Ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri,  rappresentato
e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato presso i cui Uffici  in
Roma, via dei Portoghesi 12, e' domiciliato; 
    Nei  confronti  della  regione  Calabria  in  persona   del   suo
Presidente per la dichiarazione della  illegittimita'  costituzionale
dell'art. 3, comma 1, lett. b), lett. c), lett. f),  lett.  h)  della
legge  regionale  7  marzo  2011,   n.   7,   recante:   «Istituzione
dell'Agenzia regionale per  i  beni  confiscati  alle  organizzazioni
criminali in Calabria» (B.U.R. n. 4 del 15 marzo 2011). 
    La legge regionale n. 7 del 7 marzo 2011, ha istituito,  all'art.
1, comma 2, «l'Agenzia regionale della Calabria per i beni confiscati
alle  organizzazioni  criminali»  (di   seguito   definita   Agenzia)
prevedendo al successivo art. 3, tra i suoi compiti, che essa: 
        sottoponga  «le  indicazioni  per  il  riutilizzo  dei   beni
confiscati in Calabria all'Agenzia nazionale per l'amministrazione  e
la destinazione dei beni sequestrati e confiscati  alla  criminalita'
organizzata, con  cui  sottoscrive  appositi  protocolli  di  intesa,
richiedendone eventualmente l'assegnazione» (lett. b); 
        amministri  «i  beni  eventualmente  assegnati  alla  regione
Calabria, assicurandone il riutilizzo per fini di utilita' pubblica e
sociale, anche attraverso appositi bandi o concorsi di  idee»  (lett.
c); 
        vigili «sul corretto utilizzo dei beni  confiscati  da  parte
dei soggetti  assegnatari  e  sull'effettiva  corrispondenza  tra  la
destinazione dei beni e il loro utilizzo» (lett. f); 
        collabori  «con  gli  appositi  organismi  istituzionali  per
prevenire il deterioramento dei beni  tra  la  fase  di  sequestro  e
quella di confisca» (lett. h). 
    L'intervento regionale e' invasivo della  competenza  legislativa
esclusiva dello Stato, di cui all'art. 117 Cost.,  comma  2,  lettere
g), h), e l), in quanto disciplina la materia in maniera  diversa  da
quanto previsto all'art. 2-undecies, comma 2, lett. b) della legge 31
maggio 1965, n. 575 (Disposizioni contro le organizzazioni  criminali
di tipo mafioso, anche straniere) e all'art. 3, comma 4, lettere f) e
g) del decreto-legge 4 febbraio 2010, convertito, con  modificazioni,
dalla legge 31 maggio 2010, n. 50 (Istituzione dell'Agenzia nazionale
per l'amministrazione  e  la  destinazione  dei  beni  sequestrati  e
confiscati alla criminalita' organizzata). 
    In  particolare,  l'art.  3,  lett.  b)  della  legge   regionale
all'esame disattende la disciplina dettata dallo Stato  con  la  gia'
citata legge 31 maggio 1965, n. 575, il cui art. 2-undecies, comma 2,
lett. b)  stabilisce  che  i  beni  immobili  siano  «trasferiti  per
finalita' istituzionali o sociali, in via prioritaria  al  patrimonio
del comune  ove  l'immobile  e'  sito,  ovvero  al  patrimonio  della
provincia e della regione...», cosi' escludendo  la  possibilita'  di
un'assegnazione   diretta   all'Agenzia    regionale,    possibilita'
introdotta invece dalla norma che si censura. 
    La disposizione regionale in commento viola pertanto l'art.  117,
comma 2, lett. g),  lett.  h),  lett.  l),  della  Costituzione,  che
attribuisce   competenza   esclusiva   allo   Stato    in    materia,
rispettivamente, di ordinamento e organizzazione amministrativa dello
Stato e degli enti pubblici nazionali, in materia di ordine  pubblico
e sicurezza, nonche' in materia di giurisdizione e norme  processuali
e ordinamento penale. 
    L'art. 3, comma 1, lett. c) attribuisce all'Agenzia regionale  il
compito di amministrare i beni eventualmente assegnati  alla  regione
Calabria «assicurandone il riutilizzo per i fini di utilita' pubblica
e sociale anche attraverso appositi bandi o  concorsi  di  idee»;  la
norma prescinde dunque completamente da quanto previsto  dalla  legge
n. 575 del 1965 (che  non  viene  neppure  indirettamente  richiamata
nell'articolo in esame) in tema di assegnazione dei  beni  confiscati
all'esito dei procedimenti di prevenzione. 
    La normativa regionale consente, infatti, all'Agenzia  l'utilizzo
del bene  in  maniera  difforme  dalle  previsioni  di  cui  all'art.
2-undecies, comma 2, lett. b) della legge n. 575/65, in base al quale
i beni immobili confiscati possono essere  assegnati  in  concessione
dagli enti territoriali sulla base di apposita convenzione «a  titolo
gratuito  e  nel  rispetto  dei  principi  di  trasparenza,  adeguata
pubblicita' a parita' di trattamento, a comunita' anche giovanili,  a
enti, a associazioni maggiormente rappresentative degli enti  locali,
a organizzazioni di  volontariato...  La  convenzione  disciplina  la
durata,  l'uso  del  bene,  le  modalita'  di  controllo  sulla   sua
utilizzazione, le cause di risoluzione del rapporto  e  le  modalita'
del rinnovo». 
    Trattandosi di materia rimessa alla legislazione esclusiva  dello
Stato, la disposizione in esame si pone in contrasto con l'art.  117,
comma 2, lettere g), h) e l) della Costituzione, in quanto disciplina
in maniera diversa dall'art. 2-undecies,  comma  2,  lett.  b)  della
legge n. 575/65  un  profilo  afferente  l'amministrazione  dei  beni
confiscati. 
    L'art. 3, comma 1, lett. f)  assegna  all'istituenda  Agenzia  la
vigilanza «sul corretto utilizzo dei beni  confiscati  da  parte  dei
soggetti  assegnatari  e   sull'effettiva   corrispondenza   tra   la
destinazione dei  beni  e  il  loro  utilizzo»:  la  norma,  che  non
considera il riparto di competenza tra lo Stato e le  regioni,  cosi'
violando l'art. 117, comma 2, lettere g), h) e l) della Costituzione,
si pone in contrasto con l'art. 3, comma  4,  lettere  f)  e  g)  del
citato decreto-legge  n.  4/2010  (conv.  con  mod.  dalla  legge  n.
50/2010) che  assegna  alla  competenza  dell'Agenzia  nazionale  per
l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati
alla criminalita' organizzata tali forme di vigilanza. 
    L'art. 3, comma 1, lett. h) stabilisce  che  l'Agenzia  regionale
«collabora con gli appositi organismi istituzionali per prevenire  il
deterioramento dei  beni  tra  la  fase  di  sequestro  e  quella  di
confisca». 
    Tale collaborazione non e' pero' prevista nella normativa statale
che,  invece,  individua  espressamente  quale  soggetto  deputato  a
fornire collaborazione all'autorita' giudiziaria nella  gestione  dei
beni sequestrati  (fino  alla  confisca  di  primo  grado)  l'Agenzia
nazionale  per  l'amministrazione  e   la   destinazione   dei   beni
sequestrati alla  criminalita'  organizzata  (art.  1,  comma  3  del
decreto legge n. 4/2010, convertito in legge n. 50/2010). 
    Ne consegue che le previsioni regionali, ponendosi  in  contrasto
con la citata normativa statale, violano l'art. 117, comma 2, lettere
g), h) e l) della Costituzione.