Sentenza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale degli articoli  1,  commi
2, lettera a) e 3, lettera b), 2, comma 1, 3, comma 1, 4, comma 2, 8,
comma 2, 14, commi 1 e 2, 16, 17, commi 2, 5, 6 e 7, 18, commi 1 e 3,
e 20, comma 1, della legge della Regione Campania 8 febbraio 2010, n.
6 (Norme  per  l'inclusione  sociale,  economica  e  culturale  delle
persone straniere presenti in Campania), promosso dal Presidente  del
Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 20-23  aprile  2010,
depositato in cancelleria il 27 aprile 2010 ed iscritto al n. 62  del
registro ricorsi 2010. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Campania; 
    Udito nell'udienza  pubblica  del  25  gennaio  2011  il  giudice
relatore Paolo Grossi; 
    Uditi l'avvocato Rosanna Panariello per  la  Regione  Campania  e
l'avvocato dello Stato Paola Palmieri per il Presidente del Consiglio
dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Con ricorso notificato il 20 aprile  2010  e  depositato  il
successivo 27 aprile,  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
rappresentato e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha
congiuntamente proposto - in riferimento  all'articolo  117,  secondo
comma, lettere a), b), h) ed l), della Costituzione (ed in  relazione
agli articoli 3, comma 5, 4, 5, 10, 10-bis, 11, 13, 14, 19,  34,  35,
39-bis e 40, commi 1, 1-bis e 6, del decreto  legislativo  25  luglio
1998,  n.  286  (Testo  unico  delle  disposizioni   concernenti   la
disciplina  dell'immigrazione  e   norme   sulla   condizione   dello
straniero) - questione di legittimita'  costituzionale  dell'articolo
1, comma 2, lettera a), e comma 3, lettera b); dell'art. 2, comma  1;
dell'art. 3, comma 1; dell'art. 4, comma  2;  dell'art.  8,  comma  2
[indicato solo in epigrafe]; dell'art. 14, commi 1 e 2; dell'art. 17,
commi 2, 5, 6 e 7; dell'art. 18, commi 1 e 3, e dell'art.  20,  comma
1, della legge della Regione Campania 8 febbraio 2010,  n.  6  (Norme
per  l'inclusione  sociale,  economica  e  culturale  delle   persone
straniere presenti in Campania), pubblicata nel Bollettino  Ufficiale
della Regione Campania del 19 febbraio 2010, n.  16.  Con  lo  stesso
atto, il ricorrente ha altresi' impugnato - in  riferimento  all'art.
117, terzo comma, Cost. ed in relazione  all'art.  1,  comma  4,  del
decreto legislativo n. 286 del 1999 [recte:  1998]  ed  all'art.  80,
comma 19, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale  dello  Stato  -  legge
finanziaria 2001) - l'art. 16 della stessa legge regionale n.  6  del
2010. 
    1.1. - Il ricorrente premette che la legge regionale (all'art. 1,
comma 2) prevede, tra i  propri  principi  e  le  proprie  finalita',
quella di garantire alle persone straniere  presenti  sul  territorio
campano  «la  pari   opportunita'   di   accesso   ai   servizi,   il
riconoscimento e la valorizzazione della  parita'  di  genere  ed  il
principio  di  indirizzare  l'azione   amministrativa   all'effettivo
esercizio dei diritti. A tal fine le politiche della Regione e  degli
enti locali sono finalizzate: a) alla rimozione  degli  ostacoli  per
l'effettivo  inserimento  sociale,  culturale  e   politico   [...]».
Inoltre, ai sensi del successivo comma 3, «la  Regione  organizza  un
sistema di  tutela  e  promozione  sociale  delle  persone  straniere
attraverso iniziative volte a: [...] b) assicurare pari  opportunita'
di  accesso  all'abitazione,  al  lavoro   all'istruzione   ed   alla
formazione professionale, alla conoscenza  delle  attivita'  connesse
all'avvio di attivita' autonome e imprenditoriali,  alle  prestazioni
sanitarie ed  assistenziali  nonche'  alle  attivita'  di  mediazione
interculturale [...]». 
    Peraltro, il  ricorrente  osserva  che,  ai  sensi  del  comma  1
dell'art.  2,  i  destinatari  della  normativa  censurata  sono   «i
cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea, gli  apolidi,
i richiedenti asilo e i rifugiati, presenti sul territorio  nazionale
[...]   di   seguito   denominati   persone   straniere»;   e    che,
nell'indicazione dei compiti  della  Regione  e  delle  Province,  le
relative disposizioni (di cui agli artt. 3, comma 1, e  4,  comma  2)
concernono  in  generale,  le  persone  straniere   senza   ulteriori
specificazioni. E rileva che sia  l'art.  14  (nell'istituire  presso
l'assessorato competente  in  materia  di  immigrazione  il  registro
generale degli enti e delle associazioni che operano in favore  delle
persone straniere) implicitamente considera tra i  destinatari  degli
interventi posti in essere da tali enti anche  le  persone  prive  di
permesso di soggiorno o, comunque, non regolarmente  soggiornanti;  e
sia le restanti norme censurate (art. 17, commi 2, 5, 6 e 7; art. 18,
commi 1 e 3; art. 20, comma 1) individuano nel dettaglio una serie di
interventi   volti   a   garantire   l'assistenza    socio-sanitaria,
l'integrazione sociale e  la  formazione  professionale,  che  vedono
quali destinatari  le  «persone  straniere  presenti  sul  territorio
regionale». 
    Orbene, secondo il ricorrente, l'uso  di  tale  formula  ampia  e
generica, congiuntamente  alla  circostanza  che  altre  disposizioni
della legge regionale (quali, ad esempio, l'art. 1, comma 1,  lettera
c), e comma 3, lettera f); l'art. 4, comma 1; l'art.  5;  l'art.  13,
comma 4; l'art. 16; l'art. 21; l'art. 25)  viceversa  si  riferiscono
espressamente alle «persone straniere regolarmente soggiornanti nella
regione»,   comporterebbe   che   i   suddetti    interventi    siano
inequivocabilmente rivolti anche  ai  cittadini  stranieri  immigrati
privi di regolare permesso di  soggiorno.  Tuttavia,  l'ingresso,  la
permanenza  e  l'espulsione  dei  cittadini  stranieri   sono   stati
compiutamente disciplinati dal decreto legislativo n. 286 del 1998 e,
quindi, le norme  regionali  impugnate  (non  rientrando  nel  regime
derogatorio di cui agli  artt.  19  e  35)  violerebbero  i  principi
fondamentali stabiliti, in particolare, negli artt. 3, comma 5, e 40,
comma  1-bis,  che  demandano  alle  Regioni  e   agli   altri   enti
territoriali le misure di integrazione  sociale  dei  soli  immigrati
regolarmente soggiornanti sul territorio; negli artt. 4, 5,  10,  11,
13 e 14, concernenti l'illegittimita' del soggiorno  degli  immigrati
irregolari e la disciplina del respingimento, dell'espulsione e della
detenzione nei  centri  di  identificazione  ed  espulsione,  nonche'
nell'art. 10-bis (introdotto dall'art. 1, comma 16,  della  legge  15
luglio 2009, n. 94, recante «Disposizioni  in  materia  di  sicurezza
pubblica»), il quale configura come reato la condotta dello straniero
che faccia ingresso o si trattenga nel  territorio  dello  Stato,  in
violazione delle norme di detto decreto legislativo. 
    Sicche', le disposizioni regionali  impugnate,  disciplinando  ed
agevolando il soggiorno degli stranieri che  dimorano  irregolarmente
nel territorio nazionale, risulterebbero  eccedere  dalle  competenze
della  Regione,  incidendo  sulla  disciplina  dell'ingresso  e   del
soggiorno degli immigrati ricompresa nelle  materie,  riservate  alla
competenza esclusiva dello Stato,  «diritto  di  asilo  e  condizione
giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea»
e «immigrazione», previste  rispettivamente  alle  lettere  a)  e  b)
dell'art. 117, secondo  comma,  Cost.,  nonche'  «ordine  pubblico  e
sicurezza» e «ordinamento penale», previste alle  successive  lettere
h) ed l). 
    1.2. - Il ricorrente  -  sempre  con  riferimento  all'art.  117,
secondo comma, lettere a), b), h) ed l),  Cost.  -  deduce,  inoltre,
distintamente,  l'illegittimita'  costituzionale  (a)  dell'art.  17,
comma 2, della legge regionale  in  esame,  che  (prevedendo  che  «I
centri di accoglienza delle persone straniere nella regione  svolgono
attivita' di accoglienza temporanea nei confronti di tutte le persone
straniere  presenti  sul  territorio  e  sprovviste  di   un'autonoma
sistemazione alloggiativa») contrasterebbe con l'art. 40, commi  1  e
1-bis, del decreto legislativo n. 286 del 1998, secondo cui i  centri
di accoglienza predisposti dalle Regioni sono destinati  ad  ospitare
in via esclusiva  «stranieri  regolarmente  soggiornanti  per  motivi
diversi dal turismo,  che  siano  temporaneamente  impossibilitati  a
provvedere autonomamente alle  proprie  esigenze  alloggiative  e  di
sussistenza», e secondo cui «L'accesso alle  misure  di  integrazione
sociale  e'  riservato  agli  stranieri  non  appartenenti  a   Paesi
dell'Unione europea che dimostrino di essere in regola con  le  norme
che disciplinano il soggiorno in Italia ai sensi del  presente  testo
unico e delle leggi e regolamenti vigenti in  materia»;  nonche'  (b)
dell'art. 17, comma 5, che (attribuendo «alle persone  straniere»  al
pari dei cittadini italiani, il  diritto  di  essere  assegnatari  di
alloggi di edilizia residenziale pubblica e destinatari di contributi
erogabili  ai  locatari  nei  contratti  di  locazione  ad   uso   di
abitazione, nonche'  la  possibilita'  di  partecipare  ai  bandi  di
concorso relativi  all'assegnazione  di  provvidenze  in  materia  di
edilizia residenziale per l'acquisto, il recupero, la  costruzione  e
la locazione di alloggi) contrasterebbe con l'art. 40, comma  6,  del
decreto legislativo n. 286 del 1998, per il quale solo «gli stranieri
titolari  di  carta  di  soggiorno  e  gli   stranieri   regolarmente
soggiornanti in possesso di permesso di soggiorno almeno  biennale  e
che esercitano una regolare attivita'  di  lavoro  subordinato  o  di
lavoro autonomo hanno diritto di accedere, in condizioni  di  parita'
con i cittadini italiani,» a siffatte provvidenze. 
    1.3. - Per violazione degli stessi parametri, il Governo  impugna
anche l'art. 18, commi 1 e 3, della  medesima  legge  regionale,  che
garantiscono  «alle  persone  straniere   presenti   sul   territorio
regionale»  i  servizi  sanitari  di  cui  all'art.  34  del  decreto
legislativo n. 286 del 1998, prevedendo la  promozione  delle  misure
organizzative finalizzate a rendere fruibili le prestazioni sanitarie
anche per le persone straniere non  iscritte  al  servizio  sanitario
regionale. Secondo la  difesa  erariale  tali  norme  si  pongono  in
contrasto con i principi  di  cui  all'art.  35  del  citato  decreto
legislativo,  che,  nel  dettare   disposizioni   sulla   «Assistenza
sanitaria per  gli  stranieri  non  iscritti  al  Servizio  sanitario
nazionale», stabilisce, al  comma  3,  che  «Ai  cittadini  stranieri
presenti sul  territorio  nazionale,  non  in  regola  con  le  norme
relative all'ingresso ed al soggiorno,  sono  assicurate»  unicamente
«le cure ambulatoriali ed ospedaliere urgenti o comunque  essenziali,
ancorche' continuative, per malattia ed infortunio e  sono  estesi  i
programmi  di  medicina  preventiva  a  salvaguardia   della   salute
individuale e collettiva». 
    1.4. - A sua volta l'art. 20, comma 1 (che consente l'accesso  ai
corsi di formazione e di riqualificazione professionali alle «persone
straniere» generalmente intese e senza specificazioni), e'  impugnato
- sempre con riferimento  ai  medesimi  parametri  -  per  violazione
dell'art. 39-bis del decreto legislativo n. 286 del 1998, che riserva
espressamente l'accesso a tali  corsi  agli  stranieri  con  regolare
permesso di soggiorno per motivi di studio. Secondo il ricorrente, la
disposizione  regionale   oltre   ad   agevolare   il   soggiorno   e
l'inserimento sociale anche in  vista  di  una  possibile  formazione
professionale dello stranieri irregolare (suscettibile di espulsione)
estende ad esso diritti  ed  agevolazioni  previste  dalla  normativa
statale  esclusivamente  a  favore  dello  straniero  che   soggiorna
regolarmente sul territorio. 
    1.5. - Infine,  l'art.  16  (secondo  cui  le  persone  straniere
regolarmente soggiornanti in Campania «sono equiparate  ai  cittadini
italiani  ai  fini  delle  fruizioni  delle   provvidenze   e   delle
prestazioni, anche economiche,  che  sono  erogate  dalla  regione»),
viene impugnato per violazione dell'art.  1,  comma  4,  del  decreto
legislativo n. 286 del 1998  e  dell'art.  117,  terzo  comma,  Cost.
