Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri,  rappresentato
e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato  presso  i  cui  uffici
domicilia in Roma, via dei Portoghesi n. 12; 
    Nei confronti della Regione Umbria,  in  persona  del  Presidente
della  Giunta   Regionale   pro   tempore,   per   la   dichiarazione
dell'illegittimita' costituzionale della legge della  Regione  Umbria
n. 4 del 30 marzo 2011, recante «Disposizioni collegate alla  manovra
di bilancio 2011 in materia di entrate e di  spese»,  pubblicata  sul
B.U.R. n. 15 del 31 marzo 2011, giusta  delibera  del  Consiglio  dei
ministri in data 19 maggio 2011, con riguardo all'art  5  e  all'art.
30. 
    La legge della Regione Umbria n. 4 del  30  marzo  2011,  recante
«Disposizioni collegate alla manovra di bilancio 2011 in  materia  di
entrate e di spese», pubblicata sul B.U.R. n. 15 del 31  marzo  2011,
e' illegittima con riguardo all'art. 5 e all'art. 30 perche'  prevede
disposizioni in contrasto con l'art. 3 e l'art. 117, commi 1, 2  e  3
della Costituzione. 
    E' avviso dunque del Governo che,  con  la  legge  denunciata  in
epigrafe, la Regione Umbria abbia ecceduto  dalla  propria  sfera  di
attribuzioni  violando  sotto   molteplici   profili   la   normativa
costituzionale,  come  si  confida  di  dimostrare  di  seguito   con
l'illustrazione dei seguenti motivi: 
        1) L'art 5 della  legge  regionale  Umbria  n.  4/2011  viola
l'art. 117, comma 2, lettera e), della Costituzione. 
    La disposizione contenuta nel primo comma dell'art. 5 dispone che
i soggetti passivi di cui all'art. 3, comma 1, lettere a), b),  c)  e
d) del d.lgs. 446/1997 qualora, nell'anno di imposta in corso  al  31
dicembre 2011, incrementano il  numero  dei  lavoratori  assunti  con
contratto a tempo indeterminato rispetto  al  numero  dei  lavoratori
assunti con il medesimo contratto alla data  del  31  dicembre  2010,
possono dedurre dalla base imponibile  IRAP  il  costo  del  predetto
personale, nelle misure e secondo  i  criteri  previsti  nel  secondo
comma della stessa legge. 
    Tale comma precisa che la deduzione  e'  pari  al  cinquanta  per
cento del costo di ogni nuovo dipendente incrementale assunto a tempo
indeterminato. La deduzione e'  incrementata  al  settantacinque  per
cento nei casi di assunzione di personale disoccupato da oltre dodici
mesi di eta' superiore ad anni quaranta e di assunzione di  personale
di sesso femminile. 
    Ai sensi del  quarto  comma,  inoltre,  tale  misura  agevolativa
spetta per l'anno d'imposta  successivo  a  quella  in  corso  al  31
dicembre 2010 e per i successivi quattro anni. 
    Le disposizioni in esame si pongono in contrasto con la normativa
statale di riferimento dettata dal d.lgs. 15 dicembre  1997,  n.  446
recante   «Istituzione   dell'imposta   regionale   sulle   attivita'
produttive,  revisione  degli  scaglioni,  delle  aliquote  e   delle
detrazioni dell'IRPEF e istituzione di una  addizionale  regionale  a
tale imposta, nonche' riordino della disciplina dei tributi locali». 
    Invero, dal combinato disposto dell'art. 16, comma 3, del  d.lgs.
446/97, il quale consente  alle  Regioni,  a  partire  dal  2000,  di
«maggiorare l'aliquota fino al massimo di un  punto  percentuale»,  e
dell'art. 18, il quale permette di  «abbassare  l'aliquota  oltre  il
punto percentuale con legge regionale, al fine di favorire  le  nuove
iniziative produttive», emerge chiaramente che la  normativa  statale
prevede esclusivamente  la  facolta'  delle  Regioni  di  variare  le
aliquote, non anche di introdurre  agevolazioni  diverse  rispetto  a
quelle previste dalle norme statali. 
    L'art. 5 della suddetta  legge  regionale,  invece,  modifica  la
disciplina  sostanziale  dell'imposta   regionale   sulle   attivita'
produttive (IRAP) introducendo  un'ulteriore  ipotesi  di  deduzione,
rispetto a quelle previste dal decreto legislativo 15 dicembre  1997,
n. 446, in assenza di  disposizioni  che  consentano  al  legislatore
regionale  un  simile  intervento.  Sembra  dunque  evidente  che  le
disposizioni contenute nell'art. 5 della  legge  regionale  in  esame
violino l'art 117 Cost., comma 2, lettera e), che nella  ripartizione
della potesta' legislativa tra Stato e Regioni attribuisce  al  primo
la potesta' esclusiva in materia di «sistema tributario  e  contabile
dello Stato». 
    Ne' puo' affermarsi la sussistenza di  una  potesta'  legislativa
concorrente della Regione ai sensi dell'art. 117, terzo comma,  della
Costituzione,  sul  mero  presupposto  che  la  norma  costituzionale
contempla la materia del «coordinamento della finanza pubblica e  del
sistema tributario». 
    Al  riguardo,  sembra  sufficiente  richiamare  la  sentenza   n.
296/2003 con cui la Corte costituzionale, con  specifico  riferimento
all'IRAP, ritenendo che alla categoria dei «tributi propri» regionali
siano ascrivibili soltanto le fattispecie impositive  introdotte  con
legge regionale, ha confermato la permanenza della disciplina  «IRAP»
nella  competenza  esclusiva  statale  ed  ha   precisato   che   «La
circostanza che l'imposta sia stata istituita con legge statale e che
alle regioni a statuto ordinario,  destinatarie  del  tributo,  siano
espressamente attribuite  competenze  di  carattere  solo  attuativo,
rende palese che l'imposta stessa - nonostante la sua denominazione -
non puo' considerarsi «tributo proprio della regione», nel  senso  in
cui oggi tale espressione e' adoperata dall'art. 119, secondo  comma,
della Costituzione,  essendo  indubbio  il  riferimento  della  norma
costituzionale ai soli tributi istituiti dalle  regioni  con  propria
legge, nel rispetto dei principi del  coordinamento  con  il  sistema
tributario  statale.  Ne  discende  che,  allo  stato  la  disciplina
sostanziale dell'imposta non  e'  divenuta  oggetto  di  legislazione
concorrente ai sensi dell'art. 117, terzo comma  della  Costituzione,
ma rientra tuttora nella esclusiva competenza dello Stato in  materia
di tributi erariali secondo quanto  previsto  dall'art.  117  secondo
comma, lettera e)». 
    Alla luce della giurisprudenza costituzionale citata, e' evidente
che l'IRAP, si configura come tributo regionale  nel  solo  senso  di
tributo istituzionalmente destinato ad alimentare  la  finanza  della
regione nel  cui  territorio  avviene  il  prelievo  a  carico  della
rispettiva collettivita'. 
    Non rientra, pero', nella gamma dei tributi regionali «propri» in
senso stretto, i quali potranno essere istituiti dalle  regioni,  con
propria legge, nel  rispetto  dei  principi  di  coordinamento  della
finanza pubblica e del sistema tributario statale. 
    Detto altrimenti, e' pur sempre un tributo  istituito  con  legge
statale, che ne definisce i caratteri e  la  disciplina  fondamentale
quanto a soggetti passivi colpiti, presupposti e materia imponibile. 
