Ordinanza 
 
nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'articolo  10-bis  del
decreto legislativo  25  luglio  1998,  n.  286  (Testo  unico  delle
disposizioni concernenti  la  disciplina  dell'immigrazione  e  norme
sulla condizione dello straniero), aggiunto dall'art.  1,  comma  16,
lettera a), della legge  15  luglio  2009,  n.  94  (Disposizioni  in
materia di  sicurezza  pubblica);  dell'articolo  16,  comma  1,  del
medesimo  decreto  legislativo  n.  286  del  1998,  come  modificato
dall'art. 1, comma 16, lettera b) e comma 22, lettera o), della legge
n. 94 del 2009; nonche' dell'articolo 62-bis del decreto  legislativo
28 agosto 2000, n. 274  (Disposizioni  sulla  competenza  penale  del
giudice di pace, a norma dell'articolo 14  della  legge  24  novembre
1999, n. 468), aggiunto dall'art. 1,  comma  17,  lettera  d),  della
legge n. 94 del 2009, promossi dal Giudice di pace  di  Montepulciano
con ordinanza dell'8 aprile 2010 e dal Giudice di pace di Palermo con
ordinanza del 18 dicembre 2009, iscritte ai  numeri  212  e  223  del
registro ordinanze 2010 e pubblicate nella Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica numeri 33 e 35, 1ª serie speciale, dell'anno 2010. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    Udito nella camera di consiglio del 26 gennaio  2011  il  Giudice
relatore Paolo Grossi. 
    Ritenuto che, con ordinanza dell'8 aprile 2010 (r.o. n.  212  del
2010),  il  Giudice  di  pace  di  Montepulciano  ha  sollevato,   in
riferimento agli articoli 3, 25 e 27 della Costituzione,  nonche'  in
riferimento ai  «principi,  anch'essi  di  rango  costituzionale,  di
solidarieta'  e  di  ragionevolezza»,   questione   di   legittimita'
costituzionale «degli artt. 10-bis e 16, lett. 1, ultimo periodo, del
d.lgs n. 286/98 e 62-bis del d.lgs. n. 274/2000, introdotti dall'art.
1 comma 16 e 17 della  legge  94/09»  [recte,  dell'art.  10-bis  del
decreto legislativo  25  luglio  1998,  n.  286  (Testo  unico  delle
disposizioni concernenti  la  disciplina  dell'immigrazione  e  norme
sulla condizione dello straniero), aggiunto dall'art.  1,  comma  16,
lettera a), della legge  15  luglio  2009,  n.  94  (Disposizioni  in
materia  di  sicurezza  pubblica);  dell'art.  16,  comma   1,   come
modificato dall'art. 1, comma 16, lettera b) e comma 22, lettera  o),
della legge n. 94 del 2009;  nonche'  dell'art.  62-bis  del  decreto
legislativo 28 agosto 2000, n.  274  (Disposizioni  sulla  competenza
penale del giudice di pace, a norma dell'articolo 14 della  legge  24
novembre 1999, n. 468), aggiunto dall'art. 1, comma  17,  lettera  d)
della legge n. 94 del 2009]; 
        che l'ordinanza di rimessione - nel trascrivere e far propria
l'eccezione di illegittimita' costituzionale sollevata  dalla  difesa
nell'ambito di  un  procedimento  penale  a  carico  di  due  persone
imputate del reato di cui all'art. 10-bis del d.lgs. n. 286 del  1998
- muove dalla premessa secondo cui, perche' una norma introduttiva di
una sanzione penale sia costituzionalmente legittima, la stessa  deve
essere  volta  a   salvaguardare   un   bene   anch'esso   di   rango
costituzionale,  conformandosi  ai  principi   di   materialita'   ed
offensivita' ed ai criteri  di  proporzionalita',  ragionevolezza  ed
uguaglianza; 
        che, nella specie, non sarebbe  rispettato  il  principio  di
materialita' e neppure quello di offensivita', dal momento che con la
legge n. 94  del  2009  sarebbe  stata  criminalizzata  una  semplice
condizione, quale e' quella del migrante, e che  la  sanzione  penale
finirebbe per sovrapporsi integralmente  alla  misura  amministrativa
dell'espulsione, risultando la disposizione  oggetto  di  impugnativa
chiaramente congegnata  al  fine  di  consentire  che  lo  straniero,
entrato o trattenutosi illegalmente nel territorio dello Stato, venga
espulso; 
        che questo intento parrebbe, d'altra  parte,  confermato  dal
fatto che la pena non  si  applica  allo  straniero  assoggettato  al