Osserva infatti il ricorrente che - se l'art. 3, comma  5,  e  l'art.
40, comma 1-bis, del  testo  unico  sull'immigrazione  (che,  a  loro
volta, costituiscono principi fondamentali) demandano alla Regione  e
agli altri enti territoriali le misure di integrazione sociale  degli
immigrati regolarmente soggiornanti  sul  territorio  -  tuttavia  la
disposizione si pone in contrasto con  l'art.  80,  comma  19,  della
legge n. 388 del 2000, che circoscrive l'ambito dei destinatari delle
provvidenze sociali,  stabilendo  che  «Ai  sensi  dell'art.  41  del
decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, l'assegno  sociale  e  le
provvidenze economiche che costituiscono diritti soggettivi  in  base
alla  legislazione  vigente  in  materia  di  servizi  sociali   sono
concessi, alle condizioni previste dalla legislazione medesima,  agli
stranieri che siano titolari di carta  di  soggiorno;  per  le  altre
prestazioni  e  servizi  sociali  l'equiparazione  con  i   cittadini
italiani e' consentita a favore  degli  stranieri  che  siano  almeno
titolari di permesso di soggiorno  di  durata  non  inferiore  ad  un
anno». La disposizione regionale, pertanto, limitandosi a  richiedere
la regolarita' della presenza sul territorio del soggetto  straniero,
senza specificare lo specifico titolo di  soggiorno  necessario  allo
straniero per fruire dei servizi sociali, si pone in contrasto con  i
principi fondamentali posti dalla disciplina statale  in  materia  di
condizioni di accesso dello  straniero  alle  prestazioni  economiche
previdenziali. 
    2. - La Regione Campania si e' costituita nel  presente  giudizio
in via principale in virtu' di deliberazione effettuata  con  decreto
dirigenziale  adottato  dal  Coordinatore   dell'Area   generale   di
coordinamento, «su proposta del  Dirigente  del  Settore  Contenzioso
Amministrativo e Tributario». 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - In via preliminare, va  rilevato  che  la  Regione  Campania
risulta essersi  costituita  nel  presente  giudizio  sulla  base  di
autorizzazione a resistere conferita (con decreto dirigenziale n. 366
del  17  maggio  2010)  dal  coordinatore   dell'Area   generale   di
coordinamento - Avvocatura, su proposta  del  dirigente  del  settore
contenzioso amministrativo e tributario della Regione medesima, e non
gia' dalla Giunta regionale, come viceversa richiesto  dall'art.  32,
secondo comma,  della  legge  11  marzo  1953,  n.  87  (Norme  sulla
costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), cui  si
e' conformato l'art. 51, comma 1, lettera f), della  legge  regionale
28 maggio 2009, n. 6 (Statuto della Regione Campania).  Orbene,  come
ribadito dalla  giurisprudenza  costituzionale  -  che  ha  affermato
(anche in fattispecie identica) che, nella competenza ad  autorizzare
la  promozione  dei  giudizi  di  costituzionalita',  deve  ritenersi
compresa anche la deliberazione di costituirsi in tali giudizi,  data
la natura politica della valutazione che i due  atti  richiedono  (ex
multis, ordinanza letta all'udienza del 5 ottobre 2010 e relativa  al
giudizio deciso con la sentenza n. 325 del 2010)  -  la  costituzione
risulta pertanto inammissibile. 
    2. - Il Presidente del Consiglio dei ministri,  in  primo  luogo,
impugna  congiuntamente  numerose  disposizioni  della  legge   della
Regione  Campania  8  febbraio  2010,  n.  6  (recante   «Norme   per
l'inclusione sociale, economica e culturale delle  persone  straniere
presenti in Campania»). In particolare, il ricorrente censura: l'art.
1, comma 2, lettera a), in quanto prevede, tra i  propri  principi  e
finalita', quello di garantire alle persone  straniere  presenti  sul
territorio campano «la pari opportunita' di accesso  ai  servizi,  il
riconoscimento e la valorizzazione della  parita'  di  genere  ed  il
principio  di  indirizzare  l'azione   amministrativa   all'effettivo
esercizio dei diritti», ed a tal fine dispone che «le politiche della
Regione e degli enti locali sono  finalizzate  [...]  alla  rimozione
degli ostacoli  per  l'effettivo  inserimento  sociale,  culturale  e
politico»; l'art. 1, comma 3, lettera b),  secondo  cui  «la  Regione
organizza un sistema di tutela e  promozione  sociale  delle  persone
straniere  attraverso  iniziative  volte  a  [...]  assicurare   pari
opportunita' di accesso all'abitazione, al lavoro  all'istruzione  ed
alla  formazione  professionale,  alla  conoscenza  delle   attivita'
connesse all'avvio di  attivita'  autonome  e  imprenditoriali,  alle
prestazioni sanitarie ed  assistenziali  nonche'  alle  attivita'  di
mediazione interculturale»;  l'art.  2,  comma  1,  per  il  quale  i
destinatari della normativa censurata sono «i cittadini di Stati  non
appartenenti all'Unione europea, gli apolidi, i richiedenti asilo e i
rifugiati,  presenti  sul  territorio  nazionale  [...]  di   seguito
denominati persone straniere»; l'art. 3, comma 1, e l'art.  4,  comma
2, che, nell'indicazione dei compiti della Regione e delle  Province,
si riferiscono in generale alle  persone  straniere  senza  ulteriori
specificazioni; l'art. 8, comma 2 [indicato solo in epigrafe]; l'art.
14, commi 1 e  2,  in  quanto,  nell'istituire  presso  l'assessorato
competente in materia di immigrazione il registro generale degli enti
e delle associazioni che operano in favore delle  persone  straniere,
implicitamente considera tra i destinatari degli interventi posti  in
essere da tali enti anche le persone prive di permesso  di  soggiorno
o, comunque, non regolarmente soggiornanti; l'art. 17, commi 2, 5,  6
e  7;  l'art.  18,  commi  1  e  3;  l'art.  20,  comma  1,  poiche',
individuando nel dettaglio una serie di interventi volti a  garantire
l'assistenza socio-sanitaria, 1'integrazione sociale e la  formazione
professionale,  vedono  quali  destinatari  le   «persone   straniere
presenti sul territorio regionale». 
    Secondo il ricorrente,  l'uso  della  ampia  e  generica  formula
«persone straniere presenti  sul  territorio  regionale»,  unitamente
alla circostanza che altre disposizioni della legge regionale (quali,
ad esempio, l'art. 1, comma 1, lettera c), e  comma  3,  lettera  f);
l'art. 4, comma 1; l'art. 5; l'art. 13, comma 4;  l'art.  16;  l'art.
