  le  considerazioni  sopra  esposte  e,  in
particolare, le chiarissime affermazioni della cent. n. 303 del  2003
gia' richiamate - lo Stato possa  comunque,  in  base  al  meccanismo
della c.d. "chiamata in sussidiarieta'", affidare al  Commissario  un
simile potere, la normativa impugnata risulterebbe  incostituzionale,
in quanto non prevede la necessarieta'  dell'intesa  con  la  Regione
nell'esercizio delle funzioni istituite. 
    Al riguardo - rinviando al successivo paragrafo 12.1 del presente
atto  una  trattazione  maggiormente  approfondita  del  tema  -   e'
sufficiente richiamare  l'attenzione  sulla  circostanza  secondo  la
quale la ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte richiede  -
ai fini della legittimita' costituzionale di leggi di questo  tipo  -
la  previsione,  da  parte  delle   medesime,   della   necessarieta'
dell'intesa forte" con la Regione interessata al fine  dell'esercizio
delle funzioni amministrative attratte in sussidiarieta'  al  livello
statale (cfr., ex plurimis, le sentenze nn. 303 del 2003, 6 del 2004,
383 del 2005, 278 del 2010). 
    9. - Illegittimita' costituzionale  dell'art.  4,  comma  3,  del
decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, nel testo sostituito dal  d.l.  n.
105 del 2010, nella parte in cui prevede che  «per  la  realizzazione
degli interventi ai sensi del comma 2,  con  decreto  del  Presidente
della Repubblica,  su  proposta  del  Presidente  del  Consiglio  dei
Ministri, previa  deliberazione  del  Consiglio  dei  Ministri,  sono
nominati  uno  o  piu'  commissari  straordinari  del  Governo»,  per
violazione degli  artt.  117,  secondo  comma,  e  118  Cost.,  senza
prevedere, al contempo, che detta  nomina  avvenga  d'intesa  con  la
Conferenza permanente per i rapporti  tra  lo  Stato  e  le  Regioni,
oppure, per l'ipotesi di pluralita' di  commissari,  con  le  Regioni
direttamente interessate. 
    9.1. - Questa censura viene in considerazione solo ove si ritenga
priva di fondamento quella formulata al par. 4 del presente atto. 
    Anche in questo caso, per l'illustrazione dei rilievi mossi  alla
disciplina statale impugnata, e' necessario  muovere  dalla  premessa
della individuazione della materia su cui essa interviene,  ossia  la
materia di  competenza  legislativa  concorrente  della  "produzione,
trasporto e distribuzione nazionale dell'energia". 
    Come ricordato nel precedente paragrafo - e come si avra' modo di
evidenziare piu' approfonditamente al successivo paragrafo 12.1 -  la
giurisprudenza costituzionale ha in varie occasioni  evidenziato  che
in tale materia (come, piu' in generale,  nelle  materie  diverse  da
quelle di competenza esclusiva ex art. 117, secondo comma, Cost.)  lo
Stato puo' intervenire con disciplina di dettaglio, avocando a se'  e
regolando funzioni amministrative, solo ove,  oltre  a  rispettare  i
principi di proporzionalita' e sussidiarieta', preveda nella medesima
disciplina, l'intesa c.d. "forte" con (a seconda  delle  circostanze)
la Conferenza Stato-Regioni o  le  Regioni  direttamente  interessate
all'esercizio   delle    funzioni    amministrative    attratte    in
sussidiarieta' (cfr., in particolare, le gia' richiamate sentenze nn.
303 del 2003, 6 del 2004, 383 del 2005, 278 del 2010). 
    La nomina di  uno  o  piu'  commissari  straordinari  rappresenta
senz'altro una attivita' amministrativa  attratta  in  sussidiarieta'
dallo Stato nell'ambito di una materia di  legislazione  concorrente.
La  illegittimita'  costituzionale  della  disciplina  in  questione,
dunque,  deriva  dalla  circostanza  che,   nonostante   le   diverse
indicazioni provenienti dalla giurisprudenza costituzionale, essa non
abbia  previsto  il  coinvolgimento  delle  Regioni  -  nella   forma
dell'intesa - nella emanazione dell'atto di nomina dei commissari. 
    L'intesa, evidentemente, dovra' essere raggiunta con  la  singola
Regione direttamente interessata, nel caso in cui il  Commissario,  o
ciascun Commissario (nell'ipotesi di  nomina  di  una  pluralita'  di
questi) in questione si vedano affidati il compito di procedere  alla
attuazione di opere insistenti in una singola Regione. Viceversa, ove
si opti per la nomina di  un  solo  Commissario  competente  per  gli
interventi in tutto il territorio nazionale,  ai  fini  del  rispetto
dell'autonomia  regionale  costituzionalmente   riconosciuta,   sara'
necessario addivenire all'intesa con la Conferenza Stato-Regioni. 
    Per i motivi appena evocati, dunque, l'art.  4,  comma  3,  viola
palesemente gli artt. 117, terzo comma, e 118 Cost., nella  parte  in
cui non prevede che la nomina del Commissario straordinario  avvenga,
a seconda dei casi, previa intesa acquisita con  la  singola  Regione
interessata o in sede di Conferenza Stato-Regioni. 
    10. - Illegittimita' costituzionale dell'art.  4,  comma  3,  del
decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, nel testo sostituito dal  d.l.  n.
105 del 2010, nella  parte  in  cui  prevede  che  «con  decreto  del
Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio
dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri», siano
determinati «i compiti del commissario»  straordinario  nominato  col
medesimo decreto, nonche' «i poteri di controllo e di  vigilanza  del
Ministro per la semplificazione  normativa  e  degli  altri  Ministri
competenti», per violazione degli artt. 117, terzo e sesto  comma,  e
118 della Costituzione. 
    10.1. - Questa disposizione, nella parte in cui  prevede  che  un
decreto del Presidente della Repubblica possa individuare  i  compiti
che devono essere svolti dai Commissari straordinari cui e'  affidata
l'attuazione degli interventi - individuando cosi' anche i limiti dei
poteri affidati a costoro - nonche' determinare i poteri di controllo
e di vigilanza dei Ministri competenti, configura una forma di potere
regolamentare "anomala", poiche' ben lontana dal modello  individuato
dall'art. 17 della legge n. 400 del 1988. 
    Tale forma di potere regolamentare e' incostituzionale, nel  caso
di specie, in quanto e' destinata a svolgersi in una materia inserita
nell'elenco di cui al terzo comma dell'art. 117 Cost.,  ossia  quella
della "produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia".
Si  tratta  percio'  di  una  normativa  che  istituisce  un   potere
regolamentare che esorbita certamente dai  limiti  imposti  dall'art.
117, sesto comma, Cost. 
    In senso diverso, del resto,  non  potrebbe  essere  invocata  la
circostanza secondo la quale il  presente  potere  regolamentare  non
corrisponde alle  consuete  forme  in  cui  si  esprime  la  potesta'
regolamentare   dell'esecutivo,   ossia   quella   dei    regolamenti
governativi e ministeriali di cui all'art. 17 della legge n. 400  del
1988, ne' la mancata attribuzione del nomen iuris di "regolamento"  a
tale atto. 
    Al riguardo,  e'  possibile  riferirsi  nuovamente  alla  recente
sentenza di  questa  Corte  n.  278  del  2010  (gia'  richiamata  al
precedente par. 7.1 del presente atto), nella quale e' stato chiarito
che  lo  Stato  non  puo'  "eludere"  i  criteri  costituzionali   di
ripartizione della potesta' regolamentare semplicemente imponendo  ai
medesimi un nomen iuris che ne escluda la natura regolamentare (cfr.,
in part., il par. 16 del Considerato in diritto). 
    Il d.P.R. previsto dalla  disposizione  impugnata  ha  certamente
natura  normativa,  in  quanto  caratterizzato  da   generalita'   ed
astrattezza. Esso, infatti, e' deputato a determinare «i compiti  del
commissario» straordinario nominato col medesimo decreto, nonche'  «i
poteri  di  controllo  e   di   vigilanza   del   Ministro   per   la
semplificazione normativa e  degli  altri  Ministri  competenti».  Si
tratta, dunque, di atti il cui compito e'  quello  di  predispone  la
"previa norma" alla quale, in virtu' del principio di legalita', deve
uniformarsi la successiva attivita' amministrativa del Commissario  e
dei Ministri sopra citati. 
