Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui Uffici ha legale domicilio in Roma, Via dei Portoghesi n. 12; Contro la Regione Marche, in persona del Presidente della Giunta Regionale in carica con sede in Ancona, per l'impugnazione della legge della Regione Marche 28 dicembre 2010, n.20, pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione n. 115 del 31 dicembre 2010, recante «disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2011 e pluriennale 2011/2013 della Regione (Legge Finanziaria 2011)», con specifico riguardo all'articolo 16, comma 2. Nel Bollettino Ufficiale della Regione Marche n. 115 del 31 dicembre 2010 e' stata pubblicata la legge regionale 28 dicembre 2010 n. 20, recante «disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2011 e pluriennale 2011/2013 della Regione (Legge Finanziaria 2011)». In particolare, ai sensi dell'art. 16 comma 2 della legge cit., «prima del comma 1 dell'art. 8 della 1.r. n. 7/2009 e' inserito il seguente: «01. Il personale con rapporto di lavoro a tempo indeterminato dell'Associazione Mediateca delle Marche che svolge attivita' di catalogazione, di editoria e di Marche Film Commission transita alla Regione Marche. L'inquadramento nel ruolo regionale avviene previo espletamento di concorso riservato nella posizione contrattuale corrispondente a quella ricoperta presso l'Associazione Mediateca delle Marche.». La citata disposizione e' da ritenersi illegittima alla stregua del seguente Motivo Violazione degli articoli 3 e 97 della Costituzione. Costituisce principio consolidato quello per cui lo strumento del concorso pubblico, come mezzo ordinario e generale di reclutamento del personale della Pubblica Amministrazione, risponde alla finalita' di assicurare nella massima misura possibile il buon andamento e l'efficacia dell'Amministrazione stessa,valori presidiati dal primo e dal terzo comma dell'art. 97 della Costituzione (si vedano in proposito le sentenze nn. 205 e 34 del 2004, la n. 1 del 1999, la n. 190 del 2005). Secondo il costante orientamento assunto da codesta Corte, la regola del reclutamento mediante concorso puo' subire deroghe solo «in presenza di peculiari situazioni giustificatrici, nell'esercizio di una discrezionalita' che trova il suo limite nella necessita' di garantire il buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97, primo comma, della Costituzione) ... il cui vaglio di costituzionalita' passa attraverso una valutazione di ragionevolezza della scelta operata dal legislatore» (cfr., in tema di limiti di ammissibilita' delle procedure di selezione interne, la sent. n. 213 del 2010 e i precedenti ivi richiamati, nonche' la sent. 89 del 2003). E' altresi' stato precisato che «Le eccezioni a tale regola consentite dall'art. 97 Cost., purche' disposte con legge, debbono rispondere a «peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico» (sentenza n. 81 del 2006). Altrimenti la deroga si risolverebbe in un privilegio a favore di categorie piu' o meno ampie di persone (sentenza n. 205 del 2006). Perche' sia assicurata la generalita' della regola del concorso pubblico disposta dall'art. 97 Cost., l'area delle eccezioni va, pertanto, delimitata in modo rigoroso» (sent. n. 363 del 9 novembre 2006, n. 194 del 2002, n. 9 del 2010). Giova a tal fine ricordare come, in tema di misure per la stabilizzazione del personale precario sia stato ribadito che «la necessita' del concorso per le assunzioni a tempo indeterminato discende non solo dal rispetto del principio di buon andamento della pubblica amministrazione di cui all'art. 97 Cost., ma anche dalla necessita' di consentire a tutti i cittadini l'accesso alle funzioni pubbliche, in base all'art. 51 Cost. Invero, "la natura comparativa e aperta della procedura e' [...] elemento essenziale del concorso pubblico", sicche' deve escludersi la legittimita' costituzionale di "procedure selettive riservate, che escludano o riducano irragionevolmente la possibilita' di accesso dall'esterno", violando il carattere pubblico del concorso (in tal senso, sentenze n. 293 del 2009 e n. 100 del 2010)» (Corte cost. sent. n. 225/2010). A tal proposito sembra opportuno richiamare quanto chiarito da codesta ecc.ma Corte in un recente intervento: «questa Corte, ancora di recente (sentenza. n. 293 del 2009), ha escluso la legittimita' di arbitrarie restrizioni alla partecipazione alle procedure selettive, chiarendo che "al concorso pubblico deve riconoscersi un ambito di applicazione ampio, tale da non includere soltanto le ipotesi di assunzione di soggetti precedentemente estranei alle pubbliche amministrazioni. Il concorso e' necessario anche nei casi di nuovo inquadramento di dipendenti gia' in servizio (cio' che comunque costituisce una "forma di reclutamento" - sentenza n. 1 del 1999), e in quelli, che piu' direttamente interessano le fattispecie in esame, di trasformazione di rapporti non di ruolo, e non instaurati ab origine mediante concorso, in rapporti di ruolo (sentenza n. 205 del 2004). Sotto quest'ultimo profilo, infine, questa Corte ha precisato i limiti entro i quali puo' consentirsi al legislatore di disporre procedure di stabilizzazione di personale precario che derogano al principio del concorso. Secondo l'orientamento progressivamente consolidatosi nella giurisprudenza costituzionale, infatti, «l'area delle eccezioni» al concorso deve essere "delimitata in modo rigoroso" (sentenza n. 363 del 2006). Le deroghe sono pertanto legittime solo in presenza di peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico» idonee a giustificarle (sentenza n. 81 del 2006). Non e' in particolare sufficiente, a tal fine, la semplice circostanza che determinate categorie di dipendenti abbiano prestato attivita' a tempo determinato presso l'amministrazione (sentenza n. 205 del 2006), ne' basta la «personale aspettativa degli aspiranti» ad una misura di stabilizzazione (sentenza n. 81 del 2006). Occorrono invece particolari ragioni giustificatrici, ricollegabili alla peculiarita' delle funzioni che il personale da reclutare e' chiamato a svolgere, in particolare relativamente all'esigenza di consolidare specifiche esperienze professionali maturate all'interno dell'amministrazione e non acquisibili all'esterno, le quali facciano ritenere che la deroga al principio del concorso pubblico sia essa stessa funzionale alle esigenze di buon andamento dell'amministrazione». Anche relativamente alle ipotesi che determinano in pratica un automatico e generalizzato slittamento di soggetti specificamente individuati verso la qualifica superiore, questa Corte ha piu' volte stabilito che esse si pongono in evidente contrasto «con il principio costituzionale del pubblico concorso e con la consolidata giurisprudenza di questa Corte in materia (sentenze n. 465 e n. 159 del 2005)». La natura comparativa e aperta della procedura e', pertanto, elemento essenziale del concorso pubblico. Procedure selettive riservate, che escludano o riducano irragionevolmente la possibilita' di accesso dall'esterno, violano il «carattere pubblico» del concorso (sentenza n. 34 del 2004) e, conseguentemente, i principi di imparzialita' e buon andamento, che esso assicura. Un'eventuale deroga a tale principio e' ammessa, secondo la giurisprudenza costituzionale, solo ove essa stessa sia strettamente funzionale alle esigenze di buon andamento dell'amministrazione (sentenze n. 9 del 2010 e n. 293 del 2009)» (Corte cost. n. 150/2010). Infine, per una recente riaffermazione dei cennati principi mette conto richiamare la sentenza n. 52/2011, in cui e' stato ribadito che «la giurisprudenza costituzionale ha ripetutamente affermato che la facolta' del legislatore di introdurre deroghe al principio del concorso pubblico deve essere delimitata in modo rigoroso, potendo tali deroghe essere considerate legittime solo quando siano funzionali esse stesse al buon andamento dell'amministrazione e ove ricorrano peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico idonee a giustificarle (ex plurimis: sentenze n. 195, n. 150 e n. 100 del 2010, n. 293 del 2009). In tale quadro, questa Corte ha altresi' escluso la legittimita' di arbitrarie restrizioni alla partecipazione alle procedure selettive, chiarendo che al concorso pubblico deve riconoscersi un ambito di applicazione ampio, tale da non includere soltanto le ipotesi di assunzione di soggetti precedentemente estranei alle pubbliche amministrazioni, ma anche i casi di nuovo inquadramento di dipendenti gia' in servizio e quelli di trasformazione di rapporti non di ruolo, e non instaurati ab origine mediante concorso, in rapporti di ruolo (sentenze. n. 150 del 2010, n. 293 del 2009, n. 205 del 2004). Si e' sottolineato, insomma, nella giurisprudenza costituzionale, che il principio del pubblico concorso, pur non essendo incompatibile, nella logica dell'agevolazione del buon andamento della pubblica amministrazione, con la previsione per legge di condizioni di accesso intese a consentire il consolidamento di pregresse esperienze lavorative maturate nella stessa amministrazione, tuttavia non tollera, salvo circostanze del tutto eccezionali, la riserva integrale dei posti disponibili in favore di personale interno». La disposizione qui impugnata si pone in aperto contrasto con gli uniformi principi giurisprudenziali, sopra richiamati, posto che in essa e' prevista una vera e propria assunzione riservata, sottratta all'operativita' della regola del pubblico concorso ex art. 97 Cost. Ne' la norma contempla precisazioni di sorta, astrattamente idonee a rendere ragione della deroga alla regola del concorso, alla luce del criterio di eccezionalita' e specificita' piu' volte enunciato da codesta Corte. La previsione di un accesso riservato a una determinata categoria di soggetti concretizza,inoltre, una aperta violazione del principio costituzionale della parita' di trattamento, pregiudicando il diritto di chiunque, pur in possesso della professionalita' richiesta per la copertura dei posti vacanti presso la Regione, si veda negata la possibilita' di partecipare alla selezione in condizioni di concorrenza. Resta infatti del tutto immotivata la preferenza accordata al personale individuato nel secondo comma dell'art. 16 1.r. cit., rispetto alla generalita' dei potenziali aspiranti ai posti da ricoprire.