21; l'art. 25) viceversa si riferiscono espressamente  alle  «persone
straniere regolarmente soggiornanti nella regione», comporterebbe che
i suddetti  interventi  siano  inequivocabilmente  rivolti  anche  ai
cittadini  stranieri  immigrati  privi  di   regolare   permesso   di
soggiorno. Poiche', pero', la permanenza e l'espulsione dei cittadini
stranieri  sono  stati   compiutamente   disciplinati   dal   decreto
legislativo 25 luglio  1998,  n.  286,  recante  «Testo  unico  delle
disposizioni concernenti  la  disciplina  dell'immigrazione  e  norme
sulla condizione dello straniero», le norme regionali impugnate  (non
rientrando nel regime derogatorio di cui  agli  artt.  19  e  35  del
medesimo testo unico) si  porrebbero  in  contrasto  con  i  principi
fondamentali da questo stabiliti,  in  particolare,  negli  artt.  3,
comma 5, e 40, comma 1-bis, che demandano alle Regioni e  agli  altri
enti  territoriali  le  misure  di  integrazione  sociale  dei   soli
immigrati regolarmente soggiornanti sul territorio; negli artt. 4, 5,
10, 11, 13 e 14, concernenti  l'illegittimita'  del  soggiorno  degli
immigrati   irregolari   e   la   disciplina    del    respingimento,
dell'espulsione e della detenzione nei centri di  identificazione  ed
espulsione, nonche' nell'art. 10-bis (introdotto dall'art.  1,  comma
16, della legge 15 luglio  2009,  n.  94,  recante  «Disposizioni  in
materia  di  sicurezza  pubblica»).  Pertanto,  esse  verrebbero   ad
incidere  sulla  disciplina  dell'ingresso  e  del  soggiorno   degli
immigrati ricompresa nelle  materie  di  competenza  esclusiva  dello
Stato, «diritto di asilo e  condizione  giuridica  dei  cittadini  di
Stati non appartenenti all'Unione europea» e «immigrazione», previste
rispettivamente alle lettere a) e b) dell'art.  117,  secondo  comma,
Cost., nonche' «ordine pubblico e sicurezza» e «ordinamento  penale»,
previste dalle successive lettere h) ed l). 
    2.1. - Le questioni aventi ad oggetto tale primo gruppo di norme,
congiuntamente impugnate, sono in parte inammissibili ed in parte non
fondate. 
    Come gia' chiarito nella sentenza n. 299 del 2010, con  la  quale
questa Corte s'e' pronunciata nel merito di un'impugnazione formulata
in  maniera  sostanzialmente  identica,  nei  confronti  di   analoga
normativa di altra Regione nella stessa materia, il primo  gruppo  di
censure rende palese che il ricorrente,  dopo  avere  trascritto,  in
parte, le disposizioni regionali con esse impugnate, ne abbia dedotto
l'illegittimita'  costituzionale  esclusivamente  in  quanto,  a  suo
avviso, esse sarebbero  applicabili  «anche  ai  cittadini  stranieri
privi di regolare permesso di  soggiorno»,  i  quali  «non  solo  non
avrebbero  titolo  a  soggiornare,  ma,  una  volta  sul   territorio
nazionale,  dovrebbero   essere   perseguiti   penalmente».   Secondo
l'Avvocatura  generale  dello  Stato,  dette  norme  violerebbero   i
parametri evocati, poiche' «incidono sulla disciplina dell'ingresso e
del soggiorno degli  immigrati»  e  prevedono  «interventi  volti  al
riconoscimento o all'estensione di diritti in  favore  dell'immigrato
irregolare o in attesa di  regolarizzazione»  (sentenza  n.  299  del
2010). 
    Pertanto, benche' tali norme regolino molteplici e  non  omogenei
interventi  riconducibili  a   differenti   ambiti   materiali   (non
individuati dal ricorrente), le uniche  specifiche  censure  proposte
riguardano dette disposizioni esclusivamente nella parte in cui  esse
sarebbero riferibili agli immigrati non in regola con il permesso  di
soggiorno; e, conseguentemente, e' soltanto entro  questi  termini  e
limiti che esse possono qui costituire oggetto di scrutinio. 
    Peraltro, va precisato  che  le  censure  riguardanti  l'asserita
violazione dell'art. 117, secondo comma, lettere h) ed l), Cost., con
riguardo alla dedotta lesione della competenza esclusiva dello  Stato
nelle materie «ordine pubblico e sicurezza» ed «ordinamento  penale»,
sono inammissibili in quanto l'impugnazione,  cosi'  come  formulata,
risulta essere meramente assertiva, giacche' non suffragata da alcuna
argomentazione (sentenze n. 312 e n. 200 del 2010). E lo stesso vizio
di inammissibilita' inficia anche, in parte qua, le altre  questioni,
in cui  il  preteso  vulnus  e'  altrettanto  immotivato,  in  quanto
prospettato, in modo identico, mediante il  mero  richiamo  di  detti
parametri. 
    Le residue censure riferite  alla  dedotta  violazione  dell'art.
117, secondo comma, lettere a) e b), risultano non fondate. 
    Va, infatti,  nuovamente  sottolineato,  in  generale,  che  deve
essere riconosciuta la possibilita' di interventi  legislativi  delle
Regioni con riguardo al fenomeno dell'immigrazione, per come previsto
dall'art. 1, comma 4, del decreto legislativo n. 286 del 1998,  fermo
restando che tale potesta' legislativa non  puo'  riguardare  aspetti
che attengono alle politiche di programmazione dei flussi di ingresso
e di soggiorno nel territorio nazionale, ma  altri  ambiti,  come  il
diritto  allo  studio  o  all'assistenza  sociale,  attribuiti   alla
competenza concorrente e residuale delle Regioni (sentenze n.  299  e
n. 134 del 2010). E cio', in quanto l'intervento pubblico concernente
gli stranieri non puo' limitarsi al mero  controllo  dell'ingresso  e
del  soggiorno  degli  stessi  sul  territorio  nazionale,  ma   deve
necessariamente considerare altri ambiti  -  dall'assistenza  sociale
all'istruzione,  dalla  salute  all'abitazione  -   che   coinvolgono
molteplici competenze normative, alcune attribuite allo Stato,  altre
alle Regioni (sentenze n. 156 del 2006, n. 300 del 2005). Tanto  piu'
che lo straniero e' titolare di tutti i diritti fondamentali  che  la
Costituzione riconosce spettanti alla persona (sentenza  n.  148  del
2008). 
