L'Assemblea Regionale Siciliana, nella seduta  del  14  dicembre
2010, ha approvato il disegno di legge n. 645 dal titolo «Proroga  di
interventi   per   l'esercizio   finanziario    2011.    Misure    di
stabilizzazione  dei  rapporti  di  lavoro  a   tempo   determinato»,
pervenuto a questo Commissariato dello Stato,  ai  sensi  e  per  gli
effetti dell'art. 28 dello Statuto speciale, il 17 dicembre 2010. 
    In particolare, le disposizioni contenute nell'articolo 1,  comma
4; nell'articolo 6, commi 2, 4 e 7; nell'articolo 10  commi  1  e  2;
nell'articolo 11 si ritengono in contrasto con gli articoli 3,  51  e
97  della  Costituzione  in   quanto   prevedono   direttamente   e/o
indirettamente procedure e modalita' diverse  dal  concorso  pubblico
per l'accesso nei ruoli delle pubbliche amministrazioni. 
    Codesta eccellentissima Corte, infatti, nella sentenza n. 293 del
2009 ha affermato che la forma generale ed ordinaria di  reclutamento
per le pubbliche amministrazioni «e' rappresentata da  una  selezione
trasparente, comparativa, basata esclusivamente sul merito ed  aperta
a  tutti  i  cittadini  in  possesso  di  requisiti  previamente   ed
obiettivamente definiti. Il rispetto di tale criterio  e'  condizione
necessaria per assicurare che l'amministrazione pubblica risponda  ai
principi della democrazia dell'efficienza e dell'imparzialita'». 
    Inoltre,  sempre  secondo  codesta  eccellentissima   Corte   «il
concorso  pubblico  e'  innanzitutto,   condizione   per   la   piena
realizzazione  del  diritto  di  partecipazione  all'esercizio  delle
funzioni pubbliche da parte di tutti i cittadini». 
    La  procedura  concorsuale  «consente  infatti  ai  cittadini  di
accedere ai pubblici uffici in condizione  di  uguaglianza  e  "senza
altre distinzioni che quella delle loro virtu' e dei loro talenti"». 
    Il concorso, chiarisce sempre codesta Corte nella sentenza n. 205
del  2004,  «e'  meccanismo  strumentale  al  canone  di   efficienza
dell'amministrazione, cioe' al principio di buon  andamento,  sancito
dall'articolo 97, primo comma, Cost. 
    Il reclutamento dei dipendenti in base  al  merito  si  riflette,
migliorandolo, sul rendimento delle pubbliche amministrazioni e sulle
prestazioni  da  queste  rese  ai  cittadini.  Il  concorso  pubblico
garantisce il rispetto  del  principio  di  imparzialita',  enunciato
dall'articolo 97 e sviluppato dall'articolo 98 Cost.». 
    Nella sentenza n. 453 del 1990 codesta eccellentissima  Corte  ha
altresi' affermato che «il concorso impedisce che il reclutamento dei
pubblici impiegati avvenga in base a criteri di appartenenza politica
e garantisca, in tal modo, un certo grado di distinzione fra l'azione
del  Governo,  "normalmente  legata  agli  interessi  di  una   parte
politica" e quella dell'amministrazione "vincolata  invece  ad  agire
senza distinzione di parti politiche, al fine del perseguimento delle
finalita' pubbliche obiettivate nell'ordinamento". Sotto tale profilo
il concorso rappresenta pertanto "il metodo migliore per la provvista
di organi chiamati ad esercitare le proprie funzioni in condizioni di
imparzialita' ed al servizio esclusivo della nazione"». 
    Codesta  Corte,  altresi',  ha   progressivamente   precisato   e
circoscritto  l'ampiezza  della  deroga  al  principio  del  pubblico
concorso che puo' essere stabilita con legge. 
    Nella sentenza n. 453 del 1990 ha, infatti, affermato che  «anche
le  modalita'  organizzative  e  procedurali  del   concorso   devono
ispirarsi al  rispetto  rigoroso  del  principio  di  imparzialita'».
Conseguentemente   non   qualsiasi   procedura   selettiva,   diretta
all'accertamento della professionalita' dei candidati, puo' dirsi  di
per se compatibile con il principio del concorso pubblico  in  quanto
quest'ultimo non e' rispettato nell'ipotesi in cui le selezioni  sono
caratterizzate  da  arbitrarie  forme  di  restrizioni  dei  soggetti
legittimati a parteciparvi (ex plurimis sentenza n. 194 del 2002). 
