Ordinanza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'articolo  1,  comma
763,  ultimo  periodo,  della  legge  27  dicembre   2006,   n.   296
(Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato − legge finanziaria  2007),  promosso  dal  Tribunale  di
Livorno nel procedimento vertente tra R.V.M. e la Cassa nazionale  di
previdenza ed assistenza forense, con ordinanza del 20 ottobre  2009,
iscritta al n. 116 del registro ordinanze  2010  e  pubblicata  nella
Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  17, 1ª  serie   speciale,
dell'anno 2010. 
    Visti l'atto di costituzione della Cassa nazionale di  previdenza
ed assistenza forense, nonche' l'atto di  intervento  del  Presidente
del Consiglio dei ministri; 
    Udito nell'udienza pubblica  del  14  dicembre  2010  il  Giudice
relatore Alfonso Quaranta; 
    Uditi l'avvocato Giulio Prosperetti per  la  Cassa  nazionale  di
previdenza ed assistenza forense e l'avvocato  dello  Stato  Fabrizio
Fedeli per il Presidente del Consiglio dei ministri. 
    Ritenuto che il  Tribunale  di  Livorno,  con  ordinanza  del  20
ottobre 2009, ha sollevato questione di  legittimita'  costituzionale
dell'articolo 1, comma 763, ultimo periodo, della legge  27  dicembre
2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato − legge  finanziaria  2007),  in  riferimento
agli articoli 2, 3, 23,  24  e  38  della  Costituzione,  nonche'  al
principio di ragionevolezza; 
        che il giudizio  principale,  promosso  con  ricorso  del  24
luglio 2007 dal signor R.V.M. nei confronti della Cassa nazionale  di
previdenza ed assistenza forense, ha ad  oggetto  l'accertamento  del
diritto alla restituzione dei contributi versati ex articolo 21 della
legge 20 settembre 1980, n. 576 (Riforma  del  sistema  previdenziale
forense), in ragione della prospettata illegittimita' della  delibera
della suddetta Cassa, del 28 febbraio 2003-23 luglio 2004  (integrata
con delibera del 13 novembre 2004), che ha  modificato  l'articolo  4
del Regolamento della Cassa stessa; 
        che la  citata  delibera  aveva  soppresso  il  diritto  alla
restituzione dei contributi sancito dal citato art.  21,  prevedendo,
in sostituzione, l'erogazione di una pensione a base contributiva; 
        che la norma impugnata, nel modificare  l'articolo  3,  comma
12,  della  legge  8  agosto  1995,  n.  335  (Riforma  del   sistema
pensionistico obbligatorio e complementare), ha  disposto  che  «sono
fatti salvi gli atti e  le  deliberazioni  in  materia  previdenziale
adottati dagli enti  di  cui  al  presente  comma  ed  approvati  dai
Ministeri vigilanti prima della  data  di  entrata  in  vigore  della
presente legge»; 
        che, secondo il Tribunale remittente, la norma censurata  non
puo'  essere  intesa  come  mera  conferma  di  efficacia,  ne'  come
sanatoria, anche  se  con  effetti  limitati  al  periodo  successivo
all'entrata in vigore della legge, degli atti in questione; 
        che  la  ratio  della  norma   stessa,   pertanto,   andrebbe
individuata  nell'intento  di  salvaguardare  e  mantenere  ferme  le
precedenti regolamentazioni, gia'  approvate  in  sede  ministeriale,
anche se illegittime secondo la legge anteriore; 
        che non sussisterebbe  alcun  dubbio  interpretativo  e  alla
disposizione in esame andrebbe, quindi, attribuito il significato  di
norma di sanatoria, con la  quale  sono  stati  fatti  salvi  atti  e
provvedimenti precedentemente emanati, pur se in ipotesi  illegittimi
per la legislazione previgente, con efficacia  retroattiva,  riferita
alla decorrenza degli atti stessi; 
        che la disposizione in esame, ora  sottoposta  al  vaglio  di
costituzionalita', pur ispirata ad esigenze di equilibrio di bilancio
