IL TRIBUNALE Fatto I) Questo Ufficio, nella persona del magistrato Dott. Carla M. Giangamboni, in funzione di Giudice dell'Udienza Preliminare, e' stato investito, in forza di richiesta di rinvio a giudizio avanzata dal PM con atto del 29 dicembre 2009, della trattazione del procedimento n. 5/010 RG GUP (n. 5970/09 RGNR), pendente nei confronti di Pollari Nicolo', nato a Caltanisetta il 3 maggio 1943, e di Pompa Pio, nato a L'Aquila il 15 febbraio 1951, per i seguenti reati: Entrambi: A) delitto p. e p. dagli artt.314, 81 cpv, 61 n. 2, 110 c.p. perche', in concorso tra loro, il Pollari in qualita' di direttore del SISMI dal 15 ottobre 2001, il Pompa di consulente dal novembre 2001 e quindi di dipendente del SISMI dal 9 dicembre 2004 al dicembre 2006 quale direttore di sezione addetto all'ufficio del Direttore, il primo indirizzando l'attivita' consulenziale del secondo e quindi esercitando i poteri d'ordine e di direzione in qualita' di superiore gerarchico, e in tale posizione dirigendo, richiedendo, autorizzando e ratificando l'operato del Pompa, da cui riceveva continuativamente aggiornamenti verbali a mezzo telefono, appunti e informative, si appropriavano e facevano uso di somme, risorse umane e materiali appartenenti al Servizio - allo stato non quantificabili per la parte eccedente gli importi versati a Farina Renato - utilizzandoli per scopi palesemente diversi da quelli definiti dagli artt. 4 - il SISMI assolve a tutti i compiti informativi e di sicurezza per la difesa sul piano militare e dell'indipendenza e dell'integrita' dello Stato da ogni pericolo, minaccia o aggressione; il SISMI svolge inoltre ai suddetti fini compiti di controspionaggio - e 7 - nessuna attivita' comunque idonea per l'informazione e per la sicurezza puo' essere svolta al di fuori degli strumenti, delle modalita', delle competenze e dei fini previsti dalla presente legge - della legge n.801/77 - e in violazione delle disposizioni sul trattamento dei dati personali di cui all'art.58, in riferimento agli artt. 2 e 11 DPR 196/03 - le norme garantiscono che il trattamento dei dati personali deve svolgersi nel rispetto dei diritti e delle liberta' fondamentali; necessaria correttezza e liceita' di tutti i trattamenti; raccolta e registrazione per scopi determinati, espliciti e legittimi; non eccedenti rispetto alle finalita' per le quali sono raccolti o successivamente trattati - nonche' del divieto di cui all'art. 7 legge 801/77 - in nessun caso i servizi possono avere alle proprie dipendenze, in modo organico o saltuario,... magistrati... giornalisti; in particolare, su richiesta, o comunque con l'approvazione del Pollari, il Pompa svolgeva attivita' dirette ad acquisire ed elaborare informazioni da cd. fonti aperte e da non meglio precisate fonti personali, e a redigere analisi sulle presunte opinioni politiche, sui contatti e sulle iniziative di magistrati, funzionari dello Stato, associazioni di magistrati anche europei - di cui monitorava la corrispondenza informatica - giornalisti, parlamentari, movimenti sindacali; in tale contesto operativo il Pompa redigeva e trasmetteva al Pollari note e appunti concernenti tra l'altro: iniziative delle organizzazioni sindacali, particolarmente in vista della proclamazione e dell'attuazione di scioperi generali; le presunte attivita' antigovernative dell'OLAF; iniziative culturali e presunti orientamenti politici dell'associazione di giuristi europei del MEDEL e dei suoi partecipi, acquisendo elenchi e indirizzi degli associati, nonche' monitorandone la corrispondenza in rete; schede personali sui magistrati della Procura di Milano Spataro e D'Ambruoso, acquisendo altresi' informazioni sugli spostamenti e sugli incontri professionali del primo, con la finalita' di conoscerne gli orientamenti e le iniziative nell'ambito delle indagini per il sequestro Abu Omar, condotte dal predetto Spataro, anche nei confronti del Direttore del SISMI e comunque in ordine al possibile coinvolgimento del Servizio nel sequestro; l'associazione nazionale magistrati - ANM - concernenti le elezioni tenutesi nel maggio 2003 per il rinnovo degli organi statutari dell'Associazione Nazionale Magistrati, oltre che i programmi di magistratura Democratica, Magistratura Indipendente, MG Movimento per la Giustizia, Art.3 Ghibellini - Impegno per la legalita'; su richiesta e comunque con l'approvazione del Pollari, il Pompa procedeva all'attivazione e al reperimento, con compensi imprecisati, di fonti per l'acquisizione di notizie palesemente esorbitanti dalle attribuzioni del SISMI, quali: «fonte» definita di buona attendibilita' in ordine all'indicazione del magistrato romano Domenico gallo quale contiguo ad ambienti della sinistra eversiva sia a livello nazionale che internazionale; «ambienti qualificati» da cui avrebbe appreso che ben prima della commissione di inchiesta su Tangentopoli il movimento dei giuristi democratici avrebbe predisposto un'attivita' di contrasto...; «fonte vicina ad ambienti dell'opposizione» che avrebbero informato che ambienti di spicco dei DS avrebbero intenzione di non ostacolare l'accertamento della Commissione Mitrokhin per indebolire la parte piu' ortodossa del partito, la CGIL...; «fonti ben informate» che avrebbero riferito, in tema di rinnovo del Comitato direttivo centrale della ANM che lo scontro istituzionale tra governo e magistratura determinerebbe un processo di ricompattamento...; si sarebbe appreso dell'attuazione, da parte del'ong MEDEL, congiuntamente all'ANM, di un dispositivo teso a suscitare, presso i paesi e le Istituzioni europee, prese di posizione formali contro il Premier...; «ambienti qualificati di elevata affidabilita'» che avrebbero riferito della predisposizione di un'iniziativa mediatico-giudiziaria in pregiudizio del presidente del Consiglio e dell'On. Dell'Utri, orientando le dichiarazioni di Giuffre' sulla morte di Calvi; «persona di sicura affidabilita' avente medesima estrazione professionale dei soggetti prima indicati come potenzialmente pericolosi e rivestente oggi qualificato incarico di supporto governativo" che avrebbe sottolineato preoccupazione... (in tema di nomine all'OLAF); «secondo talune indicazioni» risulterebbe che il magistrato di collegamento francese presso il Ministero della Giustizia Emmanuel Barbe sia in collegamento con i giuristi militanti del MEDEL, ong presieduta dal giudice italiano Ignazio patrone, nonche' con diverse personalita' italiane, quali Luciano Violante, Antonio Di Pietro, Giancarlo Caselli, Ignazio Patrone, Edmondo Bruti Liberati, Alessandro Perduca, Livio Pepino, Claudio Castelli, Maria Giuliana Civinini, Giovanni Salvi e Luigi Marini; «da informazioni acquisite, anche su base documentale» nel prossimo consiglio del MEDEL il Governo e il premier sarebbero stati oggetto di un duro attacco con riferimento alle pendenze giudiziarie del Premier e di altri componenti della maggioranza; perseguivano il procacciamento di informazioni sulle indagini, in corso presso la Procura di Milano, per il sequestro di Abu Omar, ad opera del giornalista Farina Renato, che tra l'altro predisponeva e consegnava al Pompa a tali fini un dettagliato appunto su un incontro appositamente ottenuto con il Pubblico Ministero Spataro, e versavano quindi al Farina, a titolo di corrispettivo, somme per almeno 30.000 euro, in violazione dell'espresso divieto di cui all'art. 7 della legge n. 801/77; con l'aggravante di aver agito al fine di commettere o di far commettere a terzi diffamazioni, calunnie e abusi di ufficio