    Codesta Corte infine ha chiarito che «al concorso  pubblico  deve
riconoscersi un ambito di applicazione ampio, tale da  non  includere
soltanto  le  ipotesi  di  assunzione  di  soggetti   precedentemente
estranei alle pubbliche amministrazioni» (sentenza n. 34 del 2004). 
    Il concorso e' necessario anche in caso di nuovo inquadramento di
dipendenti  gia'  in  servizio  (sentenza  n.  1  del  1999)   e   di
trasformazione  di  rapporti  non  di  ruolo  in  rapporti  di  ruolo
(sentenza n. 205 del 2004). 
    Sotto quest'ultimo profilo codesta Corte, con  ormai  consolidata
giurisprudenza,  ha  precisato  i  limiti  entro  i  quali  si   puo'
consentire al legislatore di disporre procedure di stabilizzazioni di
personale  precario  che  derogano  al  principio  del  concorso  (ex
plurimis sentenze n. 81 e n. 363 del 2006). 
    Sono infatti ritenute legittime le deroghe al  pubblico  concorso
solo «in presenza di peculiari e straordinarie esigenze di  interesse
pubblico  ricollegabili  alla  peculiarita'  delle  funzioni  che  il
personale  reclutato  e'  chiamato  a  svolgere  e  dalla   specifica
professionalita' maturata da quest'ultimo che facciano  ritenere  che
la deroga alla procedura selettiva aperta sia essa stessa  funzionale
alle esigenze di buon  andamento  dell'amministrazione,  non  essendo
sufficiente la semplice  circostanza  che  determinate  categorie  di
dipendenti abbiano prestato  attivita'  a  tempo  determinato  presso
l'amministrazione  pubblica,  ne'  la  personale  aspettativa   degli
aspiranti ad una misura di stabilizzazione» (sentenza n. 81/2006). 
    Alla  luce  dei  principi  costituzionali  e  secondo   i   sopra
richiamati consolidati orientamenti giurisprudenziali non ci si  puo'
esimere dal sottoporre al vaglio di codesta eccellentissima Corte  le
disposizioni regionali che di seguito analiticamente si censurano. 
    L'art. 1,  4°  comma  che  si  trascrive,  si  pone  in  evidente
contrasto con gli articoli 3, 51 e 97 della Costituzione: 
        «4. i contratti di lavoro  stipulati  ai  sensi  dell'art.  3
della legge regionale 30 ottobre 1995, n. 76 e  successive  modifiche
ed integrazioni e dell'art. 1 della legge regionale 28  giugno  2010,
n. 14, possono essere prorogati, nei  limiti  degli  stanziamenti  di
bilancio,  fino  al  31  dicembre  2011,  osservando  i  periodi   di
discontinuita'  previsti  dal  comma  3  dell'art.  5  del  d.lgs.  6
settembre 2001, n. 368. Le  garanzie  occupazionali  di  all'art.  1,
comma 2, della legge regionale 1 ° febbraio 2006 n. 4, e dall'art.  1
della legge regionale n. 28 giugno 2010, n. 14, sono confermate,  nei
limiti degli stanziamenti di bilancio, fino al 31 dicembre 2011.  Per
le finalita' del  presente  comma  e'  autorizzata,  per  l'esercizio
finanziario 2011 la spesa di 24.852  migliaia  di  euro.  I  relativi
oneri trovano riscontro nel bilancio pluriennale della Regione per il
triennio 2010-2012 UPB 4.2.1.5.2. accantonamento 1001.». 
    La norma de qua infatti nella sostanza autorizza la generalizzata
proroga, per un ulteriore anno, di tutti  i  contratti  di  lavoro  a
tempo determinato stipulati dai consorzi  di  bonifica  senza  alcuna
correlazione, come puo' evincersi  dalla  relazione  illustrativa  al
testo normativo  redatta  dalla  competente  commissione  legislativa
permanente, ad esigenze obiettive,  specifiche  e  particolari  delle
amministrazioni.  Siffatta  proroga  non  e'  peraltro  connessa  ne'
all'avvio  di  procedure  per  la  progressiva  stabilizzazione   del
personale precario ne' all'attuazione dell'art. 14,  commi  24-bis  e
24-ter del decreto-legge n. 78/2010, convertito in legge n. 122/2010.
