Sentenza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'art.  7,  comma  2,
lettera b), della legge della Regione Marche 13 novembre 2001, n.  25
(Disciplina   regionale   in   materia   di   impianti    fissi    di
radiocomunicazione al fine della tutela ambientale e sanitaria  della
popolazione), promosso dal Tribunale amministrativo  regionale  della
Regione Marche nel  procedimento  vertente  tra  il  Comitato  Civico
Quartiere Saline ed altri e il Comune  di  Senigallia  ed  altri  con
ordinanza del  12  marzo  2010,  iscritta  al  n.  192  del  registro
ordinanze 2010 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 26, prima serie speciale, dell'anno 2010. 
    Visti gli atti di costituzione del Comune  di  Senigallia,  della
Wind Telecomunicazioni s.p.a.  nonche'  l'atto  di  intervento  della
Regione Marche; 
    Udito nell'udienza pubblica  del  14  dicembre  2010  il  Giudice
relatore Paolo Maddalena; 
    Uditi gli avvocati Filippo Lubrano per il Comune  di  Senigallia,
Giuseppe Sartorio per la  Wind  Telecomunicazioni  s.p.a.  e  Stefano
Grassi per la Regione Marche. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Con ordinanza del 12 marzo 2010, notificata il successivo  2
aprile ed iscritta al n. 192 del registro ordinanze  dell'anno  2010,
il  Tribunale  amministrativo  regionale  della  Regione  Marche,  ha
sollevato, in riferimento agli articoli 3, 15, 21, 41  e  117,  commi
secondo, lettera  s),  e  terzo,  della  Costituzione,  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 7, comma 2, lettera  b),  della
legge della Regione  Marche  13  novembre  2001,  n.  25  (Disciplina
regionale in materia di impianti fissi di radiocomunicazione al  fine
della tutela ambientale e sanitaria della popolazione). 
    Il predetto art. 7, comma 2, lettera b), vieta l'installazione di
impianti per la telefonia mobile «su ospedali,  case  di  cura  e  di
riposo, edifici adibiti  al  culto,  scuole  ed  asili  nido,  parchi
pubblici, parchi gioco, aree verdi attrezzate e  impianti  sportivi».
Il remittente censura questa disposizione limitatamente alla parte in
cui vieta l'installazione di impianti per la telefonia mobile  «negli
impianti sportivi». 
    2. - In punto di  fatto  il  Tribunale  amministrativo  regionale
remittente afferma: 
        a) di dover  decidere  in  merito  alla  impugnazione  di  un
permesso a costruire rilasciato dal  Comune  di  Senigallia  a  Nokia
Siemens Network per  la  costruzione  di  un  impianto  di  telefonia
mobile, la quale e' stata proposta  da  alcuni  proprietari  di  beni
immobili siti nelle vicinanze e da un comitato  civico  di  cittadini
residenti in zone limitrofe, tra  i  vari  motivi,  per  la  presunta
violazione dell'art. 7,  comma  2,  lettera  b),  della  legge  della
Regione Marche n. 25 del 2001; 
        b) che dall'istruttoria svolta e' emerso  che  l'impianto  di
telefonia mobile e' «ubicato immediatamente all'esterno della rete di
recinzione» di una pista di pattinaggio regolamentare destinata anche
a manifestazioni e raduni di rilevanza nazionale e  «a  una  distanza
(stimabile attraverso la scala cartografica) di circa 60 m dal centro
della piattaforma e di  circa  30  m  dal  punto  piu'  vicino  della
stessa». 
    2.1. - In ordine alla rilevanza della questione, il TAR  sostiene
che il permesso a costruire impugnato dai ricorrenti nel  giudizio  a
quo andrebbe annullato - per violazione dell'art. 7, comma 2, lettera
b), della legge della Regione  Marche  n.  25  del  2001,  che  vieta
l'installazione di impianti per telefonia mobile su impianti sportivi
-  a  meno  che  non  fosse  accolta   la   proposta   questione   di
costituzionalita' e, conseguentemente, fosse espunto tale divieto  di
installazione. 
    Secondo il TAR remittente la violazione  dell'impugnato  art.  7,
comma 2, lettera b), della legge della Regione Marche n. 25 del 2001,
sussisterebbe, ancorche', nel caso di  specie,  l'antenna  sia  stata
formalmente  collocata   all'esterno   della   rete   di   recinzione
dell'impianto sportivo. 
