Ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri,  rappresentato
difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, nei cui uffici domicilia
in Roma dei Portoghesi, 12, contro la Regione Veneto, in persona  del
Presidente in carica avverso della delibera  della  Giunta  Regionale
Veneto del  5  ottobre  2010,  n.  2371,  pubblicata  nel  Bollettino
ufficiale della Regione Veneto n. 79 del  12  ottobre  2010,  recante
«Stagione venatoria 2010/2011:  applicazione  del  regime  di  deroga
previsto dall'art. 9, comma 1 lettera  c)  della  Direttiva  2009/147
147/ CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 30  novembre  2009
concernente la conservazione degli uccelli selvatici. Approvazione ai
sensi dell'art. 2, comma 1 della Legge regionale 12 agosto  2005,  n.
13». 
    Con la delibera della Giunta Regionale Veneto del 5 ottobre 2010,
n. 2371 e' stato autorizzato, per la stagione venatoria 20102011,  un
regime di deroga all'art. 9, comma  1,  lettera  c)  della  Direttiva
2009/147/CE relativa alla conservazione degli uccelli selvatici. 
    Preliminarmente si osserva che, nonostante le Regioni abbiano una
competenza in materia  di  esercizio  delle  deroghe  previste  dalla
direttiva 79/409/CEE del Consiglio, del  2  aprile  1979,  riprodotta
(senza alcuna modificazione di sostanza) nell'art. 9 della  direttiva
2009/147/CE  (Direttiva  del  Parlamento  europeo  e  del   Consiglio
concernente la  conservazione  degli  uccelli  selvatici),  ai  sensi
dell'art.  19-bis,  legge  n.  157/1992  tale  potesta'  deve  essere
esercitata nel rispetto del diritto comunitario nonche' dei  principi
stabiliti dal legislatore  statale  nella  normativa  su  richiamata,
contenente gli standard minimi ed uniformi di tutela dell'ambiente  e
dell'ecosistema, di  competenza  esclusiva  statale,  secondo  quanto
disposto dall'articolo 117, comma 2, lettera s) della Costituzione. 
    Le disposizioni indicate in epigrafe  della  legge  regionale  in
questione sono illegittime per i seguenti motivi. 
Violazione  dell'articolo  117,  commi  1  e  2,  lettera  s)   della
Costituzione. 
    L'autorizzazione alla cattura delle specie indicate nell'Allegato
A operata dalla delibera della Giunta  Regionale  Veneto  avviene  in
assenza dei presupposti e delle condizioni poste  dall'art.  9  della
direttiva  79/409/CEE  (Direttiva  del   Consiglio   concernente   la
conservazione degli  uccelli  selvatici),  riprodotta  (senza  alcuna
modificazione di sostanza) nell'art. 9  della  direttiva  2009/147/CE
(Direttiva del Parlamento europeo  e  del  Consiglio  concernente  la
conservazione degli uccelli selvatici), configurandosi, pertanto,  la
chiara violazione del vincolo comunitario, di cui  all'articolo  117,
comma 1  della  Costituzione,  e  delle  previsioni  della  legge  n.
157/1992,  che  costituiscono,   secondo   il   legislatore   statale
(competente in materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema), lo
standard minimo di protezione da assicurare su  tutto  il  territorio
nazionale. 
    La direttiva subordina la possibilita' di autorizzare  in  deroga
la cattura di determinate specie di uccelli alla  comprovata  assenza
di  altre  soluzioni  soddisfacenti,  al   rispetto   di   condizioni
rigidamente controllate e all'impiego di modalita' selettive in  modo
che  le  catture  vengano  effettuate   in   condizioni   rigidamente
controllate e in modo selettivo la cattura,  la  detenzione  o  altri
impieghi misurati di determinati uccelli in piccole quantita'. 
    L'art. 19-bis, legge  n.  157/1992,  comma  2  stabilisce  quanto
segue: 
        «Le deroghe, in assenza  di  altre  soluzioni  soddisfacenti,
possono essere disposte solo per le finalita' indicate  dall'articolo
9, paragrafo 1, della direttiva 79/ 409/ GEE e devono  menzionare  le
specie che ne formano oggetto, i mezzi, gli impianti e  i  metodi  di
prelievo autorizzati, le condizioni di  rischio,  le  circostanze  di
tempo e di luogo del prelievo, il  numero  dei  capi  giornalmente  e
complessivamente prelevabili nel periodo, i controlli e le lo.  forme
di vigilanza cui il prelievo e'  soggetto  e  gli  organi  incaricati
della stessa, fermo restando quanto previsto dall'articolo 27,  comma
2. I soggetti abilitati al prelievo  in  deroga  vengono  individuati
dalle regioni, d'intesa con gli ambiti territoriali di  caccia  (ATC)
ed i comprensori alpini». 