Al riguardo, si osserva che il legislatore, a  differenza  di  quanto
disposto per le altre proroghe di rapporti di lavoro  previsti  dalla
presente delibera legislativa, non  ha  fatto  esplicito  riferimento
alla norma statale. Dai chiarimenti forniti  dagli  Uffici  regionali
(all. 1), ai sensi dell'art. 3 del d.P.R. n. 488/1969, i  destinatari
della disposizione sono oltre 300 alcuni  dei  quali  avrebbero  gia'
avviato «azioni giudiziarie volte alla dichiarazione di nullita'  del
termine nel relativo contratto di lavoro e conseguente trasformazione
dello stesso a tempo indeterminato». 
    La proroga dei rapporti di lavoro in questione si connota  quindi
come uno strumento surrettizio per consentire l'immissione definitiva
in ruolo dei dipendenti in questione indipendentemente  da  qualsiasi
forma di  procedura  selettiva  pubblica  nonche'  dalla  necessaria,
preventiva verifica dei fabbisogni di personale degli enti medesimi e
dalla conseguente programmazione delle assunzioni. 
    La  disposizione  inoltre,  nel  consentire  il  consolidarsi  di
situazioni di precariato, potrebbe alimentare  ulteriore  contenzioso
giudiziario  con  inevitabile  aggravio  delle  finanze  degli   enti
pubblici in evidente contrasto con il  principio  di  buon  andamento
della P.A. 
    La norma in questione, non solo non delimita  i  presupposti  per
l'esercizio dei potere di  proroga  dei  contratti,  non  essendo  la
stessa  subordinata   all'accertamento   di   specifiche   necessita'
funzionali dell'amministrazione, ma anche non consente una  selezione
del personale i cui contratti di lavoro sono prorogati,  poiche'  non
risulta prevista alcuna procedura imparziale ed obiettiva di verifica
dell'attivita'  svolta  e  della  qualificazione  professionale   dei
lavoratori destinatari della disposizione (sentenza C.c. n.  363/2006
e n. 215/2009). 
    Invero, al di la' delle comprensibili e condivisibili aspettative
personali dei destinatari della nonna, non risulta sussistere, ne' e'
stato evidenziato nei lavori preparatori della legge, alcun motivo di
pubblico interesse che possa legittimare una deroga al principio  del
concorso aperto a soggetti  esterni  all'amministrazione  ne',  tanto
meno,  e'  desumibile  dai  chiarimenti   forniti,   sulle   funzioni
amministrative  ed  esecutive  svolte  da  questo  personale   alcuna
peculiarita' che, in  astratto,  possa  giustificare  una  prevalenza
dell'interesse ad una sua ulteriore utilizzazione rispetto  a  quello
di assicurare  l'accesso  all'impiego  pubblico  dei  piu'  capaci  e
meritevoli ed, in tal senso, l'imparzialita'  ed  il  buon  andamento
dell'amministrazione pubblica. 
    I commi 2 e 4 dell'art. 6  che  integralmente  si  riportano,  si
ritengono anche esse in contrasto con gli articoli 3, 51 e  97  della
Costituzione. 
    «2. Per il triennio 2011-2013 le amministrazioni pubbliche di cui
all'art. 5, nel rispetto dei vincoli  di  cui  al  comma  1,  possono
procedere, altresi', alla stabilizzazione a tempo  indeterminato  del
personale utilizzato con contratti a  tempo  determinato  in  essere,
stipulati anteriormente al 31 dicembre 2009, destinatario del  regime
transitorio dei lavori socialmente utili di cui al  fondo  unico  del
precariato  istituito  dall'articolo  71  della  legge  regionale  n.
17/2004,  con  un'anzianita'  complessiva  non  inferiore  a  8  anni
nell'ultimo decennio per attivita' lavorativa e/o  per  utilizzazione
in attivita' socialmente utili e che abbia avuto  accesso  al  lavoro
e/o  all'utilizzazione  mediante  procedure   selettive   di   natura
concorsuali o previste da norme di legge». 