in danno di soggetti ritenuti di parte politica avversa. In Roma e altrove, dall'estate 2001 fino al luglio 2006. B) delitto p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv, 616, 1° comma, 61 n. 9 c.p. perche', in concorso tra loro, il Pollari in qualita' di direttore del SISMI dal 15 ottobre 2001, il Pompa di consulente dal novembre 2001 e quindi di dipendente del SISMI dal 9 dicembre 2004 al dicembre 2006 quale direttore di sezione addetto all'ufficio del Direttore, il primo indirizzando l'attivita' consulenziale del secondo e quindi esercitando i poteri d'ordine e di direzione in qualita' di superiore gerarchico, e in tale posizione dirigendo, richiedendo e ratificando l'operato del Pompa, da cui riceveva continuamente aggiornamenti verbali a mezzo telefono, appunti e note informative, con abuso delle sue funzioni di pubblico ufficiale, prendevano cognizione della corrispondenza elettronica circolante all'interno della lista chiusa dei destinatari dell'associazione MEDEL, con conseguente nocumento alla riservatezza del dibattito interno all'associazione. In Roma, accertato il 5 luglio 2006 - querela depositata il 4 marzo 2008. Il solo Pio Pompa: C) delitto p.e.p. dall'art. 260 n. 3 c.p. perche' veniva colto in possesso di documenti su supporti informatici - un cd e due dvd - atti a fornire notizie che nell'interesse della sicurezza dello Stato dovevano rimanere segrete in quanto in parte protocollate agli atti del Servizio, inoltrate ad articolazioni competenti di esso e comunque relative, tra l'altro, a vicende militari in materia di terrorismo internazionale. In Roma, 26 giugno 2007. Il procedimento in questione ha preso le mosse dall'atto con cui, in data 18 dicembre 2006, la Procura della Repubblica di Milano - Dipartimento Eversione e Terrorismo, disponeva la trasmissione alla procura della Repubblica di Roma degli atti relativi al proc. n. 50160/06 RGNR, iscritto in pari data a carico di Pollari Nicolo' e Pompa Pio per i reati di cui agli artt. 110, 314, l° comma, 81 cpv c.p., commesso in Roma fino al 5 luglio 2006, e agli artt.110, 81 cpv, 616, 1° e 2° comma, 61 n. 9 c.p., commesso in Roma e accertato il 15 luglio 2006. Alla nota di trasmissione era allegato il provvedimento con cui il PM di Milano aveva disposto la separazione dal proc. 10838/05 RGNR e di iscrizione nel Reg. Mod. 21 di tutti gli atti concernenti le accuse ipotizzate nei confronti del Pollari e del Pompa, tra cui il decreto di perquisizione emesso in data 3 luglio 2006 relativamente all'appartamento di Roma, via Nazionale 230, in uso al SISMI, dei verbali inerenti l'esecuzione del detto provvedimento e il conseguente sequestro di materiale ritenuto di interesse, l'informativa DIGOS Milano del 21 luglio 2006, contenente la numerazione e la descrizione del materiale repertato, i decreti autorizzativi e di proroga delle intercettazioni effettuate. Il PM di Roma, iscritto il procedimento al n. 56467/06 RGNR, con atto del 7 maggio 2008, avanzava richiesta di archiviazione in relazione a taluni dei reati per i quali era stata disposta l'iscrizione nel registro degli indagati dei nominativi del Pollari e del Pompa (segnatamente art. 616, 1° comma, 61 n. 9 c.p., contestato al capo B, art. 256 c.p. contestato sub C, art. 167 d.lgs. 196/03 sub capo F, art. 368 c.p., contestato ai capi G e H e art. 595 c.p. contestato ai capi I e L). A fronte dell'opposizione proposta dall'Avv. Vernazza per conto di taluni dei soggetti indicati come persone offese, il GIP di Roma, con provvedimento del 6 marzo 2009, rilevava l'operativita', in punto di competenza territoriale, dell'art. 11 c.p.p., in quanto talune delle persone offese erano magistrati in servizio nel distretto di Roma, disponendo pertanto la restituzione degli atti al PM ai fini della trasmissione all'Ufficio Giudiziario funzionalmente competente. Il procedimento veniva quindi trasmesso dall'AG di Roma a quella di Perugia, anche per la parte non investita dalla richiesta di archiviazione. Il PM di Perugia, con provvedimento del 15 luglio 2009 disponeva la riunione dei fascicoli separatamente pervenuti in considerazione di evidenti ragioni di connessione. Non ritenendo necessario l'espletamento di ulteriori indagini, il PM provvedeva a notificare agli indagati l'avviso di cui all'art. 415-bis c.p.p., incombente che veniva espletato il 22 luglio 2009. Nel rispetto del prescritto termine, i difensori di entrambi gli indagati avanzavano richiesta di sottoposizione ad interrogatorio dei loro assistiti. Il 26 ottobre 2009, Pollari Nicolo' - convocato per l'interrogatorio richiesto - rendeva le dichiarazioni di cui al verbale e depositava altresi' una memoria scritta, con cui - richiamata la sentenza della Corte Costituzionale n. 106/09, laddove aveva affermato l'esistenza del segreto di Stato non solo sui rapporti tra il SISMI e altri servizi stranieri, ma anche sugli «interna corporis» del Servizio - evidenziava la necessita' di riferire, in ambito difensivo, fatti coperti da segreto di Stato. In particolare, il segreto di Stato veniva opposto con riferimento alle direttive e agli ordini impartiti dal Direttore agli appartenenti al medesimo organismo. Il Pollari (cfr. pag.6 della memoria richiamata) dichiarava di opporre il segreto di Stato su tutti i fatti descritti nell'ipotesi accusatoria sub A), nonche' su tutti i fatti di cui al capo B) e agli altri contestati. A sua volta l'imputato Pompa, convocato per lo stesso incombente, depositava propria memoria, avente contenuto analogo a quella del Pollari, con cui opponeva a sua volta il segreto di Stato su tutti i fatti contestati nei capi di imputazione. A fronte di cio', il PM, con note riservate del 27 ottobre 2009 (n. 108/09 Prot.) e del 16 novembre 2009 (n. 111709 Prot), di contenuto analogo, ritenutane l'indispensabilita' ai fini della definizione del procedimento penale in corso, chiedeva al Presidente del Consiglio dei Ministri conferma dell'esistenza del segreto di Stato sulle seguenti circostanze: se il SISMI, durante il periodo in cui e' stato diretto da Nicolo' Pollari, ha finanziato in qualsiasi modo e forma, sia direttamente che indirettamente, la sede di Roma, via nazionale, gestita da Pio Pompa, nato a L'Aquila il 12 febbraio 1951; se il SISMI, durante il periodo in cui e' stato diretto da Pollari, ha retribuito economicamente, in qualsiasi modo e forma, direttamente o indirettamente, il citato Pio Pompa o Jennj Tontodimamma, nata a Penne (PE) il 6 gennaio 1974; se il SISMI, durante il periodo in cui e' stato diretto da Pollari, ha impartito direttive o ordini ai sopra menzionati Pompa e Tontodimamma; se il SISMI, durante il periodo in cui e' stato diretto da Nicolo' Pollari, ha impartito ordini e direttive ai sopra menzionati Pompa e Tontodimamma di raccolta di informazioni su magistrati italiani o stranieri. Il Presidente del Consiglio dei Ministri, con note 3 dicembre 2009 n. 50067/181.6/2/07.IX.I, e 22 dicembre 2009 n. 52285/181.6/2/07.IX.I, di contenuto sostanzialmente identico, confermava il segreto di Stato su «modi e forme dirette o indirette di finanziamento per la gestione, da parte di Pio Pompa, della sede del SISMI di via Nazionale, allorche' era diretto da Pollari», nonche' su «modi e forme di retribuzione, diretta o indiretta, di Pompa e Tontodimamma, collaboratori prima e dipendenti poi del SISMI diretto da Nicolo' Pollari». Il Presidente del Consiglio, richiamata la sentenza della Corte Costituzionale n. 106/09, confermava il segreto di Stato anche sui punti 3) e 4) e cio' «in quanto - come precisato dalla Corte Costituzionale - anche le direttive e gli ordini impartiti all'interno del servizio possono costituire "interna corporis" da tutelare, se dalla loro divulgazione vengono in evidenza profili affluenti alle modalita' organizzative e a quelle tecnico-operative che e' opportuno non disvelare». Le sopra menzionate note sottolineavano in ultimo come detti profili fossero peraltro compresi tra quelli che la vigente normativa sul segreto di Stato, ed in particolare il D.P.C.M. 8 aprile 2008 ritiene tutelabili al massimo livello e come, pertanto, allo scopo di evitare danni gravi agli interessi individuali tutelati dal comma 1 dell'art. 39 della legge 124/07, l'opposizione del segreto di Stato su tutti i punti oggetto della nota riservata del PM di Perugia , ai sensi dell'art. 41, legge 124/07. Il successivo 29 dicembre 2009, il PM chiedeva il rinvio a giudizio di Nicolo' Pollari e di Pio Pompa rilevando che «gli elementi raccolti nel corso delle indagini sono idonei a sostenere l'accusa in giudizio in quanto fondati su elementi non coperti da segreto di Stato ed acquisiti essenzialmente nel corso della perquisizione e del successivo sequestro del 5 luglio 2006». L'udienza preliminare veniva inizialmente fissata per il 2 marzo 2010. In tale sede, dichiarata la contumacia di entrambi gli imputati, il procedimento veniva rinviato, per ragioni organizzative, al 7 giugno 2010 per la trattazione di tutte le questioni preliminari, ivi comprese quelle afferenti le costituzioni di parte civile, e per l'eventuale successiva discussione. II) All'udienza del 7 giugno 2010, verificata la regolare instaurazione del contraddittorio processuale, il Giudice invitava le parti a svolgere le proprie deduzioni sul tema del segreto di Stato, cosi' come opposto dagli indagati/imputati e confermato dal Presidente del Consiglio dei Ministri. Il PM articolava le proprie considerazioni su tre specifici punti, ovvero: 1) tutti gli atti contenuti nel fascicolo processuale debbono ritenersi legittimamente acquisiti - e di conseguenza pienamente utilizzabili - come riconosciuto dalla stessa Corte Costituzionale nei paragrafi 8.1 e 8.2 della sentenza n.106/09; 2) non e' ammissibile, come parimenti riconosciuto dalla Corte Costituzionale - sent. 106/09 paragrafi 8.4 e 12..3 - l'opposizione retroattiva del segreto di Stato; 3) nel caso di specie, non sussistono i presupposti per l'opposizione del segreto di Stato, in quanto gli imputati non hanno contestato il legittimo ingresso nel procedimento di atti gia' acquisiti ma hanno bensi' richiesto l'acquisizione di atti, peraltro non indicati, asseritamente necessari alla loro difesa, ma non producibili perche' coperti da segreto di Stato. In tale situazione, ad avviso del PM, non sussisterebbero i presupposti per la proposizione da parte di questa AG di conflitto di attribuzione, sia in quanto la questione del segreto di Stato e' suscettibile di assumere concreta rilevanza solo nella successiva fase dibattimentale, sia perche', come gia' accennato nella richiesta di rinvio a giudizio, che in parte qua si riporta testualmente, «"per quanto riguarda l'eventuale lesione del diritto di difesa, rappresentata dall'impossibilita' per i due imputati di avvalersi di fatti a loro conoscenza per la sussistenza del segreto di Stato, si potra' eventualmente valutare la compatibilita' costituzionale della normativa contenuta nella legge 3 agosto 2007 n. 124, anche alla luce dei principi di cui alla sentenza n. 106/09 della Corte Costituzionale». I difensori delle parti civili costituite facevano proprie le considerazioni del PM, mentre la difesa degli imputati depositava memorie con allegati, nella quale veniva evidenziato: che il Gen Pollari e il Dott. Pompa hanno opposto il segreto di Stato durante l'interrogatorio reso al PM procedente (interrogatorio da loro stessi richiesto dopo la notifica dell'avviso ex art. 415-bis c.p.p.), il quale, a fronte di cio', aveva richiesto conferma al Presidente del Consiglio dei Ministri; che le circostanze su cui e' stato opposto (e poi confermato dal Presidente del Consiglio dei Ministri) il segreto di Stato sono da considerare tutte essenziali per la verifica dei reati oggetto di contestazione e per la difesa degli imputati, sia per cio' che concerne l'accusa di peculato sia per i capi di imputazione sub B) e C); che, in una situazione processuale assai simile, il PM di Milano, nel procedimento per il presunto sequestro di Abu Omar, avendo gli imputati opposto il segreto di Stato quale impedimento al compiuto esercizio del loro diritto di difesa, aveva chiesto al Tribunale di sollevare questione di legittimita' costituzionale degli artt. 39 e 41, legge 124/07 con riferimento all'art. 111, secondo comma Cost., prospettando la lesione del principio del contraddittorio consacrato da tale norma costituzionale, in quanto il PM, a prescindere dalla qualita' delle prove disponibili, sarebbe stato impossibilitato ad utilizzarle per sostenere la responsabilita' degli imputati e chiederne conseguentemente la condanna, ove agli stessi fosse stato consentito, nel dibattimento, di opporre il segreto di Stato come fattore insuperabile di limitazione all'esercizio del loro diritto di difesa; che il Tribunale di Milano aveva dichiarato manifestamente infondata la questione, evidenziando come la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 106/09 avesse implicitamente ritenuto legittimi gli artt. 39 e 41, legge 124/07; che, pertanto, dovendosi ritenere il segreto di Stato validamente opposto e confermato, e avendo gia' la Corte Costituzionale statuito esaustivamente sulla questione con la sentenza n. 106/09, il GUP sarebbe dovuto necessariamente pervenire alla dichiarazione di non doversi procedere nei confronti di entrambi gli imputati per l'esistenza del segreto di Stato. Preso atto delle deduzioni delle parti, ritiene questo Giudice che la questione relativa all'avvenuta opposizione/conferma del segreto di Stato, nei termini sopra esposti assuma rilevanza proprio nella presente fase, precipuamente finalizzata ad una prima verifica della fondatezza delle accuse e della eventuale esistenza di cause di non punibilita', situazioni ostative all'ulteriore prosecuzione dell'azione penale ecc., nella quale - accedendo all'impostazione difensiva - gia' si dovrebbe pervenire alla dichiarazione di non doversi procedere nei confronti degli imputati, senza accedere alla successiva fase dibattimentale. Per quanto concerne la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 41, legge 124/07 (ed eventualmente degli artt. 39 e 40 della medesima legge), come prospettata dal PM e dalle parti civili, si ritiene che effettivamente la Corte Costituzionale, nella sentenza n. 106 del 2009, abbia gia' affrontato la questione relativa all'esegesi e alla valutazione della compatibilita' costituzionale di tali norme, omettendo - nell'ambito del giudizio gia' pendente - di sollevarla ex se e mostrando quindi di considerare la norma non contrastante con alcun precetto costituzionale. Del resto, il tema centrale, anche nella prospettiva evocata dal PM e dalle parti civili, in funzione della garanzia del contraddittorio e del principio di uguaglianza, e' pur sempre costituito dall'opposizione del segreto di Stato, poi confermato dal Presidente del Consiglio dei Ministri, piuttosto che dalla considerazione delle norme procedurali che disciplinano le modalita' di tale opposizione/conferma. Ne discende che questo Giudice deve necessariamente