delle gestioni previdenziali e di  equita'  tra  le  generazioni,  si
porrebbe in contrasto con il principio di affidamento nella sicurezza
giuridica e con le legittime aspettative dei lavoratori,  sanando  un
atto ab origine illegittimo, peggiorando  in  misura  notevole  e  in
maniera  definitiva  il  trattamento  in  precedenza   goduto   dagli
interessati, in contrasto con i richiamati artt. 2, 3, 24 e 38 Cost.; 
        che tale sanatoria, cosi' generalizzata,  sarebbe,  altresi',
irragionevole e lesiva del principio  di  riserva  di  legge  di  cui
all'art. 23 Cost., in quanto inciderebbe su trattamenti previdenziali
garantiti da disposizioni di legge; 
        che in data 18 maggio 2010 si e' costituita la Cassa  forense
chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile; 
        che, in particolare la Cassa forense  ha  ricordato  come  su
analoga questione  si  sia  gia'  pronunciata  questa  Corte  con  la
sentenza n. 263 del 2009 di inammissibilita' e come sul punto sia, di
recente, intervenuta la Corte di Cassazione con la sentenza n.  24202
del 2009; 
        che ha depositato atto di intervento, nella stessa  data  del
18  maggio  2010,  il  Presidente   del   Consiglio   dei   ministri,
rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura   generale   dello   Stato,
chiedendo   che   la   questione   sia   dichiarata    manifestamente
inammissibile o, comunque, non fondata. 
    Considerato che con ordinanza del 20 ottobre 2009,  il  Tribunale
di Livorno ha  sollevato  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'articolo 1, comma 763, della legge  27  dicembre  2006,  n.  296
(Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato − legge finanziaria 2007), nella parte in  cui  -  ultimo
periodo - nel modificare l'articolo 3, comma 12, della legge 8 agosto
1995, n.  335  (Riforma  del  sistema  pensionistico  obbligatorio  e
complementare), ha disposto che «sono  fatti  salvi  gli  atti  e  le
deliberazioni in materia previdenziale adottati dagli enti di cui  al
presente comma ed approvati dai Ministeri vigilanti prima della  data
di entrata in vigore  della  presente  legge»,  in  riferimento  agli
articoli 2, 3, 23, 24 e 38  della  Costituzione  e  al  principio  di
ragionevolezza; 
        che il remittente sospetta di  illegittimita'  costituzionale
l'inciso in questione, in quanto ritiene che la norma censurata abbia
disposto una  sanatoria,  ab  origine,  della  delibera  della  Cassa
nazionale di previdenza e assistenza forense, del 28  febbraio  2003-
23 luglio 2004 (integrata con delibera  del  13  novembre  2004),  la
quale ha modificato l'articolo 4 del Regolamento della  Cassa  stessa
ed ha soppresso il diritto alla restituzione dei  contributi  sancito
dall'art. 21 della legge 20  settembre  1980,  n.  576  (Riforma  del
sistema  previdenziale   forense),   prevedendo,   in   sostituzione,
l'erogazione di una pensione a base contributiva; 
        che, ad avviso del Tribunale, tale sanatoria  impedirebbe  il
riconoscimento del suddetto diritto alla restituzione, con violazione
degli  artt.  2,  3,  23,  24  e  38  Cost.  e   del   principio   di
ragionevolezza; 
        che, come afferma il giudice  a  quo,  «una  sanatoria  cosi'
"generalizzata", estesa a tutti i provvedimenti amministrativi  degli
enti di previdenza, anche se non rispettosi  del  principio  del  pro
rata ed incidenti su diritti garantiti da  disposizioni  di  legge  -
senza alcuna esplicitazione delle ipotetiche  ragioni  per  le  quali
viene attribuita, ex post, validita' ad atti illegittimi - risulta di
per se' irragionevole ed in contrasto con il principio di riserva  di
legge ex art. 23 Cost. applicabile in materia»; 
        che la norma in questione  lederebbe,  altresi',  i  principi
