Sentenza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 18, comma  1,
lettera b), del decreto- legge 3 ottobre 2006, n.  262  (Disposizioni
urgenti in materia tributaria e finanziaria)  e  dell'art.  2,  comma
104, lettera b), della legge 24 novembre 2006, n. 286 (Conversione in
legge, con modificazioni, del decreto-legge 3 ottobre 2006,  n.  262,
recante disposizioni urgenti in materia  tributaria  e  finanziaria),
promosso dal Tribunale di Bari,  nel  procedimento  vertente  tra  la
Fondazione Lirico-Sinfonica Petruzzelli e Teatri di  Bari  e  Messeni
Nemagna Maria ed altre, con ordinanza del 19 marzo 2010  iscritta  al
n.  267  del  registro  ordinanze  2010,  pubblicata  nella  Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 39, 1ª serie speciale, dell'anno 2010. 
    Visti gli atti di costituzione della Fondazione  Lirico-Sinfonica
Petruzzelli e Teatri di Bari, di Messeni Nemagna Maria ed altre,  del
Comune di Bari nonche' gli atti  di  intervento  di  Messeni  Nemagna
Vittoria, di Costantino Michele, di Paccione Luigi  ed  altro,  fuori
termine, e del Presidente del Consiglio dei ministri; 
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  10  maggio  2011  il  Giudice
relatore Paolo Grossi; 
    Uditi   gli   avvocati   Roberto   Savino   per   la   Fondazione
Lirico-Sinfonica Petruzzelli e Teatri di Bari, Pierluigi  Balducci  e
Renato Verna per il Comune di  Bari,  Ascanio  Amenduni  per  Messeni
Nemagna Maria ed altre, Franco Gagliardi La Gala per Messeni  Nemagna
Vittoria, Michele Costantino per  se'  medesimo  e  l'avvocato  dello
Stato Giuseppe Albenzio per il Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Con ordinanza del 19 marzo 2010 (r.o. n. 267 del  2010),  il
Tribunale di Bari ha sollevato - in riferimento all'art. 77,  secondo
comma, della Costituzione - questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 18, comma 1, lettera b), del decreto-legge 3 ottobre  2006,
n. 262 (Disposizioni urgenti in  materia  tributaria  e  finanziaria)
nonche' dell'art. 2, comma 104, lettera b), della legge  24  novembre
2006,  n.  286  (Conversione  in  legge,   con   modificazioni,   del
decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, recante disposizioni urgenti in
materia tributaria e finanziaria). 
    Le  norme  denunciate  dispongono,   con   un   identico   testo,
l'abrogazione dell'art. 1, comma 6, della legge 11 novembre 2003,  n.
310 (Costituzione della «Fondazione  lirico-sinfonica  Petruzzelli  e
Teatri di Bari», con sede in Bari, nonche' disposizioni in materia di
pubblici  spettacoli,  fondazioni   lirico-sinfoniche   e   attivita'
culturali). 
    Dopo aver esposto in premessa - «letti gli atti del  procedimento
civile n. 9390/08» - alcune  osservazioni  sulla  non  fondatezza  di
«eccezioni pregiudiziali e preliminari svolte  dagli  opponenti»,  il
Giudice  rimettente  individua  nei  seguenti  termini   quelli   che
definisce «i punti salienti  della  controversia»:  a)  «in  base  al
Protocollo d'intesa, stipulato il 21 novembre 2002,  dai  proprietari
del teatro [Petruzzelli di Bari]  e  dagli  enti  territoriali»,  una
costituenda Fondazione avrebbe dovuto corrispondere  ai  proprietari,
nell'ipotesi di ritardo nella ricostruzione, «a  partire  dal  quinto
anno», una determinata indennita', «che forma oggetto  della  domanda
di pagamento azionata in sede monitoria»; b) la Fondazione, «prevista
dal Protocollo come risultato di una scelta di autonomia privata,  e'
stata costituita con legge 11 novembre 2003, n. 310, come  Fondazione
lirico-sinfonica  Petruzzelli  e  Teatri  di  Bari»;  c)   la   legge
istitutiva - che «ha recepito la scelta di  autonomia  privata  degli
enti territoriali e dei  proprietari  attraverso  una  disciplina  di
diritto pubblico» - ha stabilito espressamente (all'art. 1, comma  6)
che la Fondazione medesima acquisisse «il diritto  di  uso  esclusivo
del  Teatro  Petruzzelli,  in  conformita'»  al  predetto  Protocollo
d'intesa; d) attraverso questo «meccanismo  legale»,  il  Protocollo,
«gia' di per se' valido ed efficace, ha continuato a spiegare i  suoi
effetti anche in virtu' del richiamo operato» dalla legge istitutiva;
e) la Fondazione «e' destinata,  come  previsto  dal  Protocollo,  ad
assumere la gestione del teatro per  40  anni»,  con  assunzione  dei
corrispettivi  obblighi   previsti,   anche   in   quanto   «divenuta
destinataria dei fondi stanziati» per la ricostruzione del teatro; f)
la Fondazione medesima, «istituita per legge anche al  fine  di  dare
attuazione  al  Protocollo»,  «una  volta  divenuta  operativa»,   e'
incontestabilmente «divenuta titolare anche dell'obbligo di pagamento
del  canone  di  concessione»;  g)  l'art.  18,  commi  2  e  3,  del
decreto-legge n.  262  del  2006,  come  sostituito,  ha  determinato
«l'effetto  di  rimuovere  il  presupposto  stesso   del   Protocollo
d'intesa,  vale  a  dire  la  proprieta'  privata  del  teatro»,  con
l'ulteriore effetto di «caducare l'intero Protocollo»  e  di  rendere
«impossibile  l'attuazione  del  rapporto  contrattuale»,  nei   suoi
diversi  contenuti;  h)  l'art.   18,   comma   1,   del   richiamato
decreto-legge n. 262 del 2006 ha, correlativamente, abrogato la norma
(«stabilente il collegamento tra Fondazione e  Protocollo»)  relativa
all'uso esclusivo del teatro, «proprio per l'impossibilita', a  causa
dell'espropriazione del bene, di continuare a  ritenere  operante  il
negozio di concessione in uso del  teatro»;  i)  la  declaratoria  di
illegittimita' costituzionale, di cui alla sent.  n.  128  del  2008,
delle disposizioni sull'esproprio  ha,  invece,  fatto  si'  che  «lo
stesso Protocollo» abbia «ripreso  efficacia  quale  atto  regolatore
degli interessi delle parti in ordine alla  ricostruzione  e  all'uso
del teatro»; l) su istanza dei proprietari, il Tribunale ha emesso «a
carico della Fondazione il decreto ingiuntivo, qui  opposto,  per  il
pagamento della  indennita'  concordata  nel  Protocollo»;  m)  nella
pronuncia caducatoria delle  disposizioni  sull'esproprio,  la  Corte
«non ha  preso  in  esame  la  disposizione  collegata  del  comma  1
dell'art. 18 d.l. cit.», abrogativa della norma che aveva  attribuito
alla Fondazione i diritti di uso  esclusivo  del  teatro;  cosicche',
«una volta ristabilita la situazione antecedente alla  espropriazione
del teatro», «e' incontestabile» che  detta  disposizione  abrogativa
«non abbia piu' ragione di operare». 
    Da questo contesto deriverebbe la rilevanza della  questione,  in
relazione a una disposizione, come quella denunciata,  per  l'appunto
«risultata  priva   di   ogni   giustificazione   a   seguito   della
dichiarazione di incostituzionalita' delle norme sull'esproprio».  La
rilevanza risulterebbe, del  resto,  «confermata»  dalla  circostanza
secondo cui «la stessa Fondazione  opponente  ha  negato  la  propria
legittimazione, assumendo di non essere la  Fondazione  prevista  dal
Protocollo  e  di  non  essere  (piu')  vincolata  al  rispetto   del
Protocollo». 
    A giudizio del rimettente,  infatti,  l'abrogazione  della  norma
sull'uso esclusivo del teatro  «non  consente  piu'  di  identificare
nella Fondazione realmente istituita  (per  legge)  il  soggetto  dei
diritti e degli obblighi nascenti dal Protocollo», anche  considerato
che a quest'ultimo le parti non hanno dato seguito proprio «in quanto
e' intervenuta la legge  n.  310/2003»,  alla  quale  esse,  «in  via
sussidiaria ma obbligata, hanno  fatto  riferimento,  esercitando  in
concreto le facolta' previste dal Protocollo». 
    «Venuta meno la norma» che destinava la Fondazione alla  gestione
del  teatro  «in  conformita'  al  Protocollo»,  sarebbe  «caduto  il
presupposto per la ulteriore operativita' del complessivo regolamento
negoziale avente origine dal Protocollo stesso»,  anche  perche'  «le
parti, nel darvi  attuazione,  si  sono  conformate  alla  disciplina
legislativa», esercitando «le facolta'  previste  dal  Protocollo  in
conformita' degli schemi di detta disciplina»: la quale,  secondo  il
rimettente, «non avrebbe dovuto essere rimossa per le stesse  ragioni
per le quali non  avrebbe  dovuto  essere  disposto  l'esproprio  del
teatro». 
    Ne' sembrerebbe consentito ritenere che, «malgrado la abrogazione
della norma di collegamento al Protocollo, la  richiamata  disciplina
sia divenuta e sia rimasta, comunque, una realta' negoziale»: con  la
legge n. 310 del  2003,  infatti,  istitutiva  della  Fondazione,  si
sarebbe «operato, in concreto, per la parte attinente  alla  gestione
del teatro, con un meccanismo che richiama in qualche modo la  figura
del contratto imposto», introducendo, in sostanza, «una disciplina di
diritto  pubblico,  sostitutiva  o   integrativa   della   disciplina
negoziale» (sostitutiva quanto alla volonta',  gia'  manifestata  nel
Protocollo,  di   istituire   la   Fondazione;   integrativa   quanto
all'esecuzione degli accordi relativi alla ricostruzione del teatro). 
    Ne  sarebbe  conseguito  che:  a)  «non  esiste  una   Fondazione
istituita dai soggetti che hanno stipulato il Protocollo»; b) esiste,
invece, la Fondazione, che, ai  sensi  della  legge  istitutiva,  era
divenuta  titolare  dei  diritti  e  degli  obblighi   nascenti   dal
Protocollo, oltre che destinataria dei  contributi  pubblici  per  la
ricostruzione del  teatro;  c)  in  ragione,  tuttavia,  della  norma
denunciata, questa Fondazione «non puo'  considerarsi  piu'  titolare
delle situazioni giuridiche collegate al Protocollo». 
    Poiche', d'altra parte, «l'esercizio dei  diritti  nascenti,  per
tutti i partecipanti,  dal  Protocollo  d'intesa  resta  legato  alla
esistenza in  vita»  di  questa  (unica)  Fondazione;  e  poiche'  la
disciplina della legge istitutiva e', pero', divenuta  «monca»,  «per
effetto della abrogazione della norma di collegamento al Protocollo»,
l'esercizio di detti diritti presupporrebbe «o il ripristino di  tale
collegamento con la reviviscenza della norma  abrogata»  (conseguente
alla  dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale  della  norma
abrogatrice); oppure «l'intervento di  un  nuovo  atto  di  autonomia
privata», al momento inesistente. 
    Su questa base, le ragioni che hanno condotto alla  dichiarazione
di  illegittimita'  delle  disposizioni  relative  all'esproprio  del
teatro  Petruzzelli  dovrebbero  valere  anche  per  la  disposizione
denunciata, in ragione dello «stretto  collegamento»  di  questa  con
quelle, «in funzione delle quali soltanto la abrogazione stessa aveva
ragione  d'essere»:  «allo  stesso  modo  in  cui  era  assolutamente
evidente il difetto dei  requisiti  di  straordinaria  necessita'  ed
urgenza per  disporre  con  decreto-legge  l'esproprio  del  teatro»,
«cosi' resta evidente la mancanza dei requisiti stessi  con  riguardo
alla disposizione collegata». 
    2. - Si sono costituite in giudizio  le  signore  Maria,  Teresa,
Chiara, Mariarosalba e Stefania Messeni Nemagna  nonche'  la  signora
Nunziata Metteo, vedova Messeni Nemagna, per chiedere  una  pronuncia
di accoglimento. 
    Assumendo che nel giudizio a quo  la  controversia  si  concentri
sulla norma denunciata sotto il profilo dell'identita'  del  soggetto
obbligato e che detta identificazione sia avvenuta in via legislativa
attraverso la norma abrogata, le predette reputano  che  il  giudizio
medesimo non possa essere  definito  «indipendentemente  dalla  nuova
verifica  di  costituzionalita'  invocata»:  trovandosi  «all'interno
dello stesso contenitore normativo» dichiarato  incostituzionale  con
la sentenza n.  128  del  2008,  la  norma  denunciata  risulterebbe,
infatti, anch'essa in contrasto con il parametro di cui all'art.  77,
secondo comma, Cost. 
    In assenza di un'«autoidentificazione» volontaria da parte  della
Fondazione in adesione al  Protocollo,  o  di  un'identificazione  da
parte  degli  enti  territoriali  coinvolti,  «v'e'  l'interesse   al
ripristino dell'identificazione legislativa», che  assicurerebbe,  in
ragione  della  sua  tassativita',  «quell'insostituibile  grado   di
certezza e di imperativita'», vincolando la  Fondazione  «al  compito
per cui e' nata senza piu' possibilita' di equivoci, rimangiamenti  o
ripensamenti». 
    Un nuovo intervento caducatorio della Corte  dovrebbe,  peraltro,
limitarsi  ad  estendere  il  dictum  pronunciato  «a  quella   parte
(abrogativa) del decreto-legge d'urgenza gia' dichiarato  abusivo  ex
art.  77  II   comma   Cost.»,   per   eliminare   una   disposizione
«completamente superata ed inattuale, oltre che illegittima». 
    3. - Si e' costituito in giudizio il Comune di Bari chiedendo: a)
di ritenere non rilevante la questione proposta per  l'intervento  di
fatti  nuovi  e  per  contraddittorieta'   ed   inadeguatezza   della
motivazione; b) in subordine,  di  ritenere  infondata  la  questione
stessa; c) in ulteriore subordine, di  dichiarare  la  illegittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 6, della legge  n.  310  del  2003,
«ove cancellata la sua abrogazione»; d) in via ulteriormente gradata,
di restituire gli atti al Tribunale  di  Bari  perche'  riesamini  la
rilevanza della questione alla luce dei fatti nuovi sopravvenuti. 
    La questione proposta risulterebbe irrilevante anzitutto  per  la
ragione che una eventuale pronuncia di accoglimento non consentirebbe
comunque, allo stato dei fatti, alcun pagamento a favore dei  privati
attivatisi con la domanda monitoria. Inoltre, la Fondazione istituita
in base alla legge n. 310 del 2003 sarebbe indiscutibilmente soggetto
diverso da quello indicato da ultimo nel Protocollo del  21  novembre
2002,  ratificato  con  atto  che  ora  risulterebbe   annullato   in
autotutela. Il mutamento del  complessivo  quadro  giuridico  sarebbe
tale da  richiedere  una  nuova  valutazione  della  rilevanza  della
questione da parte del giudice rimettente. 