    «4. alle procedure di stabilizzazione di cui al presente articolo
non si applica la limitazione alle  qualifiche  di  cui  all'art.  16
della legge 28 febbraio 1987, n. 56 nei casi di specifiche necessita'
funzionali  e  organizzative   rappresentate   nella   programmazione
triennale dei fabbisogni e, nell'interesse pubblico, anche al fine di
consolidare le esperienze  professionali  gia'  maturate  all'interno
dell'amministrazione»; 
    Il  2°  comma  introduce,  infatti,  criteri  diversi  da  quelli
richiesti  dall'art.  1,  comma  558  della  legge  n.  296/2006  per
individuare i beneficiari delle procedure di stabilizzazione previste
dall'art. 17 commi 10, 11 e 12 del d.l.  n.  78/2009,  convertito  in
legge n. 102/2009. Il disporre, infatti, che si faccia riferimento al
personale con contratti  a  tempo  determinato  in  essere  stipulati
anteriormente al 31 dicembre 2009, anziche' all'anno 2007, amplia  la
portata,  in  misura   non   quantificabile,   delle   procedure   di
stabilizzazione  del  precariato  previste  dall'impianto   normativo
statale, ritenuto da codesta  Corte  unica  legittima  eccezione,  in
quanto giustificata da esigenze di interesse  pubblico  (ex  plurimis
sent. n. 150/2010), alla regola del pubblico concorso. 
    L'eventuale  applicazione  della  norma  regionale  de  qua,   in
combinato disposto con il 4° comma, estende le  previsioni  dell'art.
16  della  legge  n.  56  del  1987,  relative  alle  assunzioni  dei
lavoratori da inquadrare nei livelli retributivi  -funzionali  per  i
quali e' richiesto il titolo di  studio  della  scuola  dell'obbligo,
alle qualifiche superiori per le quali e' necessario il  diploma  e/o
la laurea; configurando cosi' una singolare modalita' di privilegiato
e semplificato accesso alla P.A. lesiva del  principio  del  concorso
pubblico quale strumento ineludibile di ingresso nel pubblico impiego
come piu' volte ribadito da  costante  e  consolidata  giurisprudenza
costituzionale (ex  plurimis  sent.  n.  205/2004,  n.  159/2005,  n.
190/2005 e n. 205/2006). 
    Le disposizioni  in  questione  danno  luogo  ad  un  trattamento
differenziato rispetto  al  personale  precario  di  tutte  le  altre
amministrazioni pubbliche ponendosi in  contrasto  con  la  normativa
statale di riferimento e quindi violano i principi di  ragionevolezza
imparzialita'  e  buon  andamento  della   pubblica   amministrazione
eccedendo la competenza statutaria di cui all'art. 14 lett. o)  e  q)
con specifico riferimento al  principio  del  pubblico  concorso  che
costituisce «la regola  per  l'accesso  all'impiego  alle  dipendenze
delle amministrazioni pubbliche» (sentenza n. 81/2006). 
    Esse infatti contrastano con quanto affermato dall'art. 17, commi
da 10 a 13 del d.l. n. 78/2009 convertito in legge n.  102/2009  che,
con riferimento alla  generalita'  delle  pubbliche  amministrazioni,
stabiliscono determinate specifiche modalita' di valorizzazione delle
esperienze  professionali  acquisite  attraverso  l'espletamento   di
concorsi pubblici, con parziale riserva di posti. 
    Parimenti censurabile per violazione degli articoli 3,  51  e  97
della Costituzione e' la norma contenuta nel  comma  7  del  medesimo
art. 6 secondo cui 
        «7. In applicazione dei commi 558 e 560 dell'articolo 1 della
legge 27 dicembre 2006, n. 296, e del  comma  94  dell'art.  3  della
legge 24 dicembre 2007, n. 244, gli enti locali, senza alcun onere  a
carico della regione, procedono a stabilizzare a tempo  indeterminato
il personale assunto, con contratto a tempo  determinato  in  essere,
tramite concorso pubblico che abbia previsto il  superamento  di  una
prova scritta ed una  orale  e  le  cui  figure  professionali  siano
previste nella dotazione organica dell'ente». 
    La disposta  trasformazione  dei  rapporti  di  lavoro  da  tempo
determinato a tempo indeterminato si risolve  invero  in  una  deroga
ingiustificata alla regola del concorso pubblico. 
    «La  circostanza  che  il  personale   suscettibile   di   essere
stabilizzato senza alcuna prova  selettiva  sia  stato  a  suo  tempo
assunto con contratto a tempo determinato, sulla base di un  pubblico
concorso, per effetto della diversita'  di  qualificazione  richiesta
dalle assunzioni a termine rispetto a quelle  a  tempo  indeterminato
non   offre   adeguate   garanzie   ne'   della   sussistenza   della
professionalita' necessaria per  il  suo  stabile  inquadramento  nei
ruoli degli enti locali, ne'  del  carattere  necessariamente  aperto
delle procedure selettive» (sentenza n. 235/2009). 
