Ordinanza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'art.  4,  comma  1,
della legge 27  luglio  2005,  n.  154  (Delega  al  Governo  per  la
disciplina    dell'ordinamento    della     carriera     dirigenziale
penitenziaria),  promosso  dal  Tribunale  di  Reggio  Calabria   nel
procedimento vertente tra M.G.G. e il Ministero della giustizia,  con
ordinanza del  29  aprile  2010  iscritta  al  n.  299  del  registro
ordinanze 2010 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 41, 1ª serie speciale, dell'anno 2010. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    Udito nella camera di consiglio del 9 febbraio  2011  il  Giudice
relatore Sabino Cassese. 
    Ritenuto che il Tribunale di  Reggio  Calabria,  in  funzione  di
giudice del lavoro, con ordinanza del 29 aprile 2010,  ha  sollevato,
in  riferimento  all'art.  3   della   Costituzione,   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 4,  comma  1,  della  legge  27
luglio  2005,  n.  154  (Delega  al   Governo   per   la   disciplina
dell'ordinamento della carriera dirigenziale penitenziaria); 
        che la disposizione censurata stabilisce quanto segue: «Fermo
restando quanto previsto dall'articolo 1, comma 1, in fase  di  prima
attuazione   e   per   le   immediate   esigenze   di   funzionamento
dell'Amministrazione penitenziaria, il personale  che  alla  data  di
entrata in vigore della presente legge e' inquadrato nella  posizione
economica C3, gia' appartenente ai profili professionali di direttore
coordinatore  di  istituto   penitenziario,   di   direttore   medico
coordinatore  e  di  direttore  coordinatore  di   servizio   sociale
dell'Amministrazione penitenziaria,  ai  quali  hanno  avuto  accesso
mediante concorso pubblico, nonche' gli ispettori generali del  ruolo
ad esaurimento, sono nominati dirigenti secondo la posizione occupata
da ciascuno nel rispettivo ruolo, in considerazione della  esperienza
professionale  maturata  nel  settore  avendo  gia'  svolto  funzioni
riconosciute di livello dirigenziale»; 
        che, ad avviso del giudice a quo, tale  disposizione  sarebbe
illegittima «nella parte in cui limita ai  profili  professionali  di
direttore coordinatore di istituto penitenziario, di direttore medico
coordinatore  e  di  direttore  coordinatore  di   servizio   sociale
l'automatico inquadramento come dirigenti» e non garantisce,  invece,
il  passaggio  alla  posizione  dirigenziale  «a  tutti  coloro   che
ricoprivano [alla data di entrata in vigore della legge] profili  del
livello C3, conseguiti per concorso»; 
        che  il  Tribunale  rimettente  riferisce  che  il   soggetto
ricorrente nel giudizio  principale,  il  quale  lamenta  il  mancato
inquadramento  nel   ruolo   dirigenziale   in   applicazione   della
disposizione  censurata,  e'   stato   inquadrato   nei   ruoli   del
Dipartimento  per  la  giustizia  minorile  dapprima,  a  seguito  di
concorso,  con  la  qualifica  di  direttore  coordinatore  di   area
pedagogica (IX qualifica, area funzionale C, posizione economica  C3)
e poi, a seguito di cambio profilo, con la  qualifica,  rivestita  al
momento dell'entrata  in  vigore  della  disposizione  censurata,  di
direttore coordinatore di servizio sociale; 
        che  il  giudice  a  quo  preliminarmente  esclude   che   la
disciplina  censurata  possa  essere  interpretata   nel   senso   di
riconoscere l'inquadramento automatico nella carriera dirigenziale  a
tutti i dipendenti inquadrati in un profilo professionale C3,  atteso
che  l'indicazione  dei  profili  cui  e'  riservato  l'inquadramento
automatico nella carriera dirigenziale  deve  ritenersi  «tassativa»,
anche in considerazione della  «natura  eccezionale,  e  pertanto  di
stretta interpretazione», della norma censurata, la quale  «introduce
una deroga alla  regola  dell'accesso  alla  dirigenza  per  pubblico
concorso»; 
        che, cio' posto,  il  Tribunale  rimettente  ritiene  che  il
beneficio previsto dalla norma censurata non  possa  riconoscersi  al
ricorrente nel giudizio principale, non gia'  in  ragione  della  sua
appartenenza ai ruoli del  Dipartimento  per  la  giustizia  minorile
anziche' a quelli del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria
(profilo considerato superabile dal  giudice  a  quo  attraverso  una
«interpretazione   costituzionalmente    orientata»    della    norma
censurata), bensi' a causa del fatto che  la  disposizione  censurata
escluderebbe volutamente  dalla  riqualificazione  tutti  coloro  che
abbiano conseguito  i  profili  da  essa  indicati  «per  effetto  di
meccanismi  ultronei  rispetto  al  concorso»,  sia  che  essi  siano
rappresentati da progressioni di carriera  verticali,  sia  che  essi
consistano, come nel caso della ricorrente nel  giudizio  a  quo,  in
mutamenti di profilo nell'ambito della medesima categoria; 
        che, tuttavia, la limitazione  dell'inquadramento  automatico
nell'area dirigenziale ad alcuni soltanto dei profili della categoria
C3, con esclusione  degli  altri,  appare  illegittima  al  Tribunale