confrontarsi con tale tema centrale, di non individuandosi altro sbocco che quello, evocato peraltro dallo stesso art. 41, legge 124/07, della proposizione del conflitto di attribuzione. Ed invero, lo scrivente Ufficio e' investito, nella fase attualmente in corso, successiva all'emissione da parte del PM della richiesta di rinvio a giudizio, della titolarita' della funzione giurisdizionale ed e' quindi legittimato ad esprimere la volonta' del potere cui appartiene. Come tale, questo GUP dovra' ritenersi legittimato ad investire la Corte Costituzionale con il presente atto. Diritto 1) Nel procedimento penale pendente dinanzi a questa AG, il segreto di Stato e' stato opposto dagli imputati Pollari Nicolo' e Pompa Pio nel corso dell'interrogatorio da loro stessi richiesto a seguito della notifica dell'avviso di cui all'art. 415-bis c.p.p., nei termini di cui alle memorie allegate ai relativi verbali, il cui contenuto deve intendersi qui richiamato. Nel caso di specie, il segreto di Stato e' stato opposto non all'atto dell'acquisizione di documenti ne' da soggetti sentiti in qualita' di testimoni (ovvero di persone informate sui fatti), ma dagli stessi indagati, nel corso dell'espletamento dell'interrogatorio di cui all'art. 415-bis, comma 3 e 5 c.p.p. Siffatta opposizione del segreto, come e' ovvio, non puo' essere equiparata sic et simpliciter all'essersi gli indagati avvalsi, almeno per parte delle questioni loro sottoposte dal PM, della facolta' di non rispondere. Invero, alla pag. 4 della memoria allegata al verbale dell'interrogatorio di Pollari Nicolo' del 26 ottobre 2009, si legge tra l'altro: «(...) per rispondere compiutamente alle domande, il sottoscritto dovrebbe riferire di direttive ed ordini impartiti dalle competenti Autorita' di Governo, di questioni inerenti gli "interna corporis" del SISMI e, in particolare, se ed eventualmente con quali funzioni abbia lavorato per il Servizio il Dott. Pompa; quando e' iniziata e terminata la sua eventuale collaborazione; distinguere le attivita' personali del Dott. Pompa da quelle istituzionali; se la documentazione di cui all'ipotesi accusatoria sia rilevante per i fini istituzionali del Servizio; indicare se e quali risorse il Dott. Pompa abbia utilizzato per la sua attivita' e per la redazione dei documenti di cui all'ipotesi accusatoria; i suoi rapporti con altri operatori del Servizio; le modalita' operative, organizzative e, infine, i rapporti dl sottoscritto con il Dott. Pompa; se, e nell'eventualita', per quali ragioni, siano state corrisposte somme al Dott. Farina. Tutti temi questi su cui la sentenza della Corte Costituzionale n. 106/09 ha affermato che esiste il segreto di Stato, la cui violazione comporta la commissione del reato di cui all'art. 261 c.p. (...)»; ancora, alla pag. 8, il tenia viene ulteriormente specificato, affermando che «per rispondere compiutamente alle domande il sottoscritto dovrebbe riferire gli interna carporis del SISMI e, in particolare, (...) indicare se i documenti di cui all'ipotesi accusatoria attengono alla sicurezza dello Stato; se si tratta di documentazione segreta; se si tratta di documenti protocollati agli atti del Servizio; se si tratta di documenti inoltrati da articolazioni competenti di esso; se si tratta di documentazione rilevante per i fini istituzionali del SISMI, ovvero se si tratta di documentazione di esclusiva pertinenza del Dott. Pompa; se si tratta di informazioni tratte da fonti aperte (internet) o da altra tipologia di fonti (...)». Cio' che viene in considerazione nel caso in esame e' la possibilita' per gli indagati/imputati di contrastare validamente le accuse loro mosse adducendo cause di giustificazione basate su fatti o atti coperti da segreto di Stato e, di conseguenza, di esercitare appieno il diritto di difesa come costituzionalmente garantito. Non pare quindi revocabile in dubbio la rilevanza dell'opposizione del segreto di Stato (come confermata dal Presidente del Consiglio dei Ministri) nella definizione della presente fase del giudizio penale instaurato a carico del Pollari e del Pompa. 2) L'esatto oggetto del segreto di Stato che il presidente del Consiglio dei Ministri ha inteso confermare con la nota 3 dicembre 2009 n. 50067/181.6/2/07.IX.I, e con la successiva 22 dicembre 2009 n. 52285/181.6/2/07.1X.I deve essere individuato sulla scorta delle accuse mosse agli imputati Pollari e Pompa nel procedimento penale n. 5970/09 RGNR, come enunciate nei capi di imputazione sopra trascritti. Pur essendo i fatti-reato ipotizzati dal PM anteriori all'entrata in vigore della legge 124/07, e' a quest'ultima legge - vigente all'epoca in cui il segreto di Stato e' stato opposto e confermato - e non alla legge 801/77 che, ad avviso di questa AG, deve farsi riferimento per la risoluzione delle questioni afferenti la legittimita' della conferma del segreto di Stato. La disciplina del segreto di Stato, infatti, al di la' della generale portata definitoria di talune disposizioni, laddove ha modificato o sostituito norme del codice di rito penale, ha un'indubbia valenza processuale e deve quindi soggiacere al principio generale che disciplina il succedersi delle norme processuali nel tempo, il quale postula - in assenza di norme transitorie specificamente derogatorie - l'immediata applicabilita' della normativa di nuovo conio anche ai procedimenti in corso, per tutte quelle attivita' procedimentali non completamente esaurite nella vigenza delle precedenti norme. Del resto, e' lo stesso Presidente del Consiglio dei Ministri, nelle note 3 dicembre 2009 n. 50067/181.6/2/07.IX. e 22 dicembre 2009 n. 52285/181.6/2/07.IX.I, che mostra di condividere siffatta interpretazione, allorche' richiama espressamente sia la legge 124/07 che il DPCM 8 aprile 2008 che ad essa ha dato attuazione. Sotto il profilo sostanziale, non sembrano attenere al presente giudizio, nell'ambito devoluto alla cognizione di questo GUP, come delimitato dai capi di imputazione, ne' aspetti afferenti la difesa militare ovvero la difesa delle Istituzioni costituzionali e/o il libero esercizio delle loro funzioni, ne' l'indipendenza dello Stato o le relazioni tra l'Italia e gli altri Stati, ovvero le materie cui fa riferimento l'art.12, legge801/77 (norma vigente all'epoca dei fatti oggetto del procedimento, in seguito sostituita dall'art. 39, legge 124/09), che testualmente recita: «Sono coperti dal segreto di Stato gli atti, i documenti, le notizie, le attivita' e ogni altra cosa la cui diffusione sia idonea a recar danno alla integrita' dello Stato democratico, anche in relazione ad accordi internazionali, alla difesa delle Istituzioni poste dalla Costituzione a suo fondamento, al libero esercizio delle funzioni degli organi costituzionali, alla indipendenza dello Stato rispetto agli altri stati e alle relazioni con essi, alla preparazione e alla difesa militare dello Stato. In nessun caso possono essere oggetto di segreto di Stato fatti eversivi dell'ordine costituzionale.». Al contrario, nel presente procedimento - alla luce del complesso delle acquisizioni di indagine, cosi' come recepite nei capi di imputazione sopra trascritti - emerge l'estraneita' alle funzioni e ai compiti istituzionali del SISMI di tutta l'attivita' descritta al capo A), che il PM postula indebitamente finanziata con risorse pubbliche, comprensive di somme, risorse umane e materiali. 3) Prima della pronuncia della sentenza n. 106/09, richiamata anch'essa espressamente nella nota 3 dicembre 2009, la Corte Costituzionale si era occupata altre volte della problematica afferente il segreto di Stato, nella vigenza della legge 801/77. Con le sentenze piu' significative, ovvero la n. 86/77 e la n. 110/98, la Corte Costituzionale aveva affermato e ribadito che la disciplina del segreto di Stato involge il supremo interesse della sicurezza dello Stato nella sua personalita' internazionale, e cioe' l'interesse dello Stato-Comunita' alla propria integrita' territoriale e alla propria indipendenza (il che, in buona sostanza, va a coincidere con la sopravvivenza dello Stato stesso), consacrato nel principio espresso dall'art. 52 Cost. La prima delle due pronunce sopra citate - intervenuta in esito ad un ordinario giudizio di legittimita' costituzionale promosso dai Giudici Istruttori dei tribunali di Torino e Roma in relazione agli artt. 342 e 352 c.p.p., ritenuti in contrasto con gli artt. 101, 102 e 112 Cost - muove preliminarmente dalla necessita' di operare una delimitazione semantica dell'ampiezza del contenuto delle definizioni «segreto politico o militare dello Stato» contenute negli artt. 342 e 352 del c.p.p. 1930, onde non dare a tali espressioni un contenuto configgente con i principi della Costituzione. Ad avviso della Corte «un principio di segretezza che possa resistere anche dinanzi ad altri valori costituzionali, come quelli tutelati dal potere giurisdizionale, deve, a sua volta, trovare fondamento e giustificazione in esigenze, anch'esse fatte proprie e garantite dalla Costituzione, che possano essere poste su un piano superiore». La nozione e la portata applicativa del segreto di Stato debbono quindi essere posti in relazione con le norme della Costituzione che fissano i momenti imprescindibili e caratterizzanti lo Stato, quali l'art. l e l'art. 5 Cost.. Sul punto, la sentenza n. 86/77 recita testualmente: «Con riguardo a queste norme si puo', allora, parlare della sicurezza interna ed esterna dello Stato, della necessita' di protezione da ogni azione violenta o comunque non conforme allo spirito democratico che ispira il nostro assetto costituzionale dei supremi interessi che valgono per qualsiasi collettivita' organizzata a Stato e che possono coinvolgere l'esistenza stessa dello Stato. In tal modo si caratterizza sicuramente la natura di questi interessi istituzionali, i quali devono attenere allo Stato-comunita' e, di conseguenza, rimangono nettamente distinti da quelli del Governo e dei partiti che lo sorreggono». Gia' nelle pronunce piu' risalenti (richiamate nella sentenza n. 106/09 al punto n. 3 del «Considerato in diritto») la Corte Costituzionale e' stata percio' ferma nell'affermare che il riferimento alla «sicurezza interna ed esterna dello Stato» deve essere inteso come afferente a tale piu' ampio complesso normativo, il quale va ad esprimere i supremi interessi cui si ispira il nostro assetto costituzionale. 4) Nel caso di interferenza tra i principi a tutela dei quali e' posto il segreto di Stato ed altri principi costituzionali, ivi inclusi quelli posti a presidio della funzione giurisdizionale, si pone (come si e' gia' posto in passato) necessariamente il problema del bilanciamento. Una delle pronunce piu' significative che attengono a tale aspetto e' la sent. n. 110/98, in cui la Corte Costituzionale ha affermato che l'opposizione del segreto di Stato da parte del Presidente del Consiglio non puo' avere l'effetto di impedire al PM di indagare sui fatti-reato oggetto di notitia criminis a lui pervenuta e di esercitare per gli stessi - nei termini obbligatorieta' sanciti dall'art. 112 Cost. - l'azione penale. Detta sentenza, intervenuta a decidere il conflitto di attribuzione promosso dal Presidente del Consiglio dei Ministri nei confronti del Procuratore della Repubblica di Bologna, nell'ambito di un'indagine svolta a carico di funzionari del SISDE e di Polizia, si inserisce in un tracciato argomentativo che muove dai principi della sentenza n. 86/77 piu' sopra ampiamente citata, dando atto di come il legislatore, nell'approvare la legge 801/77 abbia cercato di ispirare la nuova disciplina del segreto di Stato agli orientamenti espressi da tale fondamentale decisione. Allorche' si pone in concreto il problema del bilanciamento tra l'interesse alla sicurezza dello Stato e quello alla corretta amministrazione della giustizia, ove questi vengano a trovarsi in conflitto, la Corte tiene a ribadire che il giudizio sui mezzi idonei e necessari a garantire la sicurezza dello Stato ha natura squisitamente politica e non consente pertanto al potere giurisdizionale (ivi incluso il giudice amministrativo) di operare alcun controllo di merito sugli atti impositivi o confermativi del segreto, il quale - ove cosi' non fosse - verrebbe ad essere eliminato, nei fatti, nello stesso momento in cui la questione della sua ammissibilita' venisse sottoposta ad un giudice. La Corte, tuttavia, tiene a sottolineare come l'Autorita' competente in materia di segreto di Stato non possa ritenersi dotata di un potere incontrollabile e possa essere, di conseguenza, del tutto irresponsabile per eventuali abusi: essa deve fornire la sua risposta entro un termine ragionevole all'autorita' giudiziaria ed e' sempre soggetta al controllo politico del Parlamento, che e' la sede normale in cui l'Esecutivo deve dare conto di tutto il suo operato rivestente carattere politico; inoltre, la Corte - stante la particolare delicatezza della materia e la necessita' di agevolare il controllo parlamentare, onde ridurre al minimo gli abusi e la possibilita' di contrasti con il potere giurisdizionale - evidenzia la necessita' per il Presidente del Consiglio dei Ministri di indicare le ragioni essenziali poste a fondamento del segreto. Da un punto di vista concreto, cio' che viene ad essere inibito, nell'ambito del processo penale, e' la possibilita' per il PM di acquisire ed utilizzare gli elementi di conoscenza e di prova coperti da segreto. Tale preclusione riguarda l'utilizzazione di atti e documenti coperti da segreto di Stato sia in via diretta, ovvero per fondare su di essi le determinazioni inerenti l'esercizio dell'azione penale, sia in via indiretta, per trarne spunto ai fini del compimento di ulteriori atti di indagine (v. anche l'art. 202 c.p.p., come novellato dall'art. 40, legge 124/07), pur non essendo precluso all'AG di procedere in base ad elementi autonomi e indipendenti dagli atti coperti da segreto. 5) La sentenza n. 110/98 Corte Costituzionale andava quindi ad affermare che, in base alla disciplina di cui alla legge 801/77, il Presidente del Consiglio dei Ministri aveva, in materia di segreto di Stato, un potere discrezionale assai ampio (con il solo limite espresso dato dal divieto di opporre il segreto in relazione a fatti eversivi dell'ordine costituzionale e di esplicitare al Parlamento le ragioni essenziali poste a fondamento delle determinazioni assunte), certamente esulante dall'ambito della discrezionalita' amministrativa, atteso che il giudizio sui mezzi idonei e necessari per garantire la sicurezza dello Stato era di natura squisitamente politica ed era quindi connaturale solo agli organi politici preposti alla sua tutela. Era quindi, nella vigenza di tale normativa, tendenzialmente da escludere, fatto salvo il potere di intervento della Corte Costituzionale, qualunque sindacato giurisdizionale diretto sull'an e il quomodo dell'esercizio del potere di secretazione. La legge 3 agosto 2007, n.124 e il successivo DPCM 8 aprile 2008 (entrambi richiamati dalle note del Presidente del Consiglio dei Ministri 3 dicembre 2009 e 22 dicembre 2009) hanno profondamente innovato la disciplina del Sistema di Informazioni per la sicurezza della Repubblica e del segreto. Nonostante le radicali modifiche strutturali dell'intero sistema e l'introduzione di norme specifiche volte a regolare la materia delle possibili interferenze tra le attivita' dei Servizi di informazione per la Sicurezza e il procedimento penale (v. in particolare gli artt. 4, 4° comma, 14, 15, 16, 17, 18, 19 e 20, legge 124/07) tuttavia, per cio' che concerne la disciplina del segreto e' stato mantenuto uno schema definitorio sostanzialmente sovrapponibile a quello di cui all'art. 12, legge 801/77 (cfr. art. 39, 1° comma, legge 124/07, che testualmente recita: «Sono coperti dal segreto di Stato gli atti, i documenti, le notizie, le attivita' e ogni altra cosa la cui diffusione sia idonea recare danno all'integrita' della repubblica, anche in relazione ad accordi internazionali, alla difesa delle istituzioni poste dalla Costituzione a suo fondamento, all'indipendenza dello Stato rispetto agli altri Stati e alle relazioni con essi, alla preparazione e alla difesa militare dello Stato.»). Il successivo DPCM 8 aprile 2008 va ad integrare il dettato legislativo indicando espressamente i criteri per l'individuazione delle notizie, delle informazioni, dei documenti, degli atti, delle attivita', delle cose e dei luoghi suscettibili di essere oggetto di segreto di Stato. A mente dell'art.3 DPCM citato «possono costituire oggetto di segreto di Stato le informazioni, le notizie, i documenti, gli atti, le attivita', i luoghi ed ogni altra cosa la cui diffusione sia idonea a recare un danno grave ad uno o pin dei seguenti supremi interessi dello Stato: a) l'integrita' della repubblica, anche in relazione ad accordi internazionali; b) la difesa delle Istituzioni poste dalla Costituzione a suo fondamento; c) l'indipendenza dello Stato rispetto agli altri Stati e le relazioni con essi; d) la preparazione e la difesa militare dello Stato. Ai fini della valutazione della idoneita' a recare il danno grave di cui al comma 1, si tiene conto delle conseguenze dirette ed indirette della conoscenza del segreto da parte di soggetti non autorizzati, sempre che da essa derivi un pericolo attuale per lo Stato». Il successivo art. 4 prevede che, in sede di applicazione dei criteri di cui all'art. 3 si osservino i divieti di cui all'art.3 9, 11° comma, legge 124/07 e all'art. 204, comma 1-bis c.p.p., come innovato dall'art . 4, legge 124/07). L'art. 5 del DPCM 8 aprile 2008 individua come suscettibili di essere oggetto di segreto di Stato le informazioni, le notizie, i luoghi, i documenti, gli atti, le attivita' attinenti alle materie esemplificativamente indicate in allegato. Non e' necessario in questa sede riportare in ogni sua voce l'elenco di cui all'allegato, che si articola in complessivi n.18 punti, essendo sufficiente evidenziare come proprio in tale elencazione sia dato rinvenire l'unico riferimento agli «interna corporis» del Servizio, segnatamente laddove vengono indicati come tutelabili a mezzo del segreto di Stato «i compiti, le attribuzioni, la programmazione, la pianificazione, la costituzione, la dislocazione, l'impiego, gli organici e le strutture del DIS, dell'AISE e dell'AISI e delle amministrazioni aventi come compiti istituzionali l'ordine pubblico e la sicurezza pubblica, nonche' la difesa civile e la protezione civile, nonche' altre amministrazioni ed enti nei casi in cui le rispettive attivita' attengono agli interessi di cui all'art. 3, comma 1° lett. a), b), c) e d) del presente regolamento (punto n. 6)», «i dati di riconoscimento autentici o di copertura, nonche' le posizioni documentali degli appartenenti al DIS, all'AISE e all'AISI e quelli di copertura degli stessi Organismi (punto n. 7)», ovvero «l'addestramento e la preparazione professionale di tipo specialistico per lo svolgimento delle attivita' istituzionali, nonche' le aree e i settori di impiego, le operazioni e le attivita' informative, le modalita' e le tecniche operative del DIS, dell'AISE e dell' AISI, oltre che delle amministrazioni aventi come compito istituzionale l'ordine pubblico e la sicurezza pubblica, la difesa civile e la protezione civile (punto n. 8)». In nessun punto dell'elenco allegato al DPCM 8 aprile 2008 viene fatto riferimento alla possibilita' di opporre il segreto di Stato in relazione al dato relativo all'esistenza (ed eventualmente al contenuto) di finanziamenti del Servizio per lo svolgimento di attivita' estranee alle finalita' istituzionali dello stesso ovvero di direttive e ordini nei confronti di dipendenti e collaboratori, impartite dal Direttore e finalizzate a siffatte attivita'. Tale mancata previsione assume rilievo ancora maggiore alla luce di altre disposizioni contenute nella legge 124/07, tra cui l'art. 26, 1° comma, il quale prevede che «la raccolta e il trattamento delle notizie e delle informazioni sono finalizzati esclusivamente al perseguimento degli scopi istituzionali del Sistema di Informazioni per la Sicurezza», mentre il comma 3° prevede una sanziona penale (la reclusione da tre a dieci anni, salvo che il fatto non costituisca piu' grave reato) per «il personale addetto al Sistema di Informazioni per la Sicurezza che in qualunque forma istituisca o utilizzi schedari informativi in violazione di quanto previsto al comma 1°" mentre il comma 4° vieta al DIS, all'AISI e all'AISE di istituire archivi al di fuori di quelli la cui esistenza e' stata ufficialmente comunicata al Comitato parlamentare di cui all'art. 30, legge 124/07. Lo stesso art.17, legge 124/07, nel prevedere che «non e' punibile il personale dei Servizi di Informazione per la Sicurezza che ponga in essere condotte previste dalla legge come reato», oltre a porre specifiche limitazioni in relazione a talune categorie di reati di maggiore gravita', fa reiteratamente riferimento alla indispensabilita' di esse alle «finalita' istituzionali di tali Servizi» e al rispetto rigoroso dei limiti fissati dalla legge (comma 1°), ai «compiti istituzionali dei servizi di informazione per la sicurezza in attuazione di un'operazione autorizzata e documentata ai sensi dell'art. 18 e secondo le norme organizzative del Servizio Informazioni per la Sicurezza (comma 6° lett. a)». In nessun caso, pertanto, la scriminante speciale potrebbe trovare applicazione per i casi di attivita' estranee ai compiti istituzionali del Servizio. 6) Non puo' inoltre trascurarsi la rilevanza costituzionale che ha di per se' la materia della spesa pubblica (nel cui ambito non puo' non rientrare l'aspetto relativo alla destinazione dei fondi dei Servizi, essendo gli stessi costituiti da risorse pubbliche), alla stregua degli artt. 3, 81, 97, 100 e 103 Cost. Tali norme, lette nel loro insieme, pongono una serie di principi che nel tempo la giurisprudenza di legittimita' ha elaborato nei seguenti termini, pur precisando, come e' ovvio, che non puo' esistere un unico modello di organizzazione della spesa e che deve tenersi conto delle specifiche esigenza di ogni settore (cfr. tra le piu' recenti pronunce di legittimita' Cass. Sez. VI Penale 14 maggio 2009, n. 23066): ogni tipo di spesa deve avere una propria previsione normativa; la gestione delle spese pubbliche deve essere sempre soggetta a controllo, anche giurisdizionale; l'impiego delle somme deve concretizzarsi in modo conforme alla finalita' istituzionali del soggetto che opera la spesa e deve, in ogni caso, rispettare i principi di uguaglianza, imparzialita' ed efficienza. In sintesi, i principi costituzionali vanno a postulare l'esistenza di un obbligo generale in capo ai soggetti pubblici, di giustificare l'impiego delle risorse in conformita' alle rispettive finalita' istituzionali, non essendo in alcun modo compatibile con la Costituzione un potere di spendere denaro pubblico in assenza di qualunque tipo di controllo esterno al soggetto che la spesa dispone, sia esso amministrativo o giurisdizionale, eventualmente con l'adozione di peculiari garanzie di riservatezza, ove la materia lo richieda. Non fa eccezione il settore dei Servizi di Informazione. L'art. 29 della legge 124/07 a tale proposito dispone che «nello stato di previsione della spesa del Ministero dell'Economia e delle Finanze e' istituita un'apposita unita' previsionale di base per le spese del Sistema di Informazioni per la Sicurezza (...) Il regolamento di contabilita' del DIS e dei servizi di Informazione per la Sicurezza e' approvato, sentito il Presidente della Corte dei Conti, anche in deroga alle norme generali di contabilita' dello Stato, nel rispetto dei principi fondamentali da esse stabilito, nonche' nel rispetto di ulteriori disposizioni (ovvero quella che prevede il controllo preventivo di un ufficio distaccato presso il DIS facente capo all'Ufficio Bilancio e Ragioneria distaccato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri e quella che prevede la competenza esclusiva dei responsabili dei Servizi, con obbligo di rendiconto trimestrale e relazione finale annuale al Presidente del Consiglio, in merito agli atti di gestione delle spese riservate)». Ne consegue che, anche per le spese attinenti alle attivita' istituzionali dei Servizi di Informazione per la Sicurezza, non si puo' dare un'assoluta insindacabilita' delle finalita' degli esborsi di fondi pubblici, che - in ogni caso - debbono vedere la pertinenza alle finalita' istituzionali verificata periodicamente da appositi organismi. 7) In forza delle considerazioni fin qui svolte, appare all'evidenza contraddittorio ammettere che possa, da un lato, essere sanzionata penalmente una determinata condotta posta in essere da funzionari (o collaboratori) dei Servizi al di fuori delle proprie attribuzioni istituzionali, e che, dall'altro, possa essere inibito, mediante l'opposizione indiscriminata del segreto di Stato sugli «interna corporis» del Servizio, l'accertamento di tali condotte da parte del l'AG penale. Allo stesso modo, appare contraddittorio postulare la necessita' di rispettare, anche da parte dei Servizi di Informazione e Sicurezza (quale era il SISMI), i principi costituzionali in materia di destinazione delle risorse pubbliche con l'impossibilita' di accedere a qualunque informazione relativa alla concreta destinazione dei fondi. Nelle note 3 dicembre 2009 e 22 dicembre 2009, il Presidente del Consiglio dei Ministri ha richiamato la sentenza n. 106/09 della Corte Costituzionale, laddove la stessa ha ritenuto tutelabili anche gli «interna corporis» del Servizio, in quanto attraverso l'opposizione del segreto si verrebbe a tutelare il Servizio stesso, con le sue modalita' operative ed organizzative, da ogni indebita pubblicita'. Tuttavia, il principio enunciato, in linea generale, nella sopra citata pronuncia non sembra attagliarsi al caso sottoposto all'esame di questa AG, stante la sostanziale diversita' del contesto in cui il segreto di Stato e' stato invocato e confermato. Nel procedimento pendente davanti a questo GUP nei confronti di Pollari Nicolo' e Pompa Pio, infatti, gli «interna corporis»" del SISMI non vengono in considerazione con riferimento ai rapporti tra l' intelligence italiana e quella di Stati stranieri (in relazione ai quali era stato ritenuto necessario preservare la credibilita' del Servizio, ponendo al riparo da ogni indebita pubblicita' le sue modalita' operative ed organizzative). Il capo di accusa sub A), cosi' come trascritto per esteso nel paragrafo dedicato alle premesse in fatto, attiene ad un'ipotesi di peculato continuato aggravato relativo all'appropriazione e all'indebito utilizzo, da parte degli imputati, di somme di denaro, materiali e risorse umane del Servizio, utilizzandoli per scopi palesemente diversi da quelli istituzionali, come definiti dall'art. 4, legge 801/77, nonche' in violazione delle disposizioni di cui agli artt. 2, 11 e 58 del DPR 196/03. In altre parole, la condotta che viene ascritta agli imputati Pollari Nicolo' e Pompa Pio nel capo di imputazione sub A) e' esclusivamente riferita ad un presunto indebito utilizzo dei fondi e delle risorse del Servizio per l'espletamento di un'attivita' sicuramente estranea, a mente della disciplina al tempo vigente, ai compiti istituzionali del SISMI, e che in seguito e' stata addirittura sanzionata penalmente. La conferma, da parte del Presidente del Consiglio dei Ministri, del segreto di Stato opposto dagli imputati, va di fatto a precludere al Giudice penale - prima che l'accertamento dell'esistenza di eventuali cause di giustificazione - la verifica dell'intera fenomenologia del fatto, in tutti i suoi elementi costitutivi, intrinseci ed estrinseci, che pure, in linea di principio, si asserisce non dover essere preclusa. In definitiva, non viene in considerazione solo il pregiudizio del diritto di difesa, bensi' l'intero accertamento che, per effetto dell'opposizione/conferma del segreto di Stato, viene ad essere limitato nel suo contenuto essenziale. Nell'ambito di una vicenda che vede imputati il Direttore del SISMI Gen. Pollari e il collaboratore/dipendente di tale Servizio Dott. Pompa e' di palmare evidenza che, precludendo al giudice penale l'acquisizione e/o l'utilizzazione di informazioni (ancorche' provenienti dagli imputati nell'esercizio del diritto di difesa) genericamente afferenti agli «interna corporis» del SISMI, senza alcuna specificazione circa la rispondenza del segreto, in tale peculiare ambito, alle finalita' tenute in considerazione dalla legge che lo tutela, si verrebbe a precludere del tutto l'accertamento del fatto-reato. A ben guardare, anziche' consentire agli imputati di far valere eventuali cause di giustificazione del loro operato o di allegare circostanze comprovanti la loro estraneita' ai fatti addebitati, si fornirebbe agli stessi, al di fuori di qualunque previsione di legge, una sorta di esimente «in bianco», da spendere a piacimento e senza possibilita' di verifica da parte dell'AG. 8) La non opponibilita' del segreto di Stato nei termini di cui alle note 3 dicembre 2009 e 22 dicembre 2010 del Presidente del Consiglio dei Ministri, se non in una prospettiva volta a pretermettere «in toto» le direttive dettate dalla legge di riferimento, discende, ad avviso di questo Giudice, dagli stessi principi in passato espressi dalla Corte Costituzionale, ove letti nella corretta ottica rappresentata dalle linee-guida dell'evoluzione normativa, che si e' mossa nel senso di un sempre maggiore contemperamento tra le finalita' del segreto di Stato e la tutela degli altri fondamentali interessi tutelati dalla Costituzione. Nella gia' citata sentenza n. 110/98 e' stato evidenziato, in termini netti, la non configurabilita' di alcuna ipotesi di «immunita' sostanziale» collegata all'attivita' dei Servizi Segreti. Nella linea in questo senso tracciata si e' mosso il legislatore del 2007, il quale «nel prevedere (tranne che per delitti diretti a mettere in pericolo o a ledere la vita, l'integrita' fisica, la personalita' individuale, la liberta' personale, la