    Il successivo comma 3 precisa poi che «le deroghe di cui al comma
1  sono  applicate  per  periodi  determinati,   sentito   l'Istituto
nazionale per la fauna selvatica (INFS), o gli istituti  riconosciuti
a livello regionale, e non possono avere comunque ad  oggetto  specie
la cui consistenza numerica sia in grave diminuzione». 
    Si tratta di condizioni e misure  non  rispettate  dalla  Regione
Veneto, come confermato oltre tutto dal  parere  negativo  dell'ISPRA
(gia' INFS) reso con la nota prot. 7778 del 5 marzo 2010, in risposta
alla richiesta di parere avanzata dalla Regione Veneto con  nota  del
25 febbraio 2010. 
    In  particolare  l'ISPRA,  nel  parere  del  5  marzo  2010,   ha
evidenziato che nel caso di specie il regime in  deroga  non  potesse
essere autorizzato perche', sulla scorta  delle  indicazioni  fornite
dalla Commissione Europea, i dati attualmente disponibili  a  livello
europeo non consentivano, per  le  specie  migratrici  oggetto  della
delibera  di  giunta  in  esame,  una  determinazione   oggettiva   e
scientificamente solida della piccola quantita' cacciabile. 
    Pertanto,  a  giudizio  dell'ISPRA  era   ed   e'   preclusa   la
possibilita' di prevedere forme di deroga alla normativa dell'art. 9,
comma 1, della direttiva 2009/147/CE. 
    La  delibera  della  giunta  regionale,  nella  parte  della  sua
motivazione dedicata al «calcolo della piccola quantita'» (punto  3),
afferma di voler deliberatamente discostarsi da  detto  parere,  e  a
monte, delle valutazioni degli Uffici della Commissione  europea  che
lo hanno determinato. 
    Nel punto 3 della motivazione si precisa poi che nel calcolare la
piccola quantita', in mancanza di dati certi e attuali, si  e'  fatto
riferimento ai dati  ufficiali  forniti  dall'INFS  per  la  stagione
venatoria 2005/2006 e confermati per quella 2006/2007. 
    Appare evidente la  violazione  della  normativa  adottata  dallo
Stato nell'ambito della propria  competenza  legislativa  in  materia
ambientale,  con  la  fissazione  di  standard   minimi   di   tutela
dell'ambiente e dell'ecosistema (nella specie delle specie di uccelli
protetti)  corrispondenti  a  quelli   prescritti   dalla   normativa
comunitaria e della necessaria assunzione del parere dell'ISPRA. 
    La delibera regionale in epigrafe non si e' conformata al  parere
negativo dell'Ispra, e soprattutto a quanto prescritto  dall'art.  9,
direttiva 2009/147/CE, con particolare riguardo alla lettera  c)  del
comma  1,  avendo  autorizzato  un  regime  in   deroga   senza   che
sussistessero  le  «condizioni  rigidamente  controllate  e  in  modo
selettivo la cattura, la detenzione  o  altri  impieghi  misurati  di
determinati  uccelli  in  piccole   quantita'»,   ma,   come   visto,
affidandosi a  calcoli  e  a  dati  relativi  a  precedenti  stagioni
venatorie. 
    Si e' cosi' al cospetto di una violazione dell'art. 19-bis, legge
n. 157/1992, che costituisce lo strumento adottato  dallo  Stato  per
governare in maniera unitaria le determinazioni regionali in  materia
di caccia, e, in definitiva,  a  una  violazione  delle  attribuzioni
proprie dello Stato. 
    Inoltre, il punto 4 della  delibera  della  giunta  regionale  in
epigrafe (laddove afferma che «la caccia alla piccola  migratoria  si
possa realizzare con un minimo  di  efficacia  solo  avvalendosi  dei
richiami stessi (siano essi provenienti da cattura o  provenienti  da
allevamento)», e che «il richiamo intraspecifico operato appunto  dal
richiamo  vivo  che,  piu'  ancora  dell'abilita'  al  riconoscimento
attestata dal rilascio della licenza  di  caccia  e  dal  superamento
delle specifiche prove di riconoscimento, garantisce in  ordine  alla
sostanziale insussistenza di pericoli di "confondere le  specie":  il
richiamo  vivo  appartenente  alla   specie   storno   richiama   (fa
avvicinare) gli storni, il richiamo  vivo  appartenente  alla  specie
fringuello richiama  (fa  avvicinare)  i  fringuelli,  e  cosi'  via,
realizzandosi per tale via la necessaria selettivita' del  metodo  di
caccia»), ove interpretato nel senso di  consentire  l'utilizzo  come
richiami vivi di esemplari di storno, fringuello e altre  specie  non
esplicitate, si pone in contrasto con l'art. 5, legge n. 157/1992. 
    Le disposizioni statali su richiamate  costituiscono  una  misura
minima di tutela inderogabile  per  le  Regioni;  pertanto,  il  loro
mancato rispetto contrasta con gli  standard  minimi  e  uniformi  di
tutela  della  fauna,  e,  a  monte,  di   tutela   dell'ambiente   e
dell'ecosistema  di  competenza  esclusiva  dello  Stato   ai   sensi
dell'articolo 117, comma 2, lettera s) della Costituzione. 
    La Regione, con la delibera in epigrafe, ha quindi ecceduto dalle
proprie competenze e invaso, disattendendo le norme sopra richiamate,
l'ambito di esercizio da parte dello Stato della  propria  competenza
legislativa  esclusiva  in  materia   di   tutela   dell'ambiente   e
dell'ecosistema. 
    Non  pare  poi  inutile  rilevare  la   pendenza   di   procedura
d'infrazione n. 4926/04  nei  confronti  dell'Italia,  a  seguito  di
parere motivato espresso dalla Commissione  europea,  a  causa  della
legislazione adottata proprio dalla Regione Veneto per consentire  la
caccia in deroga. 
    E' poi intervenuta la sentenza della Corte di  Giustizia  del  15
luglio 2010 (causa C-573/08), che, a causa di legislazioni  regionali
dal  contenuto  analogo  alla  delibera  regionale  in  epigrafe,  ha
condannato l'Italia in quanto «il sistema di recepimento dell'art. 9»
della  direttiva  n.  2009/147/CE  «non  garantisce  che  le  deroghe
adottate dalle autorita' italiane competenti rispettino le condizioni
e i requisiti previsti da tale articolo». 
    La delibera impugnata e' infine analoga a leggi regionali  (della
Regione Lombardia, della Regione Toscana) dichiarate incostituzionali
da  codesta  Corte  con  sentenza   n.   266/2010,   per   violazione
dell'articolo 117, comma 1 della Costituzione. 
    Ha affermato al riguardo codesto Consesso quanto segue: 
        «La costante giurisprudenza di questa Corte ha gia'  chiarito
che  si  tratta  di  «un  potere  di  deroga  esercitabile   in   via
eccezionale» che ammette «l'abbattimento  o  la  cattura  di  uccelli
selvatici appartenenti alle specie protette dalla direttiva medesima,
alle condizioni ed ai fini di interesse generale  indicati  dall'art.
9.1, e secondo le procedure e le modalita' di cui al  punto  2  dello
stesso art. 9» (sentente n. 168 del 1999 e n. 250 del 2008). 
    Il  carattere  eccezionale  del  potere  in  questione  e'  stato
peraltro  ribadito  anche  dalla   giurisprudenza   comunitaria   (in
particolare, Corte di giustizia CE, 8 giugno 2006,  causa  C-118/94),
secondo la quale l'autorizzazione degli Stati membri  a  derogare  al
divieto generale  di  cacciare  le  specie  protette  e'  subordinata
all'adozione di misure di deroga dotate di una motivazione che faccia
riferimento esplicito e adeguatamente circostanziato alla sussistenza
di tutte le condizioni prescritte dall'ad. 9, paragrafi 1 e 2. 
    Detti requisiti, infatti - precisa sempre la Corte  di  giustizia
della Comunita' europea (oggi Corte di giustizia dell'Unione europea)
- perseguono il duplice scopo di limitare  le  deroghe  allo  stretto
necessario e di permettere la vigilanza  degli  organi  comunitari  a
cio' preposti. 
    In particolare, il paragrafo 2 dell'art. 9 della citata direttiva
prevede che le deroghe debbano menzionare: a) le specie  che  formano
oggetto delle medesime, b) i  mezzi,  gli  impianti  o  i  metodi  di
cattura o di uccisione autorizzati; c) le condizioni di rischio e  le
circostanze di tempo e di luogo in cui esse possono essere applicate;
d) l'autorita' abilitata a dichiarare  che  le  condizioni  stabilite
sono soddisfatte e a decidere quali mezzi, impianti o metodi  possono
essere utilizzati, entro quali  limiti  e  da  quali  persone;  e)  i
controlli che saranno effettuati. 
    Alla luce di tali considerazioni, dunque, il rispetto del vincolo
comunitario derivante dall'art. 9 della direttiva 791409/  CEE  (oggi
art. 9 della direttiva 2009/147/ CE) impone l'osservanza dell'obbligo
della puntuale ed espressa indicazione della sussistenza di tutte  le
condizioni in esso specificamente  indicate,  e  cio'  a  prescindere
dalla natura (amministrativa ovvero legislativa) del tipo di atto  in
concreto utilizzato per l'introduzione della  deroga  al  divieto  di
caccia e di cattura degli esemplari appartenenti alla fauna selvatica
stabilito agli articoli da 5 a 8 della medesima direttiva. 
    Ebbene, tale onere non risulta rispettato[...]. 
    [...] Quanto all'art. 2 della legge della Regione Toscana  n.  53
del 2009, invece,  la  motivazione,  seppure  formalmente  esistente,
risulta fondata su petizioni di principio prive di alcun  riferimento
alle  condizioni  concrete  che   avrebbero   potuto,   in   ipotesi,
giustificare la deroga adottata».