Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato presso la quale ha il proprio domicilio in Roma alla via dei Portoghesi n. 12, nei confronti della Regione Lombardia in persona del Presidente della Giunta Regionale pro tempore per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli articoli 3, comma 2; e 14 e, in particolare, dei commi 3, 7, 8, 9 e 10 del medesimo articolo della Legge Regionale Lombardia n. 19 del 23 dicembre 2010, recante «Disposizioni per l'attuazione della programmazione economico-finanziaria regionale, ai sensi dell'art. 9-ter della legge regionale 31 marzo 1978, n. 34 (Norme sulle procedure della programmazione, sul bilancio e sulla contabilita' della Regione) - Collegato 2011», pubblicata nel B.U.R. n. 52 del 27 dicembre 2010, giusta delibera del Consiglio dei Ministri in data 23 febbraio 2011. Con la Legge Regionale n. 19 del 23 dicembre 2010, che consta di quindici articoli, la Regione Lombardia ha emanato le disposizioni per l'attuazione della programmazione economico-finanziaria regionale, ai sensi dell'art. 9-ter della Legge Regionale 31 marzo 1978, n. 34. E' avviso del Governo che, con le norme denunciate in epigrafe, la Regione Lombardia abbia ecceduto dalla propria competenza in violazione della normativa costituzionale, come si confida di dimostrare in appresso con l'illustrazione dei seguenti Motivi 1) L'art. 3, comma 2, della Legge Regione Lombardia n. 19/2010 viola l'articolo 117, comma 2, lett. l), della Costituzione. L'art. 3, comma 2, della Legge Regione Lombardia n. 19/2010 modifica l'art. 25, comma 6, della Legge Regione Lombardia 7 luglio 2008 n. 20, sostituendolo interamente, e dispone, in particolare, che le economie risultanti dalla riduzione dell'organico complessivo della dirigenza possono essere destinate alle valorizzazioni delle posizioni organizzative in aggiunta alle risorse annualmente stanziate ai sensi del vigente CCNL di comparto. Va rilevato, al riguardo, che tale materia e' riservata alla contrattazione collettiva e, pertanto, la disposizione regionale sipone in contrasto con le norme contenute nel Titolo III (dall'art. 40 all'art. 50) del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, le quali indicano le procedure da seguire in sede di contrattazione collettiva, nonche' l'obbligo del rispetto della normativa contrattuale. Cosi' disponendo, il legislatore regionale eccede, quindi, dalla propria competenza e invade la competenza esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile riconosciuta dall'art. 117, comma 2, lett. l), della Costituzione. 2) L'art. 14, comma 3, della Legge Regione Lombardia n. 19/2010 viola l'articolo 117, comma 2, lett. e), della Costituzione. L'art. 14 della Legge Regione Lombardia n. 19/2010, la cui rubrica e' intitolata «Modifica alla l.r. n. 26/2003, concernente disposizioni in materia di grandi derivazioni ad uso idroelettrico», invade la competenza esclusiva statale ed e', quindi, censurabile per i motivi di seguito indicati. In particolare, l'art. 14, comma 3, citato prevede che «La Regione, in assenza e nelle more dell'individuazione dei requisiti organizzativi e finanziari minimi e dei parametri di aumento dell'energia prodotta e della potenza installata concernenti le procedure di gara, di cui all'art. 12, comma 2, del d.lgs. n. 79/1999, provvede a determinare i suddetti requisiti e parametri entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore del presente articolo». Cosi' disponendo, il legislatore regionale eccede dalla propria competenza e invade quella esclusiva dello Stato in materia di tutela della concorrenza, di cui all'art. 117, comma 2, lett. e). La previsione regionale, infatti, riguarda le procedure di gara e non la produzione, trasporto e distribuzione dell'energia. In altri termini, la disposizione non regola affatto il modo di produrre l'energia, ma detta unicamente misure che incidono sulle procedure di scelta del concessionario. Sul punto, occorre richiamare