respingimento ovvero alla persona che, nelle more del  giudizio,  sia
stata espulsa o respinta, potendo il giudice di pace anche applicare,
in luogo della pena pecuniaria (peraltro del tutto priva di capacita'
deterrente e  di  finalita'  rieducativa,  in  quanto  rivolta  verso
soggetti, di regola,  insolvibili),  la  sanzione  sostitutiva  della
espulsione, disposta in via amministrativa; 
        che, dunque, la norma censurata  conterrebbe  una  previsione
del tutto irrazionale, sia perche' non destinata a tutelare  beni  di
rilevanza  costituzionale,  sia  perche'  la  sanzione   penale   non
risulterebbe strettamente necessaria, visto che  gia'  sono  previste
misure  amministrative  idonee  al  raggiungimento  delle   finalita'
perseguite; 
        che, inoltre, la norma impugnata determinerebbe una  evidente
discriminazione  fra  coloro  che  sono  stati  destinatari   di   un
provvedimento di espulsione o di respingimento (e che, come  tali,  a
norma del comma 5 dello stesso art. 10-bis, non sono  assoggettati  a
pena) e coloro che, pur versando nelle stesse condizioni,  non  hanno
subito i medesimi provvedimenti, in modo del tutto indipendente dalla
loro volonta'; 
        che un ulteriore motivo  di  contrasto  con  l'art.  3  Cost.
deriverebbe dal fatto che, mentre la norma censurata non  prevede  la
scriminante del «giustificato motivo», questa e' invece stabilita per
il piu' grave reato previsto dall'art. 14, comma 5-ter, del  medesimo
d.lgs. n. 286 del 1998; 
        che e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei  ministri,
rappresentato e difeso dalla  Avvocatura  generale  dello  Stato,  il
quale ha concluso con la richiesta  di  dichiararsi  inammissibile  e
infondata la questione proposta; 
        che la questione risulterebbe inammissibile  sia  perche'  il
giudice a quo si sarebbe limitato a riportare una memoria  difensiva,
senza svolgere una valutazione autonoma in ordine alla  rilevanza  ed
alla  non  manifesta  infondatezza  del   quesito   di   legittimita'
costituzionale, sia perche', in riferimento all'art.  25  Cost.,  non
verrebbe in discussione,  nel  giudizio  a  quo,  una  «questione  di
competenza ovvero di sanzione riguardante fatti posti in essere prima
dell'entrata in vigore della legge n. 94 del 2000»; 
        che  la  questione  risulterebbe,  peraltro,   non   fondata,
giacche'    il    legislatore,    nell'esercizio    della     propria
discrezionalita', avrebbe assegnato rilevanza penale a  comportamenti
prima assoggettati a sanzione amministrativa, punendo una condotta  e
non una semplice condizione o uno stato della persona; 
    che,  d'altra  parte,  diversamente  da  come   prospettato   dal
rimettente, l'espulsione del soggetto rappresenterebbe  non  gia'  il
vero fine della norma censurata  ma  semplicemente  una  conseguenza,
ulteriore ed autonoma, della prevista sanzione penale; 
        che  la  circostanza  secondo   cui   l'avvenuta   espulsione
determina il  non  luogo  a  procedere  deriverebbe  dal  venir  meno
dell'interesse alla persecuzione del fatto, mentre  il  potere  della
amministrazione di operare coattivamente la espulsione  costituirebbe
circostanza non conferente ai fini dedotti,  permanendo  la  condotta
illegale di trattenimento nel territorio dello Stato; 
        che la mancata previsione della  clausola  del  "giustificato
motivo"  non  farebbe  venir  meno  la  possibilita'  di   applicare,
comunque, le ordinarie scriminanti dello stato di necessita', nonche'
la causa di non punibilita' rappresentata dalla  incolpevole  mancata
conoscenza della  norma  e  dalla  inesigibilita'  del  comportamento
lecito, fino a «giungere alla rilevanza della buona fede»; 
        che, con ordinanza del 18 dicembre  2009  (r.o.  n.  223  del
2010), il Giudice di pace di Palermo, qualificando come «rilevante  e
non   manifestamente   infondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale degli artt. 10 bis D.Lgs. 286/98 e  1,  co.  16  lett.
