IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 886 del 2004, integrato da motivi aggiunti, proposto da: Parodi Paolo, Guazzetti Evelina, Griggi Maurizio, Roda' Antonio, Gaeta Calogero, Broadbridge Peter Thomas, Deandrea Giorgio e Freccieri, Laura, tutti rappresentati e difesi dall'avv. Giovanni Bormioli, con domicilio eletto presso il suo studio in Genova, p.zza Dante, 9/14; Contro: Comune di Pontinvrea, non costituito in giudizio; Regione Liguria, non costituita in giudizio; A.R.P.A.L. - Agenzia Regionale per la Protezione Ambiente Liguria non costituita in giudizio; Nei confronti di: El Chico Tres di Cecchin S. & C. S.n. c., rappresentata e difesa dall'avv. Mauro Vallerga, con domicilio eletto presso il suo studio in Genova, via Dante, 2/52-53; Per l'annullamento del titolo edilizio in sanatoria ex art. 32 d.l. n. 269/2003 (condono) rilasciato dal comune di Pontinvrea «per l'esecuzione di opere finalizzate alla realizzazione di pavimentazione stradale in conglomerato bituminoso, recinzioni, opere di sistemazione esterna in via Pian degli Agguati al C.E.U. foglio n. 7 m. 575, opere non valutabili in termini di superficie o di volume ad uso ricreativo»; dell'autorizzazione n. 26/2004 per l'esercizio dell'impianto pista Kart «Vittoria» costituito dalle opere oggetto del condono edilizio. Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio della societa' El Chico Tres di Cecchin S. & C. S.n. c.; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 gennaio 2011 l'avv. Angelo Vitali e uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale di udienza; Con ricorso notificato in data 11 giugno 2004 un gruppo di proprietari di villette ubicate nel comune di Pontinvrea ha impugnato il titolo edilizio in sanatoria rilasciato ex art. 32 d.l. n. 269/2003 (condono) alla societa' controinteressata El Chico Tres di Cecchin S. & C. S.n.c. dal comune di Pontinvrea, «per l'esecuzione di opere finalizzate alla realizzazione di pavimentazione stradale in conglomerato bituminoso, recinzioni, opere di sistemazione esterna in via Pian degli Agguati al C.E.U. foglio n. 7 m. 575, opere non valutabili in termini di superficie o di volume ad uso ricreativo», nonche' l'autorizzazione n. 26/2004 per l'esercizio dell'impianto pista Kart «Vittoria», costituito dalle opere oggetto del condono edilizio. Essi lamentano che la costruzione e l'esercizio di una pista per go-kart a motore, oggetto dei provvedimenti impugnati, siano fonte di gravissimo inquinamento acustico ed atmosferico, ed abbiano definitivamente compromesso la quiete e la tranquillita' della zona nella quale si trovano i loro immobili. Giova rammentare che, con sentenza 28 gennaio 2004, n. 105, questa sezione aveva accolto un precedente ricorso (R.G. n. 1816/2000) proposto dagli odierni ricorrenti avverso la concessione edilizia 31 gennaio 2000, n. 14, rilasciata dal comune per la realizzazione dell'impianto. In quell'occasione, il Tribunale aveva rilevato molteplici vizi della concessione edilizia e, segnatamente: la violazione della normativa regionale sulla valutazione di impatto ambientale; il contrasto con la strumentazione urbanistica che imponeva la redazione di uno strumento urbanistico attuativo e della perizia geologica; l'assenza dell'autorizzazione in deroga dell'autorita' competente in materia di vincolo idrogeologico, stante la distanza dell'impianto da un torrente inferiore a m. 40 in alcuni tratti del tracciato della pista. A sostegno dell'odierno gravame i ricorrenti hanno dedotto una articolata serie di censure, sollevando - in via preliminare - eccezione di legittimita' costituzionale della legge regionale Liguria 29 marzo 2004, n. 5, recante le disposizioni di attuazione del condono edilizio di cui al decreto legge 30 settembre 2003 n. 269, per violazione - tra l'altro - dell'art. 117 terzo comma della Costituzione. A detta dei ricorrenti la legislazione regionale ligure sul condono, nel definire i limiti di ammissibilita' a sanatoria delle opere abusive, avrebbe ampliato le ipotesi di sanabilita' oltre i limiti posti dalla norma nazionale di principio (art. 32 comma 27 lett. d) del d.l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito nella legge 24 novembre 2003, n. 326), rendendo condonabili interventi quali quello di che trattasi, realizzato in un'area soggetta ad un preesistente vincolo idrogeologico di carattere meramente relativo (id est, non comportante inedificabilita' assoluta). Si e' costituita in giudizio la societa' contro interessata El Chico Tres, controdeducendo nel merito ed instando per la reiezione del ricorso. Quanto alla sollevata eccezione di legittimita' costituzionale, la societa' controinteressata ha rilevato che le opere sanate con il gravato titolo edilizio in sanatoria, in quanto «non qualificabili in termini di superficie e volumetria», appartengono alla tipologia n. 6 dell'allegato n. 1 al d.l. n. 269/2003 (rientrante nei cosi' detti «abusi minori»), per la quale le condizioni di sanabilita' sono indicate dall'art. 32, comma 26 lett. a) del d.l. n. 269/2003: poiche' dunque non verrebbe in rilievo la disposizione di principio di cui al successivo comma 27 lett. d) del d.l. n. 269/2003, ne conseguirebbe l'irrilevanza della questione. Alla pubblica udienza del 27 gennaio 2011 il ricorso e' stato trattenuto dal collegio per la decisione. Occorre premettere che, secondo i principi piu' volte affermati dalla giurisprudenza amministrativa (cfr., per tutte, Cons. di St., V, 18 agosto 2010, n. 5819), i ricorrenti possono vantare legittimazione ed interesse al ricorso, in quanto proprietari di beni ubicati in prossimita' dell'impianto oggetto della assentata concessione, come del resto gia' riconosciuto dalla sentenza T.A.R. Liguria, I, 28 gennaio 2004, n. 105. Cio' posto, la sezione ritiene di dover sollevare questione di legittimita' costituzionale degli artt. 3, comma 3 e 4 comma 1 (quest'ultimo, limitatamente alle parole «ed in epoca successiva alla imposizione del relativo vincolo») della legge regionale Liguria 29 marzo 2004, n. 5 (recante le disposizioni regionali in attuazione del condono edilizio di cui al decreto legge 30 settembre 2003, n. 269), per contrasto con l'art. 117, terzo comma Cost., secondo il quale nelle materie di legislazione concorrente - qual e' quella del governo del territorio - spetta alle regioni la potesta' legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato. Nel caso di specie, il principio fondamentale dettato dalla legislazione statale in tema di opere non suscettibili di sanatoria e' chiaramente rinvenibile nell'art. 32 comma 27 del d.l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito nella legge 24 novembre 2003, n. 326, a mente del quale «fermo restando quanto previsto dagli articoli 32 e 33 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, le opere abusive non sono comunque suscettibili di sanatoria, qualora: [...] d) siano state realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e paesistici, nonche' dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali qualora istituiti prima della esecuzione di dette opere, in assenza o in difformita' del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici». A fronte di una normativa statale di principio di questo tenore, la legge regionale della Liguria 29 marzo 2004, n. 5 avrebbe invece ammesso a sanatoria sia le opere abusive realizzate in area assoggettata a vincolo, ancorche' eseguite «in epoca successiva alla imposizione del relativo vincolo» (cosi' l'art. 4 comma 1, ultimo periodo), sia quelle realizzate in area assoggettata a vincolo soltanto relativo o di tutela (art. 3 comma 3, che esclude dalla condonabilita' soltanto le opere realizzate su aree soggette a vincolo di inedificabilita' assoluta), ancorche' non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici. La questione e' innanzitutto rilevante. Non e' contestato - ed e' dunque pacifico in causa - che le opere oggetto di sanatoria ricadano in un'area soggetta a vincolo idrogeologico di carattere relativo, e che tale vincolo preesistesse alla realizzazione delle relative opere: tant'e' che la concessione edilizia 31 gennaio 2000, n. 14, sulla base della quale sono state eseguite le opere, e' stata annullata dalla sentenza T.A.R. Liguria n. 105/2004 anche per l'assenza del nulla osta idrogeologico, e che lo stesso provvedimento di condono impugnato in questa sede e' stato fatto precedere dal nulla osta idrogeologico della comunita' montana (doc. 14 delle produzioni 7 luglio 2004 di parte controinteressata). Orbene, poiche' nel caso di specie il vincolo idrogeologico e' di carattere relativo e preesisteva alla esecuzione delle opere abusive, ne discende che le stesse', certamente non sanabili in base alla normativa statale (art. 32 comma 27 lett. d) del d.l. n. 269/2003), lo divengono invece sulla base di quella regionale, in virtu' del fatto che essa ammette il condono sia per il caso di vincolo relativo che non comporti inedificabilita' assoluta (art. 3 comma 3 legge regionale n. 5/2004), sia per il caso che le opere abusive siano state eseguite nelle aree vincolate «in epoca successiva alla imposizione del relativo vincolo» (art. 4 comma 1 ultimo periodo legge regionale n. 5/2004). Le due disposizioni regionali sospettate di illegittimita' si pongono dunque come parametro di legittimita' dei provvedimenti impugnati, sicche' il presente giudizio non puo' essere definito indipendentemente dalla sua risoluzione, non essendo prospettabile, neppure in via interpretativa - stante il chiaro ed inequivoco tenore delle due disposizioni regionali - una lettura che le renda conformi alla norma di principio di fonte statale. In particolare, non ha fondamento l'eccezione sollevata dalla difesa della societa' controinteressata, secondo la quale le condizioni di sanabilita' delle opere in questione, rientranti nella tipologia n. 6 dell'allegato n. 1 (cosi' detti «abusi minori») sarebbero indicate non gia' dal comma 27 lettera d) del d.l. n. 269/2003, bensi' dal precedente comma 26 lett. a). Diversa e' infatti - con ogni evidenza - la funzione delle due norme: la prima (comma 26 lett. a) delimita le tipologie di abuso astrattamente sanabili in relazione al carattere vincolato o meno del territorio su cui insistono; la seconda (comma 27 lettera d) definisce «in concreto» la portata massima del condono edilizio straordinario, attraverso la definizione delle opere abusive «comunque» non suscettibili di sanatoria, in aggiunta alle preclusioni gia' derivanti dalla disciplina di cui agli artt. 32 e 33 della legge 28 febbraio 1985, n. 47. Sicche', se e' vero che in astratto gli abusi minori (tipologie 4, 5 e 6 dell'allegato 1 al d.l. n. 269/2003) sono condonabili anche nelle aree vincolate (comma 26 lett. a), nondimeno non lo sono - in concreto - qualora le opere abusive siano state realizzate dopo la istituzione del vincolo, a prescindere dal suo carattere assoluto o relativo, e non siano conformi alla normativa urbanistica (comma 27 lett. d). Ma la questione pare al collegio anche non manifestamente in fondata. Quanto all'art. 3 comma 3 legge regionale n. 5/2004, esso dispone che «per vincoli imposti a tutela degli interessi idrogeologici e dell'assetto idraulico ai sensi dell'art. 32, comma 27, lettera d) del d.l. n. 269/2003, convertito dalla legge n. 326/2003 e modificato dalla legge n. 350/2003, si intendono le previsioni di inedificabilita' assoluta dettate da leggi statali e regionali in tema di difesa del suolo (legge 18 maggio 1989 n. 183 e leggi regionali 28 gennaio 1993 n. 9 e 21 giugno 1999, n. 18), nonche' dai piani di bacino e piani di bacino stralcio approvati ai sensi dell'art. 97 della legge regionale 21 giugno 1999 n. 18 (adeguamento delle discipline e conferimento delle funzioni agli enti locali nelle materie di ambiente, difesa del suolo ed energia)». La disposizione regionale di dettaglio, in difformita' dalla norma statale di principio di cui all'articolo 32, comma 27, lettera d) del d.l. n. 269/2003, ha inteso rendere condonabili gli interventi in area vincolata quando il vincolo abbia carattere meramente relativo, cioe' non comporti una previsione di inedificabilita' assoluta. Orbene, la giurisprudenza della Corte costituzionale sul condono edilizio straordinario del 2003 e' costante nell'affermare che spetta al legislatore statale determinare non solo tutto cio' che attiene alla dimensione penalistica del condono, ma anche la potesta' di individuare, in sede di definizione dei principi fondamentali nell'ambito della materia legislativa del governo del territori la portata massima del condono edilizio straordinario, attraverso a definizione sia delle opere abusive non suscettibili di sanatoria, sia del limite temporale massimo di realizzazione delle opere condonabili, sia delle volumetrie massime sanabili (C. cost., 28 giugno 2004, n. 196; id., 11 febbraio 2005, n. 70; id., 10 febbraio 2006, n. 49). Con specifico riferimento alla normativa statale di cui all'art. 32 comma 27 d.l. n. 269/2003, la Corte costituzionale ha riconosciuto che la previsione - ivi contenuta - delle, tipologie di opere comunque insuscettibili di sanatoria attiene ai limiti massimi di ampiezza del condono individuati dal legislatore statale (C. cost., n. 70/2005 cit.), sicche' la legge regionale che abbia per effetto di ampliare i limiti applicativi della sanatoria eccede la competenza concorrente della regione in tema di governo del territorio. In particolare, la Corte costituzionale ha gia' dichiarato la illegittimita' costituzionale di una legge regionale (segnatamente, dell'articolo unico della legge regionale delle Marche 27 maggio 2008, n. 11) che recava una disposizione in tutto analoga a quella della regione Liguria, affermando che «e' pacifico che la normativa statale piu' volte richiamata [l'art. 32, comma 27 lettera d) del decreto-legge n. 269 del 2003, n.d.r.] imponga l'osservanza di vincoli di carattere relativo, cui il legislatore regionale non puo' apportare alcuna deroga (ordinanza n. 150 del 2009): al contrario, la disposizione censurata ha l'effetto inequivocabile di vanificare siffatti limiti ed incorre per tale ragione nel denunciato vizio di legittimita' costituzionale». Considerazioni in tutto analoghe debbono valere anche rispetto alla disposizione di cui all'art. 4 comma 1 legge regionale n. 5/2004. Esso dispone che una serie di interventi, tra i quali (lett. b) le opere o le modalita' di esecuzione non valutabili in termini di superficie o di volume di cui alla tipologia n. 6 dell'allegato n. 1 al d.l. n. 269/2003, «ai sensi dell'art. 32, comma 26, del d.l. n. 269/2003, convertito dalla legge n. 326/2003 e modificato dalla legge n. 350/2003, e ad integrazione di quanto stabilito nel successivo comma 27, lettera d), relativamente alle opere abusive realizzate in aree assoggettate ai vincoli di cui all'art. 32, della legge 28 febbraio 1985 n. 47 (norme in materia di controllo dell'attivita' urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie) e successive modificazioni, sono suscettibili di sanatoria, ancorche' eseguiti nelle aree vincolate sopraindicate ed in epoca successiva alla imposizione del relativo vincolo». Anche la disposizione in questione, con le parole «ed in epoca successiva alla imposizione del relativo vincolo», ha l'effetto di ammettere a sanatoria opere abusive che, in quanto realizzate su aree vincolate in epoca successiva alla imposizione del relativo vincolo, non sono sanabili sulla base della disposizione statale di principio (art. 32 comma 27 lett. d) d.l. n. 269/2003), con l'effetto di esorbitare dai limiti massimi di ampiezza del condono individuati dal legislatore statale con carattere di inderogabilita'. Debbono pertanto sollevarsi le relative questioni di legittimita' costituzionale, con la conseguente sospensione del giudizio e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.