IL TRIBUNALE 
 
    Ha emesso  la  seguente  ordinanza  collegiale  nel  procedimento
iscritto al n. 2033/2009 R.G. V.G., avente  ad  oggetto  ricorso,  ai
sensi dell'art. 112 c.c., avverso rifiuto dell'Ufficiale dello  Stato
Civile di celebrazione del matrimonio,  promosso  da:  P.A.,  nata  a
Biancavilla il 7 luglio 1972, cittadina italiana, res.te in  A.,  Via
S. D'A., e M. A. nato a S. (M.), entrambi elett.te dom.ti in A.V. M.,
presso lo studio dell'Avv.to Luigi Vaccaro,  che  li'  rappresenta  e
difende per procura a margine del ricorso introduttivo; ricorrenti; 
    Contro  Ministero  dell'interno,  in  persona  del  Ministro  pro
tempore,   rappresentato   e   difeso   per   legge   dall'Avvocatura
distrettuale  dello  Stato  di  Catania,  presso  i  cui  uffici   e'
domiciliato ex lege; resistente contumace, 
    e con l'intervento del pm - Sede. 
    Il Tribunale di Catania, Prima Sezione Civile, riunito in  camera
di  consiglio,  esaminati  gli  atti   del   procedimento   suddetto,
instaurato ai sensi  degli  artt.  737  e  segg.  c.p.c.,  sentiti  i
ricorrenti e visti i documenti allegati; 
    Letto il parere espresso per iscritto dal pm Sede che ha concluso
per il rigetto del ricorso; 
    Udita la relazione del giudice relatore,  all'esito  dell'udienza
camerale del 10 novembre 2009, 
    Dispone la sospensione del procedimento e, ordina la trasmissione
degli atti alla Corte costituzionale per la decisione della questione
di legittimita' costituzionale dell'art. 116 primo comma  c.c.,  come
modificato dall'art. 1, comma 15 della legge n. 157/2009, n. 94,  che
ha aggiunto le parole «nonche' un documento attestante la regolarita'
del soggiorno nel territorio italiano». 
 
                      Svolgimento del processo 
 
    Con ricorso depositato in cancelleria in data 2  settembre  2009,
P.A., cittadina italiana, e M.A., cittadino  marocchino,  proponevano
innanzi a questo Tribunale, ai sensi  del  combinato  disposto  degli
artt. 112 c.c. e 737 e segg. c.p.c., tempestivo  ricorso  avverso  il
rifiuto alla celebrazione del matrimonio, loro opposto dall'Ufficiale
dello Stato civile del Comune di  A.  ed  attestato  nel  certificato
rilasciato in data 31 agosto 2009, a cagione della rilevata «mancanza
dei requisiti per cittadino  straniero  a  contrarre  matrimonio  con
cittadina italiana nella Repubblica in adempimento dell'art. 15 comma
1 della n.  94  del  15  luglio  2009,  Disposizioni  in  materia  di
sicurezza pubblica che integra l'art. 116 del codice civile». 
    Premettevano in fatto che, in data  27  luglio  2009,  intendendo
contrarre matrimonio, avevano  richiesto  all'Ufficiale  dello  Stato
Civile del Comune di A. di procedere alle  pubblicazioni,  producendo
tutti i documenti necessari a  norma  della  previgente  formulazione
dell'art. 116 c.c.,  ivi  compresa  la  dichiarazione  del  Consolato
Generale del Regno di Marocco attestante il nulla osta al  matrimonio
per il nubendo cittadino straniero. Deducevano che  le  pubblicazioni
erano state regolarmente effettuate e  che  l'ufficiale  dello  stato
civile  aveva  comunicato  al  locale  Commissariato  di  Polizia  la
richiesta di pubblicazione. Deducevano che, in data 21  agosto  2009,
il ricorrente, volontariamente presentatosi in Commissariato, ove era
stato convocato in esito alla segnalazione  dell'Ufficiale  di  Stato
civile, era stato tratto in arresto per non aver  ottemperato  ad  un
precedente ordine di espulsione emesso dal Questore  di  Sassari,  ai
sensi dell'art. 14 comma 5-ter del d.lgs. n. 286/98, e che,  svoltasi
in data 24 agosto 2009, l'udienza di convalida d'arresto  e  giudizio
direttissimo,  il  Tribunale  di  Catania  Sez.  Dist.  di  A.  aveva
convalidato l'arresto  e  rinviato  il  procedimento,  disponendo  la
rimessione in liberta' dell'imputato  e  sottoponendolo  alla  misura
cautelare dell'obbligo di dimora nel Comune di A. Deducevano di  aver
richiesto la celebrazione del matrimonio in data  28  agosto  2009  e
che, in data 31 agosto  2009,  l'Ufficiale  dello  Stato  civile  del
predetto Comune aveva rilasciato il certificato attestante  i  motivi
del rifiuto, costituiti dalla mancanza di un documento attestante  la
regolarita'  del  permesso  di  soggiorno  del  cittadino  marocchino
richiesto in seguito all' entrata in vigore della legge n. 94/2009  e
della conseguente modifica dell'art. 116 c.c.. 
    Deducevano  l'illegittimita'  del  rifiuto,  sostenendo  che   la
novella non richiedeva che il documento attestante la regolarita' del
permesso di  soggiorno  doveva  esser  presentato  al  momento  della
celebrazione del matrimonio, ma solo al momento della richiesta delle
pubblicazioni, sicche', una volta  effettuate  le  pubblicazioni,  il
matrimonio richiesto avrrebbe dovuto  esser  celebrato,  senza  tener
conto  della   norma   entrata   in   vigore   successivamente   alle
pubblicazioni, non trattandosi  di  un  requisito  di  validita'  del
matrimonio, ma  esclusivamente  una  previsione  volta  a  consentire
all'Autorita' nazionale un momento di controllo e di  verifica  della
presenza irregolare nel territorio dello straniero. 
    Deducevano, altresi', che allorquando lo straniero aveva  chiesto
la celebrazione del matrimonio, egli era stato sottoposto all'obbligo
di dimora nel  Comune  di  A.  in  virtu'  del  provvedimento  emesso
nell'ambito del procedimento penale,  ex  art.  283  C.P.P.,  sicche'
doveva ritenersi valida la sua presenza nel territorio italiano. 
    Chiedevano,   quindi,   al   Tribunale,    previo    accertamento
dell'illegittimita' del  rifiuto,  di  ordinare  all'Ufficiale  dello
Stato civile del Comune di A. di celebrare il matrimonio. 
    Il Presidente del  Tribunale  designava  il  giudice  relatore  e
veniva fissata l'udienza di comparizione delle parti. 
    Notificato ritualmente il ricorso al Ministero  dell'interno,  in
quanto competente  alla  tenuta  dei  registri  dello  Stato  Civile,
quest'ultimo non si costituiva  nel  procedimento.  il  PM  esprimeva
parere  per  iscritto  con  cui  chiedeva  il  rigetto  dei  ricorso,
rilevando, per un verso, che il momento da prendere in considerazione
non era quello della richiesta done pubblicazioni, avvenuta  in  data
27 luglio 2009, ma quello della celebrazione del matrimonio  che  era
successivo all'entrata in vigore della novella  dell'art.  116  c.c.,
con conseguente obbligo di verifica in tale momento  dei  presupposti
previsti dalla norma da ultimo  citata  da  parte  dell'Ufficiale  di
Stato civile; e,  per  altro  verso,  rilevando  l'irrilevanza  della
misura cautelare applicata dal Giudice penale cui andava riconosciuto
un ambito di operativita' e una funzione del tutto  diversa  rispetto
all'esistenza  del  provvedimento  amministrativo   richiesto   dalla
novella. 
    All'esito  dell'udienza  camerale  del  10   novembre   2009,   i
ricorrenti insistevano in ricorso ed il  giudice  delegato  rimetteva
gli atti in camera di consiglio. 
 
                       Motivi della decisione 
 
    La questione di costituzionalita' dell'art. 116, primo comma c.c.
limitatamente  alle  parole  «nonche'  un  documento  attestante   la
regolarita'  del  soggiorno  nel  territorio  italiano»,   introdotte
dall'art. 1,  comma  15  della  legge  n.  94  del  15  luglio  2009,
pubblicata in Gazzetta Ufficiale  del  24  luglio  2009,  entrata  in
vigore in data 8 agosto 2009, ad avviso del Collegio, e' rilevante ai
fini della decisione e non appare manifestamente infondata. 
A) Rilevanza. 
    Per quanto attiene alla rilevanza della  questione  nel  presente
procedimento camerate osserva il Tribunale che, nel  caso  in  esame,
come  correttamente  osservato  dal  PM  nel  suo  parere,   appaiono
sussistenti i presupposti di applicabilita' dell'art. 116 primo comma
c.c. come novellato dal legislatore del 2009, sia  sotto  il  profilo
temporale sia sotto il profilo sostanziale. 
    Invero,  sotto  il  profilo  del  diritto   applicabile   ratione
temporis,  va  osservato  che,  nel  caso  in  esame,  -  seppur   le
pubblicazioni erano state  richieste  dai  ricorrenti  ed  effettuate
prima  dell'entrata  in  vigore   della   novella,   in   conformita'
all'obbligo imposto allo straniero residente o domiciliato in  Italia
dal terzo comma dell'art. 116 c.c., - tuttavia, la  nuova  norma  era
gia' entrata in vigore nel momento  in  cui  i  ricorrenti  ebbero  a
richiedere  all'Ufficiale  di  Stato  civile  di  celebrare  il  loro
matrimonio. 
    Ne deriva  che  l'Ufficiale  dello  Stato  civile  era  tenuto  a
verificare la sussistenza del documento attestante la regolarita' del
permesso di soggiorno, previsto dalla legge come nuovo  ed  ulteriore
requisito per la celebrazione  del  matrimonio  dello  straniero,  in
applicazione  della  norma  sopravvenuta,  prima  di  procedere  alla
celebrazione delle nozze, senza poter effettuare  alcuna  valutazione
discrezionale. 
    La  nuova  disciplina  appare,  invero,  applicabile  a  tutti  i
matrimoni da celebrarsi dopo la sua entrata in vigore, anche  laddove
la pubblicazione sia stata  effettuata  precedentemente,  poiche'  il
primo comma dell'art. 116 c.c., - che come' noto  non  distingue  tra
matrimonio dello  straniero  con  altro  straniero  o  con  cittadino
italiano, - richiede la presentazione dei documenti ivi  previsti  al
momento della celebrazione del matrimonio dello straniero,  ancorando
la sussistenza delle condizioni a tale momento,  com'e'  reso  palese
dal fatto che, ai sensi dell'art. 116 terzo comma c.c., la  richiesta
di  pubblicazioni  da  parte  del  cittadino  straniero  puo'  essere
meramente eventuale ed e' richiesta  soltanto  laddove  lo  straniero
abbia domicilio o residenza in Italia. 
    Sotto il profilo sostanziale, osserva il Collegio  che  la  norma
richiede   espressamente   la   presentazione   di    un    documento
amministrativo  attestante  la  «regolarita'»  del  soggiorno.  dello
straniero  nel  territorio   italiano,   riferendosi,   all'evidenza,
all'esistenza di un titolo o di un provvedimento  amministrativo  che
autorizzi lo straniero a soggiornare  «regolarmente»  nel  territorio
italiano. 
    Si tratta, quindi, di documenti, - elencati e  specificati  nella
circolare ministeriale all'uopo emanata dal Ministero dell'interno, -
che hanno natura e funzione  del  tutto  diversa  rispetto  a  quella
sottesa ad un provvedimento cautelare emesso  da  parte  del  giudice
penale, sicche' non puo' condividersi la  suggestiva  tesi  sostenuta
dalla difesa dei ricorrenti volta alla  parificazione  del  documento
attestante la regolarita' del soggiorno con una misura cautelare. 
    Nel caso in  esame,  pertanto,  appaiono  sussistenti  tutti  gli
elementi  di  fattispecie  previsti   dall'art.   116   c.c.,   nella
formulazione attualmente vigente, invocato dall'Ufficiale delle Stato
civile a sostegno del suo rifiuto alla celebrazione delle nozze tra i
ricorrenti. Ne deriva che l'art. 116, primo comma c.c.  e'  la  norma
direttamente applicabile per la soluzione della controversia  insorta
inter partes ed e' quella  immediatamente  rilevante  ai  fini  della
decisione. 
    Con l'ulteriore conseguenza che la  verifica  relativa  alla  sua
conformita'  alla  Costituzione  Repubblicana,  e   segnatamente   ai
principi contenuti negli artt. 2, 3, 29, 31 e 117 Cost., e' rilevante
nel giudizio a quo. 
B ) Non manifesta infondatezza. 
    Cio' premesso in punto di rilevanza, va osservato che, per quanto
attiene alla non manifesta infondatezza della  questione,  ad  avviso
del Collegio, la norma in esame, nel richiedere  allo  straniero  che
voglia contrarre matrimonio nello Stato Italiano, oltre al nulla osta
previsto sulla  base  delle  rispettive  leggi  nazionali,  anche  un
documento attestante la  regolarita'  del  soggiorno  nel  territorio
italiano, appare suscettibile di contrasto sia  con  l'art.  2  della
Costituzione,  che  riconosce  e  garantisce  i  diritti  inviolabili
dell'uomo sia come singolo che nelle formazioni sociali ove si svolge
la  sua  persorialita',  sia  con  art.  3  della  Costituzione   per
violazione del principio di eguaglianza e di ragionevolezza, sia  con
l'art. 29 della Costituzione, per violazione del diritto fondamentale
a  contrarre  liberamente  matrimonio  e  di  eguaglianza  morale   e
giuridica dei coniugi sui quali e' ordinato l'istituto del matrimonio
nel vigente ordinamento giuridico, sia coni principi sottesi all'art.
31  della  Costituzione,  perche  frappone  un  serio  ostacolo  alla
realizzazione del diritto fondamentale a contrarre  matrimonio,  sia,
infine, con l'art. 117 primo comma della Costituzione.  in  relazione
all'art. 12 della Convenzione europea  sui  diritti  dell'uomo  e  le
liberta' fondamentali. 
    Com'e' noto, invero, il matrimonio costituisce espressione  della
liberta' e dell'autonomia della persona, ed il diritto  di  contrarre
liberamente matrimonio  eoggetto  della  tutela  primaria  assicurata
dagli artt. 2 , 3 e 29  Cost.,  in  quanto  rientra  nel  novero  dei
diritti inviolabili dell'uomo, caratterizzati dall'universalita',  e'
diretto a garantire la piena espressione della persona umana, e  deve
esser garantito a tutti in posizione  di  eguaglianza,  come  aspetto
essenziale della dignita' umana senza irragionevoli discriminazioni. 
    Inoltre, l'art. 31 Cost.,  nel  prescrivere  alla  Repubblica  di
agevolare la formazione della famiglia, esclude  la  legittimita'  di
limitazioni di qualsiasi tipo alla liberta' matrimoniale. 
    Alla  stregua   di   tali   fondamentali   principi,   la   Corte
costituzionale ha ripetutamente affermato che «nella sfera  personale
di  chi  si  sia   risolto   a   contrarre   matrimonio   non   possa
sfavorevolmente incidere alcunche' che vi sia assolutamente estraneo,
al di  fuori  cioe'  di  quelle  regole,  anche  limitative,  proprie
dell'istituto: infatti, il  relativo  vincolo,  cui  tra  l'altro  si
riconnettono valori costituzionalmente protetti, deve rimanere frutto
di ma libera scelta auto responsabile attenendo ai diritti intrinseci
ed essenziali della persona umana ed alle sue  fondamentali  istanze,
sottraendosi a ogni forma  di  condizionamento  indiretto,  ancorche'
eventualmente imposto dall'ordinamento  (cfr.  Corte  cost.  27/1969;
Corte cost. 179/1976; Corte  cost.  73/1987;  Corte  cost.  123/1990;
Corte cost. 1991/189; Corte cost. 2000/187; Corte cost. 445/2002 ). 
    Ne deriva, pertanto,  secondo  l'orientamento  consolidato  della
Corte  costituzionale,  la  necessita'  di  sottrarre   la   liberta'
matrimoniale a  inammissibili  condizioni  matrimoniali,  diverse  da
quelle  giustificate  dall'ordine   pubblico   matrimoniale,   ed   a
condizionamenti anche indiretti. 
    Inoltre, la  liberta'  di  contrarre  matrimonio  costituisce  un
diritto  fondamentale  della   persona   riconosciuto   anche   dalla
Convenzione ONU sui diritti umani (art. 16 dalla Convenzione  europea
sui diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (art. 12) e dalla
Carta di Nizza (art. 9). 
    In particolare, va osservato che la CEDU ricomprende la  liberta'
matrimoniale tra quei diritti e liberta' che devono esser  assicurati
senza distinzione di sorta, - come di sesso, di razza, di colore,  di
lingua, di religione, di opinione politica  o  di  altro  genere,  di
origine  nazionale  o  sociale,  di  appartenenza  ad  una  minoranza
nazionale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione, -  e,  pur
prevedendo che tale diritto debba esser esercitato nell'ambito  delle
leggi nazionali, (art. 12, secondo comma), tuttavia, non consente che
queste ultime possano porre condizioni o restrizioni irragionevoli. 
    Ed e' noto che,  secondo  quanto  autorevolmente  statuito  dalla
Corte  costituzionale,  laddove  una  norma  nazionale  si  ponga  in
contrasto, o quantomeno, nonostante ogni  sforzo  interpretativo,  si
dubiti della sua compatibilita' con  una  disposizione  convenzionale
interposta, il Giudice deve investire la Corte  costituzionale  della
relativa  questione  di  legittimita'  costituzionale   rispetto   al
parametro dell'art. 117, primo comma Cost. cfr.  Corte  cost.  348  e
349/2007). 
    Alla stregua  di  tali  principi,  osserva  il  Collegio  che  la
previsione per gli stranieri che intendono  contrarre  matrimonio  in
Italia, - sia con altro straniero sia con un  cittadino  italiano,  -
del nuovo requisito relativo alla regolarita'  del  soggiorno  appare
limitativa della liberta' matrimoniale, sia per lo straniero che  per
i  cittadini  italiani,  e  sembra  determinare  una  discriminazione
nell'esercizio di un diritto fondamentale  dell'uomo  legata  ad  una
mera condizione personale, che non appare ragionevole, in quanto  non
appare sussistente alcuna esigenza di salvaguardia  di  altri  valori
costituzionalmente rilevanti di pari grado, i quali soltanto  possono
giustificare  un  limite  al  diritto  fondamentale  in  esame  o  un
eventuale giudizio di bilanciamento ta contrapposti valori. 
    Va, invero, osservato che la ratio legis sottesa alla limitazione
introdotta dal c.d. pacchetto sicurezza  alla  liberta'  matrimoniale
appare duplice,  e  cioe'  per  un  verso,  sembra  esser  quella  di
consentire un controllo sulla presenza di  immigrati  irregolari  nei
territorio italiano e,  per  altro  verso,  sembra  esser  quella  di
evitare matrimoni di  convenienza,  contratti  cioe'  allo  scopo  di
eludere le norme sull'immigrazione. 
    Nessuna  delle  due  finalita'  sopraindicate  appare,  tuttavia,
frutto dell'esigenza di salvaguardare altri diritti  fondamentali  di
rango costituzionale pari a quello in  esame,  ne'  appare  idonea  a
giustificare la limitazione  al  diritto  inviolabile  alla  liberta'
matrimoniale. 
    Invero, la esigenza di controllo e verifica dei flussi migratori,
pienamente legittima da parte degli Stati nazionali, si  pone  su  un
piano  del  tutto  diverso   rispetto   all'esercizio   dei   diritti
fondamentali dell'uomo, e piu' specificamente del diritto a contrarre
liberamente matrimonio. 
    Piu' precisamente, gli strumenti giuridici ritenuti  necessari  a
contrastare il fenomeno  dell'immigrazione  clandestina  non  possono
ragionevolmente  incidere  sull'esercizio  di  una   liberta'   umana
fondamentale,  com'e'  reso   palese   dalla   fattispecie   concreta
sottoposta all'esame del Collegio, laddove, seppur  lo  straniero  e'
gia' stato individuato come irregolare, e' sottoposto a  procedimento
penale, ed e' verosimilmente destinato all'espulsione, - la  mancanza
del documento attestante la regolarita'  del  soggiorno  ha  impedito
all'Ufficiale dello Stato civile la celebrazione del matrimonio,  con
vulnus evidente non soltanto del diritto fondamentale  alla  liberta'
matrimoniale dello straniero e della nubenda cittadina -  atteso  che
anche a quest'ultima non si consente di contrarre matrimonio, secondo
la  sua  libera  e  consapevole  scelta,  -  ma  anche  al  principio
d'eguaglianza, atteso che, nell'ordinamento italiano, la  commissione
di reati anche  di  particolare  gravita'  non  osta  al  matrimonio,
neppure ove accertati in via definitiva. 
    In altri termini,  appare  evidente  un  grave  ed  irragionevole
squilibrio tra i valori di  rango  ordinario  che  la  norma  intende
proteggere ed i diritti di. rango costituzionale  che,  in  concreto,
vulnera. 
    Invero, i legittimi  scopi  di  controllo  dei  flussi  migratori
perseguiti  dalla  norma  qui  sospettata  d'incostituzionalita'  non
possono  e  non  debbono  travalicare  tali  intenti,   -   peraltro,
diversamente quanto facilmente  perseguibili,  -  sino  al  punto  di
incidere, addirittura negandoli, su diritti  fondamentali  dell'uomo,
sia straniero che italiano, costituzionalmente protetti  e  connotati
dall'universalita', quali sono, appunto, il diritto al matrimonio  ed
alla formazione di una famiglia. 
    Senza dire che tali diritti  non  sono,  a  ben  vedere,  neppure
configgenti con il  diritto  dello  Stato  di  controllare  i  flussi
migratori. 
    Invero, nelle ipotesi che entrambi o uno  dei  nubendi  stranieri
siano  sforniti  di  permesso  di  soggiorno,  nulla  impedisce  che,
celebrato il matrimonio, entrambi, - ovvero solamente colui  che  sia
privo di permesso di soggiorno, siano espulsi  dal  paese,  salvo  il
diritto all'eventuale ricongiungimento valevole anche per i cittadini
stranieri, di  cui  uno  regolarmente  soggiornante  in  Italia,  che
abbiano contratto nella loro patria il vincolo matrimoniale. 
    Per quanto attiene, poi, all'esigenza  di  scongiurare  eventuali
matrimoni di comodo,  nel  caso  invece,  che  uno  dei  nubendi  sia
straniero e l'altro italiano, va osservato che, per un verso, gia' su
un piano meramente logico-giuridico. la possibilita' di abuso  di  un
diritto non puo' consentirne alcuna aprioristica limitazione; e,  per
altro verso, che l'ordinamento vigente contempla altre misure volte a
contrastare ed a sanzionare piu' adeguatamente il predetto  fenomeno,
come avviene di nonna con la verifica  dei  requisito  dell'effettiva
convivenza  effettuata  dall'autorita'   amministrativa   prima   del
rilascio di permessi di soggiorno di tale natura. 
    La  limitazione  introdotta  dal  legislatore  del  2009  sembra,
pertanto, tradursi  in  una  limitazione  all'esercizio  del  diritto
fondamentale di contrarre matrimonio, sia dei cittadini stranieri che
di quelli italiani, in contrasto con il principio di eguaglianza, che
appare riva di ragionevole giustificazione, in quanto la richiesta di
un  elemtnto  attestante  una  circostanza  del  tutto  estranea   ai
tradizionali impedimenti  matrimoniali  qual'e'  la  regolarita'  del
soggiorno,  sembra  porsi  in  contrasto  con  il  favor   verso   il
matrimonio, con tutti i principi costituzionali soprarichiamati e con
l'art. 12 della CEDU. 
    Conclusivamente, la  questione  di  costituzionalita'  116  primo
comma  c.c.,  limitatamente  alle  parole   «nonche'   un   documento
attestante la regolarita' del soggiorno nel territorio italiano», per
contrasto con gli articoli 2, 3, 29,  31  e  117  primo  comma  della
Costituzione, quest'ultimo in rapporto all'art. 12 della CEDU,  sotto
tutti i profili prospettati, non appare manifestamente  infondata  ed
il procedimento a quo deve essere sospeso e gli  atti  vanno  rimessi
alla Corte costituzionale per la decisione.