    Ancora piu' recente, la Consulta, con  la  sentenza  216/2009  ha
stabilito che «l'IRAP, in quanto istituita e disciplinata dalla legge
dello Stato, e' un tributo  che  ricade  nella  potesta'  legislativa
esclusiva dello Stato a norma dell'art. 117, secondo  comma,  lettera
e), Cost. La circostanza che il gettito sia in gran  parte  destinato
alle Regioni e che alcune funzioni di riscossione siano loro affidate
non fa venir meno la natura statale dell'imposta e,  di  conseguenza,
non fa di essa uno dei «tributi propri» della Regione,  ai  quali  fa
riferimento l'art. 119 cost. (sentenze n. 193 del 2007,  n.  155  del
2006 e nn. 431, 381 e  241  del  2004).  Dalla  potesta'  legislativa
esclusiva dello Stato consegue che la disciplina, anche di dettaglio,
dell'IRAP e' riservata alla legge  statale  e  che  l'intervento  del
legislatore regionale e' ammesso solo  nei  termini  stabiliti  dallo
Stato (sentenza n. 296 del 2003)». 
    Ad  abundantiam,  si  evidenzia  che   l'intervento   agevolativo
introdotto dalla Regione Umbria nella forma di deduzioni  dalla  base
imponibile, sara' consentito solo dal 2013. 
    Al riguardo, l'art 5, comma 1, del d.lgs. 6 maggio 2011,  n.  68,
recante «disposizioni  in  materia  di  autonomia  di  entrata  delle
regioni  a  statuto  ordinario   e   delle   province,   nonche'   di
determinazione dei  costi  e  dei  fabbisogni  standard  nel  settore
sanitario», pubblicato sulla G.U. n. 109 del 12 maggio 2011,  dispone
che solo «a decorrere  dall'anno  2013  ciascuna  regione  a  statuto
ordinario, con propria legge, puo' ridurre le  aliquote  dell'imposta
regionale sulle attivita'  produttive  (IRAP)  fino  ad  azzerarle  e
disporre  deduzioni  dalla  base  imponibile,  nel   rispetto   della
normativa dell'Unione europea e degli orientamenti  giurisprudenziali
della Corte di giustizia dell'Unione  europea.  Resta  in  ogni  caso
fermo il potere di variazione dell'aliquota di cui  all'articolo  16,
comma 3, del decreto legislativo n. 446/1997». 
        2) L'art 5 della  legge  regionale  Umbria  n.  4/2011  viola
l'art. 117, comma 1, della Costituzione. 
    Parimenti censurabile, sotto altro profilo, appare l'art. 5 della
suddetta legge regionale Umbria  nella  parte  in  cui  riconosce  la
facolta' di dedurre, il costo di ogni nuovo  dipendente  incrementale
assunto a tempo indeterminato, solo a  taluni  dei  soggetti  passivi
dell'IRAP introducendo, quindi,  una  misura  selettiva  vietata  dal
diritto europeo. 
    Infatti, la norma citata contiene un esplicito richiamo  ai  soli
soggetti passivi di cui all'articolo 3, comma 1, lettere a), b), c) e
d) del d.lgs. 446/1997. 
    Restano esclusi,  dall'ambito  di  applicazione  della  norma,  i
soggetti di cui alla lettera e), ovvero gli enti pubblici  e  privati
diversi dalle societa', residenti nel territorio dello Stato, che non
hanno per oggetto esclusivo o  principale  l'esercizio  di  attivita'
commerciali nonche' le societa' e gli enti di ogni tipo, con o  senza
personalita' giuridica, non residenti nel territorio dello Stato . 
    Peraltro, pur trattandosi di un'imposta  di  natura  statale,  la
misura agevolativa e' applicabile solo alle imprese che  operano  sul
territorio della Regione Umbria. 
    Cosi' disponendo, il legislatore regionale si pone  in  contrasto
con l'art. 107 del TFUE violando, di conseguenza l'art. 117, comma 1,
della Costituzione il quale, com'e' noto,  «impone  il  rispetto  dei
vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario». 
    L'esclusione dal novero dei beneficiari degli enti  di  cui  alla
lettera e)  del  d.lgs.  446/1997,  considerati  invece  dalla  legge
istitutiva   dell'IRAP   soggetti   passivi    dell'imposta,    priva
l'agevolazione del carattere della generalita'  assumendo  la  misura
carattere di aiuto  di  stato  ed  integrando  cosi'  la  fattispecie
disciplinata dall'art. 107 del TFUE. 
    Sul tema, sia consentito richiamare la nota giurisprudenza  dalla
Corte di  Giustizia  dell'Unione  europea  la  quale  ha  piu'  volte
affermato che  «un  provvedimento  mediante  il  quale  le  pubbliche
autorita' accordino a determinate  imprese  un'esenzione  fiscale  la
quale, pur non implicando un trasferimento di risorse da parte  dello
Stato, collochi i beneficiari  in  una  situazione  finanziaria  piu'
favorevole di quella degli altri soggetti passivi, costituisce  aiuto
di stato» (caso Banco Exterior Espana causa  C-387/92,  caso  Piaggio
Causa C-295/97 del 17 giugno 1999, caso Francia c. Commissione  causa
C-241/94 del 26 settembre 1996,  caso  Italia  c.  Commissione  causa
C-6/97 del 19 maggio 1999). 
    La giurisprudenza comunitaria, ha  altresi',  precisato  che  «la
misura  deve  essere  imputabile  allo  Stato  ovvero  ad   una   sua
articolazione» (caso Francia c. Commissione causa C-482/99). 
    La norma in esame, pertanto,  sarebbe  dovuta  essere  notificata
alla Commissione europea prima che le disposizioni in essa  contenute
divenissero efficaci, ai sensi dell'art. 108, comma 3, del TFUE. 
    Ne', d'altra parte, la norma e'  riconducibile  tout  court  alle
previsioni del Regolamento 800/2008/CE, che esenta determinati  aiuti
dalla notifica. 
    Per tali motivi, la disposizione in  oggetto  viola  l'art.  117,
comma 1, della Costituzione il quale impone al legislatore  regionale
il rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario. 
        3) L'art 30 della legge  regionale  Umbria  n.  4/2011  viola
l'art. 117, comma 3, e l'art. 3 della Costituzione. 
    L'art. 30 dispone che, in attesa della complessiva  ridefinizione
della materia,  per  il  reclutamento  del  personale  delle  aziende
sanitarie regionali,  valgono  le  disposizioni  di  cui  alla  legge
regionale n. 16/2005. 
    La disposizione in esame, nella parte in cui proroga gli  effetti
dell'art. 6, legge n. 16/2005, si pone in contrasto con la disciplina
generale in materia di accesso alla dirigenza del Servizio  sanitario
nazionale di cui al D.P.R. 483/1997 e crea, altresi',  disparita'  di
trattamento in ambito nazionale. 
    Esso, infatti, prevede che, per la copertura dei  costi  vacanti,
«il cinquanta per cento dei  posti  disponibili  della  qualifica  di
dirigente  e'  riservato  ai  dipendenti  delle   Aziende   sanitarie
regionali che bandiscono il relativo concorso». 
    Inoltre, contrasta con l'art. 15  del  d.lgs.  502/199,2  recante
«Riordino della disciplina in materia sanitaria», il quale prevede la
disciplina della dirigenza medica e delle professioni sanitarie. 
    Conclusivamente,  la   norma   in   oggetto,   presenta   profili
d'illegittimita'  costituzionale   poiche',   dettando   disposizioni
difformi dalla normativa statale di riferimento,  viola  l'art.  117,
comma 3, laddove disattende i principi  fondamentali  in  materia  di
tutela della salute e delle professioni.  Da  ultimo,  nel  prevedere
forme  differenti  per  l'accesso  alla  dirigenza  sanitaria,   crea
disparita' di trattamento violando l'art. 3 della Costituzione.