L'Assemblea Regionale Siciliana, nella seduta del 23 marzo 2011,
ha approvato il disegno di  legge  n.  520  -  144-bis/A  dal  titolo
«Disposizioni per la trasparenza, la  semplificazione,  l'efficienza,
l'informatizzazione della pubblica amministrazione  e  l'agevolazione
delle iniziative  economiche.  Disposizioni  per  il  contrasto  alla
corruzione  ed  alla  criminalita'  organizzata  di  stampo  mafioso.
Disposizioni per il riordino e la semplificazione della  legislazione
regionale», pervenuto a questo Commissariato dello Stato, ai sensi  e
per gli effetti dell'art. 28 dello Statuto speciale, il successivo 25
marzo 2011. 
    L'articolo 23, che di seguito si trascrive, introdotto nel  corso
del dibattito parlamentare  con  un  emendamento  aggiuntivo,  avulso
"ratione materiae" dall'originario contesto normativo,  da'  adito  a
censura per violazione degli articoli 3, 51 e 97 della Costituzione. 
    Art. 23. Norme relative al Consorzio per le autostrade siciliane. 
    1. Il Consorzio per le  Autostrade  siciliane  assume  natura  di
"ente   pubblico   economico"   mantenendo   le   proprie   finalita'
istituzionali. 
    2. Entro novanta giorni dalla data di  entrata  in  vigore  della
presente legge, il  consorzio  provvede  alle  conseguenti  modifiche
dello Statuto e del regolamento di organizzazione. 
    3. Il trattamento giuridico ed economico del personale dipendente
del  Consorzio  continua  ad  essere   disciplinato   dai   contratti
collettivi  nazionali  di  lavoro  (CCNL)  applicati  alla  data   di
costituzione dei  singoli  rapporti  di  lavoro  e  dalle  successive
modifiche ed integrazioni  degli  predetti  contratti,  nel  rispetto
dell'articolo 2103 del codice civile. Analogo trattamento si  applica
al personale dipendente  dal  Consorzio  all'esito  di  procedure  di
mobilita' concluse alla data del 31 dicembre 2010. 
    4. E' autorizzata, senza alcun onere aggiuntivo per  la  Regione,
la trasformazione dei contratti a tempo parziale in contratti a tempo
pieno, se relativi a rapporti di lavoro costituiti alla data  del  31
dicembre 2010. 
    5. Ove il  Consorzio  proceda  alla  copertura  dei  posti  della
dotazione organica che risultino  vacanti  dopo  la  definizione  dei
provvedimenti  di  cui  al  comma  4,  il  50  per  cento  dei  posti
disponibili e'  coperto  da  personale  che  sia  stato  assunto  dal
Consorzio mediante contratto di lavoro a tempo determinato, cumulando
un periodo di lavoro non inferiore a quattro anni, anche per  periodi
non consecutivi. 
    Oggetto dell'intervento legislativo e'  il  Consorzio  Autostrade
Siciliane  (C.A.S.)  ente  pubblico  non  economico,  sottoposto   al
controllo della Regione che ha come scopo sociale  l'esercizio  della
rete autostradale assentita  in  concessione  dall'ANAS.  Concessione
questa in atto revocata a seguito  del  decreto  del  Ministro  delle
infrastrutture e dei trasporti di  concerto  con  il  Ministro  della
economia e delle finanze del 5 luglio 2010, protocollo  457,  che  ha
dichiarato la decadenza del Consorzio Autostrade Siciliane. 
    Tale decreto e il suo contenuto in quanto riferiti da  tutti  gli
organi di stampa ed ampiamente conosciuti,  soprattutto  in  Sicilia,
possono considerarsi fatti notori e, come tali, essere  utilizzati  a
sostegno della censura prospettata sulla norma de qua. 
    Si e' dell'avviso, infatti,  che  l'intervenuta  decadenza  dalla
concessione,  a  suo  tempo  rilasciata  dall'ANAS,  renda  la  norma
contenuta nel 1° comma  affetta  da  intrinseca  irragionevolezza  in
quanto dispone la trasformazione in ente  pubblico  economico  di  un
consorzio ormai sostanzialmente privo di scopo  sociale,  essendo  le
sue attivita'  ridotte  in  atto,  e  comunque  solo  interinalmente,
all'amministrazione ordinaria dell'esercizio delle autostrade e delle
relative pertinenze. 
    Codesta Corte ha affermato nella sentenza n. 123 del 1968 che  il
controllo sulla conformita' all'articolo  97  della  Costituzione  di
singole norme e' ammissibile quando  il  legislatore  non  prende  in
esame  le  necessita'  concrete   dell'amministrazione   ma   intende
piuttosto porre rimedio ad una  situazione  creata  da  irregolarita'
amministrative quale  appare  essere  quella  attuale  del  Consorzio
Autostrade Siciliane. 
    Costituisce fatto notorio, per l'ampio risalto dato sulla  stampa
locale, che la gestione del personale del consorzio sia stato oggetto
di ispezioni amministrative, indagini ed esposti,  alcuni  dei  quali
anche indirizzati a questo Commissariato, e che siano state  rilevate
numerose irregolarita' sull'applicazione dei trattamenti economici al
personale in servizio, anche a seguito di procedure di mobilita', non
conformi al contratto collettivo di lavoro  di  pertinenza,  tali  da
indurre  l'amministrazione  regionale   a   chiedere   parere   prima
all'Ufficio legislativo e legale della Presidenza  e  successivamente
al Consiglio di Giustizia Amministrativa. 
    Sia  l'Ufficio  legislativo  e  legale  della  Presidenza   della
Regione, con parere protocollo n. 11986 del 23 aprile  2010,  sia  il
Consiglio di Giustizia Amministrativa con il parere n. 841/10 del  1°
settembre 2010 (All. 1) hanno ritenuto che al personale del Consorzio
Autostrade Siciliane avrebbero dovuto applicarsi gli articoli 13 e 24
della L.R. n. 10/2000 e che avrebbe  dovuto  cessare  dalla  data  di
entrata in vigore della cennata legge (ovverossia il 17 maggio 2000),
ogni  ultrattivita'  della  «singolare  piu'   favorevole   (per   il
personale,  non  invece  per   la   finanza   regionale)   disciplina
autorizzata» da una delibera di Giunta del 1984. 
    Il Consiglio di Giustizia  Amministrativa  inoltre,  considerando
illegittima la perdurata  applicazione  al  personale  dirigente  del
C.A.S.  del  contratto  collettivo  di  diritto  comune  relativo  ai
dirigenti di azienda privata, nonche' al  residuo  personale  di  una
contrattazione diversa da quella prescritta per  tutti  i  dipendenti
della Regione dall'articolo 24 L.R. n. 10/2000, ha trasmesso gli atti
alla Procura regionale della Corte dei conti. 
    Da quanto premesso appare evidente che  il  fine  perseguito  dal
legislatore con il combinato disposto dei commi 1  e  3  della  norma
censurata e' quello di sanare l'illegittimita'  degli  atti  adottati
dal  consorzio  e,  soprattutto,  di  prevenire  e/o  paralizzare  il
giudizio  di   responsabilita'   a   carico   degli   amministratori,
eventualmente gia' avviato dalla Corte dei conti. 
    E' pur vero che non sono rari i casi in cui il  legislatore,  per
ragioni socialmente, necessitate, procede a sanatorie e  condoni  con
norme di carattere generale ed astratto ma non, in ogni caso, per far
venire  meno  l'illegittimita'  di   ben   individuabili   atti   e/o
comportamenti come nella fattispecie in esame. 
    Dettare una disposizione come quella censurata significa, invero,
promuovere la sanatoria di singole fattispecie  di  illegittimita'  e
conseguenti responsabilita' patrimoniali. 
    Inoltre, come  codesta  eccellentissima  Corte  ha  chiarito  con
costante   giurisprudenza,   le   leggi   di   sanatoria   non   sono
costituzionalmente precluse in via di principio  ma,  trattandosi  di
ipotesi eccezionali, la loro giustificazione deve  essere  sottoposta
ad uno scrutinio di costituzionalita' estremamente rigoroso. 
    L'intervento  legislativo  in  sanatoria,  infatti,  puo'  essere
ragionevolmente giustificato soltanto dallo stretto collegamento  con
le specifiche peculiarita' del caso  «tali  da  escludere  che  possa
risultare arbitraria la sostituzione della  disciplina  generale  con
quella eccezionale» (sentenze n. 100/1987; 402/1993 e 474/1988). 
    Piu' in particolare, siffatto scrutinio deve essere svolto  sotto
il profilo del rispetto del principio costituzionale  di  parita'  di
trattamento nonche' della salvaguardia da indebite  interferenze  nei
confronti dell'esercizio  della  funzione  giurisdizionale  (sentenza
C.c. n. 346/1991). 
    Orbene,  non  solo  sotto  entrambi  i  profili  la  disposizione
censurata si rileva manchevole, ma la  stessa  non  e'  sostenuta  da
interessi  pubblici,   legislativamente   rilevanti   di   preminente
importanza  generale,  rinvenibili  nei  lavori  parlamentari  e  nei
chiarimenti forniti ai sensi dell'art. 3 del D.P.R. n. 488/1969,  che
giustifichino il perdurare di trattamenti economici  non  conformi  a
quelli previsti per la generalita' dei dipendenti regionali. 
    La norma risulta, invero, volta a fornire  una  copertura  legale
successiva alle decisioni degli organi del consorzio  difformi  dalla
previa disciplina legislativa e, come  tale,  sembra  essere  diretta
unicamente ad esonerare questi ultimi da eventuali responsabilita' di
ordine giuridico. 
    Il comma 4, inoltre, nell'autorizzare ope legis la trasformazione
dei contratti a tempo parziale, costituiti alla data del 31  dicembre
2010, in contratti a tempo pieno appare lesiva del principio  di  cui
all'articolo 97 della Costituzione in quanto  non  tiene  nel  debito
conto le ormai ridotte attivita' del  consorzio  e  della  necessaria
conseguente rideterminazione della dotazione  organica  privilegiando
piuttosto le aspettative dei lavoratori. 
    Del pari censurabile per violazione degli articoli  3,  51  e  97
della Costituzione  e'  infine  la  disposizione  del  5°  comma  che
costituisce una  ingiustificata  deroga  al  principio  del  pubblico
concorso e di uguaglianza  dei  cittadini  nell'accesso  al  pubblico
impiego laddove prevede l'automatica  copertura  del  50%  dei  posti
disponibili nella dotazione organica con personale precario che abbia
maturato almeno 4  anni  di  servizio  senza  il  ricorso  ad  alcuna
procedura selettiva. 
    Al riguardo codesta Corte ha piu' volte affermato che la facolta'
del legislatore di  introdurre  deroghe  al  principio  del  concorso
pubblico deve  essere  delimitata  in  modo  rigoroso  (fra  le  piu'
recenti, sentenza n. 9 e n.  100  del  2010)  e  che  simili  deroghe
possono considerarsi legittime solo  quando  funzionali  esse  stesse
alle esigenze di buon andamento dell'amministrazione e ove  ricorrono
straordinarie esigenze di interesse pubblico idonee a  giustificarle,
che nel caso in questione non sono invero rinvenibili. 
    Codesta eccellentissima Corte ha, infine,  escluso  (sentenza  n.
195/2010)  che  ragioni  giustificative  della  deroga  al   concorso
pubblico possano essere ricollegate ad un particolare interesse degli
stessi dipendenti beneficiari della norma o ad  esigenze  strumentali
dell'amministrazione connesse alla gestione del personale come quelle
eventualmente rinvenibili nella fattispecie in questione.