    10.2. - Il riconoscimento (obbligato, come  si  e'  visto)  della
natura normativa del d.P.R. in questione conduce, in modo  pressoche'
automatico, a concludere per la sua illegittimita' costituzionale. In
senso  inverso,  infatti,  non  sarebbe  possibile  invocare  neppure
l'argomento della c.d. "chiamata in sussidiarieta'". 
    Ove infatti si volesse ritenere che lo Stato sia  legittimato  ad
individuare i compiti del  Commissario  e  a  definire  i  poteri  di
controllo e vigilanza dei  Ministri  competenti  in  base  al  titolo
"straordinario"  da  ultimo  menzionato,  la  disposizione  presa  in
considerazione violerebbe comunque  la  Costituzione,  in  quanto  la
fissazione di tali termini e' affidata ad una fonte sub-legislativa e
non  alla  legge,  come   richiesto   invece   dalla   giurisprudenza
costituzionale a partire dalla sent. n. 303 del 2003 (al riguardo, e'
sufficiente rinviare al par. 7 del Considerato in diritto  di  questa
decisione, gia' richiamato, in relazione ad  analoga  questione,  nel
precedente par. 7.2 del presente atto). 
    11. - Illegittimita' costituzionale dell'art.  4,  comma  3,  del
decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, nel testo sostituito dal  d.l.  n.
105 del 2010, nella  parte  in  cui  prevede  che  «con  decreto  del
Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio
dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri», siano
determinati «i compiti del commissario»  straordinario  nominato  col
medesimo decreto, nonche' «i poteri di controllo e di  vigilanza  del
Ministro per la semplificazione  normativa  e  degli  altri  Ministri
competenti», senza prevedere, al contempo, la necessaria acquisizione
di una intesa con la Conferenza permanente  per  i  rapporti  tra  lo
Stato  e  le  Regioni,  oppure,  per  l'ipotesi  di   pluralita'   di
commissari, con le Regioni direttamente interessate,  per  violazione
degli artt. 117, terzo comma, e 118 della Costituzione. 
    11.1. - Ove la censura sub 10 venga ritenuta priva di fondamento,
la disciplina posta dall'art. 4, comma 3, deve comunque  considerarsi
incostituzionale  per  violazione  dell'art.  117,  terzo  comma,   e
dell'art. 118, primo comma, Cost. 
    Tale  disciplina,  infatti,  prevede  che  mediante  un   d.P.R.,
adottato «su proposta del  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri,
previa  deliberazione  del  Consiglio  dei  Ministri»,  si   assumano
determinazioni destinate ad operare  nella  materia  di  legislazione
concorrente della "produzione, trasporto  e  distribuzione  nazionale
dell'energia", e caratterizzate da una forte incidenza sul  complesso
delle funzioni regionali. Ove si volesse ritenere che - nonostante le
considerazioni sopra esposte - lo Stato possa comunque,  in  base  al
meccanismo della c.d. "chiamata in sussidiarieta'",  affidare  ad  un
d.P.R.  un  simile  potere,  la  normativa   impugnata   risulterebbe
palesemente incostituzionale in  quanto  non  prevede  la  necessaria
acquisizione dell'intesa con la Conferenza  Stato-Regioni  o  con  la
Regione direttamente interessata in sede di esercizio delle  funzioni
istituite. 
    L'intesa, evidentemente, dovra' essere raggiunta con  la  singola
Regione, nel caso  in  cui  il  Commissario,  o  ciascun  Commissario
(nell'ipotesi di nomina di una pluralita' di questi) in questione  si
vedano affidati il compito di  procedere  alla  attuazione  di  opere
insistenti in una singola Regione. Viceversa,  ove  si  opti  per  la
nomina di un solo Commissario competente per gli interventi in  tutto
il territorio nazionale, sara' necessario addivenire  all'intesa  con
la Conferenza Stato-Regioni. 
    Al riguardo - rinviando al successivo par. 12.1 del presente atto
una trattazione maggiormente approfondita del tema -  e'  sufficiente
richiamare l'attenzione sulla circostanza secondo la quale  la  ormai
consolidata giurisprudenza di questa Corte richiede - ai  fini  della
legittimita' costituzionale di norme legislative  statali  di  questo
tipo - la previsione, da parte delle  medesime,  della  necessarieta'
dell'intesa forte" con il sistema delle autonomie regionali o con  la
singola Regione interessata al fine dell'esercizio delle funzioni  da
esse previste (cfr., in particolare, le gia' richiamate sentenze  nn.
303 del 2003, 6 del 2004, 383 del 2005, 278 del 2010). 
    Per queste ragioni, la norma censurata viola comunque  gli  artt.
117, terzo comma, e 118, Cost., nella parte in cui non prevede che la
determinazione dei compiti del Commissario straordinario, nonche' dei
poteri  di  controllo  e   di   vigilanza   del   Ministro   per   la
semplificazione normativa e degli altri Ministri competenti, avvenga,
a seconda dei casi, previa intesa acquisita con  la  singola  Regione
interessata o in sede di Conferenza Stato-Regioni. 
    12. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 4, comma  4,  primo
periodo del decreto-legge  1°  luglio  2009,  n.  78  convertito  con
modificazioni,  dalla  legge  3  agosto  2009,  n.  102,  nel   testo
sostituito dal d.l. n. 105 del 2010, nella parte in cui  prevede  che
«in caso di mancato raggiungimento dell'intesa di  cui  al  comma  1,
decorsi trenta giorni dalla convocazione del primo  incontro  tra  il
Governo e la regione o  la  provincia  autonoma  interessata  per  il
raggiungimento  dell'intesa,  il   Governo   puo'   individuare   gli
interventi   di   cui   al   comma   1,   dichiararne   l'urgenza   e
l'indifferibilita' nonche' definire  i  criteri  di  cui  al  secondo
periodo  del  comma  2,  anche   a   prescindere   dall'intesa,   con
deliberazione motivata del  Consiglio  dei  Ministri  cui  sia  stato
invitato a partecipare il Presidente della regione o della  provincia
autonoma interessata», per violazione degli artt. 117, terzo comma, e
118 della Costituzione. 
    12.1. - L'art. 4, comma 4, del d.l. n. 78  del  2009,  nel  testo
novellato dal d.l. n.  105  del  2010,  rappresenta  il  cuore  della
disciplina che qui si contesta. 
    Come  gia'  ricordato,  il  comma  1  dell'art.  4,   nel   testo
attualmente in  vigore,  prevede  la  individuazione,  da  parte  del
Governo, degli «interventi urgenti ed  indifferibili,  connessi  alla
trasmissione, alla distribuzione e  alla  produzione  dell'energia  e
delle fonti energetiche che rivestono carattere strategico nazionale,
anche  in  relazione  alla  possibile  insorgenza  di  situazioni  di
emergenza, ovvero  per  i  quali  ricorrono  particolari  ragioni  di
urgenza in riferimento allo sviluppo socio-economico,  e  che  devono
pertanto essere effettuati  con  mezzi  e  poteri  straordinari».  Al
riguardo, si e' gia' avuto moto di notare come la Regione Puglia  non
contesti l'esistenza di esigenze unitarie alla base della  avocazione
allo  Stato,  mediante  il  meccanismo  della   c.d.   "chiamata   in
sussidiarieta'",    di    questa    funzione    amministrativa,     e
conseguentemente dell'esercizio della funzione legislativa al fine di
disciplinarla.  Del  resto,  il  comma  in   parola   -   considerato
isolatamente  -  appare  senz'altro  rispettoso   delle   prerogative
regionali, dal momento che prevede la necessarieta',  ai  fini  della
individuazione  degli  interventi  suddetti,  dell'  «intesa  con  le
regioni e le province autonome interessate». Nessuna censura, dunque,
e' stata proposta nei confronti di tale disposizione. 
    Ove si consideri il disposto del comma 4, che in questa  sede  si
impugna, le carte in tavola cambiano pero' in modo significativo. 
    Esso, infatti, prevede la possibilita'  di  superare  l'eventuale
mancato raggiungimento dell'intesa in questione tramite un meccanismo
attivabile, da parte del Governo, a  partire  dal  trentesimo  giorno
«dalla convocazione del primo incontro tra il Governo e la regione  o
la provincia autonoma interessata per il raggiungimento dell'intesa».