la sentenza n. 1/2008 della Corte costituzionale, che ha chiaramente affermato che, in tema di concessioni idroelettriche, la disciplina dell'espletamento delle gare a evidenza pubblica, rientra nella materia della «tutela della concorrenza» di competenza esclusiva dello Stato (punto 7.3, considerato in diritto). D'altronde, secondo la stessa Corte, la gara pubblica costituisce uno strumento indispensabile per tutelare e promuovere la concorrenza (sentenza n. 401/2007). Con la citata sentenza n. 1/2008, e' stato, inoltre, rilevato che la determinazione dei «requisiti organizzativi e finanziari minimi, i parametri di aumento dell'energia prodotta e della potenza installata concernenti la procedura di gara, e' un atto che, da un lato, e' riconducibile alla indicata competenza statale in materia di tutela della concorrenza, dall'altro, interferisce su aspetti organizzativi, programmatori e gestori della materia, di competenza concorrente, della produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia (art. 117, terzo comma, della Costituzione)» (punto 7.3, considerato in diritto). E' stato anche precisato che «In ordine a tale potere, che indirettamente potrebbe coinvolgere, per il suo concreto atteggiarsi (aumento dell'energia prodotta e della potenza installata), anche aspetti di gestione del territorio, deve riconoscersi la necessita' di assicurare un potere specifico degli organi dello Stato, chiamati a tutelare la concorrenza nel settore economico di riferimento, nonche' interessi unitari alla produzione e gestione di una risorsa strategica qual e' l'energia idroelettrica, ma, al contempo, anche la necessita' di un coinvolgimento, sul piano amministrativo, delle Regioni (v . sentenza n. 383 del 2005). Va rimessa alla discrezionalita' del legislatore la predisposizione di regole che comportino il coinvolgimento regionale nell'adozione del decreto in questione (v. sentenza n. 231 del 2005)» (punto 7.3, considerato in diritto, sent. n. 1/2008 citata). A tale indicazione della giurisprudenza costituzionale, il legislatore statale ha pienamente ottemperato, introducendo la nuova formulazione del comma 2 dell'art. 12 del d.lgs. 16 marzo 1999, n. 79, «Attuazione della direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica», in base al quale «Il Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, previa intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, determina, con proprio provvedimento ed entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, i requisiti organizzativi e finanziari minimi, i parametri ed i termini concernenti la procedura di gara in conformita' a quanto previsto al comma 1, tenendo conto dell'interesse strategico degli impianti alimentati da fonti rinnovabili e del contributo degli impianti idroelettrici alla copertura della domanda e dei picchi di consumo». (comma cosi' sostituito, da ultimo, dall'art. 15, comma 6-ter, lettera c), del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, «Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita'», convertito con modificazioni con la legge 30 luglio 2010, n. 122); 3) L'art. 14, commi 7, 8, 9 e 10, della Legge Regione Lombardia n. 19/2010 viola l'articolo 117, comma 3, della Costituzione. Le previsioni regionali contenuti nei commi 7, 8, 9 e 10 dell'art. 14 della Legge Regione Lombardia n. 19/2010 stabiliscono, in particolare, che gli impianti afferenti l'utilizzazione delle acque pubbliche demaniali delle grandi derivazioni idroelettriche sono direttamente conferiti a societa' pubbliche patrimoniali di scopo (comma 7); che la Regione, anche per il tramite di tali societa', affida l'esercizio industriale di detti impianti mediante procedure di evidenza pubblica, ovvero direttamente a societa' a partecipazione mista pubblica e privata (comma 8); che le concessioni idroelettriche ricadenti nei territori delle province montane, ovvero delle provincie abbiano il 50 per cento del territorio ad una quota superiore