    Nella specie, le  varie  disposizioni  censurate,  pur  nel  loro
eterogeneo  contenuto  precettivo,  appaiono  tutte   finalizzate   -
peraltro in attuazione del comma 5 dell'art. 3 dello  stesso  decreto
legislativo n. 286 del 1998, in virtu' del quale  «Nell'ambito  delle
rispettive attribuzioni e  dotazioni  di  bilancio,  le  regioni,  le
province, i comuni e gli altri enti locali adottano  i  provvedimenti
concorrenti  al  perseguimento  dell'obbiettivo  di   rimuovere   gli
ostacoli che di fatto impediscono il pieno riconoscimento dei diritti
e degli interessi riconosciuti agli stranieri  nel  territorio  dello
Stato, con particolare riguardo a quelle inerenti all'alloggio,  alla
lingua,  all'integrazione   sociale,   nel   rispetto   dei   diritti
fondamentali della persona umana» -  alla  predisposizione  da  parte
della Regione, in un contesto di competenze concorrenti o  residuali,
di sistemi di tutela e promozione, volti ad assicurare l'opportunita'
per le persone straniere presenti in Campania di accedere  a  diritti
quali  quello  allo  studio   ed   alla   formazione   professionale,
all'assistenza sociale, al lavoro, all'abitazione,  alla  salute.  Se
tali norme (fatto salvo quanto si dira' oltre,  riguardo  agli  artt.
17, comma 5, e 20, comma 1,  singolarmente  censurati)  si  ritengono
applicabili anche in favore degli stranieri  non  in  regola  con  il
permesso di soggiorno, e' altrettanto vero che  esse  hanno  di  mira
esclusivamente la tutela di diritti fondamentali,  senza  minimamente
incidere sulla politica di regolamentazione della immigrazione ovvero
sulla posizione giuridica dello  straniero  presente  nel  territorio
nazionale o regionale o sullo status dei beneficiari. Di conseguenza,
la lettera e la portata teleologica delle norme  regionali  impugnate
non consentono di interpretare le stesse nel senso che gli interventi
ivi previsti, ove riferibili appunto anche agli immigrati irregolari,
permettano neppure indirettamente di  legittimarne  la  presenza  nel
territorio dello Stato, interferendo  sulla  potesta',  di  esclusiva
spettanza dello Stato, relativa alla  programmazione  dei  flussi  di
ingresso  e  di  soggiorno  nel  territorio   nazionale   ovvero   ai
presupposti ed alle modalita' di regolarizzazione dello straniero. 
    3. - Il ricorrente - sempre con riferimento alle lettere a) e  b)
dell'art.  117,  secondo  comma,  Cost.,  evocate  sulla  base  delle
medesime motivazioni - impugna distintamente il comma 2 dell'art.  17
della medesima legge regionale, che (nella parte in cui prevede che i
centri di accoglienza delle persone straniere nella Regione  svolgono
attivita' di accoglienza temporanea nei confronti di tutte le persone
straniere  presenti  sul  territorio  e  sprovviste  di   un'autonoma
sistemazione alloggiativa) contrasterebbe con l'art. 40,  commi  1  e
1-bis, del decreto legislativo n. 286 del 1998, secondo cui i  centri
di accoglienza predisposti dalle Regioni sono destinati  ad  ospitare
in via esclusiva  «stranieri  regolarmente  soggiornanti  per  motivi
diversi dal turismo,  che  siano  temporaneamente  impossibilitati  a
provvedere autonomamente alle  proprie  esigenze  alloggiative  e  di
sussistenza» e secondo cui «L'accesso  alle  misure  di  integrazione
sociale  e'  riservato  agli  stranieri  non  appartenenti  a   Paesi
dell'Unione europea che dimostrino di essere in regola con  le  norme
che disciplinano il soggiorno in Italia ai sensi del  presente  testo
unico e delle leggi e regolamenti vigenti in materia». 
    3.1. - La questione non e' fondata. 
    Il comma 2 dell'art. 17 prevede  che  «I  centri  di  accoglienza
delle  persone  straniere  nella  regione   svolgono   attivita'   di
accoglienza temporanea nei confronti di tutte  le  persone  straniere
presenti sul territorio  e  sprovviste  di  un'autonoma  sistemazione
alloggiativa, con particolare attenzione alle seguenti categorie:  a)
richiedenti asilo e loro famiglie fino  alla  definitiva  conclusione
delle procedure amministrative e giudiziarie connesse alle domande di
asilo; l'accoglienza puo' avvenire anche nelle more  del  rilascio  o
del rinnovo del permesso di soggiorno per  richiesta  di  asilo,  per
asilo, per asilo umanitario; b) lavoratori stagionali;  c)  stranieri
vittime di violenza o di grave sfruttamento, che godono di misure  di
protezione  per  motivi  umanitari  nell'ambito  dei   programmi   di
protezione sociale, di cui all'articolo 18 del decreto legislativo n.
286/1998;  l'accesso  ai  centri  puo'  avvenire  anche  nelle   more
dell'accertamento dei presupposti per l'ammissione  al  programma  di
assistenza e integrazione sociale o nelle more  del  rilascio  o  del
rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale  o
per  motivi  umanitari;  d)  stranieri  destinatari  di   misure   di
protezione  temporanea  o  di  misure  straordinarie  di  accoglienza
deliberate dal Governo  nazionale,  ai  sensi  dell'articolo  20  del
decreto legislativo n. 286/1998; e) minori stranieri non accompagnati
ammessi in un progetto di integrazione civile e sociale gestito da un
ente pubblico o privato, ai sensi degli articoli 32 e 33 del  decreto
legislativo  n.  286/1998;  f)  marittimi  stranieri  per  il   tempo
necessario a reperire un nuovo ingaggio». 
    Conformemente a quanto gia'  affermato  da  questa  Corte  (nella
citata sentenza n. 299 del 2010) va, innanzitutto,  sottolineato  che
la norma, lungi dall'incidere sulla competenza esclusiva dello  Stato
in materia di immigrazione (sentenza n. 156 del 2006) e, quindi,  nel
pieno rispetto di quanto stabilito dal legislatore statale in tema di
ingresso e soggiorno in Italia dello straniero,  anche  con  riguardo
allo straniero dimorante  privo  di  un  valido  titolo  di  ingresso
(sentenza n. 269 del  2010),  pone  una  previsione  che  si  colloca
nell'ambito  materiale  dell'assistenza  e   dei   servizi   sociali,
spettante  alla  competenza  legislativa  residuale   della   Regione
(sentenza n. 10 del  2010)  e  la  cui  regolamentazione,  in  quanto
espressione della piu' ampia autonomia legislativa costituzionalmente
riconosciuta, non  e'  valutabile,  come  tale,  sulla  base  di  una
prospettazione basata  (oltre  che  sul  non  fondato  assunto  della
asserita lesione di competenze esclusive dello Stato)  sulla  dedotta
violazione di principi fondamentali che, viceversa,  sono  diretti  a
regolare materie di competenza concorrente ex art. 117, terzo  comma,
Cost. (cfr. sentenza n. 247 del 2010). 
