Sentenza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 180 del decreto
del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo  unico
delle  disposizioni  per  l'assicurazione  obbligatoria  contro   gli
infortuni sul lavoro e le malattie professionali), e del decreto  del
Ministro del lavoro e della previdenza sociale 27  gennaio  1987,  n.
137 (Regolamento per l'erogazione dell'assegno di  incollocabilita'),
promosso dal Tribunale di Ascoli Piceno con ordinanza del 29  gennaio
2010, iscritta al n. 181 del registro  ordinanze  2010  e  pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 25, 1ª  serie  speciale,
dell'anno 2010. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    Udito nella camera di consiglio del 15 dicembre 2010  il  giudice
relatore Luigi Mazzella. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Il Tribunale di Ascoli Piceno, con ordinanza del 29  gennaio
2010, ha sollevato  questione  di  legittimita'  costituzionale,  con
riferimento agli artt. 3 e 38 della Costituzione, dell'art.  180  del
decreto del Presidente della  Repubblica  30  giugno  1965,  n.  1124
(Testo unico  delle  disposizioni  per  l'assicurazione  obbligatoria
contro gli infortuni sul lavoro  e  le  malattie  professionali),  in
combinato disposto con il decreto del Ministro  del  lavoro  e  della
previdenza  sociale  27  gennaio  1987,  n.  137   (Regolamento   per
l'erogazione dell'assegno di incollocabilita'), nella  parte  in  cui
non prevede che agli  invalidi  sul  lavoro,  che  abbiano  usufruito
dell'assegno    d'incollocabilita'    fino    al    compimento    del
sessantacinquesimo anno  di  eta',  venga  corrisposto  d'ufficio  un
assegno di importo pari a quello previsto dall'art. 20, primo  comma,
del decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978, n.  915
(Testo unico delle norme in materia di pensioni di  guerra)  per  gli
invalidi di guerra e per gli invalidi per servizio. 
    1.1. - Riferisce il giudice  rimettente  che  il  ricorrente  nel
giudizio principale era titolare di pensione a  carico  dell'Istituto
nazionale  di  previdenza  sociale  (INPS)  e  di   rendita   erogata
dall'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni  sul
lavoro e le malattie professionali (INAIL) per infortunio  occorsogli
durante il servizio prestato quale marinaio per una ditta privata nel
settore marittimo; che in ragione del suddetto infortunio sul  lavoro
era stato riconosciuto inabile permanentemente alla  navigazione  per
infermita' ascrivibile alla II Tabella A di cui alla legge  18  marzo
1968, n.  313  (Riordinamento  della  legislazione  pensionistica  di
guerra) con  invalidita'  superiore  al  30%  del  normale  ed  aveva
ottenuto la rendita Inail a decorrere dal 1° giugno 1992; che gli era
stato altresi' concesso l'assegno  di  incollocabilita'  fino  al  30
giugno 2005, ossia fino al compimento del sessantacinquesimo anno  di
eta'; che aveva invano presentato ricorso amministrativo  avverso  il
provvedimento del  12  aprile  2005  con  cui  l'Inail  glielo  aveva
revocato, sostenendo di avere diritto alla  sostituzione  del  citato
assegno con altro di importo pari alla pensione minima Inps  in  base
alla normativa prevista per gli invalidi per servizio. 