    Alla luce della nozione ampia di impianto  sportivo  che  sarebbe
enucleabile dalla  normativa  regionale  (Regolamento  della  Regione
Marche 28 febbraio 2005, n. 1, recante «Requisiti  degli  impianti  e
delle attrezzature per l'esercizio di attivita'  motoria  ricreativa,
ai sensi dell'art. 7 della legge regionale 1° agosto 1997, n. 47»)  e
statale (decreto del Ministro dell'interno  18  marzo  1996,  recante
«Norme di sicurezza per la costruzione e l'esercizio  degli  impianti
sportivi»,  nonche'  le  Norme  CONI  per  l'impiantistica  sportiva,
approvate dalla G.E. del CONI con deliberazione n. 851 del 15  luglio
1999) e che comprenderebbe sia lo spazio destinato  allo  svolgimento
dell'attivita' sportiva sia  gli  spazi  di  supporto  ed  accessori,
secondo il remittente,  l'antenna  in  questione  «andrebbe  comunque
considerata all'interno dello spazio che contraddistingue  l'impianto
sportivo nel suo complesso; spazio rappresentato dalla piattaforma di
pattinaggio (cosi' detta  sala  di  attivita'  motoria  o  spazio  di
attivita'  sportiva)  e  dagli   spazi   accessori,   accessibili   e
utilizzabili, come la zona spettatori, il parcheggio e i percorsi  di
accesso ivi comprese le due piste ciclabili che corrono lungo i  lati
Est ed Ovest a pochi metri dalla piattaforma». 
    Dal rilievo che il  Comune  di  Senigallia  non  avrebbe  offerto
«elementi per comprendere attraverso quali criteri  o  normative  sia
stata collocata la recinzione della pista di pattinaggio, in aderenza
alla quale (sul lato esterno) e' stato poi realizzato  l'impianto  di
telefonia mobile in esame», il remittente deduce, infatti,  che  cio'
sarebbe avvenuto «secondo  logiche  esclusivamente  discrezionali  ed
arbitrarie,  anche  in   considerazione   della   particolare   forma
perimetrale  delineata  dalla  predetta  recinzione  che  disegna  un
esagono irregolare,  il  quale  sembra  seguire  piu'  che  altro  la
particolare conformazione dei luoghi, caratterizzata, a Est  e  Ovest
della pista di pattinaggio, dalla presenza di 2 piste ciclabili oltre
le quali non sarebbe stato possibile  estendere  la  recinzione».  E,
pertanto, pur  formalmente  collocata  all'esterno  della  recinzione
delimitativa  dell'impianto  sportivo,  l'antenna  per  la  telefonia
mobile il cui permesso di costruzione e'  contestato  dai  ricorrenti
nel giudizio a quo andrebbe allora considerata come posta all'interno
dell'impianto stesso. 
    2.2. - In ordine alla non manifesta infondatezza della  questione
il TAR remittente sostiene che la disposizione censurata si  porrebbe
in contrasto con la Costituzione sotto due profili. 
    Sotto  un  primo  profilo,  essa  violerebbe  l'art.  117,  commi
secondo, lettera  s),  e  terzo,  Cost.,  in  quanto  il  divieto  di
installazione degli impianti di telefonia  mobile  sarebbe  generale,
generico (stante l'assenza di una definizione di impianto  sportivo),
immediatamente applicabile in  presenza  di  ogni  impianto  sportivo
indipendentemente dal contesto  di  riferimento  e  quindi  idoneo  a
pregiudicare  gli  interessi  alla  realizzazione   delle   reti   di
telecomunicazione protetti dalla  legislazione  nazionale.  Essa,  in
particolare, si porrebbe in contrasto  con  i  principi  fondamentali
delle materie «tutela della salute, ordinamento sportivo, governo del
territorio e ordinamento della comunicazione" dettati dagli artt.  3,
comma 1, lettera c) e 8, comma 1, lettera e), della legge 22 febbraio
2001, n. 36 (Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a  campi
elettrici, magnetici ed elettromagnetici), che, rispettivamente,  non
contemplano  espressamente  gli  impianti  sportivi  tra   i   luoghi
sensibili in cui e' esclusa la installazione di siffatta tipologia di
impianti e che demandano alla Regione la  individuazione  di  criteri
localizzativi  e  non  consentirebbero  la  introduzione  di  divieti
specifici e indiscriminati diversi dalle tipologie contemplate  dalla
legge quadro statale. 
    Il remittente mostra di conoscere la giurisprudenza  della  Corte
costituzionale (sentenza n. 307 del 2003), che  ha  ritenuto  non  in
contrasto con la Costituzione l'art. 10, comma 1, della  legge  della
Regione Puglia 8 marzo 2002, n. 5 (Norme transitorie  per  la  tutela
dell'inquinamento   elettromagnetico   prodotto   da    sistemi    di
telecomunicazioni  e  radiotelevisivi  operanti  nell'intervallo   di
frequenza tra 0 Hz e 300GHz), che vieta  l'installazione  di  sistemi
radianti relativi agli impianti di  emittenza  radiotelevisiva  e  di
stazioni base per telefonia mobile su ospedali, case  di  cura  e  di
riposo, scuole e asili nido, e  reputando,  in  particolare,  non  in
contrasto con i principi fondamentali dettati dalla legge n.  36  del
2001 la fissazione  da  parte  delle  Regioni  non  solo  di  criteri
localizzativi, ma anche di veri e propri divieti di localizzazione su
luoghi   determinati.   Il   remittente,   tuttavia,   ritiene    che
l'indeterminatezza e l'ampiezza della nozione  di  impianto  sportivo
enucleabile dalla normativa regionale e statale  rendano  il  divieto
fissato dall'impugnato art. 7, comma 2, lettera b), della legge della
Regione Marche n. 25  del  2001  idoneo  a  pregiudicare  l'interesse
nazionale  alla  realizzazione  delle  reti  di  telecomunicazioni  e
ricorda,  altresi',  come  «la  genericita'  ed  eterogeneita'  delle
categorie di aree e di edifici costitui' il presupposto per affermare
l'illegittimita' costituzionale dell'art.  7,  comma  3,  della  L.r.
marche  n.  25/2001  perche'  eccedente  i  limiti  della  competenza
regionale e in contrasto con il principio  di  legalita'  sostanziale
(cfr. Punto 11 Corte Cost. n. 307/2003 cit.)». 
    Sotto altro profilo, l'art. 7, comma 2, lettera b),  della  legge
della Regione Marche violerebbe gli arti. 3, 15,  21,  41  Cost.,  in
quanto la previsione di un divieto di installazione di  impianti  per
la  telefonia  mobile  negli  impianti  sportivi   realizzerebbe   un
bilanciamento irragionevole e non proporzionato tra l'interesse  alla
protezione della salute e le liberta' costituzionalmente garantite di
comunicazione e di  manifestazione  del  pensiero  degli  utenti  dei
servizi di telefonia e di  iniziativa  economica  delle  imprese  che
gestiscono  tali  servizi  e   perche'   tale   divieto   nella   sua
inderogabilita' non terrebbe conto delle singole realta' territoriali
e dell'effettivo rischio per la salute provocato  dagli  impianti  di
telefonia mobile. 
    3. - Si e' costituito il Comune di  Senigallia  con  una  memoria
nella quale eccepisce l'irrilevanza delle questioni,  sostenendo  che
la norma contestata non debba trovare  applicazione  nel  giudizio  a
quo,  posto  che  il  divieto  di  installazione  degli  impianti  di
telefonia mobile non potrebbe applicarsi estensivamente e,  pertanto,
non potrebbe applicarsi, come invece proposto dal remittente, ad  una
antenna posta all'esterno di un impianto sportivo. 
    Nel merito la difesa  del  Comune  di  Senigallia  si  limita  ad
aderire   alla   prospettazione   dell'ordinanza    di    remissione,
riproducendone larghi brani o riassumendone gli argomenti. 
    4.  -  Si  e'  costituita  la  Wind   Telecomunicazioni   S.p.a.,
interveniente ad opponendum nel giudizio a quo  (quale  soggetto  nel
cui interesse la Nokia Siemens Network aveva  richiesto  il  permesso
per la costruzione del contestato impianto di telefonia mobile),  con
una memoria nella quale, dopo  avere  analiticamente  ricostruito  il
giudizio  pendente  davanti  al  TAR   Marche,   sostiene   anch'essa
l'irrilevanza delle questioni, giacche' la norma  contestata  non  si
applicherebbe al caso di specie, essendo l'antenna telefonica esterna
all'impianto sportivo. 
    Nel merito la difesa della Wind aderisce, in buona sostanza, alla
prospettazione   del   remittente,   rimarcando,   in    particolare,
«l'assoluta  estraneita'  degli  "impianti  sportivi",  genericamente
intesi, rispetto alle tre categorie ("ambienti abitativi,  scolastici
e  nei  luoghi  adibiti  a  permanenza  prolungate")   specificamente
individuate dalle legge quadro» n. 36 del 2001 «come aree ed immobili
da sottoporre  alla  piu'  pregnante  tutela  di  cui  ai  valori  di
attenzione» (art. 3, comma 1, lettera e), legge n.  36  del  2001)  e
sostenendo che  la  individuazione  di  criteri  localizzativi  degli
impianti da parte delle Regioni non potrebbe riguardare la tutela  di
tali aree «sensibili». 
    La  Wind,  inoltre,  sostiene  che  la   disposizione   censurata
determinerebbe una disparita' di trattamento sul territorio nazionale
tra i cittadini oltre che una lesione  dei  principi  di  unitarieta'
delle forme  e  criteri  di  tutela  apprestati  dall'ordinamento.  E
rimarca, infine, come la legge regionale n. 25 del 2001, al suo  art.
1, individua tra le finalita' perseguite dall'intervento normativo la
tutela  ambientale  e  sanitaria  della   popolazione,   sebbene   la
competenza in materia di  tutela  dell'ambiente  sia  riservata  allo
Stato dall'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. 
    5. - E' intervenuta in giudizio la Regione Marche con una memoria
nella  quale  sostiene  l'inammissibilita'  e  l'infondatezza   delle
questioni. 
    5.1.  -  Per  la  difesa   regionale   le   questioni   sarebbero
inammissibili sotto vari profili. 
    Anzitutto, sarebbero inammissibili per irrilevanza, posto che  la
disposizione  censurata,  contrariamente  a   quanto   ritenuto   dal
remittente, non sarebbe applicabile nel giudizio a quo. 
    Per la difesa regionale, da una attenta disamina  delle  medesime
disposizioni normative regionale e statali richiamate dal remittente,
emergerebbe che «la presenza di una recinzione in grado di delimitare
l'area di pertinenza dell'impianto (o area annessa) rispetto all'area
esterna costituisce l'unico  elemento  dirimente  ed  inequivoco  per
stabilire la portata spaziale  del  divieto  di  installazione  degli
impianti di telefonia mobile» contenuto nella disposizione impugnata.
Sicche' la collocazione  dell'antenna  radiante  al  di  fuori  della
recinzione dell'impianto sportivo e solo in prossimita' della  stessa
escluderebbe  in  radice  una  applicazione  del  divieto   contenuto
nell'impugnato art. 7, comma 2, lettera b), della legge della Regione
Marche n. 25 del 2001 al caso di specie. 
    L'errore  in  cui  sarebbe  incorso  il  remittente,  laddove  ha
ritenuto facenti parte dell'impianto sportivo  anche  ambiti  esterni
alla recinzione, quali «i percorsi di accesso  ivi  comprese  le  due
piste ciclabili che corrono lungo i lati Est e Ovest  a  pochi  metri
dalla piattaforma» sarebbe dimostrato, secondo la  difesa  regionale,
dal disposto dell'art. 2 del decreto ministeriale  18  marzo  1996  e
dell'art. 2,  comma  6,  del  regolamento  della  Regione  Marche  28
febbraio 2005, n. 1 (Requisiti degli impianti  e  delle  attrezzature
per l'esercizio di attivita' motoria ricreativa, ai sensi dell'art. 7
della legge regionale 1° agosto 1997, n. 47),  che  definiscono  come
via d'uscita «il percorso senza  ostacoli  al  deflusso  che  conduce
dall'uscita dello spazio riservato agli spettatori e dallo spazio  di
attivita'  sportiva  all'area  di  servizio  annessa  o  all'area  di
servizio esterna». Questa definizione renderebbe, a dire della difesa
regionale, evidente che  «gli  unici  "percorsi"  considerabili  come
facenti parte dell'impianto sportivo possono essere solo quelli posti
all'interno dell'area recintata di pertinenza dell'impianto». 
    5.2. - Le questioni sarebbero, poi, inammissibili, in  quanto  il
TAR remittente avrebbe omesso di effettuare  qualunque  tentativo  di
dare alla  disposizione  censurata  una  interpretazione  conforme  a
Costituzione  ed,  in  particolare,  di  dare   una   interpretazione
sufficientemente determinata e  definita  alla  nozione  di  impianto
sportivo. 
    5.3. - La questione proposta in riferimento  all'art.  117  Cost.
sarebbe, inoltre, inammissibile, in quanto il remittente non  avrebbe
individuato con chiarezza il parametro del giudizio. 
    Non potrebbe, infatti, ritenersi sufficientemente  determinato  e
chiaro il richiamo unico ed indistinto all'art. 117,  secondo  comma,
lettera s), e terzo comma, Cost.  (in  relazione,  quest'ultimo  alle
materie  tutela  della  salute,  ordinamento  sportivo,  governo  del
territorio e ordinamento della comunicazione), giacche' si tratta  di
competenze statali sia esclusive sia concorrenti e, conseguentemente,
non sarebbe chiaro se la  disposizione  regionale  impugnata  sarebbe
viziata da incompetenza  assoluta  o  relativa.  Ne'  maggior  valore
individuativo avrebbe il richiamo delle norme  interposte  costituite
dagli arti. 3, comma 1, lettera c), e 8, comma 1, lettera  e),  della
legge n. 36 del 2001, posto che il remittente non chiarirebbe a quale
materia tali norme sarebbero riferibili. 
    5.4. - La questione proposta in riferimento agli artt. 3, 15,  21
e 41 Cost.  sarebbe,  infine,  inammissibile  non  essendo  chiari  i
presupposti sostanziali della questione  e  lo  stesso  petitum,  che
avrebbe natura ancipite. 
    Da  un  lato,  infatti,  il   remittente   sembrerebbe   ritenere
illegittimo di per  se'  il  divieto  di  installazione  di  apparati
radianti  per  telefonia  mobile  riferito  agli  impianti  sportivi,
dall'altro, alquanto contraddittoriamente, sembrerebbe lamentare solo
la circostanza che il divieto sia assoluto e non tenga  adeguatamente
conto delle singole realta' territoriali e dell'effettivo rischio per
la salute. 
    5.5. - Nel merito la questione proposta in  riferimento  all'art.
117  Cost.  sarebbe   infondata,   posto   che,   alla   luce   della
giurisprudenza costituzionale (viene richiamata la  sentenza  n.  307
del 2003), la Regione non incontrerebbe limiti  nella  individuazione
di  criteri  localizzativi  ed  anche  nella  fissazione  di  divieti
specifici, se non  quello  di  riferirli  a  luoghi  sufficientemente
determinati (quali sarebbero, nella  lettura  proposta  dalla  difesa
regionale, anche gli impianti sportivi),  ed  in  questo  ambito  non
assumerebbero alcun rilievo i luoghi individuati dall'art.  3,  comma
1, lettera c), della legge n. 36 del 2001 quali luoghi nei quali  non
sono   superabili   i   valori   di   attenzione   di    inquinamento
elettromagnetico fissati dal legislatore statale. 
    Parimenti infondata sarebbe la questione proposta in  riferimento
agli artt. 3, 15, 21  e  41  Cost.,  dato  che  non  sarebbe  affatto
irragionevole omologare nel divieto tutte le  tipologie  di  impianti
sportivi, essendo questi, indipendentemente dalle  loro  tipologie  e
dimensioni, tutti funzionali alla pratica sportiva e  potendo  essere
data, in via interpretativa, una  stretta  delimitazione  spaziale  a
tali impianti. 
    6. - In prossimita' dell'udienza pubblica del 14 dicembre 2010 il
Comune di Senigallia ha depositato una memoria nella  quale  sviluppa
argomenti a favore dell'accoglimento delle questioni proposte. 
    In via preliminare  il  Comune  di  Senigallia  sostiene  che  la
localizzazione delle infrastrutture quali gli impianti  di  telefonia
rientri nella  materia  di  competenza  legislativa  concorrente  del
governo del territorio ma, richiamando le sentenze numeri 307  e  331
del 2003 della Corte  costituzionale,  afferma  che  le  Regioni  non
potrebbero introdurre divieti di ubicazione generalizzati,  generici,
eterogenei o comunque idonei  a  pregiudicare  l'interesse,  protetto
dalla legislazione nazionale, alla  realizzazione  delle  reti  degli
impianti. 
    In merito alla questione proposta  in  riferimento  all'art.  117
Cost., la difesa del Comune sostiene che  la  disposizione  impugnata
violerebbe la competenza esclusiva dello Stato in materia  di  tutela
dell'ambiente,  giacche'   contrasterebbe   con   il   principio   di
uniformita' ed omogeneita' della  disciplina  in  materia  ambientale
sull'intero   territorio   nazionale,   e   violerebbe   i   principi
fondamentali dettati dalla legislazione statale in materia di  tutela
della  salute,   governo   del   territorio   e   ordinamento   della
comunicazione, in  quanto  estendendo  a  luoghi  diversi  da  quelli
individuati dallo Stato per la fissazione dei  valori  di  attenzione
dell'inquinamento  elettromagnetico   eluderebbe   il   bilanciamento
fissato dal legislatore statale tra il  diritto  alla  salute  e  gli
altri   interessi   costituzionalmente   protetti   e,   stante    la
indeterminatezza del concetto di impianto sportivo (che, a  dire  del
Comune, non  potrebbe  essere  determinato  in  base  alla  normativa
secondaria   regionale,   ostandovi   il   principio   di   legalita'
sostanziale)  verrebbe  non   tanto   a   individuare   un   criterio
localizzativo, quanto a introdurre una illegittima  limitazione  alla
localizzazione,  rendendo  in   pratica   «impossibile   o   comunque
estremamente difficile la realizzazione  di  una  rete  complessa  di
infrastrutture per le telecomunicazioni». 
    In merito alla questione proposta in riferimento  agli  artt.  3,
15, 21 e 41 Cost. la difesa del Comune sostiene  la  irragionevolezza
della disposizione impugnata  e  lamenta  la  eccessiva  compressione
degli  interessi  costituzionalmente  protetti   alla   liberta'   di
comunicazione ed all'attivita' di impresa. 
    7. - In prossimita' dell'udienza pubblica del  14  dicembre  2010
anche  Wind  ha  depositato  una  memoria,  nella   quale   ribadisce
sinteticamente le argomentazioni gia' svolte. 
    8. - In prossimita' dell'udienza pubblica del  14  dicembre  2010
anche la Regione Marche ha depositato una memoria nella quale  amplia
e sviluppa gli argomenti proposti nell'atto di  intervento  a  favore
dell'inammissibilita' e dell'infondatezza delle questioni. 
    La difesa regionale sottolinea, anzitutto, come entrambe le parti
costituite concordino sulla non applicabilita'  nel  giudizio  a  quo
della disposizione impugnata. 
    La difesa regionale,  inoltre,  svolge  una  articolata  disamina
della giurisprudenza costituzionale in materia (vengono richiamate le
sentenze numeri 307 e 331 del 2003, 336 del 2005, 103 del 2006 e  303
del 2007), rimarcando come non  sia  affatto  precluso  alla  Regione
fissare divieti di localizzazione  degli  impianti  di  telefonia  in
relazione a luoghi diversi da  quelli  per  i  quali  il  legislatore
statale fissa i valori di attenzione ai sensi dell'art. 3,  comma  1,
lettera c), della legge n.  36  del  2001,  purche'  si  tratti  (non
necessariamente di edifici,  ma  anche)  di  luoghi  sufficientemente
delimitati (rientrando, peraltro, in questo ambito anche aree di  non
piccola dimensione, quali  i  parchi  giochi  o  i  biotopi  naturali
protetti) e purche' si tratti di divieti  che  non  pregiudichino  in
senso assoluto la realizzazione delle reti di telecomunicazioni. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - Il Tribunale amministrativo regionale della Regione  Marche,
nel corso di un giudizio  avente  ad  oggetto  l'impugnazione  di  un
permesso a costruire rilasciato  dal  Comune  di  Senigallia  per  la
costruzione  di  un  impianto  di  telefonia  mobile,  ha   sollevato
questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  7,  comma  2,
lettera b), della legge della Regione Marche 13 novembre 2001, n.  25
(Disciplina   regionale   in   materia   di   impianti    fissi    di
radiocomunicazione al fine della tutela ambientale e sanitaria  della
popolazione), nella parte in cui vieta  l'installazione  di  impianti
per la telefonia mobile negli (recte sugli) impianti sportivi. 
    Per il remittente la  disposizione  impugnata  violerebbe  l'art.
117, commi secondo, lettera  s),  e  terzo,  della  Costituzione,  in
quanto fisserebbe un divieto generale, generico (stante l'assenza  di
una definizione di impianto sportivo) e immediatamente applicabile in
presenza di ogni impianto sportivo indipendentemente dal contesto  di
riferimento e sarebbe cosi' idonea a pregiudicare gli interessi  alla
realizzazione  delle  reti  di   telecomunicazione   protetti   dalla
legislazione nazionale e, in particolare, in quanto  si  porrebbe  in
contrasto con i principi fondamentali  delle  materie  «tutela  della
salute, ordinamento sportivo, governo del  territorio  e  ordinamento
della comunicazione» dettati dagli artt. 3, comma 1, lettera c), e 8,
comma 1, lettera e), della legge  22  febbraio  2001,  n.  36  (Legge
quadro  sulla  protezione  dalle  esposizioni  a   campi   elettrici,
magnetici ed elettromagnetici), che, rispettivamente, non contemplano
espressamente gli impianti sportivi tra i luoghi sensibili in cui  e'
esclusa l'installazione di  siffatta  tipologia  di  impianti  e  che
demandano alla Regione la individuazione di criteri  localizzativi  e
non  consentirebbero  la  introduzione   di   divieti   specifici   e
indiscriminati,  diversi  dalle  tipologie  contemplate  dalla  legge
quadro statale. 
    La disposizione impugnata violerebbe, inoltre, gli artt.  3,  15,
21, 41 Cost., in quanto la previsione di un divieto di  installazione
di  impianti  per  la  telefonia  mobile  negli   impianti   sportivi
realizzerebbe un bilanciamento irragionevole e non proporzionato  tra
l'interesse   alla   protezione   della   salute   e   le    liberta'
costituzionalmente garantite di comunicazione e di manifestazione del
pensiero degli utenti  dei  servizi  di  telefonia  e  di  iniziativa
economica delle imprese che gestiscono tali servizi  e  perche'  tale
divieto nella sua inderogabilita' non terrebbe  conto  delle  singole
realta' territoriali e dell'effettivo rischio per la salute provocato
dagli impianti di telefonia mobile. 
    2. - Le questioni sono inammissibili per difetto di rilevanza. 
    Il  remittente  ritiene  di  dovere   fare   applicazione   della
disposizione impugnata  sull'assunto  che  il  concetto  di  impianto
sportivo (non definito dalla stessa legge regionale n. 25  del  2001,
ma) enucleabile dalla normativa regionale (Regolamento della  Regione
Marche 28 febbraio 2005, n. 1 recante  «Requisiti  degli  impianti  e
delle attrezzature per l'esercizio di attivita'  motoria  ricreativa,
ai sensi dell'art. 7 della legge regionale 1° agosto 1997, n. 47»)  e
statale (decreto del Ministro dell'interno  18  marzo  1996,  recante
«Norme di sicurezza per la costruzione e l'esercizio  degli  impianti
sportivi», e le Norme CONI per  l'impiantistica  sportiva,  approvate
dalla G.E. del CONI con deliberazione n.  851  del  15  luglio  1999)
comprenderebbe,  oltre   lo   spazio   destinato   allo   svolgimento
dell'attivita' sportiva, anche quella parte dei percorsi  di  accesso
esterni  alla  recinzione  dell'impianto   stesso,   dovendo   essere
considerati anche questi come spazi di supporto ed accessori. 
    Tale ipotesi interpretativa e' del tutto implausibile,  dovendosi
necessariamente ritenere che la rete esterna di  recinzione  delimita
lo spazio fisico costituente l'impianto, mentre d'altro canto non  e'
possibile considerare come spazio di supporto l'intera rete  stradale
che conduce all'accesso allo stesso. 
    L'erroneita' della  lettura  del  remittente  risulta,  altresi',
palese  se,  sotto  altro  profilo,  si  considera  l'interpretazione
restrittiva che deve necessariamente darsi ad una norma  di  divieto,
quale e' quella in questione. 
    Escluso, pertanto, che il giudice a quo debba  fare  applicazione
della disposizione censurata, le questioni proposte in ordine ad essa
risultano irrilevanti e, quindi, inammissibili.