Decorso tale termine, infatti, l'intesa non serve  piu':  secondo  la
disposizione impugnata «il Governo puo' individuare gli interventi di
cui al comma 1, dichiararne l'urgenza  e  l'indifferibilita'  nonche'
definire i criteri di cui al secondo periodo del  comma  2,  anche  a
prescindere dall'intesa, con deliberazione motivata del Consiglio dei
Ministri cui sia stato invitato a  partecipare  il  Presidente  della
regione o della provincia autonoma interessata». Da concertato,  come
si vede, il procedimento di individuazione degli  interventi  diventa
ipso iure e "improvvisamente" unilaterale. 
    La disciplina appena richiamata viola  in  modo  macroscopico  lo
"statuto" della c.d. "chiamata in  sussidiarieta'"  come  individuato
nella giurisprudenza di questa Corte, e per questo  motivo  contrasta
evidentemente con i parametri costituzionali invocati. 
    Al riguardo, si deve osservare quanto segue. 
    Piu' sopra, nel paragrafo 4.1, si e' ricordato come,  secondo  la
ormai consolidata giurisprudenza di  questa  Corte,  lo  Stato  possa
allocare ad organi propri funzioni amministrative  nell'ambito  delle
materie estranee al secondo comma dell'art. 117 Cost., dettandone  la
relativa disciplina sostanziale, solo in presenza di alcuni requisiti
e rispettando alcune condizioni. 
    Su alcune  di  questi  requisiti  e  condizioni  ci  si  e'  gia'
soffermati nelle pagine che precedono. Cosi', nello stesso  paragrafo
4.1, si e' posto in evidenza come la normativa  statale  che  qui  si
contesta non rispetti il principio di  proporzionalita',  dettando  -
per la parte inerente alle funzioni commissariali, e non  per  quella
concernente la individuazione e programmazione degli interventi - una
disciplina  che  impone  un  sacrifico  non  necessario,   e   dunque
sproporzionato, all'autonomia  regionale.  Al  paragrafo  7.2  si  e'
invece  mostrato  come  l'ipotizzata  "chiamata  in   sussidiarieta'"
realizzata  dall'art.  4,  comma  2,  ultimo   periodo,   affidi   ad
(eventuali) atti commissariali un potere di normazione  regolamentare
in  materia,  contravvenendo  ad   un'altra   importante   condizione
individuata dalla giurisprudenza costituzionale. 
    In questa sede, invece, si  ritiene  necessario  soffermarsi  sul
mancato  rispetto,  da  parte  della  disciplina   impugnata,   della
condizione  "procedurale"  che,  ormai  da  tempo,  questa  Corte  ha
ritenuto che debba necessariamente  caratterizzare  -  pena  la  loro
incostituzionalita' - il contenuto delle leggi statali  che  avochino
presso organi dello  Stato  funzioni  amministrative  in  materie  di
competenza concorrente o regionale residuale. 
    A partire dalla ormai "celebre" sent. n. 303 del 2003 e poi dalla
sent. n. 6 del 2004, infatti, questa Corte ha con chiarezza affermato
che, in situazioni quali quella oggi in discussione, la legge statale
dovrebbe essere «adottata a seguito di procedure  che  assicurino  la
partecipazione dei livelli di governo coinvolti attraverso  strumenti
di  leale  collaborazione  o,  comunque,  deve   prevedere   adeguati
meccanismi di cooperazione per l'esercizio  concreto  delle  funzioni
amministrative allocate in capo agli organi centrali» (sent. n. 6 del
2004, par. 7 del Considerato  in  diritto).  Di  conseguenza,  «nella
perdurante  assenza   di   una   trasformazione   delle   istituzioni
parlamentari e, piu' in  generale,  dei  procedimenti  legislativi  -
anche solo nei limiti di quanto previsto  dall'art.  11  della  legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3» (sent. n. 6 del  2004,  par.  7
del Considerato in diritto),  le  normative  statali  che  realizzino
l'avocazione in sussidiarieta'  della  funzione  legislativa  possono
«aspirare a superare il vaglio di legittimita' costituzionale solo in
presenza di una disciplina che prefiguri un iter in cui  assumano  il
dovuto  risalto  le  attivita'  concertative   e   di   coordinamento
orizzontale, ovverosia le intese, che devono essere condotte in  base
al principio di lealta'» (sent.  n.  303  del  2003,  par.  2.2.  del
Considerato in diritto; sent. n. 6 del 2004, par. 7  del  Considerato
in diritto). La sent. n.  6  del  2004,  inoltre,  ha  precisato  che
l'intesa, prevista dalla normativa adottata "in sussidiarieta'" dallo
Stato,  per   l'esercizio   della   funzione   amministrativa,   deve
necessariamente caratterizzarsi come "intesa in  senso  forte",  «nel
senso  che  il  suo  mancato  raggiungimento   costituisce   ostacolo
insuperabile  alla  conclusione  del  procedimento»   (par.   7   del
Considerato in diritto). 
    Sul punto, peraltro, non  hanno  mancato  di  intervenire  alcune
altre note pronunce successive. Al riguardo, rilevano soprattutto  la
sent. n. 383 del 2005 e la piu' recente sent. n. 278 del 2010. 
    Nella prima di tali decisioni, infatti, questa Corte ha  ritenuto
di fornire alcune precisazioni molto importanti per la questione oggi
in discussione. 
    I) Innanzi tutto, ha evidenziato come la necessita' di  prevedere
una "intesa forte" nella legislazione  che  avoca  in  sussidiarieta'
funzioni amministrative e' particolarmente stringente «in riferimento
ad una legislazione come quella oggetto del presente  scrutinio,  che
spesso si  riferisce  alla  dimensione  "nazionale"  (unilateralmente
definita) di fenomeni od attrezzature, da cui sembra  che  spesso  si
vogliano escludere le Regioni, malgrado l'esplicito riferimento  alla
stessa dimensione "nazionale" che e'  contenuto  nella  denominazione
della  materia  "produzione,  trasporto  e  distribuzione   nazionale
dell'energia" di cui al terzo comma dell'art. 117 Cost.» (par. 15 del
Considerato in diritto). E' inutile sottolineare quanto queste parole
si attaglino alle disposizioni che qui si impugnano. 
    II) In secondo luogo, ha  affermato  che  le  intese  di  cui  si
discorre «costituiscono condizione minima e  imprescindibile  per  la
legittimita' costituzionale della disciplina legislativa statale  che
effettui  la   "chiamata   in   sussidiarieta'"   di   una   funzione
amministrativa in materie affidate alla legislazione  regionale,  con
la conseguenza che deve trattarsi di vere e proprie intese "in  senso
forte", ossia di atti a struttura  necessariamente  bilaterale,  come
tali non superabili con decisione unilaterale di una delle parti». Da
questa premessa ha inoltre tratto la conclusione secondo la quale «in
questi casi (...) deve escludersi che, ai  fini  del  perfezionamento
dell'intesa, la  volonta'  della  Regione  interessata  possa  essere
sostituita da una determinazione dello Stato, il quale diverrebbe  in
tal modo l'unico attore di una fattispecie che, viceversa,  non  puo'
strutturalmente ridursi all'esercizio di un potere unilaterale» (par.
30 del Considerato in diritto). 
    III) Infine, la sent. n. 383 del 2005 ha mostrato di tener  conto
dell'«esigenza che il conseguimento di queste  intese  sia  non  solo
ricercato in termini effettivamente  ispirati  alla  reciproca  leale
collaborazione, ma anche agevolato per evitare situazioni di stallo»,
sottolineando pero' che se tale esigenza «potra' certamente  ispirare
l'opportuna  individuazione,  sul  piano  legislativo,  di  procedure
parzialmente innovative volte a favorire l'adozione dell'atto  finale
nei casi in cui siano insorte  difficolta'  a  conseguire  l'intesa»,
tali procedure, tuttavia, «non  potranno  in  ogni  caso  prescindere
dalla permanente  garanzia  della  posizione  paritaria  delle  parti
coinvolte»,  disponendo  lo  Stato,  «nei  casi  limite  di   mancato
raggiungimento dell'intesa», dello «strumento del  ricorso  a  questa
Corte in sede di conflitto di attribuzione fra Stato e Regioni» (par.
30 del Considerato in diritto). 
    Tali principi sono stati poi da  ultimo  ribaditi,  sia  pure  in
termini di estrema sintesi, dalla sent. n. 278 del 2010 (par. 13  del
Considerato in diritto). In essa si legge che  «e'  oramai  principio
acquisito  nel  rapporto  tra  legislazione  statale  e  legislazione
regionale che  quest'ultima  possa  venire  spogliata  della  propria
capacita' di disciplinare  la  funzione  amministrativa  attratta  in
sussidiarieta', a condizione che cio' si accompagni  alla  previsione
di un'intesa in sede di  esercizio  della  funzione,  con  cui  poter
recuperare un'adeguata autonomia, che l'ordinamento riserva non  gia'
al sistema regionale complessivamente inteso, quanto  piuttosto  alla
specifica  Regione  che  sia  stata  privata  di  un  proprio  potere
(sentenze n. 383 e n. 62 del 2005, n. 6 del 2004 e n. 303 del  2003).
Cio' ovviamente  a  prescindere  dalla  necessita'  di  una  puntuale
disciplina legislativa delle modalita'  di  esercizio  dell'intesa  e
delle eventuali procedure per ulteriormente  ricercarla  in  caso  di
diniego o comunque per supplire alla sua carenza, come  anche  questa
Corte ha auspicato». 
    12.2. - Ove si  confronti  la  disciplina  qui  impugnata  con  i
parametri costituzionali,  come  delineati  dalla  giurisprudenza  di
questa Corte  appena  richiamata,  la  illegittimita'  costituzionale
della prima appare inequivoca. 
    Come gia' detto, essa, infatti, al comma 1 dell'art. 4  del  d.l.
n. 78 del 2009 nel testo novellato, prevede la necessita' dell'intesa
con le Regioni e le  Province  autonome  interessate  ai  fini  della
individuazione degli «interventi urgenti ed  indifferibili,  connessi
alla trasmissione, alla distribuzione e alla produzione  dell'energia
e  delle  fonti  energetiche  che  rivestono   carattere   strategico
nazionale». Al comma 4 del medesimo articolo, pero', si  dispone  che
«in caso di mancato raggiungimento dell'intesa di  cui  al  comma  1,
decorsi trenta giorni dalla convocazione del primo  incontro  tra  il
Governo e la regione o  la  provincia  autonoma  interessata  per  il
raggiungimento  dell'intesa,  il   Governo   puo'   individuare   gli
interventi   di   cui   al   comma   1,   dichiararne   l'urgenza   e
l'indifferibilita' nonche' definire  i  criteri  di  cui  al  secondo
periodo  del  comma  2,  anche   a   prescindere   dall'intesa,   con
deliberazione motivata del  Consiglio  dei  Ministri  cui  sia  stato
invitato a partecipare il Presidente della regione o della  provincia
autonoma interessata». 
    Come si vede, tale disciplina consegna ad uno strumento del tutto
unilaterale la possibilita' di  superare  il  mancato  raggiungimento
dell'intesa. Per  di  piu',  ove  si  consideri  che  tale  strumento
unilaterale  puo'  essere  utilizzato  allo  scadere  del  brevissimo
termine di «trenta giorni dalla convocazione del primo  incontro  tra
il Governo e la regione o la provincia autonoma  interessata  per  il
raggiungimento  dell'intesa»,  e'  agevole  rendersi  conto  che,  in
presenza di una disciplina  siffatta,  non  appare  neanche  corretto
discorrere di intesa. Le trattative  per  addivenire  alla  medesima,
infatti, sono costrette in un tempo talmente ristretto, allo  scadere
del quale il Governo puo' decidere in  assoluta  solitudine  (con  il
semplice  "parere"  del  Presidente  della   Regione   "invitato"   a
partecipare  alla  riunione  del  Consiglio  dei  ministri),  che  la
volonta' della Regione puo' senz'altro dirsi coartata dal  timore  di
giungere ad un simile esito. 
    In  sintesi,  lo  strumento  predisposto  dallo  Stato   per   il
superamento  della  mancata  intesa  non  rispetta  assolutamente  il
principio  della  «posizione   paritaria   delle   parti   coinvolte»
richiesto, come si e' visto, dalla giurisprudenza di questa Corte.  E
tale assoluta asimmetria delle parti, a sfavore della Regione,  unita
al brevissimo lasso di tempo a disposizione per addivenire all'intesa
prima che il Governo possa far uso di questo strumento, pone la prima
in una posizione di assoluta subalternita' nei confronti del  secondo
anche nel corso delle trattative volte a raggiungere l'intesa. 
    Per  le  ragioni  appena  esposte,  risultano  inequivocabilmente
violati gli artt. 117, terzo comma, e 118, primo comma, Cost. 
    13. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 4, secondo
periodo, del decreto-legge 1° luglio 2009,  n.  78,  convertito,  con
modificazioni,  dalla  legge  3  agosto  2009,  n.  102,  nel   testo
sostituito dal d.l. n. 105 del 2010, nella parte in cui  prevede  che
«il commissario del Governo, nominato con  le  procedure  di  cui  al
comma 3, da' impulso agli interventi, se indispensabile, avvalendosi,
oltre che delle procedure di cui al terzo periodo del comma 2, di: a)
poteri straordinari di sostituzione (...)  di  cui  all'articolo  20,
comma 4, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito,  con
modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009,  n.  2»,  per  violazione
degli artt. 118, primo comma, e 120, secondo comma, Cost. 
    13.1. - La disposizione  in  questione  e'  incostituzionale  per
violazione degli artt. 118 e 120, secondo comma, Cost.  Essa  infatti
prevede un potere sostitutivo affidato ad un organo dello  Stato  nei
confronti di Regioni ed enti locali, senza che pero' tale  disciplina
rispetti alcuno dei due modelli di potere sostitutivo contemplati dal
nostro diritto costituzionale:  ne'  quello  del  potere  sostitutivo
ordinario, riconducibile all'art. 118 Cost., ne'  quello  del  potere
sostitutivo straordinario, disciplinato dall'art. 120, secondo comma,
Cost. 
    Cio' per le seguenti ragioni. 
    13.2. - Il potere sostitutivo ordinario, in base alla consolidata
giurisprudenza  di  questa  Corte  che  si  e'  gia'  avuto  modo  di
richiamare al precedente paragrafo 5.4, puo' essere previsto da norme
di legge soltanto a condizione che risultino rispettati una serie  di
"parametri"  individuati  in  via  giurisprudenziale.  La  previsione
dell'art. 4, comma 4, secondo periodo, qui considerata  non  rispetta
almeno due di questi parametri. In particolare, essa viola: 
    a) il necessario affidamento ad un  organo  politico  del  potere
surrogatorio in  questione,  o  almeno  la  necessita'  che  l'organo
amministrativo agisca quale organo esecutivo di una delibera adottata
dall'organo politico; 
    b) la necessita' di disciplinare l'esercizio del potere  mediante
un procedimento che rispetti il principio di leale collaborazione  e,
in particolare, che consenta di garantire che l'ente  sostituito  sia
comunque  messo  in  grado  di  evitare  la  sostituzione  attraverso
l'autonomo adempimento e di interloquire nello stesso procedimento. 
    13.3. - Per illustrare adeguatamente queste censure e' necessario
richiamare il disposto dell'articolo 20, comma 4,  del  decreto-legge
29 novembre 2008, n. 185,  nel  testo  esitato  dal  procedimento  di
conversione, a cui la norma in questa  sede  impugnata  fa  esplicito
rinvio. 
    L'art. 20 citato prevede quanto segue:  «Per  l'espletamento  dei
compiti stabiliti al comma 3, il  commissario  ha,  sin  dal  momento
della nomina, con riferimento ad ogni  fase  dell'investimento  e  ad
ogni  atto  necessario  per  la  sua  esecuzione,  i  poteri,   anche
sostitutivi, degli organi ordinari  o  straordinari.  Il  commissario
provvede in deroga  ad  ogni  disposizione  vigente  e  nel  rispetto
comunque della normativa comunitaria  sull'affidamento  di  contratti
relativi a lavori, servizi e forniture, nonche' dei principi generali
dell'ordinamento giuridico, e fermo restando il  rispetto  di  quanto
disposto dall'articolo 8, comma 1, del decreto-legge 25 giugno  2008,
n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008,  n.
133; i decreti di cui al comma 1  del  presente  articolo  contengono
l'indicazione delle principali norme cui si intende derogare». A  sua
volta, l'art. 8, comma 1, del d.l. n. 112 del 2008, richiamato  dalla
norma cui la disposizione che qui si impugna fa rinvio,  riguarda  il
divieto di prospezione, ricerca e coltivazione di  idrocarburi  nelle
acque del golfo di Venezia. Dunque, un  tema  del  tutto  estraneo  a
quello oggi in discussione. 
    Cercando di tirare le somme, e' possibile osservare quanto segue. 
    La disposizione qui censurata introduce una nuova  previsione  di
potere sostitutivo,  la  cui  disciplina  e'  posta  in  parte  dalla
disposizione medesima, in parte da una previgente disposizione cui la
prima rinvia. Dunque, per valutare  la  rispondenza  di  tale  potere
sostitutivo   ai   parametri   costituzionali    individuati    dalla
giurisprudenza  di  questa  Corte,  e'  necessario   considerare   il
combinato disposto dell'una e dell'altra. 
    13.4.  -  Il  parametro  sopra  indicato  sub  a)  -   ossia   la
necessarieta' della provenienza della sostituzione da  un  organo  di
governo - non e' rispettato dalla normativa in questione. 
    La disposizione introdotta dal d.l. n. 105  del  2005  nel  nuovo
art. 4, comma 4, del d.l. 78 del 2009, infatti,  affida  il  relativo
potere ad un Commissario,  estraneo,  evidentemente,  al  Governo,  e
certo non qualificabile quale "organo politico". D'altra  parte,  ne'
dal testo  dell'art.  4,  comma  4,  appena  citato,  ne'  da  quello
dell'art. 20, comma 4, del d.l. n. 185 del 2008, cui esso rinvia,  e'
desumibile  il  precetto  secondo  il  quale  il   Commissario   deve
esercitare il potere sostitutivo sulla base di una previa delibera di
un organo di governo. 
    Risulta inequivocabilmente  violato  anche  il  secondo  dei  due
parametri sopra indicati. Secondo la giurisprudenza di questa  Corte,
infatti, nella legge che preveda un potere sostitutivo nei  confronti
di uno degli enti territoriali che compongono  la  Repubblica  dovra'
essere previsto «un procedimento  nel  quale  l'ente  sostituito  sia
comunque  messo  in  grado  di  evitare  la  sostituzione  attraverso
l'autonomo adempimento, e di interloquire nello stesso  procedimento»
(sent. n. 43 del 2004, par. 4  del  Considerato  in  diritto).  Nella
normativa che qui si contesta, invece, non solo non e'  prevista  una
modalita'  di  cooperazione  che  metta  l'ente  destinatario   della
sostituzione in grado di evitare quest'ultima  attraverso  l'autonomo
adempimento, ma  non  e'  prevista  alcuna  forma  di  collaborazione
dell'ente sostituendo. 
    Per  queste  ragioni,  dunque,  la  disposizione  indicata  viola
palesemente l'art. 118 Cost. 
    13.5. - Anche ove si volesse  ricondurre  il  potere  sostitutivo
disciplinato dalla disposizione impugnata nell'alveo  dell'art.  120,
secondo comma, Cost. - magari sfruttando la denominazione di  «poteri
straordinari di sostituzione» in essa contenuta - non si potrebbe che
concludere  comunque   nel   senso   dell'incostituzionalita'   della
disciplina. Cio' in quanto  quest'ultima  non  rispetta  il  disposto
della disposizione costituzionale da  ultimo  citata  da  almeno  tre
punti di vista. 
    13.6. - Come gia' si e' avuto modo di argomentare  al  precedente
paragrafo 5.5, l'art.  120,  secondo  comma,  Cost.,  predispone  uno
speciale   potere   sostitutivo   straordinario   che   si   affianca
all'ordinario riparto delle competenze effettuato dalla legge statale
e regionale in base al principio di sussidiarieta' ex art. 118 Cost.,
per garantire che, nei casi  concreti,  l'inadempimento  dei  compiti
spettanti in  base  a  tale  riparto  agli  enti  che  compongono  la
Repubblica determini la vulnerazione di quegli  interessi  essenziali
espressamente codificati nello stesso art. 120. Cio' comporta, da  un
lato, che il Governo non necessita di  una  esplicita  e  particolare
previsione  legislativa  per  esercitare  il  potere  in   questione,
occorrendo semplicemente una disciplina che  ne  detti  le  modalita'
procedimentali. Dall'altro, pero',  quanto  osservato  in  precedenza
comporta  che  -  a  prescindere  da  eventuali  tipizzazioni   della
sussistenza del pericolo di lesione  ai  suddetti  interessi  -  tale
pericolo debba ricorrere in concreto, nei casi specifici, perche'  il
potere  sostitutivo  di  cui  trattasi  possa  essere  legittimamente
esercitato. 
    La normativa qui sottoposta al giudizio di questa Corte,  dunque,
viola L'art. 120,  secondo  comma,  Cost.,  in  quanto  contiene  una
previsione  generalizzata  di  sostituzione,  abilitando  dunque   il
Governo ad intervenire con tale strumento anche ove in  concreto  non
ricorrano il pericolo della lesione ad uno degli  interessi  elencati
da questa disposizione costituzionale. 
    13.7. - La previsione di cui  al  secondo  periodo  dell'art.  4,
comma 4, inoltre, contrasta con l'art.  120,  secondo  comma,  Cost.,
anche per la parte in cui tale disposizione costituzionale stabilisce
che  il  potere  sostitutivo  straordinario  non  puo'   che   essere
esercitato dal Governo: la norma impugnata, infatti, affida il  detto
potere ad un Commissario, ponendosi in contrasto diretto con la norma
costituzionale citata. 
    13.8. - Infine, l'art. 120,  secondo  comma,  Cost.,  e'  violato
anche per un  ulteriore  motivo.  Come  e'  noto,  tale  disposizione
prevede che la legge ordinaria disciplini  le  modalita'  tramite  le
quali il potere sostitutivo  straordinario  puo'  essere  esercitato,
imponendo che esse rispettino i principi di  sussidiarieta'  e  leale
collaborazione. 
    Non e' necessario spendere molte  parole  per  mostrare  come  il
principio di leale collaborazione non sia in  alcun  modo  rispettato
dalla normativa impugnata. Come si accennava  piu'  sopra,  non  solo
essa non prevede modalita' procedimentali che siano tali  da  mettere
l'ente sostituendo in condizioni di evitare la sostituzione  mediante
l'autonomo adempimento, ma  addirittura  essa  non  contempla  alcuna
modalita' collaborativa. 
    Per queste ragioni l'art. 4,  comma  4,  secondo  periodo,  viola
anche l'art. 120, secondo comma, Cost. 
    14. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 4, secondo
periodo, del decreto-legge 1° luglio 2009,  n.  78,  convertito,  con
modificazioni,  dalla  legge  3  agosto  2009,  n.  102,  nel   testo
introdotto dal d.l. n. 105 del 2010, nella parte in cui prevede  che,
nel caso in  cui  si  sia  fatto  fronte  al  mancato  raggiungimento
dell'intesa di cui al comma  1  con  gli  strumenti  predisposti  dal
medesimo comma 4,  «il  commissario  del  Governo,  nominato  con  le
procedure di  cui  al  comma  3,  da'  impulso  agli  interventi,  se
indispensabile, avvalendosi, oltre che  delle  procedure  di  cui  al
terzo periodo del comma 2, di: a) poteri straordinari (...) di deroga
di cui all'articolo 20, comma 4, del decreto-legge 29 novembre  2008,
n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28  gennaio  2009,
n. 2», per violazione dei limiti costituzionali che si impongono alla
previsione legislativa di poteri di ordinanza contingibili e urgenti,
e dunque per violazione degli artt. 70, 76 e 77  della  Costituzione,
in combinato disposto con gli artt. 117 e 118 della medesima. 
    14.1. - La disposizione che qui si impugna si  salda  con  quella
contestata al precedente paragrafo 12, riguardante il  meccanismo  di
superamento unilaterale della mancata intesa, istituendo un potere di
adottare ordinanze contingibili e urgenti e allocandolo  in  capo  ai
Commissari straordinari nominati ai sensi del comma  3  del  medesimo
art. 4 del d.l. n. 78 del 2009 nel testo novellato dal  d.l.  n.  105
del 2010. 
    La disciplina posta dalla prima parte del  comma  4  riguarda  la
individuazione degli interventi, mentre  quella  qui  in  discussione
concerne la loro attuazione. In buona sostanza, essa prevede che  nel
caso in cui la  Regione  o  la  Provincia  autonoma  interessata  non
abbiano prestato la loro intesa nel termine di 30 giorni dalla  prima
convocazione del primo incontro volto a  raggiungerla,  non  solo  il
Governo  puo'   individuare   unilateralmente   gli   interventi   da
effettuare, ma puo' anche attuarli mediante  un  proprio  Commissario
dotato del potere straordinario di adottare ordinanze contingibili  e
urgenti. In grado, dunque, di sostituirsi alle Regioni ed  agli  enti
locali e  di  adottare  provvedimenti  in  deroga  anche  alle  norme
legislative dettate dalle prime. 
    Quanto  alla  disciplina   sostanziale   di   tale   potere,   la
disposizione rinvia a cio' che e' previsto, in relazione ad  analoghi
poteri, dall'articolo 20, comma  4,  del  decreto-legge  29  novembre
2008,  n.  185.  E'  dunque  a  questa  normativa  che  bisogna  fare
riferimento per capire se  la  disciplina  che  istituisce  un  nuovo
potere d'ordinanza, facendo ad essa  rinvio,  sia  costituzionalmente
legittima. 
    Al riguardo,  si  deve  osservare  che  la  disposizione  di  cui
all'art. 20 citato dispone  quanto  segue:  «Per  l'espletamento  dei
compiti stabiliti al comma 3, il  commissario  ha,  sin  dal  momento
della nomina, con riferimento ad ogni  fase  dell'investimento  e  ad
ogni  atto  necessario  per  la  sua  esecuzione,  i  poteri,   anche
sostitutivi, degli organi ordinari  o  straordinari.  Il  commissario
provvede in deroga  ad  ogni  disposizione  vigente  e  nel  rispetto
comunque della normativa comunitaria  sull'affidamento  di  contratti
relativi a lavori, servizi e forniture, nonche' dei principi generali
dell'ordinamento giuridico, e fermo restando il  rispetto  di  quanto
disposto dall'articolo 8, comma 1, del decreto-legge 25 giugno  2008,
n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008,  n.
133; i decreti di cui al comma 1  del  presente  articolo  contengono
l'indicazione delle principali norme cui si intende derogare». 
    Non e' difficile scorgere l'intento di chi ha  scritto  il  testo
della disposizione che qui si contesta. Dinanzi ad  una  Regione  che
non adotti una politica accondiscendente nei confronti  del  Governo,
si vuole dotare il Commissario statale di poteri  idonei  a  superare
qualunque altra possibile resistenza,  legittima  e  illegittima,  di
tale Regione, addirittura consentendogli di derogare  alle  leggi  da
essa approvate. 
    E' del tutto evidente che un simile assetto  normativo  contrasta
con la Costituzione. 
    Nel precedente  paragrafo  4.1  del  presente  atto  si  e'  gia'
mostrato come sia costituzionalmente  illegittima  l'attribuzione  ad
organi statali delle funzioni di "attuazione" degli interventi di cui
al comma 1 dell'art. 4 del d.l. n. 78 del  2009.  Questa  conclusione
non perde certamente il suo valore  ove  si  discorra  di  interventi
stabiliti nonostante il dissenso regionale.  Prescindendo  in  questa
sede dalla legittimita' costituzionale di  una  simile  possibilita',
sulla quale ci si e'  concentrati  nel  precedente  par.  12.1,  deve
infatti essere ribadito cio' che si e' osservato piu' sopra: ai  fini
della  realizzazione  in  concreto  degli  interventi,   il   livello
regionale di governo e' del tutto adeguato, e - per il  caso  in  cui
gli organi  regionali  rimangano  inerti  -  la  legge  statale  puo'
prevedere, corredandoli delle necessarie garanzie, poteri sostitutivi
c.d. "ordinari". Inoltre, ove si ritenga che nella  attuazione  degli
interventi possano verificarsi evenienze tali da  rendere  necessaria
la adozione di ordinanze  contingibili  e  urgenti,  che  operino  in
deroga alle disposizioni legislative vigenti, anche  per  l'esercizio
di tali poteri gli organi regionali devono ritenersi adeguati. E'  ad
essi, dunque, che debbono essere conferiti. 
    In base a quanto appena esposto, la normativa che qui si  impugna
deve ritenersi incostituzionale per violazione dell'art.  118  Cost.,
secondo quanto si cerchera' ora di rendere piu' esplicito. 
    14.2. - Al riguardo, e' necessario prendere le mosse dalla natura
amministrativa dei poteri di ordinanza in questione, riconosciuta  da
questa Corte sin dalla sentenza  "capostipite"  n.  8  del  1956.  La
immediata conseguenza di questa ben nota  premessa  e'  che  anche  i
poteri di adottare ordinanze contingibili  e  urgenti  devono  essere
affidati ai livelli amministrativi locali,  regionali  o  statali  in
base ai principi di sussidiarieta', adeguatezza e differenziazione. 
    Sul punto, e'  necessario  notare  che  -  ove  lo  Stato  avesse
ritenuto  indispensabile  garantire  l'attuazione  degli   interventi
programmati ai sensi del comma 1 del medesimo art. 4 qui censurato  -
avrebbe dovuto, per rispettare i precetti costituzionali, affidare  a
commissari individuati dalle Regioni tale attuazione, e prevedere  la
possibilita', per la Regione stessa, di esercitare i necessari poteri
di ordinanza. 
    Il motivo per il quale non sussistono, nel  caso  dei  poteri  in
questione, le esigenze  unitarie  che  consentono  la  avocazione  in
sussidiarieta', e' il medesimo che sostiene la  censura  proposta  al
precedente paragrafo 4.1: per  esercitare  in  concreto  tali  poteri
l'ambito valutativo  a  disposizione  delle  autorita'  regionali  e'
assolutamente idoneo. 
    L'attribuzione ad organi statali del potere di adottare ordinanze
contingibili e urgenti viola dunque l'art. 118 Cost., ed  i  principi
di sussidiarieta', adeguatezza e differenziazione. 
    14.3.  -  La  normativa  qui  impugnata   e'   costituzionalmente
illegittima anche per ulteriori ragioni. 
    Come e' noto, la giurisprudenza costituzionale ha da molto  tempo
riconosciuto  la  legittimita'   costituzionale   delle   leggi   che
conferiscono ad autorita' amministrative poteri di emergenza del tipo
in  discorso,  a  patto,  pero'  che  tali  leggi  soddisfino  alcuni
requisiti specificamente individuati. Significativo e', al  riguardo,
quando affermato dalla sent. n. 201 del 1987. In  essa,  infatti,  si
legge: «Per l'esercizio  da  parte  di  autorita'  amministrative  di
siffatti poteri, con effetto di deroga - ma non anche di  abrogazione
o di modifica - della normativa primaria, occorre, come questa  Corte
ha gia' piu' volte chiarito (cfr. sentt. nn. 4 del 1977, 26 del  1961
e 8 del 1956) una specifica  autorizzazione  legislativa  che,  anche
senza disciplinare il contenuto dell'atto (questo in tal  senso  puo'
considerarsi  libero),  indichi  il  presupposto,  la   materia,   le
finalita' dell'intervento e  l'autorita'  legittimata»  (par.  5  del
Considerato in diritto; cfr. anche la sent. 617 del  1987,  par.  4.2
del Considerato in diritto). 
    Si consideri, inoltre, quanto affermato dalla sent.  n.  127  del
1995: «Questa Corte ha gia' sottolineato il carattere eccezionale del
potere di deroga della normativa  primaria,  conferito  ad  autorita'
amministrative munite di poteri di ordinanza, sulla base di specifica
autorizzazione legislativa;  e  ha  precisato  trattarsi  di  deroghe
temporalmente delimitate, non anche  di  abrogazione  o  modifica  di
norme vigenti (sentenze 201 del 1987, 4 del 1977, 26 del 1961 e 8 del
1956).   Proprio   il   carattere   eccezionale   dell'autorizzazione
legislativa implica, invero, che i poteri degli organi amministrativi
siano ben definiti nel  contenuto,  nei  tempi,  nelle  modalita'  di
esercizio (sent. n. 418 del 1992): il potere di  ordinanza  non  puo'
dunque  incidere   su   settori   dell'ordinamento   menzionati   con
approssimativita',  senza   che   sia   specificato   il   nesso   di
strumentalita' tra lo stato  di  emergenza  e  le  norme  di  cui  si
consente la  temporanea  sospensione»  (par.  2  del  Considerato  in
diritto). 
    E' agevole rendersi conto che il potere di adottare le  ordinanze
contingibili  e  urgenti  configurato  dalla  norma  qui   censurata,
mediante il rinvio all'art. 10, comma 4, del d.l. n.  185  del  2008,
viola almeno in parte i precetti sopra indicati. 
    In  particolare,   se   l'autorita'   legittimata   e   il   fine
dell'intervento possono dirsi sufficientemente definiti  (si  tratta,
rispettivamente, del Commissario, e dell'«impulso agli  interventi»),
non altrettanto e' possibile dire per il presupposto dell'atto e  per
la materia in cui esso deve intervenire. Ancora, non puo' certo dirsi
che «i poteri degli organi  amministrativi  siano  ben  definiti  nel
contenuto, nei tempi, nelle modalita' di esercizio», visto che  manca
qualunque indicazione al riguardo.  Specificamente  in  relazione  ai
tempi,  inoltre,  non  si  puo'  non  rilevare  come  manchi,   nella
previsione legislativa, la necessaria indicazione  della  limitazione
temporale della deroga alla legislazione vigente che le ordinanze  in
questione sono in grado di effettuare, e che, come si  e'  visto,  e'
richiesta  dalla  giurisprudenza   costituzionale.   Infine,   appare
evidente come manchi nella legge anche la "specificazione" del «nesso
di strumentalita' tra lo stato di emergenza e  le  norme  di  cui  si
consente  la  temporanea  sospensione»,  anch'esso  richiesto   dalla
decisione da ultimo citata  come  presupposto  indefettibile  per  la
legittimita' costituzionale della previsione dei poteri di ordinanza. 
    In sintesi, quanto a presupposti,  materia,  contenuto,  tempi  e
modalita' di  esercizio,  e  strumentalita'  rispetto  alla  concreta
emergenza, non si individua, nelle  disposizioni  che  compongono  il
quadro legislativo che istituisce e regola il potere d'urgenza qui in
discussione,  alcuna  indicazione.  Leggendo  le  disposizioni  sopra
menzionate, infatti, risultano ammissibili  -  purche'  adottati  dal
Commissario, e purche' finalizzati, genericamente,  a  dare  «impulso
agli interventi» -  atti  aventi  qualunque  contenuto,  vertenti  su
qualunque materia, e adottabili  in  qualunque  circostanza,  purche'
essi siano ritenuti «indispensabili» da chi li adotta. 
    E' dunque evidente che la disposizione  legislativa  che  qui  si
impugna, lungi dal configurare un potere  di  urgenza  conforme  alle
prescrizioni costituzionali  desumibili  dalle  decisioni  di  questa
Corte, conferisce al  Commissario  un  potere  di  derogare  ad  ogni
disposizione legislativa (anche regionale) che, in  relazione  a  non
pochi aspetti, e' sostanzialmente "in bianco" e, pertanto, pressoche'
illimitato. 
    14.4. - Prima di passare all'esame di un ultimo  punto  di  vista
dal quale e' necessario considerare  la  legittimita'  costituzionale
della disposizione qui impugnata in relazione  allo  "statuto"  delle
disposizioni legislative che prevedono poteri contingibili e urgenti,
questa difesa ritiene di dover spendere alcune  parole  in  relazione
alla ammissibilita'  della  censura  appena  esposta.  Essa  infatti,
invoca a parametro norme costituzionali che non sono specificamente e
direttamente dettate a presidio  della  posizione  costituzionalmente
garantita alle Regioni. 
    Al riguardo, in via generale, deve  essere  notato  che,  secondo
l'insegnamento della giurisprudenza costituzionale, e' possibile, per
la Regione, invocare nel giudizio  in  via  principale  un  parametro
diverso da quelli che regolano il riparto di competenza  soltanto  in
quei casi in cui la violazione di tale parametro ridondi  in  lesioni
delle sfere di competenza regionale. 
    Questa evenienza, in particolare, si verifica  soltanto  ove  «il
contrasto  con  norme   costituzionali   diverse»   da   quelle   che
disciplinano il riparto di competenze «si risolva in una esclusione o
limitazione dei poteri regionali» (sentenza n. 50 del  2005,  par.  3
del Considerato in diritto). In altre  parole,  perche'  la  relativa
questione sia da considerare ammissibile, «dalla invocata violazione»
di norme  extracompetenziali  deve  «derivare  una  compressione  dei
poteri della ricorrente» (cosi' la sentenza n. 383 del 2005,  par.  8
del Considerato in diritto). 
    Cio'  e'  precisamente  quanto  si  verifica  in  relazione  alla
violazione  delle  norme  costituzionali  in  questa  sede  invocate.
L'esercizio dei poteri di ordinanza disciplinati dalla normativa  che
qui si contesta, infatti, puo' giungere fino  alla  sostituzione  nei
confronti di organi regionali (oltre  che  locali)  e,  comunque,  e'
destinato a consentire  deroghe  ad  ogni  disposizione  legislativa,
anche di produzione regionale. In questo modo, dunque,  non  solo  si
incide, genericamente, su "poteri" della Regione,  ma  si  comprimono
specificamente funzioni legislative e amministrative che alla Regione
sono attribuite dalla legge in base agli articoli 117 e 118 Cost. 
    14.5. - Deve, infine, essere messo in evidenza  che,  secondo  la
giurisprudenza di questa Corte, tra i precetti costituzionali che  si
impongono al legislatore statale che voglia istituire e  disciplinare
poteri di ordinanza contingibili e urgenti e'  possibile  annoverarne
uno  che  concerne  specificamente  la  posizione  costituzionalmente
garantita delle Regioni. 
    La  nostra  Costituzione,   infatti,   mette   esplicitamente   a
disposizione dello Stato uno strumento -  definito  da  questa  Corte
"straordinario" - per derogare alle competenze delle Regioni e  degli
enti  locali,  al  fine  di  fronteggiare  emergenze  di  particolari
gravita'. Si tratta  del  gia'  evocato  potere  sostitutivo  di  cui
all'art. 120, secondo comma, Cost. La sua "straordinarieta'"  esclude
che il medesimo  risultato  possa  essere  conseguito  con  strumenti
diversi  e,  in  particolare,  mediante   l'affidamento   ad   organi
amministrativi di poteri contingibili e urgenti. In altre parole,  lo
Stato ha a disposizione due tipi di strumenti per derogare alle norme
sulla competenza degli enti territoriali: a)  il  potere  sostitutivo
straordinario; b) il potere sostitutivo ordinario. 
    La non riconducibilita' a tali strumenti dell'istituto in  questa
sede in  discussione  e'  gia'  stata  dimostrata  nell'ambito  delle
argomentazioni poste a sostegno della censura di cui al paragrafo 13.
In  aggiunta  a  quanto  osservato  in  quella  sede,  e'  necessario
precisare che lo Stato non dispone di altri strumenti, oltre  ai  due
appena evocati, per raggiungere questo obiettivo. 
    Da cio' risulta chiaramente l'incostituzionalita' della normativa
in questa sede impugnata, nella parte in cui consente al  Commissario
di derogare alle norme attributive  delle  competenze  legislative  e
amministrative alle Regioni ed agli enti locali, sostituendosi a tali
enti. 
    14.6. - Ove, peraltro, questa Corte volesse ritenere infondate le
censure illustrate nei paragrafi  14.1,  14.2  e  14.5,  deve  essere
affermata  l'incostituzionalita'  della  normativa  impugnata  almeno
nella parte in cui essa non prevede che  il  concreto  esercizio  dei
poteri di urgenza affidati al Commissario straordinario  avvenga  con
l'adeguato coinvolgimento collaborativo della Regione interessata. 
    A questo riguardo, gia' prima della riforma avvenuta mediante  la
legge cost.  n.  3  del  2001,  questa  Corte  si  era  premurata  di
evidenziare che «l'"emergenza" non legittima il sacrificio illimitato
dell'autonomia regionale», e che "il  richiamo  a  una  finalita'  di
interesse generale - "pur di precipuo e stringente rilievo" - non da'
fondamento, di  per  se',  a  misure  che  vulnerino  tale  sfera  di
interessi, garantita a livello costituzionale (sent. n. 307 del 1983,
Considerato in diritto, n. 3)». Da  qui  una  prima  conseguenza  nel
senso che «l'esercizio del potere di ordinanza deve quindi  risultare
circoscritto  per  non  compromettere  il  nucleo  essenziale   delle
attribuzioni  regionali»  (sent.  n.  127  del  1995,  par.   2   del
Considerato in diritto). 
    E' evidente che alla domanda  se  una  ordinanza  contingibile  e
urgente adottata in attuazione della normativa impugnata  comprima  o
meno  in  modo  eccessivo  l'autonomia  regionale   sara'   possibile
rispondere  soltanto  in  concreto,  in  relazione   alle   effettive
caratteristiche dell'urgenza, alle  determinazioni  adottate,  ed  al
procedimento utilizzato per addivenirvi. 
    Cio' e' chiaramente dimostrato, tra  l'altro,  dalla  conclusione
cui perviene la stessa sent. n. 127 del 1995,  con  la  quale  questa
Corte risolve il  conflitto  di  attribuzione  proposto  avverso  una
ordinanza concernente «Immediati interventi per fronteggiare lo stato
di emergenza socio-economico-ambientale determinatosi  nella  Regione
Puglia», «nella parte in cui statuisce solo il parere, e non l'intesa
con  la  Regione,  per  quanto  attiene  alla  programmazione   degli
interventi, fermo restando che in caso di mancato  accordo  entro  un
congruo lasso di tempo vi  potra'  essere  -  assistita  da  adeguata
motivazione -  un'iniziativa  risolutiva  dell'organo  statuale,  per
evitare rischi di paralisi decisionale» (par. 6  del  Considerato  in
diritto). Come emerge chiaramente dalla motivazione che  sorregge  il
dispositivo di accoglimento, infatti, specialmente nei  casi  in  cui
sono in gioco importanti competenze regionali, il principio di  leale
cooperazione esige che la Regione sia coinvolta  al  massimo  livello
possibile compatibilmente con  la  situazione  di  emergenza  che  in
concreto ci si trovi a fronteggiare. 
    Si noti, peraltro, che queste ragioni sono state,  se  possibile,
ulteriormente rafforzate dall'intervenuta riforma operata mediante la
legge  cost.  n.  3  del  2001.  Essa,  infatti,  ha  introdotto   il
fondamentale  principio  di  sussidiarieta'  quale  criterio  per  la
distribuzione delle funzioni amministrative. Ed e'  evidente  che  di
esso non puo' non tenersi conto nel  momento  in  cui  si  valuta  la
legittimita'  costituzionale  di  una  legge  che  istituisce  poteri
contingibili e urgenti. 
    In particolare, in queste sede risulta particolarmente importante
la "valenza procedimentale" che,  secondo  l'insegnamento  di  questa
Corte, e' necessario annettere al principio di sussidiarieta'  (cosi'
la ben nota, e gia' citata piu' sopra, cent. n. 303  del  2003,  par.
2.2 del Considerato in diritto). 
    Tale "valenza procedimentale" merita un breve approfondimento. 
    Il principio di sussidiarieta', infatti, esprime un  precetto  in
forza del quale il livello di governo piu' vicino ai  cittadini  deve
essere  oggetto  del  massimo  coinvolgimento  possibile:  cio'  deve
accadere   mediante   la   diretta   attribuzione   della    funzione
amministrativa,  ove  tale  livello  sia   adeguato   rispetto   allo
svolgimento della  funzione;  ovvero  mediante  l'attribuzione  della
medesima ad un livello di governo "piu'  alto",  qualora  il  livello
"piu' basso" non risulti adeguato. In questo secondo caso, pero',  e'
proprio il principio di sussidiarieta' ad imporre che  l'attribuzione
della funzione al livello di governo "piu' alto" sia accompagnata dal
coinvolgimento del livello "piu' basso" nell'esercizio della funzione
medesima nelle forme maggiormente partecipative che siano compatibili
con la adeguatezza dello svolgimento della funzione in questione.  Di
qui, dunque,  il  legame  tra  sussidiarieta'  e  collaborazione:  la
preferenza per il livello di governo piu' vicino ai destinatari della
funzione pubblica considerata non si  esprime  solo  con  la  diretta
attribuzione   della   funzione,   ma   anche   con   la   necessaria
individuazione  delle  forme  di  partecipazione   all'esercizio   di
quest'ultima ove essa sia allocata ad un livello diverso. 
    Il principio di sussidiarieta', peraltro, offre  cosi'  anche  il
criterio per valutare la "correttezza costituzionale" della modalita'
collaborativa stabilita in concreto per  l'esercizio  della  funzione
amministrativa. Ordinando le forme di collaborazione  da  un  "valore
zero" - l'assenza di  qualsiasi  forma  di  collaborazione  -  ad  un
"valore massimo" - l'intesa "forte", la codecisione  paritaria  -  e'
possibile affermare che il legislatore sara'  obbligato  a  scegliere
quella  piu'  vicina  al  valore  massimo   senza   pregiudicare   la
funzionalita' dell'azione amministrativa. 
    Le conclusioni di quanto  appena  evidenziato  per  il  caso  qui
sottoposto all'attenzione di questa Corte sono evidenti. 
    La Regione Puglia, con il presente motivo di ricorso, non intende
sostenere   che,   senz'altro,   la   disposizione    impugnata    e'
incostituzionale nella misura in cui conferisce poteri contingibili e
urgenti ad un organo statale in una materia di competenza  regionale.
Cio' che pero' e' senza dubbio  contrario  alle  norme  della  nostra
Costituzione e' che la disciplina legislativa oggetto di censura  non
preveda  alcuna  forma  di  collaborazione  degli  enti  territoriali
interessati nell'ambito del procedimento volto ad adottare le  citate
ordinanze. 
    In altre parole, e' evidente  che  non  e'  possibile  prevedere,
nella sede legislativa, e con prescrizione generale e  astratta,  una
specifica  forma  di  collaborazione  che  si  attagli  a   qualunque
circostanza concreta. Cio' che  pero'  e'  necessario  prevedere,  in
virtu' dei principi di sussidiarieta' e proporzionalita', e'  che  il
procedimento di adozione delle ordinanze commissariali debba  seguire
le  forme  maggiormente  collaborative  che  siano  consentite  dalle
particolarita' del caso concreto, e dall'urgenza dalla quale esso  e'
caratterizzato. 
    14.7.  -   In   chiusura,   puo'   essere   opportuna   un'ultima
precisazione. 
    Le argomentazioni fin qui  esposte  sono  basate  sulla  premessa
interpretativa secondo la quale i poteri commissariali  si  ritengano
esercitabili anche nei confronti delle Regioni, e non solo degli enti
locali. Questa difesa intende evidenziare che le censure di cui sopra
mantengono la loro ragion d'essere anche  ove  si  accedesse  ad  una
differente interpretazione delle norme oggetto del giudizio, tale  da
escludere le  Regioni  dal  novero  degli  enti  che  possono  essere
sostituiti dall'attivita' commissariale contigibile e urgente. 
    Da un lato, infatti, anche gli  enti  territoriali  sub-regionali
sono - a seguito della riforma costituzionale del 2001 - titolari  di
funzioni amministrative che, nonostante siano loro  attribuite  dalla
legge, devono ritenersi  costituzionalmente  garantite,  in  base  ai
principi di sussidiarieta', differenziazione ed  adeguatezza:  e  del
resto  cio'  e'  confermato  dal  fatto  che  la   "straordinarieta'"
dell'intervento sostitutivo del Governo e' contemplata dall'art. 120,
secondo comma, Cost., non solo per le Regioni, ma  anche  per  questo
tipo di enti. 
    In secondo luogo - ed in punto di ammissibilita' - devono  essere
ribadite le considerazioni proposte al precedente par. 5.3, le  quali
mostrano  come,  in  base  alla  ormai   consolidata   giurisprudenza
costituzionale, sia consentito alle Regioni proporre nell'ambito  del
giudizio  in  via  principale  simili   questioni   di   legittimita'
costituzionale  che  alleghino   la   violazione   di   norme   della
Costituzione poste a presidio dell'autonomia locale.