rimettente,  per  violazione  dell'art.  3  Cost.,   in   quanto   la
disposizione censurata introdurrebbe una «disparita' di  trattamento»
fra  diverse  categorie  di  personale  che  risultano  incluse  «nel
medesimo livello della classificazione contrattuale»  (C3)  e  devono
pertanto in via presuntiva ritenersi  avere  «il  medesimo  grado  di
professionalita'»,  cio'  che   del   resto   risulterebbe   altresi'
confermato - ad avviso del giudice rimettente - dal  contenuto  delle
declaratorie del contratto collettivo integrativo del Ministero della
giustizia; 
        che e' intervenuto in giudizio, con atto depositato in data 2
novembre  2010,   il   Presidente   del   Consiglio   dei   ministri,
rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura   generale   dello   Stato,
chiedendo  che  questa  Corte  dichiari  l'inammissibilita'   o,   in
subordine,   l'infondatezza   della   questione    di    legittimita'
costituzionale sollevata; 
        che,  in  particolare,  l'Avvocatura  generale  dello   Stato
eccepisce  che  il  soggetto  ricorrente  nel   giudizio   principale
appartiene ai ruoli del Dipartimento per la giustizia minorile e  non
a quelli del  Dipartimento  dell'amministrazione  penitenziaria,  cui
espressamente la disposizione censurata si riferisce, con conseguente
inammissibilita' della questione per difetto di rilevanza, atteso che
la  disciplina  censurata  non  sarebbe   comunque   applicabile   al
ricorrente nel giudizio  a  quo,  a  prescindere  dall'«ulteriore  (e
logicamente subordinato)  profilo  delle  declaratorie  professionali
[...]  in  ordine  al  quale  e'   stata   sollevata   questione   di
costituzionalita'»; 
        che, nel merito, l'Avvocatura generale  dello  Stato  ritiene
che la disciplina censurata sia pienamente conforme all'art. 3 Cost.,
risultando ragionevole «limitare, nel periodo transitorio ed in  sede
di  prima  applicazione  dell'intervenuto   riordino   del   settore,
l'inquadramento  dirigenziale  di   alcuni   soltanto   dei   profili
professionali inclusi  nella  categoria  C3,  limitazione  che  trova
evidentemente la sua ratio nella afferenza delle mansioni svolte  con
le  funzioni  dirigenziali  da  assumere  nell'ambito   del   settore
penitenziario». 
    Considerato che il Tribunale di Reggio Calabria, in  funzione  di
giudice del lavoro, ha sollevato, in  riferimento  all'art.  3  della
Costituzione, questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  4,
comma 1, della legge 27 luglio 2005, n. 154 (Delega al Governo per la
disciplina    dell'ordinamento    della     carriera     dirigenziale
penitenziaria), nella parte  in  cui  tale  disposizione  «limita  ai
profili  professionali  di   direttore   coordinatore   di   istituto
penitenziario,  di  direttore  medico  coordinatore  e  di  direttore
coordinatore di  servizio  sociale  l'automatico  inquadramento  come
dirigenti», senza  estendere  tale  beneficio  «a  tutti  coloro  che
ricoprivano [alla data di entrata in vigore della legge] profili  del
livello C3, conseguiti per concorso», in tal  modo  introducendo  una
«disparita' di trattamento» fra categorie di personale che  risultano
incluse «nel medesimo livello della classificazione contrattuale»; 
        che la disposizione censurata  dispone  l'accesso  automatico
alla dirigenza del personale «inquadrato  nella  posizione  economica
C3,  gia'  appartenente  ai  profili   professionali   di   direttore
coordinatore  di  istituto   penitenziario,   di   direttore   medico
coordinatore  e  di  direttore  coordinatore  di   servizio   sociale
dell'amministrazione penitenziaria»; 
        che, pertanto, la norma oggetto di censura  riguarda  i  soli
dipendenti del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e  non
si applica al personale del Dipartimento per la  giustizia  minorile,
ai cui ruoli appartiene il soggetto ricorrente nel giudizio a quo,  a
prescindere dal profilo professionale rivestito e  dal  modo  in  cui
esso e' stato conseguito; 
        che, inoltre, l'ambito  di  applicazione  della  disposizione
censurata non  puo'  essere  ampliato  in  via  ermeneutica,  fino  a
includervi categorie di personale  non  espressamente  previste,  per
ragioni che ha  chiarito  lo  stesso  giudice  a  quo,  il  quale  ha
affermato che una norma che deroga al  principio  costituzionale  del
concorso pubblico, quale e' quella  oggetto  di  censura,  ha  natura
eccezionale ed e' di stretta interpretazione; 
        che, pertanto, la questione  di  legittimita'  costituzionale
sollevata e' inammissibile  per  difetto  di  rilevanza,  atteso  che
l'accoglimento   della    stessa,    con    conseguente    estensione
dell'inquadramento  automatico  nei  ruoli  dirigenziali  a  tutti  i
profili   del   livello   C3   del   personale   dell'Amministrazione
penitenziaria previsto dalla  disposizione  censurata,  non  potrebbe
comunque soddisfare la pretesa del soggetto ricorrente  nel  giudizio
principale,   in   quanto   quest'ultimo    non    appartiene    alla
«amministrazione penitenziaria»;