    Si deduce, poi, omessa  motivazione  dell'ordinanza  tanto  sulle
ragioni per le quali il collegamento ora stabilito tra le  norme  qui
denunciate  e  quelle  denunciate   nel   precedente   incidente   di
costituzionalita' sia invece mancato in quel giudizio;  quanto  sulla
ragione per la quale la Fondazione - che non era parte del Protocollo
del 21 novembre 2002 - possa essere  condannata  a  un  pagamento  in
virtu' di quel contratto, nonostante l'eccezione dedotta nel giudizio
a quo; nonche', infine, sul meccanismo di sostituzione ex lege  della
volonta' delle parti nella istituzione della Fondazione, posto che la
legge stessa trasferisce alla Fondazione medesima i diritti d'uso del
Teatro previo accordo con gli enti pubblici territoriali interessati. 
    In via del tutto  subordinata,  si  deduce  ancora  -  ove  venga
accolta  la  questione  di  costituzionalita'  -  la   illegittimita'
costituzionale della reviviscenza  della  disposizione  abrogata,  in
quanto contrastante con l'art. 117, terzo comma, Cost.,  nella  parte
in cui affida  alle  Regioni  la  potesta'  legislativa  in  tema  di
valorizzazione dei beni culturali, salva  la  determinazione  statale
dei principi fondamentali, tra i quali non potrebbe certo annoverarsi
l'attribuzione della gestione del Teatro Petruzzelli alla Fondazione. 
    Nel merito, la normativa censurata non sarebbe in  contrasto  con
il parametro evocato, posto che le  disposizioni  del  decreto-legge,
per la parte che qui interessa, sono state  integralmente  riprodotte
nel corpo dei commi 104-107 dell'art. 2 della legge  di  conversione,
la quale ultima, costituisce, dunque, la fonte vigente. 
    4. - Si e' costituita in giudizio la Fondazione  Lirico-Sinfonica
Petruzzelli e Teatri  di  Bari,  chiedendo  che  la  questione  venga
dichiarata inammissibile e comunque infondata. 
    La Fondazione deduce la irrilevanza della  questione:  gli  eredi
Petruzzelli chiesero al Tribunale  di  Bari,  attraverso  la  domanda
monitoria,  la  corresponsione  della  penale  risarcitoria  prevista
dall'art. 5 del Protocollo per il caso di ritardo  nella  ultimazione
dei lavori del Teatro; viceversa, l'art. 1, comma 6, della  legge  n.
310 del 2003, che si vorrebbe far rivivere attraverso la declaratoria
di incostituzionalita', ha ad oggetto i diritti d'uso  esclusivo  sul
Teatro Petruzzelli e non riguarda in alcun modo ne' la  ricostruzione
del Teatro ne' la correlativa  penale  per  il  ritardo.  In  secondo
luogo,  il  giudice   rimettente   avrebbe   omesso   di   descrivere
compiutamente la fattispecie sottoposta al suo esame. 
    E ancora la questione sarebbe inammissibile perche' sollevata  al
solo fine di ottenere un avallo interpretativo della norma impugnata,
specialmente in relazione alla figura del contratto imposto. 
    In estremo subordine, e da ultimo, la questione  di  legittimita'
sarebbe  infondata,  in  quanto  la  diversita'  tra  le   previsioni
dichiarate incostituzionali con la sentenza n. 128 del 2008 e  quelle
ora  in  esame  sarebbe  attestata  dalla  mancata  declaratoria   di
illegittimita' consequenziale, a norma dell'art. 27 della legge n. 87
del 1953, al contrario di quanto dedotto dall'odierno rimettente, che
invece  sottolinea  le  stesse  ragioni  e  lo  stretto  collegamento
esistenti tra i due gruppi di norme. 
    5. - E' intervenuta  in  giudizio  la  signora  Vittoria  Messeni
Nemagna,  interveniente  nel  giudizio  a  quo,  per   chiedere   una
declaratoria di illegittimita' costituzionale della norma  denunciata
«e, conseguentemente», di reviviscenza della norma abrogata. 
    Riassunto  «il  percorso  processuale  che   ha   condotto   alla
proposizione   dell'odierna   questione   di   costituzionalita'»   e
ripercorse,  in  un  dettagliato  «excursus  storico-giuridico»,   le
vicende variamente relative alla  vita  del  Teatro  Petruzzelli,  la
difesa dell'interveniente - titolare del  marchio  Petruzzelli  -  ha
rilevato che la norma denunciata, incidendo sul diritto di proprieta'
privata, si porrebbe in contrasto, oltre che con il parametro di  cui
all'art. 77, secondo comma, Cost.,  anche  con  quelli  di  cui  agli
articoli 42 e 43  Cost.:  risulterebbero,  infatti,  lese  «posizioni
giuridiche riconducibili alla liberta' di iniziativa economica e alla
tutela della proprieta', sia sotto il profilo  della  perdita  di  un
essenziale  segno  identificativo  dell'impresa  sia  della   portata
sostanzialmente espropriativa di un bene che fa parte del  patrimonio
aziendale»;  e  risulterebbe   leso   «altresi'   il   valore   della
concorrenza». 
    Conformemente all'ordinanza di rimessione, l'atto  di  intervento
reputa «incontestabile» il dato dei diritti e  degli  obblighi  della
Fondazione per come previsti nel Protocollo; cosi'  come  altrettanto
«incontestabile» parrebbe che, venuto  meno  l'esproprio,  lo  stesso
Protocollo abbia  «ripreso  efficacia  quale  atto  regolatore  degli
interessi delle parti» e «che, pertanto, non abbia  piu'  ragione  di
operare la disposizione» denunciata. 
    La norma  denunciata,  d'altra  parte,  «cancella  il  rinvio  al
Protocollo,  ma  non  cancella  il   Protocollo   stesso»,   tuttavia
sottraendo «alla Fondazione (...) qualsivoglia  collegamento  con  il
teatro Petruzzelli, azienda di rilevanza pubblicistica che,  come  il
suo marchio, e' e rimane di proprieta' privata». E la violazione  del
parametro evocato deriverebbe dall'«evidente  assoluta  mancanza  dei
presupposti  della  decretazione  d'urgenza»,  stante  l'assenza   di
collegamento  tra  «la  straordinaria  necessita'   ed   urgenza   di
interventi di carattere finanziario» o «per il riequilibrio dei conti
pubblici»  o   «per   il   riordino   di   settori   della   pubblica
amministrazione», da un lato, e la norma denunciata, dall'altro. 
    6. - E' intervenuto in giudizio il Presidente del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  concludendo  per  una  declaratoria  di  inammissibilita'  e,
comunque, di infondatezza della questione. 
    L'inammissibilita'  discenderebbe,  anzitutto,   «dalla   carenza
d'interesse»  alla  pronuncia  richiesta,  attesa   la   soppressione
dell'intero art. 18 del d.l. n. 262 del 2008 da parte della legge  di
conversione  e  atteso  che  i  profili  di  incostituzionalita'   si
attaglierebbero non alla disposizione contenuta nella legge, ma  solo
a quella di cui al decreto-legge e che il venir meno di  quest'ultima
renderebbe la questione riferita alla legge priva della  «ragione  di
esistere» e comunque di adeguata motivazione. 
    Un  ulteriore  motivo  di  inammissibilita'   deriverebbe   dalla
«carente esposizione delle  ragioni  della  violazione  dell'invocato
parametro  costituzionale»,   risultando   insufficiente   il   «mero
richiamo» della sentenza n. 128 del 2008. 
    Nel merito, la disposizione censurata presenterebbe  «profili  di
autonomia ben marcati» rispetto alle norme sull'esproprio  dichiarate
incostituzionali:  essa  avrebbe,  in   definitiva,   consentito   la
riapertura del teatro, «disancorando  la  vita  e  l'attivita'  della
Fondazione  da  un  atto  privato   (il   protocollo   d'intesa   del
21/11/2002), la cui validita' era ed  e'  sub  iudice».  La  predetta
autonomia emergerebbe, del resto,  anche  dalla  circostanza  che  la
Corte non abbia ritenuto  di  estendere  in  via  consequenziale  gli
effetti  caducatori  della  pronuncia  relativa   alle   disposizioni
sull'esproprio. 
    D'altra  parte,  la  norma  denunciata  costituirebbe  «un   atto
dovuto», giustificato dal fatto  che  la  Fondazione  richiamata  nel
Protocollo del 2002 «era un soggetto del  tutto  distinto  da  quello
istituito con la legge 310/03». 
    Cio' renderebbe indubbio, da un lato, il rilievo «per la  finanza
pubblica»  del  funzionamento,  tra  le  altre,   anche   di   questa
Fondazione;   dall'altro   lato   «la    necessita'    e    l'urgenza
dell'intervento del Legislatore, atteso che,  in  forza  della  norma
abrogata,  la  nuova  Fondazione  (...)  sarebbe  stata  costretta  a
sborsare a favore di soggetti privati (...) una ingente somma per  un
tempo   molto   lungo»,   pur    avendo    «diritto    ad    ottenere
dall'amministrazione comunale la piena e gratuita disponibilita'  del
Teatro». 
    7. - Ha depositato atto di intervento in proprio anche  il  prof.
avv. Michele Costantino, in qualita' di creditore di una delle  parti
del giudizio a quo, sollecitando una declaratoria  di  illegittimita'
costituzionale della disposizione censurata. 
    L'interesse   di   cui   egli   sarebbe   titolare,   in   quanto
immediatamente inerente ai rapporti  sostanziali  tra  le  parti  del
presente giudizio di costituzionalita', «pur se  formalmente  esterno
rispetto al giudizio nell'ambito del  quale  e'  stata  sollevata  la
questione di legittimita' costituzionale», potrebbe risultare, a  suo
giudizio, inciso da una eventuale pronuncia di accoglimento. 
    8. - In prossimita' dell'udienza, tutte le parti costituite  e  i
soggetti intervenienti hanno depositato memorie per  insistere  nelle
ragioni e nelle richieste gia' formulate  nei  rispettivi  atti,  con
precisazioni o sviluppo di argomentazioni anche  in  replica  (e  con
ricorrente   attenzione,   tra   gli   altri,   sotto   il    profilo
dell'ammissibilita' della questione, per il problema dei rapporti fra
le  due  disposizioni  denunciate,  in  riferimento  alle  specifiche
vicende della legge di conversione). 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - Con ordinanza del 19 marzo 2010, il  Tribunale  di  Bari  ha
sollevato  -  in  riferimento  all'art.  77,  secondo  comma,   della
Costituzione - questione di legittimita' costituzionale dell'art. 18,
comma 1, lettera  b),  del  decreto-legge  3  ottobre  2006,  n.  262
(Disposizioni urgenti in materia tributaria  e  finanziaria)  nonche'
dell'art. 2, comma 104, lettera b), della legge 24 novembre 2006,  n.
286 (Conversione in legge, con  modificazioni,  del  decreto-legge  3
ottobre  2006,  n.  262,  recante  disposizioni  urgenti  in  materia
tributaria e finanziaria). 
    Entrambe le norme denunciate dispongono, con un  identico  testo,
l'abrogazione dell'art. 1, comma 6, della legge 11 novembre 2003,  n.
310 (Costituzione della «Fondazione  lirico-sinfonica  Petruzzelli  e
Teatri di Bari», con sede in Bari, nonche' disposizioni in materia di
pubblici  spettacoli,  fondazioni   lirico-sinfoniche   e   attivita'
culturali), secondo cui «La Fondazione di cui al comma 1  acquisisce,
previo accordo con gli  enti  pubblici  territoriali  interessati,  i
diritti  d'uso  esclusivo  sul  Teatro  Petruzzelli   di   Bari,   in
conformita'  al  Protocollo  d'intesa,  sottoscritto  a  Roma  il  21
novembre 2002, tra la regione Puglia, la provincia ed  il  comune  di
Bari e le parti private». 
    La questione sarebbe rilevante, a  giudizio  del  rimettente,  in
relazione a una  disposizione,  come  quella  denunciata,  «risultata
priva di  ogni  giustificazione  a  seguito  della  dichiarazione  di
incostituzionalita'   delle   norme   sull'esproprio»   del    Teatro
Petruzzelli, pronunciata da questa Corte con la sentenza n.  128  del
2008.  La  rilevanza  risulterebbe,  peraltro,   «confermata»   dalla
circostanza che «la stessa Fondazione opponente ha negato la  propria
legittimazione, assumendo di non essere la  Fondazione  prevista  dal
Protocollo  e  di  non  essere  (piu')  vincolata  al  rispetto   del
Protocollo». 
    «Venuta meno la norma» che destinava la Fondazione alla  gestione
del teatro «in conformita' al Protocollo», sarebbe,  dunque,  «caduto
il  presupposto  per  la  ulteriore  operativita'   del   complessivo
regolamento negoziale avente origine dal  Protocollo  stesso»,  anche
perche' «le parti, nel darvi  attuazione,  si  sono  conformate  alla
disciplina legislativa» ed hanno esercitato «le facolta' previste dal
Protocollo in conformita' degli schemi di detta disciplina». 
    Ne sarebbe, nel complesso, conseguito che:  a)  «non  esiste  una
Fondazione istituita dai soggetti che hanno stipulato il Protocollo»;
b)  esiste,  invece,  la  Fondazione,  che,  ai  sensi  della   legge
istitutiva, era  divenuta  titolare  dei  diritti  e  degli  obblighi
nascenti  dal  Protocollo,  oltre  che  destinataria  dei  contributi
pubblici per la ricostruzione del teatro; c)  in  ragione,  tuttavia,
della norma denunciata, questa Fondazione «non puo' considerarsi piu'
titolare delle situazioni giuridiche collegate al Protocollo». 
    Poiche', d'altra parte, «l'esercizio dei  diritti  nascenti,  per
tutti i partecipanti,  dal  Protocollo  d'intesa  resta  legato  alla
esistenza in  vita»  di  questa  (unica)  Fondazione;  e  poiche'  la
disciplina della legge istitutiva e', pero', divenuta  «monca»,  «per
effetto della abrogazione della norma di collegamento al Protocollo»,
l'esercizio di detti diritti presupporrebbe «o il ripristino di  tale
collegamento con la reviviscenza della norma  abrogata»  (conseguente
alla  dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale  della  norma
abrogatrice); oppure «l'intervento di  un  nuovo  atto  di  autonomia
privata», al momento inesistente. 
    Su queste basi, le ragioni che hanno condotto alla  dichiarazione
di  illegittimita'  delle  disposizioni  relative  all'esproprio  del
teatro  Petruzzelli  dovrebbero  valere  anche  per  la  disposizione
denunciata, in ragione dello «stretto  collegamento»  di  questa  con
quelle, «in funzione delle quali soltanto la abrogazione stessa aveva
ragione  d'essere»:  «allo  stesso  modo  in  cui  era  assolutamente
evidente il difetto dei  requisiti  di  straordinaria  necessita'  ed
urgenza per  disporre  con  decreto-legge  l'esproprio  del  teatro»,
«cosi' resta evidente la mancanza dei requisiti stessi  con  riguardo
alla disposizione collegata». 
    2. - Si sono costituite in giudizio  le  signore  Maria,  Teresa,
Chiara, Mariarosalba e Stefania Messeni Nemagna  nonche'  la  signora
Nunziata Metteo, vedova Messeni Nemagna, per chiedere  una  pronuncia
di accoglimento. 
    Si e' anche costituita la Fondazione Lirico-Sinfonica Petruzzelli
e Teatri  di  Bari,  chiedendo  che  la  questione  venga  dichiarata
inammissibile e comunque infondata. 
    Si e' costituito, inoltre, il Comune di  Bari  chiedendo:  a)  di
ritenere non rilevante la  questione  proposta  per  l'intervento  di
fatti  nuovi  e  per  contraddittorieta'   ed   inadeguatezza   della
motivazione; b) in subordine,  di  ritenere  infondata  la  questione
stessa; c) in ulteriore  subordine,  di  dichiarare  l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 6, della legge  n.  310  del  2003,
«ove cancellata la sua abrogazione»; d) in via ulteriormente gradata,
di restituire gli atti al Tribunale  di  Bari  perche'  riesamini  la
rilevanza della questione alla luce dei fatti nuovi sopravvenuti. 
    E' intervenuta in giudizio la signora Vittoria  Messeni  Nemagna,
per chiedere una declaratoria di illegittimita' costituzionale  della
norma denunciata «e, conseguentemente», di reviviscenza  della  norma
abrogata. 
    E' anche intervenuto il Presidente del  Consiglio  dei  ministri,
rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura   generale   dello   Stato,
concludendo per una declaratoria di inammissibilita' e, comunque,  di
infondatezza della questione. 
    Ha depositato atto di intervento in proprio il prof. avv. Michele
Costantino, in qualita' di creditore di una delle parti del  giudizio
a quo, sollecitando una declaratoria di illegittimita' costituzionale
della disposizione censurata. 
    In prossimita'  dell'udienza,  tutte  le  parti  costituite  e  i
soggetti intervenienti hanno depositato memorie per  insistere  nelle
ragioni e nelle richieste gia' formulate  nei  rispettivi  atti,  con
precisazioni o sviluppo di argomentazioni anche in replica. 
    3. - Con riguardo all'atto di intervento in  proprio,  depositato
dal prof. avv. Michele Costantino in qualita'  di  creditore  di  una
delle parti del  giudizio  a  quo,  va  ribadito  quanto  deciso  con
l'ordinanza emessa nel corso dell'udienza  pubblica  di  discussione,
con  la  quale  l'intervento  in  questione   e'   stato   dichiarato
inammissibile. Alla stregua, infatti, della  costante  giurisprudenza
di questa Corte, l'intervento di soggetti  diversi  dalle  parti  del
giudizio principale e' ammissibile soltanto per i terzi  titolari  di
un interesse qualificato, inerente in modo  diretto  e  immediato  al
rapporto sostanziale dedotto in giudizio, restando dunque estranei  a
tale rigoroso perimetro gli interessi  di  mero  fatto  quali  quelli
prospettati a fondamento dell'atto di intervento in questione. 
    4. - La questione sollevata e' inammissibile. 
    5. - Occorre preliminarmente ricordare l'esigenza che l'ordinanza
di rimessione della  questione  di  legittimita'  costituzionale  dia
conto, nella sua motivazione, delle ragioni per le quali la questione
proposta  riveste  i  caratteri,  oltre  che  della   non   manifesta
infondatezza, della rilevanza nel giudizio a  quo,  offrendo  percio'
una adeguata  descrizione  della  concreta  fattispecie  nonche'  dei
motivi  per  i  quali  la  soluzione  del  dubbio   di   legittimita'
costituzionale risulti pregiudiziale rispetto  alla  definizione  del
giudizio. 
    Tale  requisito  non   appare   qui   congruamente   soddisfatto.
Limitandosi, infatti, nella sostanza, a prospettare una rievocazione,
per cosi' dire recettizia, della questione da lui stesso sollevata in
un precedente giudizio - e che aveva  dato  luogo  alla  sentenza  di
questa Corte n. 128 del 2008 -, il giudice rimettente non ha riferito
delle  circostanze  specificamente  relative  al  giudizio   a   quo,
omettendo di evidenziare nel  dettaglio  i  termini  di  continuita',
processuale e sostanziale, tra le vicende allora ed ora relative allo
scrutinio e perfino le identita' dei soggetti attualmente  coinvolti,
che e' dato ricavare solo attraverso i successivi atti di intervento;
nonche', soprattutto, ha omesso di indicare le ragioni in forza delle
quali un profilo evidentemente reputato trascurabile nel  momento  in
cui  venne  sollevata  la   precedente   questione   -   e   connesso
all'identificazione del destinatario dell'ingiunzione - sia,  invece,
ora divenuto decisivo. L'unico dato, infatti, che  l'ordinanza  offre
come  base  ricostruttiva  della  fattispecie  e'  che   il   decreto
ingiuntivo - accordato ad «alcuni  soltanto  dei  comproprietari  del
Teatro» a seguito della declaratoria di illegittimita' costituzionale
delle disposizioni relative all'espropriazione -  sia  stato  opposto
dalla  Fondazione,  senza  specificare  null'altro  sullo  stato  del
relativo giudizio. 
    Il giudice rimettente assume che la pronuncia  di  illegittimita'
costituzionale  delle  disposizioni  sull'esproprio  abbia  reso   la
disposizione denunciata «priva di ogni giustificazione» e  ne  chiede
la  caducazione   sul   presupposto   della   diretta   e   immediata
applicabilita' a  questa  delle  medesime  ragioni  che  valsero  per
quelle. 
    Non spiega, pero',  perche'  la  questione,  di  stretto  merito,
dell'eccepito difetto  di  legittimazione  passiva  della  Fondazione
opponente debba necessariamente trasformarsi, solo  nel  giudizio  di
opposizione, nella questione di legittimita'  costituzionale  di  una
disposizione meramente  abrogativa  di  quella  che  attribuiva  alla
Fondazione medesima - e solo, espressamente, «previo accordo con  gli
enti pubblici territoriali interessati» - «i diritti d'uso  esclusivo
sul Teatro Petruzzelli di Bari, in conformita' al Protocollo d'intesa
sottoscritto a Roma il 21 novembre 2002» tra gli  enti  locali  e  le
parti private. 
    Il profilo  appena  indicato  assume,  d'altra  parte,  specifico
risalto in relazione a una irrisolta contraddizione che e'  possibile
cogliere nello sviluppo argomentativo posto a base della ordinanza di
rimessione. 
    Attraverso  l'adozione  del  decreto   ingiuntivo,   il   giudice
rimettente ha, ex ore suo, considerato  operativo  il  Protocollo  di
intesa stipulato nel 2002, assumendo essere proprio quello il  titolo
in forza del quale poteva essere emesso il  provvedimento  richiesto:
una volta venuta meno la espropriazione del Teatro, per effetto della
declaratoria  di  illegittimita'  costituzionale  della  disposizione
ablativa, lo stesso Protocollo avrebbe, infatti,  «ripreso  efficacia
quale atto regolatore degli interessi  delle  parti  in  ordine  alla
ricostruzione e all'uso del teatro». 
    Ora, se tale premessa ha potuto legittimare la  domanda  a  parte
actoris, non e' chiaro perche'  essa  non  sia  valsa,  negli  stessi
termini, anche ai fini  della  precisa  individuazione  del  soggetto
debitore, una volta che la disciplina di cui alla legge  11  novembre
2003,  n.  310  -  istitutiva   della   Fondazione   lirico-sinfonica
Petruzzelli e  Teatri  di  Bari  -  consentiva  di  stabilire,  nella
prospettazione del rimettente, un «inscindibile collegamento  tra  il
nuovo organismo e le attivita' di ricostruzione  e  di  gestione  del
teatro in conformita' del Protocollo», come attraverso una  sorta  di
surrogazione di quella fondazione ivi prevista e poi mai istituita. 
    In aperta e immotivata contraddizione con tale  premessa,  e'  lo
stesso giudice rimettente  ad  affermare,  invece,  che,  «una  volta
venuta meno la norma che,  nell'istituire  la  Fondazione,  destinava
quest'ultima a gestire il teatro in  conformita'  del  Protocollo  di
intesa», sarebbe «caduto il presupposto per la ulteriore operativita'
del complessivo regolamento negoziale avente origine  dal  Protocollo
stesso». Quasi a ritenere che la intervenuta  abrogazione  di  quella
disposizione, ad opera di questa ora  censurata,  assuma  un  diverso
risalto solo perche' la parte ingiunta ha proposto  opposizione,  per
contestare il fondamento del titolo azionato nei suoi confronti. 
    Per  altro  verso,  e  proprio  con  riferimento   alla   pretesa
creditoria, la base giustificativa  del  decreto  ingiuntivo  sarebbe
offerta, secondo quanto puntualizza lo stesso giudice a quo, dal piu'
volte richiamato Protocollo di intesa del 21 novembre 2002,  ove  era
convenuto fra le parti che, nel caso di superamento  del  termine  di
quattro  anni  stabilito  per  la  ricostruzione   del   Teatro,   la
costituenda Fondazione avrebbe dovuto  corrispondere  in  favore  dei
proprietari, a partire dal quinto anno, una indennita' pari al 25 per
cento del canone di concessione. Orbene, l'art.  1,  comma  6,  della
gia' citata legge n. 310 del 2003, abrogato dalla disposizione di cui
ora si discute, conteneva il richiamo al Protocollo con esplicito  ma
limitato  riferimento  ai  «diritti  d'uso  esclusivo»   del   Teatro
Petruzzelli e non anche a tutti gli  altri  profili  su  cui  si  era
radicato l'accordo. 
    In tale contesto, il giudice rimettente ha, dunque, completamente
omesso di motivare le ragioni per le quali, con specifico riferimento
al titolo creditorio posto a base del decreto ingiuntivo opposto,  la
reviviscenza del comma 6 dell'art. 1 della legge n. 310  del  2003  -
che rappresenta il petitum concretamente  perseguito  -  rivestirebbe
rilevanza agli effetti del decidere. In altri termini,  egli  non  ha
spiegato le ragioni per le quali la Fondazione, nei  confronti  della
quale e' stato adottato il provvedimento  monitorio,  avrebbe  dovuto
considerarsi obbligata, da un lato, alla ricostruzione del Teatro  e,
dall'altro,  a  corrispondere  alle  parti  private  una   sorta   di
indennita' di ritardo,  posto  che  di  tali  obblighi  la  normativa
istitutiva della Fondazione  non  ha  fatto  espressa  menzione,  ne'
direttamente ne' indirettamente. 
    Va, da ultimo, considerato che il giudice rimettente ha omesso di
svolgere qualsiasi specifico rilievo anche a proposito della  vigenza
del quadro normativo coinvolto nella questione proposta, nonche'  del
raccordo con il parametro evocato, direttamente interferenti  con  la
rilevanza del quesito di legittimita'  costituzionale;  sicche',  non
potendo al riguardo considerarsi sufficiente il semplice  richiamo  a
quanto in proposito osservato nella richiamata sentenza  n.  128  del
2008, l'ordinanza di rimessione si rivela, anche per questa parte, in
difetto della necessaria motivazione.