posti dagli artt. 2, 3, 24 e 38 Cost., precludendo  irragionevolmente
la  tutela  di   un   diritto   gia'   riconosciuto   all'interessato
dall'ordinamento e la sua  difendibilita'  in  sede  giurisdizionale,
senza  alcuna  esplicitazione  delle  ragioni  della  diversita'   di
disciplina rispetto a quella riservata agli altri  soggetti  titolari
di similari situazioni giuridiche; 
        che,  in  via  preliminare,  occorre  ricordare  che  analoga
questione e' gia' stata sottoposta  all'esame  di  questa  Corte  dal
Tribunale di  Lucca  (reg.  ord.  n.  700  del  2007),  ed  e'  stata
dichiarata manifestamente inammissibile con l'ordinanza  n.  124  del
2008; 
        che, successivamente, analoga  questione  e'  stata  proposta
anche dal Tribunale di Aosta (reg. ord. n. 301  del  2008),  nonche',
nuovamente, dal Tribunale di Lucca (reg. ord. nn.  6,  71  e  72  del
2009). I relativi giudizi sono stati riuniti e decisi con la sentenza
n. 263 del 2009, la quale ha  dichiarato  la  inammissibilita'  delle
questioni sollevate; 
        che, ora, in ragione dell'ordinanza di rimessione indicata in
epigrafe, la Corte  e'  stata  nuovamente  investita  del  dubbio  di
costituzionalita' del citato art. 1, comma 763, ultimo periodo, della
legge n. 296 del 2006; 
        che, tanto premesso,  deve  essere  dichiarata  la  manifesta
inammissibilita' della questione come sopra proposta; 
        che il remittente ha  denunciato  profili  di  illegittimita'
costituzionale analoghi  a  quelli  gia'  denunciati  con  precedenti
ordinanze di rimessione, attraverso un medesimo iter argomentativo; 
        che i parametri in riferimento ai quali la questione e' stata
ora sollevata sono gli stessi gia'  scrutinati  e  le  ragioni  della
manifesta inammissibilita' della questione sono riferibili  anche  ad
essi; 
        che il giudice a quo, analogamente ai precedenti  remittenti,
ha omesso di esplorare altre possibilita' interpretative e, dopo aver
effettuato la propria  opzione  ermeneutica,  ha  ipotizzato  diverse
letture della norma («mera conferma di efficacia», «sanatoria ma  con
effetti limitati al solo periodo  successivo  all'entrata  in  vigore
della legge»), le quali pero' trascurano del tutto la sussistenza  di
un non irragionevole, diverso, dato giurisprudenziale, per  affermare
la unicita' della interpretazione sottoposta al  giudizio  di  questa
Corte; 
        che, in proposito, si puo' ricordare come la Corte  d'Appello
di Torino, con la sentenza n. 135 del  5  febbraio  2007  (richiamata
nella sentenza di questa Corte n. 263  del  2009),  antecedente  alla
ordinanza ora in esame, ha precisato che «gli  atti  e  provvedimenti
adottati dagli enti  prima  dell'entrata  in  vigore  della  modifica
dell'art. 3, comma 12, della legge n. 335 del 1995 rimangono efficaci
e la loro legittimita' dovra' essere vagliata alla luce  del  vecchio
testo di detta norma  per  i  pensionamenti  attuati  entro  il  2006
(poiche' quella e' la norma vigente in tale periodo) ed alla luce del
nuovo testo per i pensionamenti successivi, con  esiti  che  potranno
essere diversi»; 
        che non possono trarsi argomenti in contrario dalla pronuncia
della  Corte  di  cassazione   n.   24202   del   2009,   intervenuta
successivamente all'ordinanza di rimessione, in quanto si  tratta  di
sentenza  che  non  ha  ad  oggetto  l'interpretazione  della   norma
impugnata; 
        che, come piu' volte questa Corte ha affermato, le leggi  non
si dichiarano incostituzionali se esiste la possibilita' di dare loro
un  significato   che   le   renda   compatibili   con   i   precetti
costituzionali; 
        che,  pertanto,   deve   essere   dichiarata   la   manifesta
inammissibilita' della questione.