    D'altronde, l'autonomia del legislatore regionale  nella  materia
de qua appare guidata dalla volonta' di estendere l'accessibilita' al
diritto sociale ad una (sebbene precaria e  temporanea)  sistemazione
alloggiativa, che peraltro la Corte ha ritenuto riconducibile «fra  i
diritti inviolabili dell'uomo di cui all'art. 2  della  Costituzione»
(sentenze n. 209 del 2009 e n. 404 del  1988;  ordinanza  n.  76  del
2010). E cio', in coerenza con la  naturale  propensione  "espansiva"
della esigenza  di  garantire  il  "rispetto"  (che  altro  non  puo'
significare se non  concreta  attuazione)  dei  diritti  fondamentali
spettanti alla persona, alla stregua di quanto sancito  dallo  stesso
decreto legislativo n. 286 del 1998, che: a)  all'art.  2,  comma  1,
proclama che «Allo straniero comunque presente alla frontiera  o  nel
territorio dello Stato sono riconosciuti i diritti fondamentali della
persona  umana  previsti  dalle  norme  di  diritto  interno,   dalle
convenzioni internazionali  in  vigore  e  dai  principi  di  diritto
internazionale generalmente riconosciuti»; b) all'art.  3,  comma  5,
dispone che «Nell'ambito delle rispettive attribuzioni e dotazioni di
bilancio, le regioni, le province, i comuni e gli altri  enti  locali
adottano i provvedimenti concorrenti al perseguimento dell'obbiettivo
di  rimuovere  gli  ostacoli  che  di  fatto  impediscono  il   pieno
riconoscimento  dei  diritti  e  degli  interessi  riconosciuti  agli
stranieri nel territorio dello  Stato,  con  particolare  riguardo  a
quelle inerenti all'alloggio, alla lingua, all'integrazione  sociale,
nel rispetto dei diritti fondamentali della persona umana». 
    4. - Il ricorrente -  in  riferimento  ai  medesimi  parametri  -
impugna altresi' il comma 5 dello stesso art.  17,  che  (attribuendo
«alle persone straniere» al pari dei cittadini italiani,  il  diritto
di essere assegnatari di alloggi di edilizia residenziale pubblica  e
destinatari di contributi erogabili  ai  locatari  nei  contratti  di
locazione  ad  uso  di  abitazione,  nonche'   la   possibilita'   di
partecipare  ai  bandi  di  concorso  relativi  all'assegnazione   di
provvidenze in materia di edilizia residenziale  per  l'acquisto,  il
recupero, la costruzione e la locazione  di  alloggi)  contrasterebbe
con l'art. 40, comma 6, del  medesimo  decreto  legislativo,  per  il
quale solo «gli stranieri  titolari  di  carta  di  soggiorno  e  gli
stranieri  regolarmente  soggiornanti  in  possesso  di  permesso  di
soggiorno almeno biennale e che esercitano una regolare attivita'  di
lavoro subordinato o di lavoro autonomo hanno diritto di accedere, in
condizioni di parita' con  i  cittadini  italiani,  agli  alloggi  di
edilizia residenziale pubblica e ai servizi di intermediazione  delle
agenzie sociali eventualmente predisposte da  ogni  regione  o  dagli
enti locali per agevolare l'accesso alle  locazioni  abitative  e  al
credito agevolato  in  materia  di  edilizia,  recupero,  acquisto  e
locazione della prima casa di abitazione». 
    4.1. - Anche questa censura non e' fondata, per erroneita'  della
premessa interpretativa. 
    La norma prevede che, «In attuazione dell'articolo 40,  comma  6,
del decreto legislativo n. 286/1998, le  persone  straniere,  come  i
cittadini italiani, hanno diritto a: a) essere assegnatari di alloggi
di edilizia residenziale pubblica disponibili  nel  territorio  della
Regione Campania; b) essere destinatari dei contributi  erogabili  ai
locatari  dei  contratti  di  locazione   ad   uso   di   abitazione,
eventualmente concessi dalla Regione a seguito  dell'esercizio  della
facolta' prevista dall'articolo 11, comma 6, della legge  9  dicembre
1998 n. 431 (Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili
adibiti ad uso abitativo); c) essere destinatari  dei  contributi  in
conto  capitale  per  l'acquisto  della  prima  casa  di  abitazione,
eventualmente disposti dalla Regione;  d)  partecipare  ai  bandi  di
concorso relativi all'erogazione di ogni  altra  provvidenza  erogata
dalla Regione  Campania  in  materia  di  edilizia  residenziale  per
l'acquisto, il recupero, la costruzione e la locazione di alloggi». 
    La premessa da cui muove il ricorrente  si  basa  sulla  ritenuta
estensione anche allo  straniero  irregolare  della  possibilita'  di
concorrere all'assegnazione ovvero di accedere ai  benefici  previsti
dalla norma. 
    Tale assunto risulta, pero', smentito,  oltre  che  dall'espresso
fine  di  attuazione  dell'art.  40,  comma  6,   del   Testo   unico
sull'immigrazione, dal raffronto tra  il  riferimento  generico  alle
«persone straniere» contenuto nella disposizione in esame  e  quello,
specifico, a «tutte le persone straniere presenti sul territorio», di
cui al precedentemente esaminato comma 2 dello stesso  art.  17,  che
(come tale)  non  puo'  portare  ad  interpretare  il  comma  5  come
applicabile anche all'immigrato non in  regola.  E  risulta  smentito
soprattutto dalla lettera dell'art. 25 della medesima legge regionale
n. 6 del 2010, che - a modifica della lettera a)  dell'art.  2  della
legge della Regione Campania 2 luglio 1997,  n.  18  (recante  «Nuova
disciplina per l'assegnazione degli alloggi di edilizia  residenziale
pubblica») - prevede, tra i requisiti per la partecipazione al  bando
di concorso per l'assegnazione  di  tali  alloggi,  la  «cittadinanza
italiana o di uno Stato aderente all'Unione  europea  ovvero,  per  i
cittadini di paesi non membri dell'Unione europea, il possesso  dello
status di rifugiato riconosciuto dalle competenti autorita'  italiane
o la titolarita' della carta di soggiorno  o  la  titolarita'  di  un
permesso di  soggiorno  almeno  biennale  e,  in  quest'ultimo  caso,
l'esercizio di una regolare attivita'  di  lavoro  subordinato  o  di
lavoro autonomo». 