a 500 metri sul livello del mare, siano affidate direttamente a societa' a partecipazione mista pubblica e privata (comma 9); che la concessione per l'uso delle acque pubbliche e' rilasciata, di diritto, in favore dei soggetti affidatari degli impianti. Tali disposizioni regionali prefigurano, pertanto, un sistema di affidamento di impianti afferenti alle grandi derivazioni idroelettriche e non, invece, un sistema di affidamento, tramite gara, delle concessioni idroelettriche. Cio' si pone in aperto contrasto con il regime delle concessioni idroelettriche e degli impianti a essi afferenti, quale prefigurato dall'art. 12 del d.lgs. n. 79/1999 citato, nonche' dall'art. 25 del T.U. delle leggi sulle acque e impianti elettrici (r.d. n. 1775/1933). Poiche' tali norme statali costituiscono principi fondamentali della materia di competenza concorrente «energia», la loro violazione si traduce nella violazione dell'art. 117, comma 3, Cost. 4) L'art. 14, commi 7, 8, 9 e 10, della Legge Regione Lombardia n. 19/2010 viola l'articolo 117, commi 1, 2, lett. e), e 3 della Costituzione. L'art. 14, comma 7, della Legge Regione Lombardia n. 19/2010 viola l'articolo 117, comma 2, lett. s), della Costituzione. Il richiamo, operato nell'art. 14, comma 1, della Legge Regione Lombardia n. 19/2010, al decreto legislativo 28 maggio 2010 n. 85 (sul «federalismo demaniale») non vale a giustificare l'intervento regionale sugli impianti di cui supra. Tali impianti, infatti, non rientrano nella disponibilita' della Regione, non essendo ricompresi nel novero dei beni pubblici regionali indicati dal citato decreto legislativo n. 85/2010. In ogni caso, nella parte in cui l'art. 14, commi 7, 8, 9 e 10, della Legge Regione Lombardia n. 19/2010 prevede affidamenti diretti (ovvero senza gara), si pone in contrasto con i principi generali dell'ordinamento nazionale e comunitario in tema di concorrenza e costituisce, quindi, violazione dell'art. 117, comma 1, Cost. Va, infine, osservato che la disciplina delle procedure di affidamento di beni e servizi rientra nella competenza esclusiva del legislatore statale in materia di concorrenza. Con la sentenza n. 401/2007 citata, e' stato, in particolare, affermato che «la procedura di affidamento - volta allo scopo di garantire i [...] principi diretti a consentire la piena apertura del mercato nel settore degli appalti - e' fondamentalmente riconducibile alla materia della tutela della concorrenza» (punto 6.7). Nella stessa sentenza, la Corte ha, inoltre, rilevato come «la tutela della concorrenza [ ...] abbia natura trasversale, non presentando i caratteri di una materia di estensione certa, ma quelli di "una funzione esercitabile sui piu' diversi oggetti" (sentenza numero 14/2004; e, altresi', le sentenze n. 29/2006; 336/2005 e 272/2004). Nello specifico settore degli appalti deve, pero', ritenersi che la interferenza con competenze regionali si atteggia, in modo peculiare, non realizzandosi normalmente un intreccio in senso stretto con ambiti materiali di pertinenza regionale, bensi' la prevalenza della disciplina statale su ogni altra fonte normativa. Ne consegue che la fase della procedura di evidenza pubblica, riconducibile alla tutela della concorrenza, potra' essere interamente disciplinata [ ...] dal legislatore statale» (punto 6.7, considerato in diritto). Cosi' disponendo, il legislatore regionale eccedendo dalla propria competenza, viola l'art. 117, comma 1 della Costituzione per i vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario, l'art. 117, comma 2, lett. e), della Costituzione in materia di tutela della concorrenza nonche' l'art. 117, comma 3 della Costituzione in materia di produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia. Inoltre, limitatamente al comma 7 dell'art. 14, il legislatore regionale viola anche l'art.117, comma 2, lett. s), ai sensi del quale lo Stato ha legislazione esclusiva in materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema.