Ordinanza 
 
nel giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  6-ter  del
decreto-legge 30 dicembre  2008,  n.  208  (Misure  straordinarie  in
materia di risorse idriche e di protezione dell'ambiente), introdotto
dalla legge di conversione 27 febbraio  2009,  n.  13,  promosso  dal
Tribunale  ordinario  di  Sondrio  nel  procedimento   vertente   tra
Schenatti Elide ed altri e la F.A.B. Funivia Al "Bernina" s.p.a.  con
ordinanza dell'8  giugno  2010,  iscritta  al  n.  337  del  registro
ordinanze 2010 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 44, 1ª serie speciale, dell'anno 2010. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio  del  9  marzo  2011  il  giudice
relatore Paolo Grossi. 
    Ritenuto che il Giudice unico del Tribunale ordinario di  Sondrio
-  nel  corso  di  una  controversia  proposta  dai  proprietari   di
un'abitazione  per  la  eliminazione   delle   immissioni   acustiche
derivanti dalla gestione di un impianto di risalita ad uso  turistico
e per il risarcimento dei danni - con  ordinanza  emessa  l'8  giugno
2010, ha sollevato,  in  riferimento  agli  articoli  3  e  32  della
Costituzione, questione di legittimita' costituzionale  dell'articolo
6-ter  del  decreto-legge  30   dicembre   2008,   n.   208   (Misure
straordinarie  in  materia  di  risorse  idriche  e   di   protezione
dell'ambiente), introdotto dalla legge  di  conversione  27  febbraio
2009,  n.  13,  secondo   il   quale   «nell'accertare   la   normale
tollerabilita' delle immissioni e delle emissioni acustiche, ai sensi
dell'art. 844 del codice civile, sono fatte salve  in  ogni  caso  le
disposizioni di legge  e  di  regolamento  vigenti  che  disciplinano
specifiche sorgenti e la priorita' di un determinato uso»; 
    che il rimettente premette che la convenuta ha chiesto il rigetto
della domanda, invocando l'avvenuto rispetto  delle  prescrizioni  di
cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14  novembre
1997, il preuso dell'impianto e  la  destinazione  turistico-sportiva
della zona, e che l'espletata c.t.u. ha accertato  «un  significativo
superamento del  limite  c.  d.  di  normale  tollerabilita'  di  cui
all'art. 844 c.c., secondo i parametri  elaborati,  nel  corso  degli
anni, dalla giurisprudenza, mentre risultano pienamente rispettati  i
limiti dettati dal Regolamento Locale di igiene e dalle  disposizioni
disciplinanti la specifica sorgente»; 
    che, peraltro, secondo il giudice a quo «la norma non puo' essere
interpretata altrimenti che come una deroga ed una  limitazione  allo
stesso art. 844 cit., nel senso che il Giudice non  potra'  piu',  in
presenza  di  specifiche  discipline  relative  alla  sorgente  delle
emissioni  acustiche  e   di   un   preuso,   valutare   la   normale
tollerabilita' alla luce dei parametri elaborati nel corso degli anni
dalla giurisprudenza, ma  dovra'  limitarsi  a  rilevare  l'eventuale
violazione  delle  disposizioni  -  di  fonte  legislativa  od  anche
regolamentare - relative alla sorgente stessa ed il preuso»; 
    che, pertanto, il rimettente - ritenuto che la  domanda  proposta
dovrebbe essere rigettata, nonostante il superamento  dei  limiti  di
normale tollerabilita' ricavabili dall'art. 844 cod.  civ.  -  deduce
che la norma censurata  violerebbe  gli  evocati  parametri,  per  il
diverso  trattamento  degli  atti  di  immissione  e/o  di  emissione
acustica rispetto a quelli di altra  natura  e  per  la  lesione  del
diritto alla salute, sotto lo specifico aspetto del diritto al riposo
ed alla tranquillita' individuale, perche' impedisce di applicare  la
norma primaria "in  bianco"  contenuta  nell'art.  844  cod.  civ.  e
perche'  impone  di  dare  preminenza  al  preuso  ed  ai   parametri
determinati  da  norme  di  carattere  integrativo,  anche  di  rango
secondario, che possono rendere mutevoli ed imprevedibili  i  livelli
di salubrita' del luogo; 
    che, in punto di rilevanza della questione, il rimettente osserva
che - dichiarata incostituzionale la norma censurata - egli  potrebbe
passare al vaglio dell'effettiva operativita',  nel  caso  specifico,
della tutela contenuta nell'art. 844 cod. civ; 
    che e' intervenuto il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura   generale   dello   Stato,