A) legge n. 94/09 con gli artt. 2, 3, 10, 25, 27, 97, 111 e 117 della
Costituzione Italiana», si e' limitato a disporre la sospensione  del
proprio giudizio e la rimessione degli atti a questa Corte. 
    Considerato che i giudizi hanno come oggetto parzialmente  comune
una medesima  disposizione  e  vanno,  percio',  riuniti  per  essere
congiuntamente decisi; 
        che  il  Giudice  di  pace  di   Montepulciano   dubita,   in
particolare, in riferimento agli artt. 3, 25 e 27 della Costituzione,
della  legittimita'  costituzionale  dell'art.  10-bis  del   decreto
legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo  unico  delle  disposizioni
concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla  condizione
dello straniero), aggiunto dall'art. 1, comma 16, lettera  a),  della
legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni  in  materia  di  sicurezza
pubblica), il quale punisce a titolo di contravvenzione, salvo che il
fatto costituisca piu' grave reato, la condotta dello  straniero  che
fa ingresso o si trattiene nel territorio dello Stato  in  violazione
delle  disposizioni  dettate  dal  medesimo  testo   unico;   nonche'
dell'art. 16, comma 1, come modificato dall'art. 1, comma 16, lettera
b) e comma 22, lettera o), della legge n. 94 del  2009,  e  dell'art.
62-bis del decreto legislativo 28 agosto 2000, n.  274  (Disposizioni
sulla competenza penale del giudice di pace, a norma dell'articolo 14
della legge 24 novembre 1999, n. 468), aggiunto  dall'art.  1,  comma
17, lettera d) della legge n. 94 del 2009; 
        che, nell'ordinanza di rimessione, il Giudice a  quo  omette,
tuttavia, qualsiasi descrizione della  fattispecie  devoluta  al  suo
giudizio,  trascurando  di  indicare  le  ragioni  per  le  quali  la
questione di legittimita' costituzionale - peraltro gia' decisa,  nel
merito, nel senso della infondatezza, con la sentenza n. 250 del 2010
- sarebbe rilevante nel giudizio stesso; 
        che   la   questione   proposta   deve   essere    dichiarata
inammissibile, in quanto l'atto di  rimessione  risulta  privo  degli
indispensabili requisiti per consentire a questa Corte  di  procedere
al preliminare scrutinio relativo al nesso di pregiudizialita' tra la
questione sollevata e la  decisione  che  il  giudice  rimettente  e'
chiamato ad adottare; 
        che ancor piu'  radicalmente  inammissibile  si  presenta  la
questione sollevata dal Giudice di pace di Palermo, il  quale  si  e'
limitato a pronunciare una ordinanza di  rimessione  che  consta  del
solo dispositivo, essendo totalmente priva di  qualsiasi  descrizione
dei fatti di causa e di motivazione tanto sulla rilevanza  che  sulla
non manifesta infondatezza della questione, enunciata solo attraverso
il richiamo degli articoli di legge che si assumono in contrasto  con
i numerosi parametri indicati; 
        che, pertanto, le questioni vanno  dichiarate  manifestamente
inammissibili. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale.