LA CORTE DI APPELLO DI MILANO 
 
    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza   sulla   richiesta   di
estradizione proposta dal Governo della  Repubblica  di  Romania  nei
confronti di B.S., nato a G. (R...) il ..., dom. in C. B., Via Z. per
violazione  all'art.  321  c.p.  r.  (turbamento  grave   dell'ordine
pubblico). 
 
                                Fatto 
 
    Con nota del 7-12-2010 il Ministero della  Giustizia  trasmetteva
la domanda di estradizione presentata dal Governo della R. di R.  nei
confronti di B.S. 
    L'estradando risultava destinatario di un mandato  di  esecuzione
della pena emesso il 25-4-2005 dalla  Pretura  di  G.  in  base  alla
sentenza della stessa Autorita' Giudiziaria  del  28-6-2004,  con  la
quale il  B.  era  stato  condannato  alla  pena  di  335  giorni  di
reclusione per turbamento grave dell'ordine pubblico (art.  321  c.p.
r.).  La  sentenza  passava  in  giudicato  il  15-4-2005,  dopo   la
conclusione dei successivi due gradi di giudizio,  svoltisi  innanzi,
al Tribunale e alla Corte d'Appello di G. 
    All'estradando veniva in pratica  attribuito  il  fatto  di  aver
partecipato in data 28-8-1999 ad una rissa  tra  gruppi  contrapposti
nel corso della quale alcuni dei partecipanti (tra cui lo stesso  B.)
avevano riportato lesioni. I due gruppi si erano anche tirati pietre,
bloccando il traffico per 15-20 minuti. 
    In data 23-10-2010 il predetto fu tratto in arresto provvisorio a
fini estradizionali da personale di polizia  appartenente  al  Nucleo
Operativo Radiomobile dei Carabinieri di M. 
    Convalidato l'arresto in data 25-10-2010, il Presidente della  5ยช
Sezione  Penale  della  Corte  d'Appello  identificava  e   ascoltava
l'estradando il  28-10-2010;  nell'occasione  l'arrestato  negava  il
proprio consenso all'estradizione. 
    Sussistendone  i   presupposti   di   legge,   veniva   applicata
all'estradando la  misura  coercitiva  della  custodia  cautelare  in
carcere, ai sensi dell'art. 716, terzo comma, c.p.p., della quale  il
Ministro della Giustizia chiedeva il mantenimento  nel  rispetto  dei
termini di legge. 
    Successivamente, con ordinanza del 23-11-2010, il B. veniva posto
agli arresti domiciliari con facolta' di recarsi al lavoro. Ritenendo
cessate le esigenze cautelari, la  Corte  revochera'  poi  la  misura
cautelare con ordinanza del 18-3-2011,  disponendo  la  scarcerazione
dell'estradando. 
    All'esito dell'odierna udienza camerale il B. ha chiesto di poter
espiare la pena in Italia, il Procuratore Generale ha chiesto che  la
Corte  deliberi  favorevolmente  in  relazione  alla   richiesta   di
estradizione e la difesa ha concluso  come  da  verbale,  opponendosi
alla consegna dell'estradando all'Autorita' r. 
 
