IL TRIBUNALE 
 
    Ha pronunciato la seguente ordinanza  nella  causa  promossa  da:
S.C.  (Ricorrente),  rappresentata  e   difesa   dall'avv.   Caterina
Berlingieri; 
    Contro P.A. senza difesa legale (Resistente), avente ad  oggetto:
separazione giudiziale. 
 
                           I n  f a t t o 
 
    Con ricorso depositato in data 14 gennaio 2011, C.S.  evocava  in
giudizio il proprio marito  A.P.  che,  all'udienza  di  comparizione
davanti  al  Presidente  del  Tribunale,  compariva  in  assenza   di
difensore legale. Concesso un rinvio per  consentire  alla  parte  di
munirsi di  difesa  legale,  all'udienza  del  5  maggio  2011,  A.P.
compariva  di  nuovo  senza  l'assistenza  necessaria  dell'avvocato.
Interpellato dal  Presidente,  il  P.  precisava  di  non  volere  un
difensore e di rinuziarvi. 
    Il  Presidente,  ritenuto  di  non  potere  procedere  ai   sensi
dell'art. 708 c.p.c., valutate le  osservazioni  della  difesa  della
ricorrente, ritiene di  dovere  rimettere  gli  atti  alla  Consulta,
ritenuta rilevante e non manifestamente  infondata  la  questione  di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  708,  comma  I,   c.p.c.   e
dell'art. 707, comma I, c.p.c. - come sostituito dall'art.  2,  comma
3, lett. e-ter), d.l. 14 marzo 2005, n. 35, convertito in legge,  con
modificazioni, con legge 14 maggio 2005, n. 80, a  decorrere  dal  1°
marzo 2006, ai sensi di quanto previsto  dal  comma  3-quinquies  del
suddetto articolo 2 - aggiunto dall'art. 8, d.l. 30 giugno  2005,  n.
115, convertito in legge, con  modificazioni,  con  legge  17  agosto
2005, n. 168, sostituito dal comma 6 dell'art. 1, legge  28  dicembre
2005, n. 263 e modificato dall'art. 39-quater, d.l. 30 dicembre 2005,
n. 273, convertito in legge, con modificazioni, con legge 23 febbraio
2006, n. 51, nella parte  in  cui  prevede  che  «i  coniugi  debbono
comparire personalmente davanti al presidente  con  l'assistenza  del
difensore», per violazione degli artt. 3, 24, 29-31, e 111 Cost. 
    In punto di rilevanza e non manifesta infondatezza osserva quanto
segue. 
    1. - In punto di  rilevanza,  la  questione  e'  da  considerarsi
senz'altro  rilevante  ai  fini  della  decisione  costituendone   il
presupposto. Ed, infatti, laddove il resistente si considerasse,  per
difetto di assistenza, non comparso, il giudice dovrebbe procedere ai
sensi dell'art. 707, comma III, con una singolarita' per il  caso  di
specie: la parte non assistita ha  espressamente  dichiarato  di  non
volere alcuna assistenza tecnica cosicche', anche rinviando l'udienza
fissando nuovo giorno per la comparizione, questa si  ripresenterebbe
senza un legale di fiducia ed il presidente dovrebbe, in  ogni  caso,
procedere all'adozione dei provvedimenti di cui all'art.  708,  comma
III, c.p.c. senza poter ascoltare il convenuto e senza,  soprattutto,
poter esperire il tentativo di conciliazione previsto dalla legge. 
    Laddove, invece, la necessaria  assistenza  fosse  rimossa  dalla
disposizione,  allora,  il  presidente  potrebbe,  comunque,  pur  in
assenza  dell'assistenza,  ascoltare  colui  che  ne  e'  sfornito  e
reputarlo, ai fini del procedimento, comparso  e  presente  anche  in
vista del tentativo di conciliazione. 
    In  sintesi,  pertanto,  la   rilevanza   discende   direttamente
dall'incidenza  della  necessaria  assistenza  tecnica   nella   fase
presidenziale di  separazione  giudiziale  (artt.  707,  708  c.p.c.)
cosicche' il giudizio  non  puo'  essere  definito  indipendentemente
dalla risoluzione  della  questione  di  legittimita'  costituzionale
(art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87). 
    L'odierna  questione   e',   quindi,   sollevata   con   riguardo
all'udienza presidenziale ex  art.  707  c.p.c.  e,  in  particolare,
relativamente  all'obbligo  per  il  coniuge  di  dovere  partecipare
all'udienza con l'assistenza necessaria di un legale da lui nominato. 
    In punto di non  manifesta  infondatezza,  la  questione  non  si
palesa manifestamente infondata in relazione ai profili che vengono a
breve ad essere censurati ed in relazione ai  diritti  coinvolti  nel
processo regolato dall'art. 707 c.p.c. 
    2. - Quanto all'oggetto della questione, trattasi dell'art.  707,
comma I, c.p.c. e, conseguentemente, della disposizione normativa che
lo ha novellato rispetto al testo previgente, ovvero l'art. 2,  comma
3; lett. e-ter), decreto-legge 14 marzo 2005, n.  35,  convertito  in
legge, con modificazioni, con legge 14 maggio 2005, n. 80, oltre  che
dell'art. 708, comma I, c.p.c. Oltre che, conseguentemente, dell'art.
708, comma I, c.p.c. Il contenuto precettivo  della  disposizione  in
esame (art. 707, comma I, c.p.c.: rubricato  «Comparizione  personale
delle parti»)  e'  alquanto  chiaro:  «i  coniugi  debbono  comparire
personalmente davanti al presidente con l'assistenza del difensore». 
    Il principio del gradualismo, in materia di interpretazione della
legge, impone all'odierno giudicante di dovere muovere, nell'indagine
ermeneutica, dal dato letterale della disposizione al fine  di  farne
emergere lo spirito; ed, invero, nel caso di specie la lettera  della
legge  e'  univoca,  se  non  altro  alla  luce  anche   dei   lavori
parlamentari che l'hanno assistita: e' prevista  (rectius:  e'  stata
voluta),  in  materia   di   separazione   giudiziale,   nella   fase
presidenziale, «l'assistenza necessaria»  (combinato  disposto  degli
artt. 707, comma I e 708, comma I, c.p.c.). 
    Osservano i piu'  autorevoli  commentatori,  che  «avere  sancito
espressamente la necessita' della presenza dei difensori a fianco dei
coniugi, fin  dall'udienza  presidenziale,  rappresenta  una  novita'
importante che supera i dubbi sorti al riguardo sotto l'imperio della
disciplina previgente, allorche', nel silenzio della norma, la  netta
maggioranza degli autori sosteneva - a differenza di  quanto  prevede
oggi la norma novellata - che entrambe  le  parti  avessero  solo  la
facolta', ma non l'obbligo, di farsi assistere dai difensori  durante
l'intero svolgimento dell'udienza presidenziale». 
    In altre parole: il coniuge convenuto - costituito o meno che sia
- «deve sempre comparire davanti al presidente con l'assistenza di un
difensore». Cio' comporta,  secondo  la  migliore  dottrina,  che  il
coniuge convenuto presente all'udienza, ma senza essere assistito  da
un difensore (salvo gravi e comprovati motivi), e' da considerare non
comparso, con la conseguente applicazione della  disciplina  prevista
dall'ultimo comma dell'art. 707 c.p.c. 
    Oggetto del giudizio e', conseguentemente, l'art. 707, comma  III
c.p.c. nella parte in cui prevede che i  «coniugi  debbono  comparire
(...) con l'assistenza di un difensore»: l'intervento della Corte  e'
richiesto sia per la fase del tentativo che per la fase successiva al
fallimento del tentativo di conciliazione stesso. Quindi, in  genere,
per tutta l'udienza  presidenziale  che  dovrebbe  potersi  celebrare
anche senza difensori ma con le sole parti. 
    2.1. - Sempre in punto di  ammissibilita'  della  questione,  una
interpretazione adeguatrice risulta infruttuosa. Il giudice a quo  e'
onerato di sperimentare la cd. interpretatio secundum  constitutionem
(Corte  costituzionale,  ordinanza  10   febbraio   2006,   n.   57),
sussistendo  in  capo  al  rimettente  la  necessita'   di   motivare
sull'impossibilita' di interpretare la norma in senso  conforme  alla
Costituzione (cfr. Corte cost., 19 ottobre  2001,  n.  336  in  Giur.
Costit., 2001, fasc. 5; Corte cost. ord., 21 novembre 1997, n. 361 in
Giur. Costit., 1997, fasc. 6). Tra i  diversi  significati  giuridici
astrattamente possibili, cioe', il Giudice  deve  selezionare  quello
che sia conforme alla Costituzione;  il  sospetto  di  illegittimita'
costituzionale, infatti, e' legittimo solo  allorquando  nessuno  dei
significati,  che  e'  possibile   estrapolare   dalla   disposizione
normativa, si sottragga alle censure  di  incostituzionalita'  (Corte
cost., 12 marzo 1999, n. 65 in Cons. Stato, 1999, II, 366). 
    E, tuttavia, se e' vero che in linea di principio,  le  leggi  si
dichiarano   incostituzionali   perche'    e'    impossibile    darne
interpretazioni  «secundum  Constitutionem»  e  non  in  quanto   sia
possibile darne interpretazioni incostituzionali, e' anche  vero  che
esiste un preciso  limite  all'esperimento  del  tentativo  salvifico
della norma a livello ermeneutico: il giudice non  puo'  «piegare  la
disposizione fino a spezzarne il legame con il dato  letterale».  Ed,
in tal senso, di fatto, vi sarebbe  il  rischio  -  dinnanzi  ad  una
redazione cosi' chiara della norma - di invadere una  competenza  che
al Giudice odierno non compete, se non altro  perche'  altri  organi,
nell'impalcatura costituzionale (come  l'adita  Corte  delle  Leggi),
sono deputati ad espletare talune  funzioni  ad  essi  esclusivamente
riservate. Ma vi e' di piu': l'interpretatio secundum  constitutionem
presuppone,  indefettibilmente,  che  l'interpretazione  «altra»  sia
«possibile», cioe', praticabile:  differentemente,  si  creerebbe  un
vulnus alla certezza del  diritto  poiche'  anche  dinnanzi  a  norme
«chiare»  ogni  giudicante  adito   potrebbe   offrire   uno   spunto
interpretativo diverso. 
    Ma vi e' ancora di piu':  la  novella  del  2005  ha  «invertendo
rotta» esattamente rovesciato il  regime  giuridico  in  parola  che,
prima delle modifiche intercorse, prevedeva - in  contrapposizione  a
quanto oggi previsto - che le parti non potessero farsi assistere dal
proprio difensore nella fase presidenziale  (divieto,  poi,  limitato
alla sola prima fase dell'udienza presidenziale, Corte cost. sentenza
n. 151/1971). Cio' rilevato, il giudice, interpretando la  norma  nel
senso  che  non  prevede  la  necessaria  assistenza  del  difensore,
tradirebbe palesemente l'intendo legis che  sorregge  il  nuovo  art.
707,  comma  I,  c.p.c.  con  una  surrettizia  forma  di  intervento
normativo correttivo. 
    Svolte le considerazioni riportate, reputa  l'odierno  Giudicante
che il dato  normativo  non  si  possa  prestare  ad  interpretazioni
diverse  da  quella  emergente  dalla   mera   lettura   del   testo:
l'assistenza del coniuge, ex art. 707 c.p.c. e' necessaria («debbono»
comparire ...  con  l'assistenza  del  difensore).  Rimane,  pertanto
infruttuoso il doveroso tentativo da parte  dell'odierno  Giudice  di
individuare un'interpretazione compatibile con la Costituzione (Corte
cost. ord. n. 427/2005; ord. n. 306 del 2005). 
    3. - Cosi' introdotta, nel  rito,  la  questione  sollevata,  nel
merito sono diversi i  profili  sotto  i  quali  la  disposizione  e'
sospettata di incostituzionalita'. In primo luogo essa sembra violare
l'art. 24 della Charta Chartorum e l'interesse primario  alla  tutela
del matrimonio e della famiglia di cui agli artt.  29-31  Cost.  (ma,
anche, le disposizioni ex artt. 3 e 111 Cost.). 
    Prima della riforma, il comma I dell'art. 707 c.p.c. prescriveva:
«i coniugi debbono  comparire  personalmente  davanti  al  presidente
senza assistenza  di  difensore».  L'articolo  aderiva  ad  un'ottica
esattamente opposta a quella odierna, poiche' - in combinato disposto
con l'art. 708, comma I, c.p.c. - prevedeva che i  coniugi  dovessero
comparire personalmente davanti al presidente senza  l'assistenza  di
difensore. La Corte delle Leggi, con la sentenza  n.  151  del  1971,
aveva, pero', dichiarato l'illegittimita' costituzionale delle  norme
ora impugnate, nella parte in cui ai coniugi  comparsi  personalmente
davanti  al  presidente  del  tribunale,  e  in   caso   di   mancata
conciliazione,  era  inibito  di  essere  assistiti  dai   rispettivi
difensori. La conseguenza era che il divieto fosse venuto meno senza,
pero', che l'assistenza fosse  stata  resa  obbligatoria  (Cass.,  18
aprile 1974, n. 1050). La Consulta, con indirizzo  poi  costantemente
ribadito,  ha   tenuto,   quindi,   a   distinguere   che   l'udienza
presidenziale si puo' suddividere in due fasi: la prima,  in  cui  il
Presidente  tenta  la  conciliazione;  la  seconda,   successiva   al
fallimento del tentativo di conciliazione. Orbene,  il  «diritto»  di
farsi assistere dal difensore  durante  lo  svolgimento  dell'udienza
presidenziale nel giudizio di  separazione  sorge  per  le  parti  in
questa seconda fase, poiche' solo a quel punto  «diventa  attuale  il
contrasto, concreto o potenziale, tra i contendenti sulla base  delle
domande  avanzate  con  il  ricorso  introduttivo  o  delle   pretese
direttamente prospettate al presidente del tribunale»; per  converso,
nella  prima  fase,  «il  legislatore  ha  voluto  tutelare  in  modo
preminente   l'interesse,   di   natura   pubblica,   alla   pacifica
continuazione della convivenza tra i coniugi,  evitando  il  giudizio
come  strumento  per  risolvere  i  conflitti   coniugali»;   ed   al
conseguimento di questi fini - osserva la citata sentenza n. 201  del
1971 -  «mirano  i  coniugi  (personalmente)  ed  il  presidente  del
tribunale che non potra' non far  valere  il  prestigio  derivantegli
dalla sua  funzione».  Siffatti  condivisibili  principi  condussero,
nella sentenza n. 201/1971, a  ritenere  legittimo,  giustificato  ed
opportuno il «divieto di assistenza del difensore» nella  prima  fase
presidenziale ovvero quella del tentativo di conciliazione. 
    Orbene, quid juris se adesso il legislatore, proprio  per  quella
fase, ha addirittura previsto che  l'assistenza  sia  necessaria?  La
riforma, di fatto, ha rimosso l'exceptio in deroga all'art. 82 c.p.c.
rendendo l'assistenza «obbligatoria». E' indubbio che proprio a  quel
principio annunciato e  difeso  nella  giurisprudenza  costituzionale
richiamata, venga creato un vulnus. 
    Ed,  invero,  secondo   l'insegnamento   della   Consulta,   «per
l'attuazione  degli  stessi  interessi  [pacifica   convivenza   trai
coniugi], nulla vieta che il presidente  del  tribunale  possa  anche
esplorare - sia in  presenza  che  in  assenza  dei  difensori  -  la
potenziale praticabilita' di una soluzione non contenziosa  di  detti
conflitti, e cio' nello svolgimento di  quelle  funzioni  lato  sensu
conciliative che gli impongono di attivarsi per ridurre al  minimo  i
traumi per i coniugi e per i figli;  fermo  restando  che  la  difesa
tecnico-professionale possa intervenire al  momento  di  stabilire  e
formalizzare le condizioni dell'eventuale accordo». 
    L'art. 707, comma I, c.p.c., pertanto, laddove preclude  la  fase
presidenziale,  in  toto,  al  coniuge   resistente   sprovvisto   di
assistenza, strappa il tessuto connettivo delle disposizioni in esame
creando un vulnus alla tutela apprestata alla famiglia ed al rapporto
di coniugio dagli artt. 29-31 Cost.  e,  peraltro,  violando,  anche,
l'art. 24 Cost. 
    Ed, infatti, per effetto della disposizione,  il  resistente  che
non voglia avvalersi dell'assistenza non puo' neanche  accedere  alla
fase del tentativo di conciliazione, laddove, invero, il  divieto  di
assistenza del difensore era stato addirittura difeso dalla Consulta.
Ovvie le ripercussioni sul principio del giusto  processo  (art.  111
Cost.) che viene ad essere, in ogni caso, compromesso  in  uno  degli
ambiti piu' delicati e sensibili. 
    La disposizione, infine, si palese irragionevole  con  violazione
dell'art.  3  Cost.  poiche'  non  si  giustifica  sotto  un  profilo
razionale: ed, infatti, nella prima fase dell'udienza  presidenziale,
l'assistenza obbligatoria sostituisce il divieto  di  assistenza  pur
essendo rimasta inalterata la ratio cosicche',  come  pure  e'  stato
scritto,  «cio'  che  prima  il  divieto   tutelava   ora   l'obbligo
pregiudica». 
    4. - PETITUM. Per quanto sin qui  osservato,  e'  auspicabile  un
intervento  della  Corte  adita   che   dichiari   costituzionalmente
illegittimo l'art. 707, comma I, c.p.c. nella parte  in  cui  prevede
che i coniugi «debbono [e non: POSSONO] comparire con l'assistenza di
un difensore».