IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 1022 del 2010, proposto da: B. N., rappresentato e difeso dall'avv. Mariella Console, con domicilio eletto presso lo studio della medesima, in Torino, via Assarotti, 11; Contro Ministero dell'interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Torino, presso la cui sede e' domiciliato, in Torino, corso Stati Uniti, 45; Questura di Torino; Per l'annullamento del rigetto dell'istanza di rinnovo del permesso di soggiorno notificato il 15 luglio 2010. Visti il ricorso e i relativi allegati; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno; Relatore nella camera di consiglio del giorno 10 novembre 2010 la dott.ssa Manuela Sinigoi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Fatto Il ricorrente ha impugnato innanzi a questo Tribunale Amministrativo Regionale il decreto del Questore della Provincia di' Torino in data 24 febbraio 2010 - prot. n. 168/2010, con cui e' stata rigettata la sua istanza tesa ad ottenere la conversione del permesso di soggiorno da "minore eta'" a "lavoro subordinato" ai sensi dell'art. 32 del D.Lgs. 286/1998. Ai fini che qui interessano, espone d'essere entrato clandestinamente in. Italia in data 20 dicembre 2008, ancora minorenne, con il consenso dei propri genitori e d'aver ottenuto in data 10 febbraio 2009 il rilascio di un permesso di soggiorno per minore eta', valido sino al compimento del 18° anno (26 agosto 2009). Dalla documentazione versata in atti si evince, inoltre, che il signor Nuhillari Berlin e' stato seguito sin dal 12 gennaio 2009 dal Settore Servizi Sociali. della Circoscrizione V del Comune di Torino e che il Giudice Tutelare del Tribunale di Torino, con provvedimento in data 2 febbraio 2009, lo ha affidato al cugino N. F., che da subito si era reso disponibile in tal senso e al quale, ancor prima della decisione giudiziale, gli stessi genitori, con dichiarazione notarile (di custodia) resa in data 12 gennaio 2009 innanzi al notaio pubblico dell'Ufficio Notarile di Tirana (N. 26 Repertorio - N. 23 Collezione), avevano formalmente affidato il loro figliuolo. Risulta, altresi', che dopo il compimento della maggiore eta' il ricorrente abbia trovato una stabile occupazione lavorativa. Si e' costituito in giudizio il Ministero dell'Interno con il patrocinio dell'Avvocatura distrettuale dello Stato di Torino che ha chiesto il rigetto del ricorso. All'esito dell'udienza camerale del giorno 10 novembre 2010 il Collegio ha ritenuto di sollevare d'ufficio questione di legittimita' costituzionale in relazione alla, norma oggetto d'applicazione con l'atto impugnato e, con separata ordinanza n. 824/2010, ha disposto la sospensione cautelare dell'atto medesimo sino alla prima camera di consiglio successiva alla restituzione degli atti relativi al giudizio da parte della Corte Costituzionale. Diritto Il Collegio ritiene sussistenti i presupposti per sollevare d'ufficio questione di legittimita' costituzionale dell'art. 32, commi 1 e 1-bis, del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, cosi' come modificati dalla lettera v) del comma 22 dell'art. 1, L. 15 luglio 2009, n. 94, limitatamente alla parte in cui annoverano tra i minori (stranieri) "non accompagnati" coloro che sono stati affidati ai sensi dell'articolo 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184, ovvero che sono stati sottoposti a tutela e, conseguentemente, subordinano la possibilita' per i medesimi di ottenere, al raggiungimento della maggiore eta', la conversione del titolo di soggiorno da "minore eta'" a "lavoro" al possesso dei requisiti che la previgente disciplina richiedeva unicamente per i minori non accompagnati. Dispone, infatti, il primo comma della norma citata che "Al compimento della maggiore eta', allo straniero nei cui confronti sono state applicate le disposizioni di cui all'articolo 31, commi 1 e 2, e, fermo restando quanto previsto dal comma 1-bis, ai minori che sono stati affidati ai sensi dell'articolo 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184, puo' essere rilasciato un permesso di soggiorno per motivi di studio di accesso al lavoro, di lavoro subordinato o autonomo, per esigenze sanitarie o di cura. Il permesso di soggiorno per accesso al lavoro prescinde dal possesso dei requisiti di cui all'articolo 23". Precisa, quindi, il comma 1-bis che "Il permesso di soggiorno di cui al comma 1 puo' essere rilasciato per motivi di studio, di accesso al lavoro ovvero di lavoro subordinato o autonomo, al compimento della maggiore eta', sempreche' non sia intervenuta una decisione del Comitato per i minori stranieri di cui all'articolo 33, ai minori stranieri non accompagnati, affidati ai sensi dell'articolo 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184, ovvero sottoposti a tutela, che siano stati ammessi per un periodo non inferiore a due anni in un progetto di integrazione sociale e civile gestito da un ente pubblico o privato che abbia rappresentanza nazionale e che comunque sia iscritto nel registro istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri ai sensi dell'articolo 52 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394". Contrariamente a quanto ritenuto da parte ricorrente, la richiamata normativa non puo' ritenersi applicabile solo per il futuro ovvero solo nei confronti degli stranieri minorenni entrati in Italia, dotati di un permesso di soggiorno per minore eta' ed affidati ai sensi dell'art. 2 della L. n. 184/1983 dopo la sua entrata, in vigore. In base al principio tempus regit actum devesi, invero, fare riferimento alla normativa vigente al momento in cui l'Amministrazione formalizza la propria decisione. Sicche', il ricorrente non puo' beneficiare della previgente (piu' favorevole) disciplina, in base alla quale era pacificamente riconosciuta la possibilita' ai minori "comunque" affidati di ottenere, al raggiungimento della maggiore eta', la conversione del titolo di soggiorno posseduto. E'evidente, quindi, l'inconsistenza della prima censura di gravame ela rilevanza ai fini della decisione della domanda cautelare e del merito della questione di costituzionalita' dei commi 1 e 1-bis dell'art. 32 del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, cosi' come modificati dalla lettera v) del comma 22 dell'art. I, L. 15 luglio 2009, n. 94, per contrasto con gli arti. 3, 10, comma 1, e 117, comma 1, della Costituzione. Non potendosi condividere l'assunto del ricorrente, per cui devonoritenersi i commi i e 2 dell'art. 32 del D.Lgs. n. 286/1998, per comemodificati dalla L. n. 94/1999, applicabili (come ha ritenuto il Ministero resistente) anche nei confronti di coloro che sono entrati in Italia nel vigore della precedente disciplina, che li assoggettava, secondo la giurisprudenza, ad un trattamento piu' favorevole della nuova, le disposizioni potrebbero essere in contrasto con i principi di ragionevolezza, imparzialita' ed uguaglianza riferibili all'art. 3 della Costituzione e, al contempo, con le disposizioni di cui all'art. 10, comma l, e all'art. 117, comma 1, della Costituzione. Il precetto legislativo, oltre ad introdurre, immotivatamente, una nuova definizione di "minore non accompagnato", difforme da quella sino ad allora conosciuta dal diritto comunitario e dal diritto nazionale, appare irrazionale ed arbitraria e tale da frustrare l'affidamento dell'interessato nella sicurezza giuridica, elemento fondamentale dello stato di diritto (Corte cost. n. 349 del 1985, n. 36 del 1985, n. 210 del 1971, n. 822 del 1988, n. 311 del 1995, n. 390 del 1995, n. 179 del 1996, n. 416 del 1999, n. 446 del 2002). Non va dimenticato, infatti, che sino all'entrata in vigore della novella legislativa lo status di "minore non accompagnato" veniva, in realta', riservato unicamente ai minori (presenti) non aventi cittadinanza italiana o di altri Stati dell'Unione europea che, non avendo presentato domanda di asilo, si trovavano per qualsiasi causa nel territorio dello Stato privi di assistenza e rappresentanza da parte dei genitori o di altri adulti per loro legalmente responsabili (e fino a quando non avesse assunto effettivamente il loro affidamento un adulto per essi responsabile) in base alle leggi vigenti (nell'ordinamento italiano). Chiarissime e pressoche' coincidenti appaiono, invero, le definizioni di "minore non accompagnato" ritraibili dalla lettura dell'art. 2, lett. h), della Direttiva del Consiglio dell'Unione Europea del 27 gennaio 2003, n. 2003 settembre CE (recepita in Italia con D.Lgs. 30 maggio 2005, n. 140) recante norme minime relative all'accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri, dell'art. 1, comma 1, della Risoluzione del Consiglio dell'Unione Europea del 26 giugno 1997 sui minori non accompagnati, cittadini di paesi terzi, e dell'art. 1, comma 2, del D.P.C.M. 9 dicembre 1999, n. 535 recante il "Regolamento concernente i compiti del Comitato per i minori stranieri, a norma dell'articolo 33, commi 2 e 2-bis, del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286. Inoltre, in relazione all'ambito applicativo dell'art. 32 del D.Lgs. n. 286/1998, nella previgente formulazione, la giurisprudenza aveva chiarito che le fattispecie disciplinate dalla norma riguardavano situazioni diverse: da un lato, i minori comunque affidati, che rientravano nel comma 1 della norma, dall'altro, i