                       Motivi della decisione 
 
    Ritiene il Collegio di dover  sollevare  d'ufficio  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 705 c.p.p. 
    Nel presente procedimento di estradizione trova  applicazione  la
Convenzione multilaterale europea sottoscritta a Parigi il 13-12-1957
e non la disciplina del mandato di arresto europeo di cui alla  legge
n. 69/2005,  in  quanto  il  reato  ascritto  all'estradando  risulta
commesso in data anteriore al 7-8-2002. 
    Ricorre inoltre il requisito  della  doppia  incriminabilita'  in
quanto i fatti per i  quali  l'estradando  e'  stato  condannato  con
sentenza irrevocabile sono previsti come reato e puniti  anche  dalla
legislazione italiana (cfr. art. 321 c.p. rumeno e art. 588,  secondo
coma, c.p. italiano). 
    La  Corte  osserva  inoltre  che  alla  domanda  di  estradizione
figurano allegati i documenti di rito (art. 12 Conv. Parigi), tra cui
il provvedimento di esecuzione della pena e la sentenza  irrevocabile
di condanna  nei  quali  vengono  descritti  i  fatti  attribuiti  al
prevenuto e per i quali e' stato condannato con decisione definitiva. 
    E' da  escludersi  che   il   reato   contestato   all'estradando
dall'Autorita' Giudiziaria straniera abbia natura politica. Si tratta
infatti di una rissa con lesioni ad alcuni partecipanti, originata da
futili motivi di gelosia. 
    Del pari e' da escludere che possano essere maturati  termini  di
prescrizione  per  gli  episodi  contestati,  trattandosi  di   fatti
giudicati con sentenza divenuta irrevocabile nel 2005.  Non  si  pone
questione di estradizione dei nazionali (art. 6  Conv.  Parigi),  non
essendo l'estradando cittadino italiano. 
    Si deve tuttavia  tener  presente  che  il  B.,  cittadino  r.  e
dell'Unione Europea, ha chiesto di espiare  la  pena  in  Italia.  Il
predetto risulta ben radicato nel nostro Paese, come si evince  dalla
documentazione in atti. Egli infatti: 
        e' residente nel Comune di M., in V. p. R., e  ha  presentato
richiesta di iscrizione anagrafica al Comune di C. B., dove dimora in
V. Z.; 
        e' stato identificato con carta di identita'  rilasciata  dal
Comune di Milano; 
        ha costituito un nucleo familiare e convive con S. M.  e  col
figlio B.S.G.; 
        svolge un regolare lavoro come istruttore in una palestra; 
        e' in possesso del codice fiscale. 
    La procedura  ordinaria  di  estradizione,  attivata  in  ragione
dell'epoca  del  commesso  reato  (anteriore  al  7-8-2002),  esclude
l'operativita' dell'art. 18, lett. r),  L.  n.  69/2005  in  base  al
quale, secondo la lettura che ne deve essere fatta dopo  la  sentenza
n. 227/2010 della Corte costituzionale, la consegna  potrebbe  essere
rifiutata e il soggetto richiesto potrebbe essere ammesso a  scontare
la pena in Italia. 
    Il B. quindi, pur essendo cittadino comunitario ben  radicato  in
Italia e pur avendo chiesto di espiare  la  pena  nel  nostro  Paese,
dovrebbe essere consegnato all'Autorita' estera in applicazione della
normativa generale sull'estradizione in quanto l'art. 705 c.p.p.  non
prevede in alcun caso  il  rifiuto  della  consegna  con  contestuale
statuizione da parte della Corte d'Appello di  scontare  la  pena  in
Italia. 
    Tale omissione comporta un ingiustificato diverso trattamento del
cittadino comunitario che deve scontare una pena inflitta da un Paese
membro dell'Unione Europea, a seconda che sia attivata  la  procedura
estradizionale ovvero che il predetto sia richiesto in consegna sulla
base di un mandato di arresto europeo.  Solo  nella  seconda  ipotesi
infatti il condannato potrebbe essere ammesso ad espiare la  pena  in
Italia. 
    La diversita' della normativa  applicabile  comporta  un'evidente
disparita' di trattamento di situazioni analoghe, che appare priva di
ragionevolezza e comporta in primo luogo la  violazione  dell'art.  3
Cost. 
    L'art. 705 c.p.p., nella parte in  cui  non  prevede  il  rifiuto
della  consegna  e  la  possibilita'  per  l'estradando  -  cittadino
dell'Unione Europea ben radicato nel nostro Paese -  di  scontare  la
pena in Italia, confligge inoltre con l'art. 27, terzo  comma,  Cost.
in quanto ostacola in concreto rieducazione del condannato. 
    La riserva di esecuzione della pena nel  territorio  dello  Stato
richiesto, prevista dalla normativa sul mandato di  arresto  europeo,
e' volta a garantire la rieducazione ed il reinserimento sociale  del
condannato, che potra'  avvenire  con  maggiori  probabilita'  se  il
predetto non viene sradicato  dal  contesto  sociale  nel  quale  era
inserito al momento di  essere  arrestato.  Cio'  appare  tanto  piu'
evidente quando, come nel caso di specie, il decorso  di  un  congruo
periodo di tempo dall'epoca  del  commesso  reato  (28-8-1999)  rende
ancor piu' probabile  la  recisione  dei  legami  col  proprio  Paese
d'origine. 
    L'art. 705 c.p.p., non consentendo mai l'espiazione della pena in
Italia da parte  del  cittadino  dell'Unione  Europea,  non  persegue
quindi l'esigenza di  reinserimento  del  condannato  ne'  la  tutela
dell'interesse di tutti gli Stati membri alla rieducazione  effettiva
del reo. 
    La situazione sopra descritta comporta anche  la  violazione  dei
principi  comunitari  di  non  discriminazione,  di  uniformita'   di
trattamento dei cittadini europei  e  del  diritto  di  stabilimento,
previsti rispettivamente  dagli  artt.  12,  17  e  18  Tratt.  C.E..
Conseguentemente l'applicazione dell'art.  705  c.p.p.  ai  cittadini
dell'Unione Europea comporta anche la violazione dell'art. 117, primo
comma,  Cost.  risolvendosi  in  un'elusione  dei   vincoli   imposti
dall'ordinamento comunitario. 
    Per le ragioni che precedono, la questione  di  costituzionalita'
dell'art.  705  c.p.p.  nei  termini  prospettati  non  si   presenta
manifestamente infondata. 
    Detta questione e' anche sicuramente rilevante per la risoluzione
concreta del caso di specie. Il B. infatti, oltre ad essere cittadino
comunitario, risulta ben integrato nel territorio dello Stato  e,  se
la normativa sull'estradizione a lui applicabile in ragione del tempo
del commesso reato lo consentisse, potrebbe essere ammesso a scontare
la pena in Italia, come da lui espressamente richiesto. 
    La  Corte  ritiene  quindi  necessario,  ai  fini  del  decidere,
sollevare d'ufficio eccezione di  incostituzionalita'  dell'art.  705
c.p.p. nella parte in cui non prevede il rifiuto di  consegna,  e  la
conseguente  possibilita'  di  scontare  la  pena  in   Italia,   del
condannato,  cittadino  di  un  Paese  membro   dell'Unione   Europea
residente o dimorante nel  territorio  italiano  ed  ivi  stabilmente
inserito,  per  il  quale  sia  stata  attivata   la   procedura   di
estradizione. 
    Analoga  questione  di  legittimita'  costituzionale   e'   stata
sollevata negli stessi termini anche dalla Corte di cassazione (Cass.
VI, ord. 26-1-2011, n. 24190). 
    In applicazione degli artt. 1 L. cost.  n.  1/1948  e  23  L.  n.
87/1953  la  Corte  dispone  la  sospensione  del   giudizio   e   la
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.