    Il previo superamento di una qualsiasi prova scritta ed una orale
e' infatti un requisito troppo generico per autorizzare la successiva
stabilizzazione senza concorso in quanto la norma  in  questione  non
garantisce che il previo concorso sia riferibile alla tipologia e  al
livello delle funzioni che il personale successivamente  stabilizzato
sara' chiamato a svolgere. 
    L'art. 11 estende, al 31 dicembre 2014, il termine  previsto  per
le riserve, le priorita' e le precedenze e preferenze in  favore  dei
lavoratori destinatari del regime transitorio dei lavori  socialmente
utili, per i concorsi pubblici e per le assunzione di cui all'art.  5
della l.r. n. 16/2006,  norma  questa  che  peraltro  ha  cessato  di
produrre i suoi effetti sin dal 31 dicembre 2007. 
    In proposito codesta Corte nella sentenza n. 205/2006 ha chiarito
che «l'aver prestato attivita' a tempo  determinato  alle  dipendenze
dell'amministrazione regionale non puo' essere considerato ex se,  ed
in mancanza di altre particolari e straordinarie ragioni,  un  valido
presupposto per una riserva di posti». 
    Orbene,    la    disposizione    censurata    essendo    riferita
indistintamente  a  tutti  coloro  che  hanno  svolto  una  qualsiasi
attivita' in favore delle amministrazioni  pubbliche  operanti  nella
Regione nell'arco di oltre un decennio non identifica, come richiesto
dalla giurisprudenza di codesta Corte,  alcuna  peculiare  situazione
giustificatrice della deroga al principio  di  cui  all'art.  97,  3°
comma  della  Costituzione.  Essa  appare  piuttosto  costituire   un
privilegio a favore di una vasta  categoria  di  persone  che  riduce
indebitamente la possibilita' di accesso  dall'esterno,  violando  il
carattere   pubblico   del   concorso   (sentenza   n.   34/2004)   e
conseguentemente  i  principi  di  imparzialita'  e  buon   andamento
dell'amministrazione 
    Al riguardo, nella sentenza n. 100  del  2010  codesta  Corte  ha
espressamente chiarito che sebbene in passato  siano  state  ritenute
legittime  procedure  riservate  «la  piu'   recente   giurisprudenza
costituzionale ha sottolineato come  sia  necessario,  affinche'  sia
assicurata la generalita' del concorso pubblico disposta dall'art. 97
Cost., che l'area delle eccezioni alla regola sia delimitata in  modo
rigoroso». Le deroghe sono legittime solo in presenza di peculiari  e
straordinarie  esigenze  di  interesse  pubblico  ricollegabili  alle
funzioni che il personale da reclutare e'  chiamato  a  svolgere,  in
particolare  relativamente  all'esigenza  di  consolidare  specifiche
esperienze professionali che  facciano  ritenere  che  la  deroga  al
principio del concorso pubblico  sia  funzionale  al  buon  andamento
dell'amministrazione.  Situazione  questa  gia'  tenuta   in   debita
considerazione dalla normativa statale in materia di  stabilizzazione
dei  lavoratori  precari   per   la   generalita'   delle   pubbliche
amministrazioni con le previste riserve di posti nei concorsi, cui si
aggiungerebbe  quella  ora  disposta   dal   legislatore   regionale,
riducendo, e quasi escludendo  nella  sostanza,  la  possibilita'  di
accesso dall'esterno nelle procedure concorsuali delle istituzioni ed
enti pubblici operanti nella regione. 
    Del pari in contrasto  con  gli  articoli  3,  51,  97  oltreche'
dell'art. 81, 4° comma della Costituzione si pongono le  disposizioni
contenute nell'art. 10. 
    Detto articolo, infatti dispone l'erogazione per un  decennio  di
contributi a  carico  del  bilancio  regionale  alle  amministrazioni
pubbliche che attuino le procedure di  stabilizzazione  previste  dal
provvedimento legislativo in esame. 
    Si  prevede  peraltro  che  i  contributi  verranno  corrisposti,
secondo quanto disposto dal 2°  comma,  anche  nel  caso  di  mancata
assunzione  a  tempo  indeterminato  per  mancanza  dei   presupposti
previsti dall'art. 6 per  le  procedure  di  reclutamento  e  saranno
riconosciuti  «anche  in  caso  di  prosecuzione»,  in  costanza   di
rapporto, dei contratti a tempo determinato attualmente in essere. 
    La  disposizione  quindi  sostanzialmente  consente  la   proroga
indiscriminata e generalizzata sino al 2023 di tutti  i  rapporti  di
lavoro precario, in evidente violazione degli artt. 3, 51 e 97  della
Costituzione per le argomentazioni gia' svolte nel corpo del presente
atto di gravame, senza peraltro prevedere, in  contrasto  con  1'art.
81, 4 comma della  Costituzione,  in  alcun  modo  la  copertura  dei
rilevanti oneri finanziari a carico degli esercizi futuri,  indicando
le necessarie risorse con cui farvi fronte. 
    Codesta ecc.ma Corte  ha  espressamente  chiarito  in  proposito,
nella sentenza n. 359/2007, che il  legislatore  regionale  non  puo'
sottrarsi a quella fondamentale esigenza di chiarezza e solidita'  di
bilancio cui l'art.  81  della  Costituzione  si  ispira,  affermando
altresi' che la copertura  di  nuove  spese  deve  essere  credibile,
sufficientemente sicura, non arbitraria o irrazionale, in equilibrato
rapporto con la spesa che si intende effettuare negli esercizi futuri
(sentenza n. 213/2008). 
    Orbene, nell'ipotesi in esame la legge nulla dispone quanto  alla
copertura finanziaria degli oneri di spesa  quantificati  in  314.100
migliaia  di  euro  annui  per  gli  esercizi  successivi  al   2012,
limitandosi a prevedere al comma 2 dell'art. 13  che  «agli  oneri  a
regime riferiti all'art. 10 si  provvede,  per  gli  anni  successivi
all'esercizio finanziario 2010, per la corrispondente quota, a carico
della  medesima  spesa  annua  continuativa  autorizzata   ai   sensi
dell'art. 71 della legge regionale 28 dicembre 2004, n. 17». 
    Questa ultima disposizione  richiamata  tuttavia,  piuttosto  che
indicare le risorse finanziarie con cui fare fronte  alla  spesa,  ha
istituito nel bilancio regionale il capitolo 321301, denominato fondo
unico  per  il  precariato  e  ne  ha  disciplinato   l'utilizzazione
autorizzando, per l'assunzione degli impegni, il ricorso all'art. 11,
comma 6 della l.r. n. 47/1977. 
    Ne'  tantomeno  dai  chiarimenti   forniti   dall'amministrazione
regionale ai sensi dell'art. 3 d.P.R. n. 488/1969  (All.  2)  possono
evincersi elementi  idonei  ad  identificare  le  necessarie  risorse
finanziarie.  Non  e'  stata  infatti  redatta   dall'amministrazione
regionale la relazione tecnica sulla quantificazione  degli  oneri  e
sulla correlata copertura finanziaria di cui  all'art.  7,  comma  2,
l.r. n. 47/1977 in quanto «la materia delle stabilizzazioni e'  stata
di iniziativa parlamentare». 
    Invero, l'indicazione in bilancio di uno o piu' capitoli relativi
a una o piu' spese, non puo' di per se' significare  che  per  quelle
spese sia soddisfatta l'esigenza di indicazione della  corrispondente
copertura  voluta  dall'art.  81  ultimo  comma  della   Costituzione
(sentenza C.c. n. 66/1959) ne', tantomeno, si puo' sostenere  che  la
copertura  di  nuove  spese  di  carattere  permanente  puo'   essere
correttamente operata mediante il richiamo a capitoli  gia'  previsti
in bilancio (sent. C.c. n. 123/1975). 
    Codesta Corte in proposito ha affermato nella sentenza n. 31/1961
che l'obbligo del legislatore di indicare i mezzi di copertura di una
nuova  o  maggiore  spesa  non  puo'   ritenersi   assolto   mediante
l'autorizzazione ad iscrizioni  nel  bilancio.  Tali  iscrizioni  non
producono e non possono produrre alcun effetto di  per  se'  ove  non
trovino corrispondenza in una legge sostanziale che preveda la  spesa
nonche' i mezzi per farvi fronte. 
    E' infatti tautologico e non  risolutivo  ai  fini  del  rispetto
dell'art.  81  della  Costituzione  (sentenza   C.c.   n.   135/1968)
legittimare la mancata indicazione della copertura della spesa  nella
legge  di  autorizzazione  con  l'inserzione   della   stessa   nelle
successive  leggi  di  bilancio.  L'inserzione  della   spesa   nelle
successive leggi  di  bilancio  sarebbe,  infatti,  sorretta  da  una
previsione  legislativa  priva  dell'indispensabile  indicazione  dei
mezzi di copertura. 
    L'art. 15 si ritiene essere in contrasto con  gli  artt.  81,  4°
comma  e  97  della  Costituzione  in  quanto,  quasi  a  conclusione
dell'esercizio  finanziario,  introduce   nell'elenco   delle   spese
obbligatorie, allegate alla legge di  approvazione  del  bilancio  di
previsione per il  corrente  anno  n.12/2010,  i  capitoli  443302  e
443305. Gli impegni  assunti  e  assumibili  su  tali  capitoli  sono
attinenti al trasferimento di  finanziamenti  in  favore  degli  enti
parco e degli enti gestori delle riserve naturali  per  le  spese  di
impianto e  gestione  e  la  dotazione  annuale  degli  stessi  viene
determinata in considerazione delle disponibilita' delle risorse e in
funzione  dell'equilibro  tra  entrate  ed   uscite   del   documento
finanziario. 
    Il  considerare  come  obbligatorie  le  spese   imputabili   sui
menzionati capitoli  comporterebbe  per  l'amministrazione  regionale
l'obbligo del pagamento a pie' di lista  degli  oneri  assunti  dagli
enti in questione, senza possibilita' di  intervenire  sul  controllo
degli stessi, di quantificarne preventivamente l'ammontare nonche' di
individuare la copertura finanziaria necessaria  ai  sensi  dell'art.
81, 4° comma Cost., in caso di incremento rispetto alla previsione di
bilancio  inizialmente  autorizzata.  Per  le  spese  imputabili   ai
capitoli in  questione  sarebbe,  infatti,  autorizzato  in  caso  di
incapienza degli stessi il ricorso a  variazioni  di  bilancio  anche
«allo scoperto» con prelievi dal fondo per le  spese  obbligatorie  e
d'ordine,  con  conseguente  alterazione  dell'equilibrio   economico
finanziario del bilancio. 
    La disposizione e' da ritenersi particolarmente pericolosa per il
mantenimento dei saldi pubblici poiche', nel rendere  incontrollabile
la spesa nel settore, potrebbe ulteriormente peggiorare la situazione
del bilancio  regionale,  che  presenta,  secondo  quanto  rilevabile
dall'analisi dei conti consuntivi dell'ultimo  triennio,  un  deficit
strutturale di circa 1.500 milioni di euro all'anno. 
    L'art. 2, comma 1 , secondo periodo - nella parte in cui  prevede
che al personale dell'Ente Autonomo  Fiera  di  Palermo  e  dell'Ente
Autonomo Fiera di Messina si applica per un anno «la disciplina sulle
modalita'  di  utilizzazioni  previste  per  il  personale  dell'area
speciale  transitoria  ad  esaurimento  istituita  presso  la  Resais
S.p.A.» - si ritiene essere in contrasto con  gli  articoli  3  e  97
della Costituzione. 
    Esso  infatti  estende  per  un  limitato  lasso   temporale   ai
dipendenti  di  enti  autonomi  tuttora  formalmente   esistenti   ed
operanti,  sebbene  prossimi  alla   liquidazione,   il   trattamento
riservato  al  personale  proveniente  dai  soppressi  enti  pubblici
economici  della  Regione  e  confluito  in  una  societa'  a  totale
partecipazione regionale. 
    Anche condividendo le ragioni del  legislatore  che  intenderebbe
mantenere inalterati i livelli occupazionali dei lavoratori,  non  ci
si puo'  esimere  dal  censurare  la  disposizione  che,  parificando
situazioni differenti ed obiettivamente non  omogenee,  e'  fonte  di
disparita' di trattamento rispetto alla generalita' di dipendenti  di
altri enti prossimi  alla  liquidazione,  anticipando  soluzioni  che
dovrebbero, piuttosto, essere  rinvenute  nei  principi  generali  in
materia di mobilita'  del  personale  nei  casi  di  trasferimento  o
conferimento  di  attivita'  di  cui  all'articolo  31  del   decreto
legislativo n. 165/2001 (sentenze C.c. n. 108, n. 194 e  n.  366  del
2006).