minori stranieri non accompagnati, per i quali erano dettate le disposizioni di cui ai commi 1-bis e 1-ter della medesima disposizione, con la conseguenza che i presupposti per il rilascio del permesso di soggiorno nei confronti dei minori non accompagnatti erano diversi da quelli richiesti per attribuire il titolo di soggiorno ai "minori comunque affidati" (cfr. C.d.S., sez. VI, 12 aprile 2005 n. 1681; Tar Emilia Romagna - Bologna, sez I, 23.10.2003 n. 2334; Tar Piemonte, sez. IL, 12.07.2006 n. 3814). E tale interpretazione era stata avvalorata dalla Corte Costituzionale, la quale nella sentenza 5 giugno 2003, n. 198, aveva confermato, per quanto di interesse, che la disposizione di cui al citato art. 32, comma i, del D. Lgs. n. 286 del 1998, laddove prevede la posailita' di rilasciare il permesso di soggiorno agli stranieri che compiano la maggiore eta' e che siano in condizione di affidamento ai sensi dell'art. 31, commi l e 2, e ai minori comunque affidati ai sensi dell'articolo 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184, "viene pacificamente interpretata, secondo quanto riconosce anche l'organo remittente, come relativa ad ogni tipo di affidamento previsto dalla legge 4 maggio 1983, n. 184 e cioe' sia all'affidamento < amministrativo > di cui al primo comma dell'ars 4, che all'affidamento < giudiziario > di cui al secondo comma dello stesso articolo 4, sia anche all'affidamento di fatto di cui all'art. 9 della medesima legge". La Corte aveva poi affermato che "la disposizione del comma l dell'art. 32 del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, va riferita anche ai minori stranieri sottoposti a tutela, ai sensi del Titolo X del Libro primo del Codice civile, e che pertanto non si pone un problema di costituzionalita' di questa disposizione". Il diniego della conversione del titolo di soggiorno all'interessato e a coloro che si trovano nella sua stessa situazione ovvero agli stranieri - gia' entrati in Italia - che abbiano ottenuto il permesso di soggiorno per minore eta' e siano in grado di documentare la sussistenza di una condizione di affidamento in epoca antecedente alla data di entrata in vigore della citata legge n. 94, contrasta, in primo luogo, per le ragioni sopra esplicitate, con il principio di ragionevolezza di cui d'art. 3 Cost. Questo giudice non ignora che il divieto di irretroattivita' della legge non e' stato elevato a precetto costituzionale, salva, per la materia penale, la previsione di cui all'art. 25 della Costituzione, cosi' come non ignora la ratio della modifica apportata alle disposizioni in questione dal cd. "pacchetto sicurezza". Pur tuttavia, ritiene che, nel caso di specie, l'irragionevolezza della disposizione sia da rinvenirsi - tra l'altro - nella circostanza che i su indicati soggetti, avendo legittimamente confidato nella possibilita' di ottenere la conversione del titolo in base alle disposizioni all'epoca vigenti, si sono trovati, senza colpa, nell'impossibilita' materiale e giuridica di partecipare e/o concludere prima della sua entrata in vigore (e del raggiungimento della maggiore eta') il progetto di integrazione previsto dalla nuova formulazione del citato art. 32: l'applicazione della nuova disciplina a questi soggetti, che non potevano avere il tempo minimo necessario per maturare i requisiti da essa stabiliti, implicherebbe, pertanto, un'efficacia retroattiva della disciplina stessa, la quale andrebbe ad incidere su posizioni preesistenti consolidate. Contrasta, inoltre, con il principio di eguaglianza riferibile sempre all'art. 3 Cost., in quanto verrebbe a comportare un uguale trattamento di situazioni non uguali - non potendosi, a rigore, annoverare tra i minori "non accompagnati" coloro che possono, invece, documentare l'esistenza di una situazione di affidamento e, quindi, non potendosi, di conseguenza, applicare la medesima disciplina a soggetti che si trovano in condizioni sostanzialmente difformi. Contrasta, infine, con gli artt. 10, comma 1, e 117, comma 1, della Cost., in quanto la (nuova) definizione di "minore non accompagnato", di fatto introdotta dalle disposizioni di cui si assume l'illegittimita', si pone in contrasto con quella chiaramente enunciata dall'art. 2, lett. h), della Direttiva del Consiglio dell'Unione Europea del 27 gennaio 2003, n. 2003 settembre CE (e non puntualmente recepita dal legislatore nazionale) e dall'art. 1, comma 1, della Risoluzione del Consiglio dell'Unione Europea del 26 giugno 1997, di cui innanzi s'e' detto, nonche' con il principio di "sviluppo e consolidamento dello stato di diritto", ritraibile da numerose norme internazionali e comunitarie.