IL TRIBUNALE Ha emesso il seguente decreto. Vista la proposta, depositata il 25 gennaio 2008 dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Locri, di applicazione, ai sensi degli artt. 2 e seguenti della legge n. 575/1965, della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno nel Comune di residenza (e, limitatamente a Sebastiano Strangio classe 1975 il solo aggravamento della misura gia' irrogata), di sequestro e confisca dei beni di cui hanno la disponibilita' e di irrogazione dei provvedimenti di cui all'art. 10 della legge citata nei confronti di: [Omissis ...]: 35) F.S., nato a ... ed ivi residente sul ..., difeso di fiducia dagli avv.ti Vincenzo Nobile del foro di Locri e Vincenzo Nico D'Ascola del foro di Reggio Calabria; 49) T.V., nata a ..., residente a ..., domiciliata di fatto a ... in ..., difesa di fiducia dall'avv. Adriana Bartolo del foro di Locri; [Omissis ...]: A) Criteri generali attinenti alle proposte personali A1) Autonomia del giudizio di prevenzione rispetto al giudizio penale. Il Tribunale si considera legittimato da un lato a servirsi appieno degli elementi di fatto e logici desumibili dai procedimenti penali i cui atti fanno parte di questa procedura ma, dall'altro, a valutarli autonomamente, senza cioe' sentirsi vincolato dalle decisioni emesse dalle autorita' giudiziarie penali. Questa metodica e' la diretta applicazione di un costante indirizzo interpretativo di legittimita' di cui si trova traccia, ad esempio, in Cass. Pen. Sex. 2ª, 26 giugno 2008, n. 25919, Rosaniti ed altri in cui si afferma che «Nel giudizio di prevenzione vige la regola della piena utilizzazione di qualsiasi elemento indiziario desumibile anche da procedimenti penali in corso e, perfino, definiti con sentenza irrevocabile di assoluzione, purche' certo ed idoneo per il suo valore sintomatico a giustificare il convincimento del giudice che e' ampiamente discrezionale in ordine alla pericolosita' sociale del proposto ...». [Omissis ...]: A4) Questione di legittimita' costituzionale dell'art. 530 c.p.p. per possibile contrasto con l'art. 3 Cost. I fatti posti a fondamento di questa procedura di prevenzione sono in larga parte coincidenti con quelli valutati e decisi dal GUP del Tribunale di Reggio Calabria con la sentenza n. 285/09 emessa il 19 marzo 2009 a conclusione del giudizio abbreviato svolto nell'ambito del procedimento 1895/07 RGNR DDA e 3279/08 RG GIP DDA. Si e' dunque verificato in concreto che molte delle persone verso le quali e' azionata questa procedura di prevenzione siano state al tempo stesso imputate in quel giudizio. Ebbene, come si e' chiarito in premessa, per alcune di tali persone i fatti oggetto delle imputazioni elevate a loro carico in sede penale sono del tutto identici a quelli utilizzati dall'autorita' proponente in questo giudizio. Due di costoro, precisamente T.V. classe ..., e F.S. classe ..., hanno goduto di un esito favorevole del giudizio penale. La prima, nei cui confronti era stata esercitata l'azione penale per il reato ex art. 416-bis c.p. quale partecipe della associazione a delinquere di tipo mafioso P.V., e' stata assolta dal predetto GUP, previa riqualificazione dell'originaria imputazione nel delitto di cui all'art. 418 c.p., per essere il fatto non punibile ai sensi del terzo comma del medesimo articolo. A sua volta F.S., classe ..., giudicato per il reato di cui all'art. 416-bis c.p., e' stato assolto dal GUP per non avere commesso il fatto. Entrambi i soggetti si trovano dunque in una posizione sostanziale piu' favorevole di quelli che, rispondendo nello stesso giudizio di accuse fondate sugli stessi fatti utilizzali in questa procedura, sono stati riconosciuti responsabili e condannati con pena sospesa: assolti i primi, condannati i secondi. Cio' nondimeno, a questi ultimi, in virtu' dell'art. 166, comma 2, c.p., non puo' essere applicata alcuna misura di prevenzione mentre i primi possono subire, ed in effetti lo subiscono, il giudizio di prevenzione ed eventualmente anche la misura. Pare al Tribunale che questa situazione sia palesemente iniqua e tale da violare il principio di eguaglianza formale sancito dall'art. 3, comma 1 Cost. Si verifica cioe' che condizioni personali uguali quanto ai loro effetti giuridici (sia i condannati a pena sospesa che gli assolti non sono assoggettati ad alcuna pena) vengano trattate normativamente in modo sensibilmente differente, senza che, peraltro, vi sia alcun fondamento razionale che giustifichi tale differenza. Se infatti la concessione del beneficio e la sospensione condizionale della pena fa presumere l'assenza di una pericolosita' sociale attuale, fondata sulla prognosi favorevole per il futuro fatta dal giudice penale, a maggior ragione questa prognosi si imporrebbe per persone la cui colpevolezza sia stata esclusa per una qualsiasi delle ragioni previste dall'ordinamento. Bisogna a questo punto chiedersi quale sia la norma positiva da cui deriva questa aporia del sistema. La sua identificazione, a giudizio del Tribunale, e' piuttosto agevole. Si tratta dell'art. 530 c.p.p. e cioe' la norma contenitore dei vari tipi di pronunce assolutorie che si possono avere nel giudizio penale. Vi sono contemplate tutte le assoluzioni conseguenti ad un giudizio di merito ivi comprese quelle riguardanti i casi di commissione del reato da parte di persone non imputabili o comunque non punibili. E' questa allora, nell'opinione del collegio, la disposizione normativa che avrebbe dovuto contenere, in riferimento appunto alle pronunce assolutorie, una clausola identica a quella di cui all'art. 166, comma 2 c.p. cosi' da assicurare quell'uniformita' di trattamento cui si e' fatto cenno in precedenza. Il Tribunale si e' chiesto se, prima di adire la Consulta, fosse possibile ovviare in qualche modo alla contraddizione segnalata, ad esempio ricorrendo ad un'interpretazione analogica che estenda l'applicazione dell'istituto ex art. 166, comma 2 anche a coloro che, essendo stati assolti, si trovino per il resto nelle medesime condizioni dei condannati a pena sospesa. E' sembrato tuttavia che questa possibilita' sia di fatto frustrata dal diritto vivente, e cioe' da quell'indirizzo interpretativo uniforme e consolidato di cui la massima riportata nel paragrafo A1 e' un esempio. Concludendo sul punto, il Tribunale ritiene che l'art. 530 c.p.p. sia costituzionalmente illegittimo per contrasto con l'art. 3 della Cost. nella parte in cui non contiene una disposizione affine a quella prevista dall'art. 166, comma 2 c.p. La questione, per tutto quanto si e' detto, non e' manifestamente infondata e la norma di cui si sospetta l'illegittimita', ove avesse contenuto la disposizione aggiuntiva invocata, sarebbe stata certamente rilevante ed applicata in questo giudizio avendo effetti diretti sulla posizione dei proposti T.V. classe ..., e F.S. classe ...