    1.2. - Secondo il Tribunale di Ascoli  Piceno,  la  questione  di
legittimita' costituzionale - datane per scontata  la  rilevanza  nel
giudizio promosso dall'assicurato per il  conseguimento  dell'assegno
sostitutivo dalla data di compimento del sessantacinquesimo  anno  di
eta'  -  non  e'  manifestamente  infondata.  Osserva,  infatti,   il
rimettente che, mentre in forza del decreto ministeriale n.  137  del
1987 l'assegno d'incollocabilita' erogato  dall'INAIL  agli  invalidi
sul lavoro viene meno al compimento del  sessantacinquesimo  anno  di
eta', sia gli invalidi per servizio, sia gli invalidi di guerra - dal
giorno successivo alla data predetta - acquistano il  diritto  ad  un
assegno sostitutivo. In particolare: 1)  gli  invalidi  per  servizio
gia' beneficiari dell'assegno  d'incollocabilita'  previsto  in  loro
favore fino  al  sessantacinquesimo  anno  di  eta'  acquisiscono  un
assegno  pari  alla  pensione  minima  prevista  per  gli  assicurati
dell'INPS, secondo quanto disposto  dall'art.  104,  terzo  e  quarto
comma, d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 (Approvazione del testo unico
delle norme sul trattamento di quiescenza  dei  dipendenti  civili  e
militari dello Stato); 2) gli invalidi di guerra  (alla  legislazione
concernente i quali rinvia per le  modalita'  di  attribuzione  e  di
revoca la normativa che regola il  trattamento  analogo  dovuto  agli
invalidi  per  servizio),  i  quali   abbiano   fruito   di   assegno
d'incollocabilita' fino a sessantacinque anni, ottengono d'ufficio un
assegno di pari importo (art. 20, ultimo comma,  d.P.R.  n.  915  del
1978). 
    Ad avviso del giudice a quo, la mancata previsione di  un'analoga
provvidenza in favore degli invalidi sul lavoro - e segnatamente  «di
un assegno di importo pari a quello previsto dal comma 1 dell'art. 20
del testo unico n. 915/78 per  gli  invalidi  di  guerra  e  per  gli
invalidi per servizio» - pone le norme denunciate  in  contrasto  con
gli artt. 3 e 38 della Costituzione, essendo comuni sia i presupposti
per il riconoscimento di detto assegno, sia la ratio legis, collegata
alla sua  funzione  compensativa  e  non  propriamente  assistenziale
(esulando lo stato di bisogno), ne' previdenziale  (prescindendo  dal
versamento di contributi). 
    2. - Con atto depositato il 13 luglio  2010  e'  intervenuto  nel
giudizio il Presidente del Consiglio dei  ministri,  rappresentato  e
difeso  dall'Avvocatura  Generale  dello  Stato,  instando   per   la
dichiarazione  di   manifesta   inammissibilita'   -   o,   comunque,
d'infondatezza - della questione sollevata dal  Tribunale  di  Ascoli
Piceno con l'ordinanza succitata. 
    La   difesa   dello   Stato   rimarca    in    via    preliminare
l'inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale del
decreto ministeriale n. 137 del 1987, trattandosi di atto non  avente
forza  di  legge  e  dunque  sottratto  al  sindacato   della   Corte
costituzionale ai sensi dell'art. 134 Cost. 
    Stigmatizza, inoltre, il difetto di motivazione dell'ordinanza di
rimessione in ordine alla non manifesta infondatezza della  questione
sollevata, come pure l'omessa sperimentazione di una lettura conforme
alla Costituzione delle norme censurate. 
    Con specifico riferimento alla mancata  conversione  dell'assegno
d'incollocabilita' in altra provvidenza  ragguagliata  alla  pensione
minima prevista in favore degli  assicurati  INPS,  opina  la  difesa
dello Stato che non  vi  sarebbe  alcuna  disparita'  di  trattamento
irragionevole rispetto alla  disciplina  degli  assegni  riconosciuti
agli  invalidi  per  servizio  e  di  guerra  secondo  le  specifiche
normative   di   settore.   A   suo   avviso,   infatti,    l'assegno
d'incollocabilita'  erogato  dall'Inail   alternativamente   rispetto
all'assunzione obbligatoria ha la funzione, tipicamente previdenziale
contro il rischio  della  disoccupazione  involontaria,  di  tutelare
l'invalido che non possa essere ricollocato a causa delle  infermita'
contratte. Sicche', coerentemente, esso non  ha  piu'  alcuna  ragion
d'essere, una volta venuta meno in assoluto,  con  il  raggiungimento
dell'eta'    pensionabile,    la     realizzabilita'     dell'ipotesi
dell'assunzione obbligatoria dello stesso invalido. 
    Conclusivamente, secondo la difesa dello Stato  l'art.  38  Cost.
sarebbe stato invocato a sproposito, essendo documentata la fruizione
da parte del ricorrente nel giudizio principale sia di pensione INPS,
che di rendita Inail. Quanto, poi,  all'art.  3  Cost.,  a  parte  il
rilievo della palese diversita' tra l'assegno di incollocabilita'  di
cui all'art. 180 del d.P.R.  n.  1124  del  1965  e  gli  assegni  di
incollocabilita' destinati agli invalidi per servizio  e  di  guerra,
esso non condurrebbe necessariamente ad estendere  la  portata  della
disciplina piu' favorevole, potendo al limite dispiegarsi  anche  nel
senso della rimozione della norma di privilegio. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - Viene all'esame di questa Corte la questione di legittimita'
costituzionale sollevata, con l'ordinanza indicata in  epigrafe,  dal
Tribunale di Ascoli Piceno, relativamente all'art.  180  del  decreto
del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo  unico
delle  disposizioni  per  l'assicurazione  obbligatoria  contro   gli
infortuni sul lavoro  e  le  malattie  professionali),  in  combinato
disposto con il decreto del Ministro del lavoro  e  della  previdenza
sociale  27  gennaio  1987,  n.  137  (Regolamento  per  l'erogazione
dell'assegno di incollocabilita'). 
    2. - Il Tribunale  di  Ascoli  Piceno  sospetta  d'illegittimita'
costituzionale le norme succitate per non avere  previsto  in  favore
degli invalidi sul lavoro, i quali abbiano usufruito dell'assegno  di
incollocabilita' fino al compimento del  sessantacinquesimo  anno  di
eta', una provvidenza analoga a quelle riconosciute dalla legge  agli
invalidi di guerra e per servizio e,  segnatamente,  «un  assegno  di
importo pari a quello previsto dal comma 1  dell'art.  20  del  testo
unico n. 915/78 per gli invalidi di guerra e  per  gli  invalidi  per
servizio». 
    Tale lacuna porrebbe le norme  censurate  in  contrasto  con  gli
artt. 3 e 38 della Costituzione, essendo comuni a tutte  le  predette
situazioni invalidanti,  sia  i  presupposti  per  il  riconoscimento
dell'assegno d'incollocabilita', sia la ratio legis,  collegata  alla
sua funzione compensativa e non propriamente assistenziale  (esulando
lo stato di bisogno), ne' previdenziale (astraendo dal versamento  di
contributi). 
    Il  giudice  rimettente  auspica,  dunque,   che   questa   Corte
ripristini la compatibilita' delle  disposizioni  censurate  con  gli
invocati  parametri  costituzionali,   mediante   l'estensione   agli
invalidi   sul   lavoro   che   abbiano   fruito   dell'assegno    di
incollocabilita' fino a sessantacinque anni di un assegno di  importo
pari a quello gia' previsto per gli invalidi  di  guerra  e  per  gli
invalidi per servizio. 
    3.   -   Preliminarmente,    va    esaminata    l'eccezione    di
inammissibilita' proposta dall'intervenuto Presidente  del  Consiglio
dei ministri, per avere il giudice rimettente sollevato la  questione
di legittimita' costituzionale di un atto non avente forza di  legge,
come il decreto ministeriale n. 137 del 1987. 
    L'eccezione, cosi' formulata, dev'essere disattesa. 
    La censura investe in via principale l'art.  180  del  d.P.R.  n.
1124 del 1965, fonte normativa  -  di  rango  primario  -  istitutiva
dell'assegno  d'incollocabilita',  che,  letto  congiuntamente   alle
disposizioni  regolamentari  contestualmente  impugnate,  fa   chiaro
riferimento alla ulteriore  norma  primaria,  pur  non  espressamente
indicata, che detta i requisiti  di  titolarita'  della  prestazione,
ossia all'art. 10 della legge 5 maggio 1976, n. 248  (Provvidenze  in
favore delle vedove e degli orfani dei  grandi  invalidi  sul  lavoro
deceduti per cause estranee all'infortunio sul lavoro o alla malattia
professionale ed adeguamento dell'assegno di incollocabilita' di  cui
all'articolo 180 del testo unico approvato con d.P.R. 30 giugno 1965,
n. 1124). Il testo del richiamato decreto  ministeriale  n.  137  del
1987 costituisce quindi specificazione  di  una  normativa  di  rango
primario ed in  particolare  della  disposizione  censurata  sicche',
unitamente a  quest'ultima,  puo'  costituire  oggetto  del  giudizio
incidentale di costituzionalita' (v. sentenze n. 354 del 2008, n. 546
del 1994 e n. 1104 del 1988). 