    Risulta, quindi, di tutta evidenza la contraddittorieta'  di  una
lettura estensiva della norma censurata  che  trascuri  la  esplicita
delimitazione dei beneficiari del  medesimo  diritto,  in  senso  del
tutto conforme alla  evocata  norma  statale,  operata  nello  stesso
contesto legislativo. 
    5. - Sempre per violazione degli  stessi  parametri,  il  Governo
impugna anche l'art. 18, commi 1 e 3, che garantiscono «alle  persone
straniere presenti sul territorio regionale» i  servizi  sanitari  di
cui all'art. 34 del decreto legislativo n. 286 del  1998,  prevedendo
la  promozione  delle  misure  organizzative  finalizzate  a  rendere
fruibili le prestazioni sanitarie anche per le persone straniere  non
iscritte al servizio sanitario regionale. Secondo la difesa  erariale
tali norme si pongono in contrasto con i principi di cui all'art.  35
del citato decreto legislativo, che, al comma 3, stabilisce  che  «Ai
cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale, non in  regola
con le norme relative all'ingresso ed al soggiorno, sono  assicurate»
unicamente «le cure ambulatoriali ed ospedaliere urgenti  o  comunque
essenziali, ancorche' continuative, per malattia ed infortunio e sono
estesi i programmi di medicina preventiva a salvaguardia della salute
individuale e collettiva». 
    5.1. - Anche questa censura non e' fondata. 
    Il comma 1 dell'art. 18 prevede che: «Sono garantiti alle persone
straniere  presenti  sul  territorio  regionale  i  servizi  sanitari
previsti dalla normativa e dai piani regionali vigenti in  condizioni
di parita' di trattamento rispetto alle  cittadine  ed  ai  cittadini
italiani,  in  attuazione  degli  articoli  34  e  35   del   decreto
legislativo n. 286/1998»;  a  sua  volta  il  comma  3  dello  stesso
articolo dispone che «L'amministrazione regionale promuove le  misure
organizzative finalizzate a rendere fruibili le prestazioni previste,
anche per le persone straniere non  iscritte  al  servizio  sanitario
regionale». 
    Chiamata a scrutinare in via principale analoga  norma  di  altra
legge regionale (sentenza n. 269 del 2010), questa Corte ha  ribadito
che «lo straniero e' [...] titolare di tutti i  diritti  fondamentali
che la Costituzione riconosce spettanti alla  persona»  (sentenza  n.
148  del  2008)  ed  in  particolare,  con  riferimento  al   diritto
all'assistenza  sanitaria,  ha  precisato  che  esiste   «un   nucleo
irriducibile del diritto alla salute protetto dalla Costituzione come
ambito inviolabile della dignita' umana, il quale impone di  impedire
la costituzione di situazioni prive di tutela,  che  possano  appunto
pregiudicare l'attuazione di quel diritto». Quest'ultimo deve percio'
essere riconosciuto «anche agli  stranieri,  qualunque  sia  la  loro
posizione rispetto alle norme che regolano l'ingresso ed il soggiorno
nello Stato, pur potendo il legislatore prevedere  diverse  modalita'
di esercizio dello stesso» (sentenza n. 252 del 2001). 
    Orbene, le disposizioni oggetto di censura  (al  pari  di  quelle
gia' sottoposte al vaglio di questa Corte nelle  richiamate  sentenze
n. 299 e n. 269 del 2010) si inseriscono  in  un  contesto  normativo
caratterizzato dal riconoscimento in favore  dello  straniero,  anche
privo di un valido titolo di soggiorno, di un nucleo irriducibile  di
tutela del diritto  alla  salute  protetto  dalla  Costituzione  come
ambito inviolabile della dignita' umana. Pertanto la norma  regionale
- in esplicita attuazione dei richiamati principi fondamentali  posti
dagli artt. 34 e 35  del  testo  unico  immigrazione  -  provvede  ad
assicurare  anche   agli   stranieri   irregolari   le   fondamentali
prestazioni atte a garantire  il  diritto  all'assistenza  sanitaria,
nell'esercizio  della  propria  competenza  legislativa,  nel   pieno
rispetto di quanto stabilito  dal  legislatore  statale  in  tema  di
ingresso e soggiorno in Italia dello straniero,  anche  con  riguardo
allo straniero dimorante privo di un valido titolo di ingresso. 
    6. - L'art. 20, comma 1, nella parte in cui consente l'accesso ai
corsi di formazione e di riqualificazione professionali alle «persone
straniere» generalmente intese e senza specificazioni,  e'  censurato
per violazione sempre dell'art. 117, secondo comma, lettere a) e  b),
Cost., nonche' dell'art. 39-bis del decreto legislativo  n.  286  del
1998, che riserva espressamente l'accesso a tali corsi agli stranieri
con regolare permesso di soggiorno per motivi di studio. 
    6.1. - La questione non e' fondata, per erroneita' della premessa
interpretativa. 
    La norma  censurata  prevede  che  «Le  persone  straniere  hanno
diritto di accedere, a parita' di condizioni con gli altri cittadini,
a tutti  i  corsi  di  orientamento,  formazione  e  riqualificazione
professionali, nell'ambito degli interventi previsti dalla  normativa
regionale vigente». 
    L'affermazione    (peraltro    non    specificamente    motivata)
dell'applicabilita' della disposizione de qua  anche  agli  stranieri
non in regola col permesso di soggiorno, risulta smentita  dal  fatto
che la stessa norma censurata prevede espressamente che il diritto di
accesso ai corsi de  quibus  avvenga  «nell'ambito  degli  interventi
previsti dalla normativa  regionale  vigente».  Ed  e'  proprio  tale
normativa che - all'art. 1, comma 1, lettera o),  della  legge  della
Regione Campania 18 novembre 2009, n. 14,  recante  il  «Testo  unico
della normativa  della  Regione  Campania  in  materia  di  lavoro  e
formazione professionale per la promozione della qualita' del lavoro»
-, al fine di «valorizzare gli  strumenti  a  garanzia  e  promozione
delle pari opportunita', nell'accesso e nello svolgimento del lavoro,
connessi al genere, alla condizione  di  immigrato  o  di  straniero,
presenti   regolarmente    nel    territorio    nazionale,    nonche'
dell'inclusione  sociale  e  lavorativa  dei  soggetti   disabili   e
svantaggiati», stabilisce, in conformita' alla  evocata  disposizione
del testo unico immigrazione, che «Gli immigrati extracomunitari  che
soggiornano regolarmente sul  territorio  regionale  ai  sensi  della
normativa comunitaria e statale vigente hanno diritto alla formazione
professionale in condizione di parita' con gli altri  cittadini,  nel
rispetto  delle  pari  opportunita'  nell'inserimento  lavorativo   e
analogo   diritto   al   sostegno   per   attivita'    autonome    ed
imprenditoriali». 
    7. - Il ricorrente, infine, ha impugnato l'art. 16 - secondo  cui
le persone straniere  regolarmente  soggiornanti  in  Campania  «sono
equiparate ai  cittadini  italiani  ai  fini  delle  fruizioni  delle
provvidenze e delle prestazioni, anche economiche, che  sono  erogate
dalla regione» - per «violazione dell'art. 1, comma 4, del d.lgs.  n.
286 del 1998 e  dell'art.  117,  terzo  comma,  Cost.»,  giacche'  la
disposizione si pone in contrasto con  l'art.  80,  comma  19,  della
legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per  la  formazione  del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2001),
che circoscrive l'ambito dei destinatari delle  provvidenze  sociali,
stabilendo che «Ai sensi dell'art. 41 del d.lgs.  n.  286  del  1998,
l'assegno sociale  e  le  provvidenze  economiche  che  costituiscono
diritti soggettivi in base alla legislazione vigente  in  materia  di
servizi  sociali  sono  concessi,  alle  condizioni  previste   dalla
legislazione medesima, agli stranieri che siano titolari di carta  di
soggiorno; per le altre prestazioni e servizi sociali l'equiparazione
con i cittadini italiani e' consentita a favore degli  stranieri  che
siano  almeno  titolari  di  permesso  di  soggiorno  di  durata  non
inferiore  ad  un  anno».  Secondo  il  ricorrente,  la  disposizione
regionale sarebbe incostituzionale nella parte in  cui  si  limita  a
richiedere la regolarita' della presenza sul territorio del  soggetto
straniero, senza indicare lo specifico titolo di soggiorno necessario
allo straniero per fruire dei servizi sociali. 
    7.1.  -  Nei  termini  in  cui  e'   stata   prospettata,   anche
quest'ultima questione non e' fondata. 
    Attraverso  il  richiamo  all'art.  1,  comma  4,   del   decreto
legislativo n. 286 del 1998,  secondo  il  quale  «Nelle  materie  di
competenza legislativa delle regioni, le  disposizioni  del  presente
testo unico costituiscono principi fondamentali  ai  sensi  dell'art.
117 della Costituzione», il ricorrente deduce la violazione dell'art.
80, comma 19, della legge n. 388 del 2000. 
    Orbene, pur  prescindendo  dal  fatto  che  viene  denunciata  la
violazione di un principio fondamentale senza  una  previa  specifica
identificazione della materia  nel  cui  ambito  ascrivere  la  norma
censurata, risulta dirimente rilevare che  il  ricorrente  omette  di
considerare che tale norma e' gia' stata oggetto di tre  pronunce  di
illegittimita'  costituzionale  (due  delle  quali  precedenti   alla
proposizione del presente giudizio) con  le  quali  questa  Corte  ha
ritenuto  manifestamente  irragionevole  subordinare   l'attribuzione
delle prestazioni assistenziali de quibus al possesso,  da  parte  di
chi risulti soggiornare legalmente nel  territorio  dello  Stato,  di
particolari  requisiti  qualificanti  per  ottenere  la  carta  o  il
permesso di soggiorno. Cosi' l'art. 80, comma 19, della legge n.  388
del  2000  e'  stato   dichiarato   costituzionalmente   illegittimo,
unitamente all'art. 9, comma 1, del decreto legislativo  n.  286  del
1998, nella parte in cui tali disposizioni escludono che l'indennita'
di accompagnamento (sentenza n.  306  del  2008)  e  la  pensione  di
inabilita' (sentenza n. 11 del 2009) possano essere  attribuite  agli
stranieri extracomunitari soltanto  perche'  essi  non  risultano  in
possesso dei requisiti di reddito gia'  stabiliti  per  la  carta  di
soggiorno ed ora previsti, per  effetto  del  decreto  legislativo  8
gennaio 2007, n. 3 (Attuazione della direttiva  2003/109/CE  relativa
allo status  di  cittadini  di  Paesi  terzi  soggiornanti  di  lungo
periodo) per il permesso di soggiorno CE per  soggiornanti  di  lungo
periodo. 
    Parimenti, il solo art. 80, comma 19,  della  legge  n.  388  del
2000, e' stato altresi' ulteriormente  dichiarato  costituzionalmente
illegittimo,  nella  parte  in  cui  subordina  al  requisito   della
titolarita' della carta di soggiorno la  concessione  agli  stranieri
legalmente  soggiornanti  nel  territorio  dello  Stato  dell'assegno
mensile di invalidita' (sentenza n. 187 del 2010). 
    In particolare, questa  Corte  ha  fondato  tali  pronunce  sulla
considerazione  che  -  se  al  legislatore  italiano  e'  certamente
consentito  dettare  norme,  non  palesemente  irragionevoli  e   non
contrastanti con obblighi internazionali, che regolino  l'ingresso  e
la permanenza  di  extracomunitari  in  Italia,  e  se  e'  possibile
subordinare,  non  irragionevolmente,  l'erogazione  di   determinate
prestazioni, non diretti a rimediare a gravi situazioni  di  urgenza,
alla circostanza che il titolo di legittimazione dello  straniero  al
soggiorno nel territorio dello Stato ne  dimostri  il  carattere  non
episodico e di non breve durata - «una volta, pero', che il diritto a
soggiornare alle condizioni predette non sia in discussione,  non  si
possono discriminare gli stranieri, stabilendo, nei  loro  confronti,
particolari limitazioni per il  godimento  dei  diritti  fondamentali
della persona, riconosciuti invece ai cittadini» (sentenze n. 187 del
2010 e n. 306 del 2008). 
    Orbene, rispetto a tali pronunce incidenti  sulla  individuazione
delle condizioni per la  fruizione  delle  prestazioni,  la  asserita
necessita' di uno  specifico  titolo  di  soggiorno  per  fruire  dei
servizi sociali rappresenta una condizione restrittiva che, in  tutta
evidenza, si porrebbe (dal  punto  di  vista  applicativo)  in  senso
diametralmente opposto a quello  indicato  da  questa  Corte,  i  cui
ripetuti interventi sono venuti ad  assumere  incidenza  generale  ed
immanente nel sistema di  attribuzione  delle  relative  provvidenze.
Sicche', la previsione contenuta  nella  norma  censurata,  e'  lungi
dall'essere lesiva  del  principio  fondamentale,  come  evocato  dal
ricorrente.