Sentenza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'art.  7,  comma  1,
della legge  della  Regione  siciliana  del  16  aprile  2003,  n.  4
(Disposizioni programmatiche e finanziarie per l'anno 2003), promosso
dal Consiglio di giustizia amministrativa per  la  Regione  siciliana
nel  procedimento  vertente  tra   la   Siciltuna   Farm   s.r.l.   e
l'Assessorato   regionale   della   cooperazione,   del    commercio,
dell'artigianato e della pesca ed altri con ordinanza dell'11  maggio
2009, iscritta al n. 280 del registro  ordinanze  2009  e  pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 47, 1ª  serie  speciale,
dell'anno 2009. 
    Visto l'atto di costituzione della Siciltuna Farm s.r.l. e  della
Regione siciliana; 
    Udito nell'udienza pubblica  del  16  novembre  2010  il  giudice
relatore Paolo Maria Napolitano; 
    Uditi gli avvocati Maria Costanza e Aldo Bozzi per  la  Siciltuna
Farm s.r.l. e l'avvocato Beatrice Fiandaca per la Regione siciliana. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Il Consiglio di  giustizia  amministrativa  per  la  Regione
siciliana, sezione giurisdizionale,  con  ordinanza  depositata  l'11
maggio 2009 e notificata il 15 maggio 2009, ha sollevato questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 7, comma 1, della  legge  della
Regione  siciliana  del  16   aprile   2003,   n.   4   (Disposizioni
programmatiche e finanziarie  per  l'anno  2003),  «per  contrasto  o
incompatibilita' con lo Statuto regionale  siciliano,  approvato  con
decreto legislativo 15 maggio  1946,  n.  455,  convertito  in  legge
costituzionale dall'art. 1 della  legge  costituzionale  26  febbraio
1948, n. 2, nonche' con le competenze e funzioni che detto Statuto  e
la Costituzione della Repubblica Italiana attribuiscono alla  Regione
siciliana in materia di mare territoriale,  per  quanto  concerne  la
relativa porzione ubicata al di fuori del demanio marittimo». 
    Il Collegio rimettente impugna la citata  disposizione  regionale
nella parte in cui stabilisce che «La Regione  esercita  le  funzioni
relative al rilascio di  concessioni  demaniali  marittime  nel  mare
territoriale per tutte le finalita', ad eccezione di quelle  relative
all'approvvigionamento di fonti di energia». 
    La presente questione e' stata sollevata nel corso  del  giudizio
di appello sul ricorso proposto dalla Siciltuna  Farm  s.r.l.  contro
l'Assessorato   regionale   della   cooperazione,   del    commercio,
dell'artigianato e della pesca e altri  per  ottenere  l'annullamento
della sentenza n. 122 del 27 gennaio  2006  del  Tribunale  regionale
amministrativo per la Sicilia - sezione staccata di Catania - con  la
quale sono stati respinti sia il ricorso principale  che  il  ricorso
per motivi aggiunti proposto dalla citata societa'. 
    2. - Il rimettente ricorda  come  la  societa'  ricorrente  abbia
impugnato,  nel  giudizio  di  primo  grado,  gli  atti   che   hanno
determinato il diniego  di  finanziamento  per  la  realizzazione  di
gabbie per l'allevamento in mare di  tonni,  diniego  motivato  dalla
mancanza  della  concessione  demaniale  marittima   necessaria   per
l'utilizzazione in via  esclusiva  dei  pertinenti  bracci  di  mare,
nonche',  coi  motivi  aggiunti,  il  parere   della   Soprintendenza
contrario al rilascio della stessa concessione demaniale marittima  e
gli atti con cui la Capitaneria di  porto  ha  omesso  di  provvedere
sulla relativa istanza di rilascio di detta concessione. 
    Inoltre, sempre il Consiglio rimettente, ricorda come,  gia'  nel
giudizio di primo grado,  la  ricorrente  societa'  Siciltuna  s.r.l.
avesse   prospettato   la   presente   questione   di    legittimita'
costituzionale, ma che il Tar adito  aveva  ritenuto  che  la  stessa
difettasse di rilevanza in quanto il giudizio  «non  riguarda[va]  la
questione del rilascio della concessione demaniale, bensi' la diversa
questione della legittimita'  o  meno  dell'esclusione  del  progetto
della ricorrente dal contributo richiesto». 
    2.1. - Il C.G.A. afferma di non condividere  la  valutazione  del
Tar  relativamente  all'asserita  irrilevanza  della   questione   di
legittimita' costituzionale della norma regionale censurata; infatti,
a suo avviso, senza l'intervenuta norma regionale  (jus  superveniens
rispetto al procedimento per  cui  e'  causa),  l'organo  preposto  a
rilasciare la concessione marittima sarebbe rimasto la Capitaneria di
porto, la quale non sarebbe stata costretta a  trasmettere  gli  atti
relativi alla  concessione  richiesta  per  la  decisione  in  merito
all'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente. 
    Conseguentemente - prosegue il  rimettente  -  poiche'  «andrebbe
affermata la  pregiudizialita',  rispetto  all'esame  di  ogni  altro
motivo  di  ricorso,  delle  censure,  disattese  in  primo  grado  e
puntualmente riproposte in questa sede di gravame relative all'esatta
individuazione del soggetto che  abbia  la  competenza  a  provvedere
sull'istanza di concessione demaniale  marittima»,  la  questione  di
costituzionalita' della  disposizione  regionale  denunciata  sarebbe
rilevante, poiche' la dichiarazione di illegittimita'  costituzionale
della   norma   impugnata   determinerebbe    l'annullamento    della
«determinazione con cui la Capitaneria di porto ha trasmesso gli atti
all'Assessorato regionale» con ulteriore, conseguente, riflesso sugli
altri provvedimenti amministrativi impugnati, i quali  risulterebbero
viziati nel presupposto,  cioe'  fondati  «sull'erroneo  assunto  del
difetto di rilascio di una concessione, la  cui  istanza  finora  non
sarebbe stata ancora esitata dall'organo competente». 
    2.2. - In punto di non manifesta infondatezza,  il  C.G.A.  della
Regione siciliana  ritiene,  poi,  la  questione  non  manifestamente
infondata in quanto lo statuto d'autonomia e la  stessa  Costituzione
non sembrano attribuire competenze alla Regione siciliana in  materia
di mare territoriale. Quindi, con l'approvazione e  la  promulgazione
della disposizione  regionale  censurata,  la  Regione  siciliana  si
sarebbe autoattribuita, «praeter vel contra Constitutionem, un ambito
di competenza funzionale relativo al mare territoriale ubicato al  di
la'  del  demanio  marittimo  (costiero)  che,  nel   riparto   delle
attribuzioni tra Organi costituzionali, avrebbe dovuto rimanere  allo
Stato [..]; ovvero, in linea logicamente subordinata, che non avrebbe
potuto essere distolto da quest'ultimo alla  Regione  siciliana,  per
mero atto unilaterale regionale». 
    Pertanto, conclude il rimettente, se la  norma  denunciata  fosse
dichiarata dalla Corte costituzionale legittima si dimostrerebbe  che
correttamente essa ha determinato, nella vicenda per cui e' causa, la
restituzione degli atti dalla  Capitaneria  di  porto  al  competente
Assessorato regionale, cosi' che «il  pertinente  motivo  di  ricorso
andrebbe necessariamente disatteso anche in questa sede di  appello».
Al   contrario,   se   la    norma    citata    venisse    dichiarata
costituzionalmente illegittima, il rifiuto da parte della Capitaneria
di porto  di  provvedere  sull'istanza  di  concessione  sarebbe,  di
conseguenza, anch'esso illegittimo e andrebbe annullato. 
    3. - Nel giudizio davanti alla Corte e'  intervenuta  la  Regione
siciliana chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile  o,
comunque, infondata. 
    Secondo  l'interveniente,  la  questione   sarebbe   innanzitutto
manifestamente inammissibile per non aver sperimentato il  rimettente
il  dovuto  tentativo  di  dare  alla   disposizione   impugnata   un
interpretazione  secundum  Constitutionem,  in  conformita'   ad   un
principio ripetutamente affermato dalla giurisprudenza costituzionale
(ordinanze n. 464 del 2007; n. 115 e n. 89 del 2005). 
    Inoltre,  sempre  secondo  la  difesa  regionale,  la   questione
risulterebbe anche inammissibile per difetto di rilevanza, in  quanto
la norma in oggetto  non  sarebbe  rilevante  ai  fini  del  presente
giudizio,  poiche'  -  a  prescindere  dal  problema   dell'autorita'
competente, statale o  regionale,  a  provvedere  al  rilascio  della
concessione demaniale marittima - il provvedimento sarebbe  stato  in
ogni caso negativo per il  diniego  di  nulla  osta  da  parte  della
Sovrintendenza dei Beni culturali di Siracusa. 
    Un ulteriore profilo di inammissibilita' viene individuato  dalla
Regione  siciliana  nella  carente  motivazione,  riguardo  alla  non
manifesta infondatezza della  questione,  per  la  genericita'  delle
motivazioni in riferimento ai parametri di cui allo statuto regionale
siciliano, nonche' alle competenze e alle funzioni che lo stesso e la
Costituzione attribuiscono alla regione Sicilia in  materia  di  mare
territoriale. La costante giurisprudenza di questa  Corte  -  precisa
ancora la Regione - richiede  altresi'  al  giudice  rimettente,  nel
sollevare questione  di  legittimita'  costituzionale,  di  assolvere
l'onere di  esporre  le  motivazioni  che  lo  fanno  dubitare  della
costituzionalita' della disposizione censurata  in  maniera  tale  da
consentire la verifica «della valutazione sulla  rilevanza»,  mentre,
nel caso di specie,  nell'ordinanza  il  Collegio  si  limiterebbe  a
riportare,   sostanzialmente,   le   argomentazioni   formulate   dal
ricorrente in primo grado. 
    3.1. - Nel  merito,  la  questione  sarebbe  comunque  infondata,
poiche'  la  disposizione  denunciata  non  avrebbe  violato   quanto
disposto dall'art. 14, 1ettera l), dello  statuto  Regione  siciliana
che circoscrive l'esercizio della competenza della  Regione  al  mare
territoriale prospiciente il territorio isolano (sentenza n. 991  del
1988). 
    4. -  Si  e'  costituita  nel  giudizio  davanti  alla  Corte  la
Siciltuna Farm s.r.l. chiedendo  la  declaratoria  di  illegittimita'
costituzionale dell'art. 7, comma 1, della legge regionale n.  4  del
2003. 
    La  societa'  ricorrente  nel  giudizio  a  quo,  ricostruiti   i
pregressi fatti che avevano portato all'instaurazione del giudizio in
primo grado, ritiene rilevante  e  non  manifestamente  infondata  la
presente questione con motivazioni sostanzialmente analoghe a  quelle
del Collegio rimettente. 
    4.1. - Quanto al merito, per la difesa della  parte  privata,  la
questione sarebbe fondata, in quanto ne'  la  Costituzione,  ne'  gli
artt. 14, 15 e 17 dello statuto della Regione Siciliana attribuiscono
potesta' legislativa alla Sicilia in materia di concessioni marittime
nel  «mare  territoriale»,  poiche'   l'esercizio   delle   attivita'
economiche esercitabili nel mare territoriale coinvolgerebbe funzioni
che non possono essere trasferite o delegate, in quanto  relative  ad
interessi che non  sono  certo  esclusivi  di  determinate  comunita'
territoriali, ma che rilevano per l'intera collettivita'. 
    Inoltre, prosegue la difesa privata,  il  mare  territoriale  non
rientra tra i beni demaniali ex art. 822 del codice civile e ex artt.
28  e  seguenti  del  codice  della  navigazione.  Del  resto,  «tale
esclusione e' consequenziale  alla  natura  del  "mare  territoriale"
quale bene insuscettibile di appartenenza (res nullius o come  meglio
precisato res  communes  omnium)»,  ne'  alcun  riferimento  al  mare
territoriale e' operato dall'art. 32 dello statuto. 
    Infine, conclude la  difesa,  anche  le  funzioni  amministrative
trasferite alla Regione siciliana dall'art. 20  dello  statuto  della
Regione e dall'art. 3 del d.P.R. del  1°  luglio  del  1977,  n.  684
(Norme di attuazione dello statuto della regione siciliana in materia
di demanio marittimo),  non  contengono  alcun  riferimento  al  mare
territoriale,  ma  esclusivamente  ai  beni  del  demanio  sui  quali
l'amministrazione regionale esercita le attribuzioni di cui al  sopra
citato articolo. 
    5.  -  In  prossimita'  dell'udienza,  la  difesa  della  Regione
siciliana  ha  depositato  una  memoria  nella  quale  ribadisce   le
argomentazioni  gia'  ampiamente  svolte  nell'atto  d'intervento  in
ordine  all'inammissibilita'  o,  comunque,  all'infondatezza   della
presente questione. 
    In  particolare,  per  quanto   riguarda   l'infondatezza   della
questione di legittimita' costituzionale della disposizione regionale
denunciata, la Regione sottolinea, altresi', sia  come  le  norme  di
attuazione statutaria (artt. 1 e 2 d.P.R. 12 novembre 1975,  n.  913,
recante «Norme di attuazione dello statuto per la  regione  siciliana
in materia  di  pesca  marittima»)  abbiano  trasferito  le  funzioni
amministrative dell'autorita' marittima statale in materia  di  pesca
all'amministrazione   regionale,   sia   come   la    stessa    Corte
costituzionale abbia riconosciuto la competenza regionale in  materia
di concessioni di pesca in acque marittime  alle  Regioni  a  statuto
speciale e ordinarie (sentenza n. 343 del 1995), affermando  che  «il
mare puo' ben essere oggetto della legislazione  regionale  (sentenza
n. 102 del 2008)». 
    6. - Anche la difesa della Siciltuna Farm. s.r.l., in prossimita'
dell'udienza,ha  depositato  memoria  illustrativa,  nella  quale   -
ribadite la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione
- replica a quanto dedotto dalla Regione Sicilia  relativamente  alla
infondatezza della questione  di  legittimita'  costituzionale  della
norma regionale censurata. 
    Secondo la societa' ricorrente, infatti,  esisterebbero  notevoli
differenze tra le attivita' che  implicano  la  «cattura»  del  pesce
(pesca, in senso tecnico) e  l'acquacoltura  -  materia  nella  quale
rientrerebbe la fattispecie oggetto  del  giudizio  a  quo  -  volta,
quest'ultima, alla riproduzione e/o  all'allevamento  del  pesce,  la
quale, per le  sue  peculiarita'  (occupazione  di  bracci  di  mare,
lontani varie centinaia di metri dalla costa, dove vengono  collocate
le gabbie, ancorate al fondo marino e non collegate alle  coste  o  a
luoghi di approdo), non verrebbe ad incidere sul  demanio  marittimo,
ma solo sul mare, bene pubblico dello Stato. Eventualmente,  a  detta
sempre  della  difesa  della  societa',   si   potrebbero   piuttosto
ipotizzare che la norma censurata - a causa del possibile accumulo di
residui organici nel mare  per  la  presenza  delle  gabbie  -  abbia
attinenza alla tutela dell'ambiente, materia di competenza  esclusiva
statale e non regionale. 
    Conclusivamente, sulla base delle precedenti  considerazioni,  la
Siciltuna  Farm  s.r.l.  ritiene  l'art.  7,  comma  1,  della  legge
regionale siciliana n. 4 del 2003 - il quale viene ad attribuire alla
Regione una competenza generale e generica («per tutte le finalita'»,
salvo quelle attinenti alle fonti di energia) - si pone in  contrasto
sia con gli artt. 14, 32 e 33 dello statuto  della  Regione  Sicilia,
sia con l'art. 117 Cost., in quanto attribuirebbe ad una Regione, sia
pure  a  statuto  speciale,  competenze  in  materia   marittima   ed
ambientale, riservate in via esclusiva allo Stato. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - Nel corso del giudizio sul ricorso in appello proposto dalla
Siciltuna  Farm   s.r.l.   contro   l'Assessorato   regionale   della
cooperazione, del commercio, dell'artigianato e della pesca  e  altri
per ottenere l'annullamento della sentenza del 27  gennaio  2006,  n.
122, del Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia -  sezione
staccata di Catania - con la quale sono stati respinti sia il ricorso
principale sia il ricorso per motivi aggiunti proposti  dalla  citata
societa', il Consiglio di giustizia  amministrativa  per  la  Regione
siciliana,  sede   giurisdizionale,   ha   sollevato   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 7, comma 1, della  legge  della
Regione siciliana 16 aprile 2003, n. 4 (Disposizioni programmatiche e
finanziarie per l'anno 2003), nella parte  in  cui  prevede  che  «La
Regione esercita le funzioni  relative  al  rilascio  di  concessioni
demaniali marittime nel mare territoriale per tutte le finalita',  ad
eccezione di  quelle  relative  all'approvvigionamento  di  fonti  di
energia». 
    1.1. -  Ad  avviso  del  rimettente,  la  disposizione  regionale
censurata  si  porrebbe  in  contrasto  «con  lo  Statuto   regionale
siciliano, approvato con decreto legislativo 15 maggio 1946, n.  455,
convertito  in  legge  costituzionale   dall'art.   1   della   legge
costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2, nonche' con  le  competenze  e
funzioni  che  detto  Statuto  e  la  Costituzione  della  Repubblica
Italiana attribuiscono alla Regione  siciliana  in  materia  di  mare
territoriale, per quanto concerne la relativa porzione ubicata al  di
fuori del demanio marittimo». Infatti, poiche' ne' lo  statuto  della
Regione siciliana, ne' la stessa Costituzione - prosegue il  Collegio
rimettente - attribuiscono competenze in tema  di  demanio  marittimo
alla Sicilia, la Regione si  sarebbe  autoattribuita,  con  la  norma
regionale impugnata, una competenza funzionale, «praeter  vel  contra
costitutionem», che sarebbe dovuta rimanere di spettanza dello Stato. 
    2. - Cio' premesso, la questione  di  legittimita'  dell'art.  7,
comma 1, della legge  della  Regione  siciliana  n.  4  del  2003  e'
inammissibile per piu' motivi. 
    2.1. - Un primo motivo di inammissibilita' attiene  alla  carente
descrizione della fattispecie oggetto del giudizio a quo,  in  quanto
il rimettente si limita ad elencare, sia nella parte in fatto che  in
quella in diritto, gli atti impugnati dalla societa'  ricorrente  nel
ricorso principale e nel ricorso per motivi  aggiunti,  riportandosi,
sostanzialmente, - come rilevato anche  dalla  difesa  della  Regione
siciliana - alle argomentazioni formulate  dal  ricorrente  in  primo
grado, omettendo la descrizione del caso concreto sottoposto  al  suo
esame. 
    Tale carenza, secondo costante giurisprudenza  di  questa  Corte,
rende  impossibile  ogni  valutazione  circa   la   rilevanza   della
questione, perche' impedisce di vagliare  l'effettiva  applicabilita'
della norma denunciata al caso dedotto, e si risolve in  una  carente
motivazione sulla rilevanza della  questione  (ordinanza  n.  49  del
2008). 
    Tale vaglio appare, inoltre, particolarmente necessario nel  caso
di  specie,  in  quanto  lo  stesso  rimettente,  pur  ritenendo   la
disposizione  regionale  denunciata  «jus  superveniens  rispetto  al
procedimento per cui  e'  causa»,  non  motiva  in  ordine  alla  sua
applicabilita' alla fattispecie  del  giudizio  a  quo,  pur  essendo
questo volto all'annullamento di una molteplicita'  di  provvedimenti
amministrativi emanati  (salvo  uno)  in  data  precedente  a  quella
dell'entrata in  vigore  della  norma  impugnata,  ne'  chiarisce  il
percorso argomentativo che intenda seguire per sottoporre a  giudizio
di annullamento, superando  i  termini  di  decadenza,  provvedimenti
amministrativi adottati e, presumibilmente, (dato che la questione ha
formato oggetto di precedente controversia) resi noti alla appellante
nel giudizio principale molto tempo prima della data di presentazione
dei motivi aggiunti, dal rimettente indicata nel 3 ottobre 2003. 
    Pertanto, poiche' il contenuto dell'ordinanza di  rimessione  non
chiarisce sufficientemente  l'oggetto  del  giudizio  principale  ed,
anzi, evidenzia questioni per  la  cui  definizione  la  disposizione
sospettata  di  illegittimita'  costituzionale   potrebbe   risultare
irrilevante, non consentendo a questa Corte di  vagliare  l'effettiva
applicabilita' della norma, da parte  del  giudice  a  quo,  al  caso
dedotto,  la  questione  -  secondo   giurisprudenza   costituzionale
costante  -  deve  essere  dichiarata  inammissibile  (ex   plurimis,
sentenze n. 294 e n. 281 del 2010; ordinanza n. 302 del 2009). 
    2.2. - Un ulteriore profilo di inammissibilita'  della  questione
di  legittimita'  costituzionale  della  norma  censurata  -  dedotto
anch'esso dalla difesa regionale - attiene alla  carente  motivazione
sulla non manifesta infondatezza della questione. 
    Al riguardo, difatti, il Consiglio  di  giustizia  amministrativa
per la Regione siciliana si limita ad affermare genericamente che  la
Regione si sarebbe autoattribuita «praeter vel contra  costitutionem,
un ambito di competenza  funzionale  relativo  al  mare  territoriale
posto al di la' del demanio marittimo  (costiero)  che,  nel  riparto
delle attribuzioni stabilito fra organi costituzionali avrebbe dovuto
rimanere allo Stato». 
    Il rimettente, quindi, non indica  quali  siano  le  disposizioni
della Costituzione e dello statuto della  Regione  siciliana  che  si
ritengono violati dalla  norma  censurata,  ne'  gli  stessi  possono
essere   dedotti,   neppure   in   modo   implicito,   dal   contesto
dell'ordinanza di rimessione. 
    Inoltre, il Collegio rimettente - nel sostenere l'attribuibilita'
allo Stato delle  competenze  in  materia  di  mare  territoriale  in
carenza di disposizioni di rango costituzionale che conferiscano tale
competenza alla Regione siciliana - solleva questione di legittimita'
costituzionale di una disposizione adottata da una Regione a  statuto
speciale, lamentando anche violazioni del riparto di  competenze  tra
Stato e Regioni stabilite  dalla  Carta  costituzionale.  Non  viene,
pero',  ad  individuare  un  preciso  parametro   rinvenibile   nella
Costituzione (la quale,  tra  l'altro,  nel  novellato  quarto  comma
dell'art. 117 ha adottato l'opposto criterio dell'attribuzione  «alle
Regioni [della]  potesta'  legislativa  in  [...]  ogni  materia  non
espressamente riservata alla legislazione dello Stato»  e  nel  nuovo
art.  118  individua  nei  «Comuni»  gli  «enti  autonomi»  cui  sono
naturalmente attribuite le funzioni amministrative) che possa  essere
preso a riferimento per procedere alla  valutazione  della  questione
sottoposta a questa Corte. Neppure fornisce  elementi  riguardo  alla
possibile estensione anche alla Regione siciliana delle  disposizioni
contenute  nella  Costituzione  in  ordine  alla  suddivisione  delle
competenze legislative tra lo Stato e la Regione stessa. 
    La censura,  pertanto,  appare  formulata  in  modo  generico  ed
apodittico, con conseguente inammissibilita' della  stessa  (sentenza
n. 288 del 2010; ordinanza n. 345 del 2008). 
    3.   -   Conclusivamente,   secondo    costante    giurisprudenza
costituzionale, dalle descritte omissioni  deriva  l'inammissibilita'
della questione.