eccependo in via  pregiudiziale  l'inammissibilita'  della  sollevata
questione in quanto  il  rimettente:  a)  omette  di  specificare  se
l'asserita intollerabilita' delle immissioni comporti in concreto  un
danno per la salute degli  attori;  b)  non  esamina  l'eccezione  di
preuso sollevata dalla convenuta; c)  omette  di  indicare  le  norme
regolamentari che  fisserebbero  parametri  non  compatibili  con  le
esigenze di tutela garantite dall'art. 844 cod. civ.; 
    che,  nel  merito,  la  difesa  erariale  deduce   la   manifesta
infondatezza della questione medesima, sia  sotto  il  profilo  della
denunciata violazione del principio di uguaglianza, che non osta alla
introduzione  di  una  norma  particolare  per  una  sola  specie  di
immissioni, sia sotto  il  profilo  della  dedotta  violazione  della
tutela della salute, giacche' - se e' vero che la norma censurata  ha
la funzione di integrare il contenuto  dispositivo  della  norma  "in
bianco" dell'art. 844 cod .civ. - cio' non significa affatto  che  in
tal modo, nel nome di una  incondizionata  applicazione  a  qualsiasi
norma di legge o regolamento che  preveda  particolari  parametri  di
emissione, il giudice sia costretto a negare tutela  al  proprietario
del fondo interessato da immissioni moleste,  anche  quando  esse  si
traducano in un danno per la sua salute; 
    che, infatti - l'Avvocatura generale  dello  Stato  rileva  -  il
legislatore ha opportunamente affermato che il rispetto dei parametri
legislativi e regolamentari fa presumere la normalita' dell'esercizio
dell'attivita' ed impone al proprietario di  sopportare  le  molestie
arrecate al fondo, in  base  ad  un  corretto  contemperamento  degli
opposti interessi. 
    Considerato  che  il  rimettente  censura  l'articolo  6-ter  del
decreto-legge 30 dicembre  2008,  n.  208  (Misure  straordinarie  in
materia di risorse idriche e di protezione dell'ambiente), introdotto
dalla legge di conversione 27 febbraio 2009, n. 13, secondo il  quale
«Nell'accertare la normale tollerabilita' delle  immissioni  e  delle
emissioni acustiche, ai sensi dell'art. 844 del codice  civile,  sono
fatte salve in ogni caso le disposizioni di legge  e  di  regolamento
vigenti che disciplinano specifiche sorgenti e  la  priorita'  di  un
determinato uso»; 
    che il  rimettente  deduce  che  la  norma  censurata  violerebbe
l'articolo 3 della Costituzione, in ragione del  diverso  trattamento
degli atti di immissione e/o di emissione acustica rispetto a  quelli
di altra natura, nonche' l'art. 32 Cost. per la lesione  del  diritto
alla salute, sotto lo specifico aspetto del diritto al riposo ed alla
tranquillita' individuale, perche' impedirebbe di applicare la  norma
primaria "in bianco" contenuta nell'art. 844 cod. civ., che vieta  le
immissioni non tollerabili, e perche' imporrebbe di  dare  preminenza
al  preuso  ed  ai  parametri  determinati  da  norme  di   carattere
integrativo, anche di rango secondario, che possono rendere  mutevoli
ed imprevedibili i livelli di salubrita' del luogo; 
    che, con riferimento  a  tale  secondo  profilo  di  censura,  va
rilevato che il rimettente (come eccepito dalla difesa  dello  Stato)
omette di specificare se il riscontrato  superamento  del  limite  di
normale tollerabilita' delle immissioni acustiche comporti  nel  caso
concreto un  effettivo  danno  per  la  salute  fisio-psichica  degli
attori; 
    che la completa assenza di  qualsiasi  motivazione  sul  punto  -
atteso che  l'esposizione  ad  immissioni  sonore  intollerabili  non
costituisce di per se' prova  dell'esistenza  di  danno  alla  salute
(Cassazione, terza sezione civile, 10 dicembre 2009,  n.  25820),  la
cui risarcibilita' non consegue automaticamente dal  superamento  dei
limiti  di  cui  all'art.   844   cod.   civ.   ma   e'   subordinata
all'accertamento dell'effettiva esistenza di  una  lesione  fisica  o
psichica eventualmente azionabile ai sensi degli artt.  2043  e  2058
cod. civ. - vale a determinare l'inammissibilita' della questione per
insanabile astrattezza (ordinanza n. 5  del  2010),  in  quanto  tale
difetto di motivazione  non  consente  alla  Corte  di  valutarne  la
rilevanza ai fini della definizione del giudizio a quo (ordinanza  n.