liberta' morale, la salute o l'incolumita' di una o piu' persone) un'esimente speciale per gli agenti dei Servizi - ha tuttavia opportunamente statuito, all'art. 40, 3° comma, legge 124/07, onde non trasformare l'esimente in una immunita', che non possono essere oggetto di segreto «atti, notizie o documenti concernenti le condotte poste in essere da appartenenti ai Servizi di Informazione per la Sicurezza in violazione della disciplina concernente la speciale causa di giustificazione prevista per il personale dei medesimi Servizi». E' stato gia' in precedenza evidenziato come la sentenza della Corte Costituzionale n. 106/09 abbia incluso tra le materie tutelabili dal segreto di Stato anche gli «interna corporis» dei Servizi. Non appare tuttavia giustificabile, in forza del quadro normativo di riferimento nonche' del cd. «principio di proporzionalita'» (affermato gia' nella sentenza 86/77 Corte Cost.), una tutela indiscriminata delle esigenze di riserbo in punto di modalita' organizzative ed operative del Servizio, soprattutto laddove vengano in considerazione condotte di singoli soggetti legati a vario titolo ai Servizi che integrino esse stesse reato ovvero abbiano avuto incidenza causale su fatti costituenti reato. In altre parole, appare necessario che la nozione di segreto di Stato sia circoscritta entro un ambito costituzionalmente ammissibile, delimitato dalla preminenza degli interessi ai quali e' preordinato rispetto agli altri beni giuridici costituzionalmente protetti, tra cui quello della corretta amministrazione della giustizia. Cio' non puo' prescindere dal chiarimento, a mezzo di opportuna motivazione, che non si esaurisca in un generico richiamo a disposizioni normative, delle ragioni della prevalenza della tutela degli «interna corporis» su ogni altro interesse tutelato da norme costituzionali. Lo stesso DPCM 8 aprile 2008, che da' attuazione alla legge 124/07, ponendo i criteri ai quali il Presidente del Consiglio dei Ministri deve attenersi per esercitare i suoi poteri in tema di apposizione e conferma del segreto di Stato, prevede come discrimine l'idoneita' della diffusione di talune informazioni (o documenti o cose) a recare «un danno grave» ai supremi interessi dello Stato da valutare in ragione delle conseguenze dirette o indirette della conoscenza dell'oggetto del segreto da parte di terzi non autorizzati. La vecchia formula del generico «interesse politico» - non piu' riportata ne' nella legge 124/07 ne' nel DPCM 8 aprile 2008 - deve ormai ritenersi definitivamente bandita, proprio perche' la sua indeterminatezza era di per se' idonea ad estendere il segreto oltre i confini del costituzionalmente fondato. 9) Tutti i riferimenti rinvenibili sul punto nella normativa sopra esaminata conducono, ad avviso di questo Giudice, sotto un primo profilo, ad escludere che il segreto di Stato possa essere opposto con riguardo ad attivita' estranee alle finalita' istituzionali del Servizio, e - per un diverso aspetto - ad attribuire fondamentale rilievo alla motivazione dell'atto con cui il Presidente del Consiglio dei Ministri conferma il segreto di Stato opposto da taluno nell'ambito di un procedimento penale. Lo stesso art. 41, legge 124/07, in tenia di divieto di riferire riguardo a fatti coperti dal segreto di Stato, al comma 5°, nello statuire che l'opposizione del segreto inibisce all'AG l'acquisizione e l'utilizzazione, anche indiretta, delle notizie da esso coperte, impone per la conferma un «atto motivato» del Presidente del Consiglio dei Ministri. I commi 7° e 8° dell'art. 41, legge 124/07 disciplinano la materia del segreto di Stato allorche' venga sollevato conflitto di attribuzione nei confronti del Presidente del Consiglio dei Ministri, stabilendo che, in nessun caso, il segreto di Stato possa essere opposto alla Corte Costituzionale. Il tenore delle disposizioni in questione attiene al fondamentale aspetto della sindacabilita' da parte della Corte Costituzionale dell'atto impositivo del segreto di Stato, ovvero di quello che lo conferma agli effetti della procedibilita' in sede penale e dell'ambito entro il quale puo' operare il controllo della Corte, laddove questa, in sede di conflitto, sia chiamata a decidere in ordine alla sussistenza o meno del segreto nei confronti dell'AG. Non puo' essere considerato ancora attuale, nella sua assolutezza, tenuto conto delle innovazioni normative, il principio enunciato dalla sentenza Corte Cost. n. 86/77, laddove - tenuto conto della «politicita'» della decisione del Presidente in ordine al segreto di Stato - ritiene precluso ogni sindacato giurisdizionale sull'atto del Presidente del Consiglio dei Ministri, riservando al Parlamento l'unico sindacato ammissibile. La sentenza n. 106/09 della Corte Costituzionale, nel riprendere talune affermazioni contenute nella pronuncia in parola, ribadendo che le modalita' di esercizio del potere di secretazione «restano assoggettate al sindacato parlamentare», fa concreto riferimento (come gia' la pronuncia n. 86/77 citata) al piu' circoscritto principio della sottrazione all'AG penale di ogni controllo sul merito dell'atto di opposizione/conferma del segreto di Stato. Diverso, e ben piu' ampio, deve essere invece il potere di controllo della Corte Costituzionale in sede di conflitto di attribuzione, in quanto deve necessariamente investire, se non le ragioni di opportunita' tenute in considerazione nell'atto del Presidente del Consiglio dei Ministri, quanto meno il rispetto dei limiti che inquadrano in un ambito costituzionalmente definito ed accettabile l'avvenuta opposizione/conferma del segreto. Ad avviso di questo giudice, l'essere un atto (come le note del Presidente del Consiglio dei Ministri 3 dicembre 2009 e 22 dicembre 2009 di cui si discute in questa sede) espressione di discrezionalita' politica puo' valere a sottrarlo al sindacato dell'AG ordinaria, ma non altrettanto a quello della Corte Costituzionale, che ha tra i suoi compiti sia quello di svolgere una funzione di controllo su atti tipicamente politici, come le leggi, sia quello di decidere i conflitti di attribuzione tra poteri dello Stato, inclusi ovviamente quelli titolari di poteri politici (come e' avvenuto in tutti i casi, non infrequenti, di conflitti tra AG e Parlamento in materia di immunita' parlamentari). In forza di cio', deve ritenersi senz'altro consentito alla Corte Costituzionale, anche in materia di segreto di Stato, sindacare il corretto esercizio della discrezionalita', alla luce dei principi costituzionali e del loro corretto bilanciamento. Diversamente opinando, si dovrebbero ritenere gli atti di secretazione (o di conferma del segreto di Stato da altri opposto) volti a paralizzare l'attivita' giurisdizionale sottratti - anche nei casi di totale assenza di qualunque concreta motivazione delle ragioni del segreto - ad ogni forma di controllo diverso da quello politico, con un evidente quanto inaccettabile rischio di abbassamento del livello delle garanzie poste a tutela di funzioni anch'esse essenziali dello Stato e di diritti individuali, che di fatto la maggioranza parlamentare sarebbe lasciata libera di comprimere indiscriminatamente, persino in violazione di specifiche previsioni di legge. Da ultimo, non pare ultroneo rilevare che, come gia' sottolineato in precedenza, l'art. 41, legge 124/07 evoca esso stesso l'ipotesi del conflitto di attribuzione, la quale, portando alle estreme conseguenze gli argomenti che qui si intende contrastare, finirebbe per risultare dei tutto priva di concretezza.