    3.1. - Neppure sussiste  l'eccepito  difetto  di  motivazione  in
ordine all'affermato contrasto della norma censurata con gli artt.  3
e 38 Cost. 
    Contrariamente  all'assunto  della   difesa   dello   Stato,   le
denunciate carenze di motivazione dell'ordinanza  di  rimessione  non
impediscono di cogliere il nodo della questione  proposta,  ossia  la
mancanza - nel sistema  dell'assicurazione  obbligatoria  contro  gli
infortuni sul lavoro,  a  differenza  di  altri  contesti  -  di  una
prestazione integrativa  a  beneficio  degli  invalidi  incollocabili
anche dopo il superamento del sessantacinquesimo anno di eta'. 
    4. - Nel merito, la questione non e' fondata. 
    4.1.  -  L'assegno   mensile   di   incollocabilita'   a   carico
dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni  sul
lavoro  e  le  malattie  professionali  (INAIL)  e'  previsto   dalla
normativa  su  richiamata  in  favore  degli  invalidi  sul   lavoro,
impossibilitati a fruire del beneficio dell'assunzione  obbligatoria,
per avere perduto ogni capacita' lavorativa, ovvero per avere  subito
menomazioni tali da mettere a repentaglio la salute  e  l'incolumita'
dei compagni di lavoro e la sicurezza degli impianti. 
    Tale assegno, dunque, assume una funzione sostitutiva rispetto al
beneficio principale, che e' quello del "collocamento  privilegiato",
e «si  inserisce,  come  elemento  accessorio  ed  eventuale,  in  un
rapporto di previdenza» (sentenza n. 532 del 1988). 
    Coerentemente con tale funzione, il diritto  all'assegno  non  si
conserva dopo il sessantacinquesimo anno di  eta',  perche'  da  quel
momento nessun soggetto disabile puo' piu'  accedere,  per  raggiunti
limiti   di   eta'   pensionabile,   al   beneficio   dell'assunzione
obbligatoria. Cosicche' viene meno la stessa  ragione  giustificativa
del trattamento succedaneo. 
    Nell'ordinamento delle provvidenze  riservate  agli  invalidi  di
guerra e per causa di servizio, invece, il legislatore dispone che al
raggiungimento del sessantacinquesimo anno di eta' gli  invalidi  che
abbiano goduto dell'assegno di incollocabilita' nella misura prevista
dai rispettivi ordinamenti acquistino il diritto ad  una  provvidenza
sostitutiva di pari importo, ai sensi  dell'art.  20,  comma  1,  del
decreto del Presidente della Repubblica  23  dicembre  1978,  n.  915
(Testo unico delle norme in materia di pensioni  di  guerra),  ovvero
ragguagliato al trattamento minimo erogato dall'Istituto nazionale di
previdenza sociale (INPS), in forza dell'art.  104  del  decreto  del
Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n.  1092  (Approvazione
del testo  unico  delle  norme  sul  trattamento  di  quiescenza  dei
dipendenti civili e militari dello  Stato).  In  seguito,  l'art.  12
della legge 26 gennaio 1980, n. 9  (Adeguamento  delle  pensioni  dei
mutilati ed invalidi per servizio alla nuova normativa  prevista  per
le pensioni di guerra dalla Legge 29 novembre 1977,  n.  875,  e  dal
Decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978, n. 915)  ha
parificato il trattamento  di  incollocabilita'  degli  invalidi  per
servizio, anche  ultrasessantacinquenni,  a  quello  concernente  gli
invalidi di guerra (ma v. anche l'art. 1 della legge citata n. 9  del
1980, che ha omogeneizzato la classificazione delle infermita'). 
    4.2. - Cosi' ricostruito il quadro normativo di  riferimento,  la
disposizione impugnata e' immune dai vizi denunciati. 
    In primo luogo, non sussiste  alcun  vulnus  all'art.  38  Cost.,
atteso che la titolarita', di altre prestazioni  previdenziali,  come
nel caso del  ricorrente  nel  giudizio  principale,  assicura  mezzi
adeguati alle esigenze di vita. 
    4.3. - Quanto, poi, alla prospettata lesione dell'art.  3  Cost.,
questa Corte ha piu' volte affermato la sostanziale  incomparabilita'
dei  sistemi  previdenziali,  nettamente  eterogenei,   in   cui   si
inseriscono le prestazioni in favore dei soggetti incollocabili messe
a confronto, in quanto pertinenti, rispettivamente, al regime Inail e
a quello delle  prestazioni  di  guerra  e  c.d.  "privilegiate"  (ex
multis, sentenze n. 202 del 2008 e n. 83 del 2006; ordinanze n. 178 e
n. 83 del 2006). In  tale  prospettiva,  hanno  trovato  riscontro  i
limiti intrinseci del sistema di  assicurazione  obbligatoria  contro
gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali,  cui  afferisce
l'assegno d'incollocabilita' erogato dall'Inail (sentenze n.  17  del
1995 e n. 310 del 1994), nonche' la diversita'  del  complesso  delle
garanzie ad esso sottese rispetto a quelle previste per i  dipendenti
pubblici,  che  impediscono  una   comparazione   parcellizzata   dei
rispettivi elementi (sentenza n. 321 del 1997). 
    Di conseguenza, la richiesta estensione agli invalidi per  lavoro
dello speciale assegno  sostitutivo  previsto  per  gli  invalidi  di
guerra  (e  per  causa  di  servizio)  in  una  fase  successiva   al
raggiungimento dell'eta' pensionabile e'  preclusa  in  radice  dalle
difformita'   dei   rispettivi   ordinamenti   previdenziali.    Tali
difformita' risultano accentuate dalla peculiarita' delle prestazioni
erogate  agli  invalidi  di  guerra,  al  cui   regime   sono   state
progressivamente  assimilate  quelle  spettanti  agli  invalidi   per
ragioni di servizio. Questa Corte, infatti, ha ripetutamente posto in
risalto che le  indennita'  dovute  per  eventi  bellici  sono  tutte
contrassegnate da un elemento di natura risarcitoria,  che  ne  rende
impossibile un raffronto omogeneo  con  altre  provvidenze  sia  pure
ricollegabili  a   differenti   situazioni   d'invalidita',   essendo
ineliminabile la diversita' dei presupposti esistenti alla  base  del
correlativo fatto invalidante (sentenze n. 193 del 1994, n.  405  del
1993 e n. 113 del 1968; ordinanze n. 895 e n. 487 del 1988). 
    L'attribuzione, quindi, di un beneficio assolutamente  eccentrico
rispetto  alla  funzione  dell'assegno  "sostituito"   puo'   trovare
giustificazione nella segnalata specificita' della  condizione  degli
invalidi di guerra (e, di riflesso, degli invalidi per servizio). Non
se ne spiegherebbe altrimenti il riconoscimento in  epoca  successiva
alla data di  compimento  dell'eta'  pensionabile.  Non  vi  sarebbe,
infatti, alcuna ragione per perpetuare una  misura  compensativa  del
mancato  ingresso   nel   sistema   del   lavoro   con   collocamento
obbligatorio, essendo ormai quest'ultimo interdetto per  i  raggiunti
limiti di eta'. 
    Ma la stessa singolarita'  della  destinazione  di  uno  speciale
assegno  sostitutivo   a   vantaggio   degli   invalidi   di   guerra
ultrasessantacinquenni e' ostativa della sua applicazione nel sistema
delle provvidenze  degli  invalidi  sul  lavoro,  perche'  il  canone
dell'eguaglianza  non   e'   invocabile   a   causa   del   principio
dell'inestensibilita' di norme derogatorie o eccezionali (sentenze n.
421 del 1995, n. 272 del 1994 e n. 427 del 1990; ordinanza n. 194 del
2000).