338 del 2010); 
    che,  inoltre,  il   rimettente   fonda   i   propri   dubbi   di
incostituzionalita' sulla asserita portata  derogatoria  della  norma
censurata rispetto alla disposizione codicistica, ed  in  particolare
sulla sopravvenuta limitazione dell'ambito valutativo del  giudicante
che, a  suo  dire,  «non  potra'  piu',  in  presenza  di  specifiche
discipline relative alla sorgente delle emissioni acustiche e  di  un
preuso, valutare la normale tollerabilita' alla  luce  dei  parametri
elaborati nel  corso  degli  anni  dalla  giurisprudenza,  ma  dovra'
limitarsi a rilevare l'eventuale violazione delle disposizioni  -  di
fonte legislativa od anche regolamentare  -  relative  alla  sorgente
stessa ed il preuso»; 
    che, tuttavia, (come ancora eccepito  dalla  Avvocatura  generale
dello Stato) il giudice a quo non indica quali  (e  di  quale  rango)
siano le  disposizioni  pubblicistiche  che  disciplinerebbero  nella
fattispecie la specifica sorgente sonora  degli  impianti  sciistici,
ne' chiarisce se a suo  avviso  debba  farsi  riferimento  ai  limiti
stabiliti dal d.P.C.m. 14 novembre 1997, evocato  in  giudizio  dalla
difesa della societa' convenuta, e/o  a  quelli  (solo  genericamente
evocati nell'ordinanza di rimessione) dettati dal Regolamento  Locale
di igiene e dalle «disposizioni disciplinanti la specifica sorgente»; 
    che  siffatta  omissione  si  traduce  in  un  vizio  di  carente
descrizione  della  fattispecie  che  non  permette  alla  Corte   di
verificare la rilevanza della sollevata questione; 
    che  va,  infine,  rilevato   che   il   rimettente   si   limita
apoditticamente ad affermare detta  asserita  portata  derogatoria  e
limitativa della disposizione censurata, senza tuttavia  (in  assenza
peraltro, nello specifico, di univoci precedenti giurisprudenziali e,
quindi,  di  diritto  vivente),  tentare  di   sperimentare   diverse
interpretazioni idonee a preservare la  norma  stessa  dai  sollevati
profili di  denunciata  incostituzionalita',  omettendo  di  motivare
adeguatamente in ordine alla  impossibilita'  di  dare  di  essa  una
lettura idonea a superare tali dubbi (ordinanze n. 15 del 2011  e  n.
322 del 2010); 
    che,  sul  piano  ermeneutico,   appare   infatti   completamente
inesplorato  il  tentativo  di  fornire   una   identificazione   del
significato e dell'ambito della assai generica locuzione «sono  fatte
salve in ogni caso le disposizioni di legge e di regolamento  vigenti
che disciplinano specifiche sorgenti e la priorita' di un determinato
uso», contenuta nella norma in esame, cui  il  rimettente  conferisce
del tutto  apoditticamente  una  portata  derogatoria  rispetto  alla
disciplina codicistica in tema di immissioni; 
    che, in particolare, il giudice a quo non adempie  al  dovere  di
chiarire quale  sia  la  eventuale  influenza  di  tale  clausola  di
salvezza rispetto ai criteri civilistici  di  accertamento  (riferiti
eventualmente anche alla lesione del diritto alla salute) del  limite
della normale tollerabilita' delle immissioni acustiche, che la norma
medesima  prevede  che  continuino  ad  essere  applicati  «ai  sensi
dell'art. 844 cod. civ.»; 
    che, peraltro,  con  riguardo  a  cio',  il  rimettente  trascura
altresi'   di   considerare   che   (nel   pur   variegato   contesto
giurisprudenziale di legittimita') e' consolidato  il  principio  che
differenzia - quanto ad oggetto, finalita' e sfera di applicazione  -
la disciplina contenuta nel codice civile dalla normativa di  diritto
pubblico: l'una posta a presidio del diritto di proprieta' e volta  a
disciplinare  i  rapporti  di  natura  patrimoniale  tra  i   privati
proprietari di fondi vicini; l'altra diretta  -  con  riferimento  ai
rapporti tra i privati e la p.a.  -  alla  tutela  igienico-sanitaria
delle persone o comunita' esposte; 
    che, per tali motivi, la sollevata  questione  e'  manifestamente
inammissibile. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale.