Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri,  rappresentato
e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso la quale ha  il
proprio domicilio in via dei Portoghesi n. 12, Roma; 
    Contro la Regione Campania, in persona del suo Presidente per  la
dichiarazione della illegittimita' costituzionale: 
        1) dell'art. 1, comma 5; 
        2) dell'art. 1, comma 8; 
della legge regionale Regione Campania 5 maggio 2011 n. 7, «Modifiche
della legge regionale 7 gennaio 1983, n. 9,  concernente  il  rischio
sismico, della legge regionale 25 agosto  1989,  n.  15,  concernente
l'ordinamento amministrativo del  consiglio  regionale,  della  legge
regionale 28 marzo 2007, n. 4, concernente la materia della  gestione
dei rifiuti, della legge regionale 30 aprile 2002, n. 7,  concernente
l'ordinamento contabile della regione Campania, della legge regionale
28 novembre 2008, n. 16, e della legge regionale 3 novembre 1994,  n.
32, concernenti il riordino del servizio sanitario regionale e  della
legge regionale 15 marzo 2011, n. 4, concernente la legge finanziaria
regionale 2011», pubblicata nel B.U.R.  n.  29  del  9  maggio  2011,
giusta delibera del Consiglio dei Ministri del 16 giugno 2011. 
 
                           Fatto e diritto 
 
    1. La legge  regionale  in  esame  reca  «Modifiche  della  legge
regionale 7 gennaio 1983, n. 9, concernente il rischio sismico, della
legge regionale 25 agosto  1989,  n.  15,  concernente  l'ordinamento
amministrativo del consiglio  regionale,  della  legge  regionale  28
marzo 2007, n. 4, concernente la materia della gestione dei  rifiuti,
della legge regionale 30 aprile 2002, n. 7, concernente l'ordinamento
contabile della regione Campania, della legge regionale  28  novembre
2008, n. 16,  e  della  legge  regionale  3  novembre  1994,  n.  32,
concernenti il riordino del  servizio  sanitario  regionale  e  della
legge regionale 15 marzo 2011, n. 4, concernente la legge finanziaria
regionale 2011». 
    1. L'art. 1, comma 5, sostituisce il comma 5  dell'art.  8  della
legge regionale n. 16/2008. 
    Esso dispone  che:  «Il  comma  5  dell'articolo  8  della  legge
regionale  28  novembre  2008,  n.  16   (Misure   straordinarie   di
razionalizzazione e riqualificazione del sistema sanitario  regionale
per il rientro del disavanzo), e'  sostituito  dal  seguente:  "Nelle
more dell'accreditamento istituzionale delle  strutture  sanitarie  e
socio-sanitarie, le aziende sanitarie  locali  devono  sottoscrivere,
con le strutture autorizzate ai sensi della  Delib.G.R.  31  dicembre
2001, n. 7301 contratti per le attivita' di cure palliative ai malati
terminali-hospice.  La  Giunta  regionale  provvede  all'approvazione
delle tariffe entro trenta giorni dalla data  di  entrata  in  vigore
della presente legge."». 
    Giova adesso rammentare che la legge 27 dicembre 2006 numero 296,
recante «Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)», prevede,  all'art.
1,  comma  796,  lettera  a),  che  «il  finanziamento  del  Servizio
sanitario  nazionale,  cui  concorre  ordinariamente  lo  Stato,   e'
determinato in 96.040 milioni di euro  per  l'anno  2007,  in  99.082
milioni di euro per l'anno 2008 e in  102.285  milioni  di  euro  per
l'anno 2009, comprensivi dell'importo di  50  milioni  di  euro,  per
ciascuno degli anni indicati, a titolo di ulteriore  finanziamento  a
carico dello Stato per l'ospedale  "Bambino  Gesu'",  preventivamente
accantonati ed erogati direttamente allo stesso ospedale dallo Stato.
All'art. 1, comma 278, della legge  23  dicembre  2005,  n.  266,  le
parole: "a decorrere dall'anno 2006" sono sostituite dalle  seguenti:
"limitatamente all'anno 2006"». 
    La lettera b), del medesimo comma 796, prevede sua volta che  «e'
istituito per il triennio 2007-2009, un Fondo  transitorio  di  1.000
milioni di euro per l'anno 2007, di 850 milioni di  euro  per  l'anno
2008 e di 700 milioni di euro per l'anno 2009,  la  cui  ripartizione
tra le regioni interessate  da  elevati  disavanzi  e'  disposta  con
decreto del Ministro  della  salute,  di  concerto  con  il  Ministro
dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza  permanente
per i rapporti tra lo Stato, le regioni e  le  province  autonome  di
Trento e di Bolzano (350). L'accesso alle risorse del  Fondo  di  cui
alla presente lettera e' subordinato alla sottoscrizione di  apposito
accordo ai sensi dell'art. 1, comma  180,  della  legge  30  dicembre
2004, n. 311, e successive modificazioni, comprensivo di un piano  di
rientro dai disavanzi». 
    Infine, la lettera t), del medesimo comma 796,  statuisce  a  sua
volta  che  «le  regioni   provvedono   ad   adottare   provvedimenti
finalizzati  a  garantire  che  dal  1°  gennaio  2011  cessino   gli
accreditamenti  provvisori  delle  strutture  private  ospedaliere  e
ambulatoriali,  di  cui  all'art.  8-quater,  comma  7,  del  decreto
legislativo  30  dicembre  1992,  n.  502,   non   confermati   dagli
accreditamenti definitivi di cui  all'art.  8-quater,  comma  1,  del
medesimo decreto legislativo n. 502 del 1992; le  regioni  provvedono
ad adottare provvedimenti finalizzati a garantire che dal 1°  gennaio
2013  cessino  gli  accreditamenti  provvisori  di  tutte  le   altre
strutture  sanitarie  e  socio-sanitarie   private,   nonche'   degli
stabilimenti termali come individuati dalla legge 24 ottobre 2000, n.
323, non confermati dagli accreditamenti definitivi di  cui  all'art.
8-quater, comma 1, del decreto legislativo n. 502 del 1992». 
    Come ben si vede, la norma  in  commento  della  legge  regionale
campana si traduce in una deroga, o meglio in  una  violazione,  alla
norma di cui alla lettera t) del comma 796 dell'art.  1  della  legge
2006 numero 296, le cui lettere a) e b) pongono a loro  volta  limiti
di spese. 
    Appare evidente che tutte queste disposizioni della legge statale
costituiscono principio  fondamentale  in  materia  di  coordinamento
della finanza pubblica (ed e' -  ovviamente -  appena  da  rammentare
che, ai sensi dell'ultima parte del  3°  comma  dell'art.  117  della
Costituzione,  nelle   materie   di   legislazione   concorrente   la
determinazione  dei   principi   fondamentali   e'   riservata   alla
legislazione dello Stato). 
    Non puo' non rammentarsi  la  giurisprudenza  di  codesta  Ecc.ma
Corte secondo la quale le norme statali, ispirate alla finalita'  del
contenimento   della   spesa   pubblica,    costituiscono    principi
fondamentali nella materia del coordinamento della finanza  pubblica,
in  quanto  pongono  obiettivi  di  riequilibrio,  senza,   peraltro,
prevedere strumenti e modalita' per il perseguimento dei medesimi. 
    La norma in esame della legge regionale campana si traduce in una
violazione del limite di spesa fissato dalle norme in commento ed  e'
pertanto illegittima per violazione dell'art. 117, terzo comma, della
Costituzione. 
    2. La  illegittimita'  costituzionale  della  norma  in  commento
rileva anche sotto un altro profilo. 
    Come si e' gia' riferito, e come si ripete  per  mera  comodita',
essa dispone che: «Il comma 5 dell'art. 8 della  legge  regionale  28
novembre 2008, n. 16 (Misure  straordinarie  di  razionalizzazione  e
riqualificazione del sistema sanitario regionale per il  rientro  del
disavanzo),    e'    sostituito    dal    seguente:    "Nelle    more
dell'accreditamento  istituzionale  delle   strutture   sanitarie   e
socio-sanitarie, le aziende sanitarie  locali  devono  sottoscrivere,
con le strutture autorizzate ai sensi della  Delib.G.R.  31  dicembre
2001, n. 7301 contratti per le attivita' di cure palliative ai malati
terminali-hospice.  La  Giunta  regionale  provvede  all'approvazione
delle tariffe entro trenta giorni dalla data  di  entrata  in  vigore
della presente legge."». 
    In altri termini, la disposizione della legge  regionale  campana
che qui si esamina prevede, sia pure nelle  more  dell'accreditamento
istituzionale, l'obbligo per le ASL di  sottoscrivere  contratti  con
strutture autorizzate, non richiedendo pero'  che  esse  siano  anche
accreditate. 
    Giova qui rammentare che l'art. 8 del D.Lgs. n. 1992/502,  quarto
comma, nella formulazione successiva all'intervento di codesta Ecc.ma
Corte, di cui alla ben  nota  sentenza  n.  1993/355,  prescrive  che
«Ferma  restando  la  competenza  delle   regioni   in   materia   di
autorizzazione e vigilanza sulle  istituzioni  sanitarie  private,  a
norma dell'art. 43 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, con atto  di
indirizzo  e  coordinamento,  emanato  d'intesa  con  la   Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato,  le  regioni  e  le  province
autonome, sentito il Consiglio superiore di sanita', sono definiti  i
requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi  minimi  richiesti
per l'esercizio delle attivita' sanitarie da  parte  delle  strutture
pubbliche e private e la periodicita' dei controlli sulla  permanenza
dei requisiti stessi. L'atto di indirizzo e coordinamento e'  emanato
entro il 31  dicembre  1993  nel  rispetto  dei  seguenti  criteri  e
principi direttivi: ... g) prevedere  l'obbligo  di  controllo  della
qualita'  delle  prestazioni  erogate;  h)  definire  i  termini  per
l'adeguamento delle strutture e dei presidi gia'  autorizzati  e  per
l'aggiornamento  dei  requisiti  minimi,  al  fine  di  garantire  un
adeguato livello di' qualita' delle prestazioni  compatibilmente  con
le risorse a disposizione». 
    L'art. 8-bis del D.Lgs. n. 1992/502, terzo comma, dispone che «La
realizzazione di  strutture  sanitarie  e  l'esercizio  di  attivita'
sanitarie, l'esercizio di attivita' sanitarie per conto del  Servizio
sanitario nazionale e l'esercizio di attivita' sanitarie a carico del
Servizio sanitario nazionale sono  subordinate,  rispettivamente,  al
rilascio   delle    autorizzazioni    di    cui    all'art.    8-ter,
dell'accreditamento istituzionale di cui all'art.  8-quater,  nonche'
alla  stipulazione  degli  accordi  contrattuali  di   cui   all'art.
8-quinquies. La presente disposizione vale anche per le  strutture  e
le attivita' sociosanitarie.». 
    L'art. 8-ter del D.Lgs. n. 1992/502, primo comma, dispone che «La
realizzazione di strutture e l'esercizio  di  attivita'  sanitarie  e
sociosanitarie sono subordinate ad autorizzazione», statuendo poi, al
quarto  comma,  che  «L'esercizio   delle   attivita'   sanitarie   e
sociosanitarie da parte di strutture pubbliche e  private  presuppone
il  possesso  dei  requisiti  minimi,  strutturali,   tecnologici   e
organizzativi stabiliti con atto  di  indirizzo  e  coordinamento  ai
sensi dell'art. 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59,  sulla  base  dei
principi e criteri direttivi  previsti  dall'art.  8,  comma  4,  del
presente decreto.». 
    A sua volta l'art.  8-quater,  primo  comma,  primo  alinea,  del
medesimo D.Lgs.  prescrive  che  «L'accreditamento  istituzionale  e'
rilasciato dalla regione  alle  strutture  autorizzate,  pubbliche  o
private   e   ai   professionisti   che   ne   facciano    richiesta,
subordinatamente alla loro  rispondenza  ai  requisiti  ulteriori  di
qualificazione, alla loro funzionalita' rispetto  agli  indirizzi  di
programmazione regionale  e  alla  verifica  positiva  dell'attivita'
svolta e dei risultati raggiunti.». 
    In altri termini, le norme in commento prevedono che le strutture
pubbliche   e   private   che   erogano   prestazioni   sanitarie   e
sociosanitarie per  operare  nell'interesse  del  Servizio  Sanitario
Nazionale e a carico dello stesso, devono essere in possesso non solo
dell'autorizzazione  effettuare  le  suddette  attivita',  ma   anche
dell'accreditamento, ancorche' provvisorio. 
    E' finanche inutile sottolineare la differenza che intercorre tra
le strutture «autorizzate» e delle «accreditate».  Ed  e'  appena  da
notare che  in  realta'  il  quadro  normativo  statuale  che  si  e'
descritto e' palesemente volto a definire  livelli  essenziali  delle
prestazioni. 
    E' appena da  rammentare  che  nella  giurisprudenza  di  codesta
Ecc.ma Corte, «il sistema di rapporti delineato in generale per tutte
le prestazioni sanitarie dal d.lgs. n. 502  del  1992,  [e']  fondato
sulla  fissazione  in  sede  nazionale  dei  requisiti  minimi  delle
strutture e sulla competenza  regionale  a  stabilire  gli  ulteriori
requisiti necessari per l'accreditamento ed a stipulare  gli  accordi
contrattuali, senza i quali gli oneri delle prestazioni  non  possono
essere posti a carico del Servizio sanitario nazionale.». 
    Come poi codesta Corte ha chiarito,  «si  deve  riconoscere  allo
Stato il potere di fissare la quantita', la qualita' e  la  tipologia
delle prestazioni cui tutti  gli  utenti  hanno  diritto  nell'intero
territorio nazionale. Nel porre tali livelli essenziali, lo Stato  ha
facolta' di dettare norme di principio o di dettaglio, avendo cura di
operare con legge le scelte di carattere generale, all'interno  delle
quali la legge stessa deve stabilire  adeguate  procedure  e  precisi
atti formali  per  procedere  alle  specificazioni  ed  articolazioni
ulteriori che si rendano necessarie nei vari settori (sentenza n.  88
del 2003; in senso conforme, sentenza n. 134 del 2006). 
    Consegue da cio' che «La deroga alla competenza legislativa delle
Regioni, in favore di quella  dello  Stato,  e'  ammessa  nei  limiti
necessari ad evitare che, in  parti  del  territorio  nazionale,  gli
utenti debbano, in ipotesi, assoggettarsi ad un regime di  assistenza
sanitaria inferiore, per quantita'  e  qualita',  a  quello  ritenuto
intangibile dallo Stato. Alle Regioni sara' sempre possibile fornire,
con  proprie  risorse,  prestazioni  aggiuntive  tese  a   migliorare
ulteriormente il livello delle prestazioni, oltre  la  soglia  minima
uniforme prescritta dalla legge statale» (sentenza n. 387 del 2007). 
    Non c'e' dubbio che la legge regionale campana, attribuendo  alle
aziende sanitarie locali la sottoscrizione di contratti con  sculture
autorizzate e prive di accreditamento,  viola  i  principi  stabiliti
dalla legislazione nazionale volti a  fissare  i  livelli  minimi  di
prestazioni. 
    Essa e' pertanto illegittima ai sensi dell'art. 117,  comma  tre,
della Costituzione, con riferimento alla materia della  tutela  della
salute. 
    3. La norma di cui al comma 8 dell'art. 1 della  legge  in  esame
dispone che «I comuni competenti in  materia  di  scarichi  in  corpi
idrici superficiali possono avvalersi  della  provincia,  all'interno
del cui territorio ricadono, ai fini  dell'esercizio  delle  funzioni
trasferite ai sensi del comma 250 dell'art. 1 della  legge  regionale
n. 4/2011. I comuni, qualora intendano  avvalersi  per  l'istruttoria
degli uffici e del personale della provincia, possono  stipulare  con
tale ente apposita convenzione.». 
    A sua volta, il comma 250 dell'art. 1 della  legge  regionale  n.
4/2011 dispone che «La domanda di autorizzazione di cui  al  comma  7
dell'art. 124 del decreto legislativo 30 aprile 2006, n.  152  (Norme
in materia ambientale), e' presentata al comune ovvero  all'autorita'
d'ambito  se  lo  scarico  e'  in  pubblica  fognatura.   L'autorita'
competente provvede  entro  sessanta  giorni  dalla  ricezione  della
domanda. Se detta autorita' risulta inadempiente  nei  termini  sopra
indicati, l'autorizzazione si intende temporaneamente concessa per  i
successivi sessanta giorni, salvo  revoca.  Per  le  finalita'  delle
richiamate norme, le  Commissioni  consiliari  regionali  Ambiente  e
Territorio  approvano  la   disciplina   degli   scarichi   Categorie
produttive assimilabili, di cui alla Delib. G.R. 6  agosto  2008,  n.
1350.». 
    Come ben si vede la norma da ultimo citata - e a  cui  l'articolo
primo, comma otto, della legge Regione Campania far richiamo -  fissa
in  60  giorni  il  termine  entro  il  quale  l'autorita'   preposta
nell'esprimere il parere negativo rilascio  dell'autorizzazione  allo
scarico, statuendo altresi' che in caso di inutile  decorso  di  tale
termine l'autorizzazione si intende temporaneamente  concessa  per  i
successivi 60 giorni, salvo revoca. 
    L'art. 124, comma 7, del D.Lgs. 2006/152 fissa invece il  termine
perentorio di 90 giorni. 
    E' appena da rammentare, a tal riguardo, che l'art. 20,  comma  4
della legge 1990/241 statuisce  l'inapplicabilita'  del  «silenzio  -
assenso» alla materia ambientale. 
    A sua volta,  l'art.  29  della  stessa  legge,  come  sostituito
dall'art. 19 L. 11 febbraio 2005 n. 15, statuisce che «Le  regioni  e
gli enti locali, nell'ambito delle rispettive competenze, regolano le
materie disciplinate dalla presente legge nel  rispetto  del  sistema
costituzionale  e  delle  garanzie   del   cittadino   nei   riguardi
dell'azione  amministrativa,  cosi'  come   definite   dai   principi
stabiliti dalla presente legge». 
    Come codesta Ecc.ma Corte ha avuto modo di  chiarire,  l'istituto
del silenzio - assenso  incide  sul  livello  di  tutela  di  cui  il
legislatore intende munire  l'interesse  oggetto  di  disciplina:  e,
cosi', ad esempio, la previsione di un termine per la  formazione  di
esso piu' breve di quello fissato dal legislatore statale costituisce
«evidente  violazione  di  un  livello  di  tutela   [nella   specie:
dell'ambiente] uniforme» che «altera il rapporto fra i due  interessi
che il termine stesso  e'  destinato  a  soddisfare  e  cioe'  quello
dell'amministrazione all'esercizio del controllo preventivo e  quello
dell'interessato ad ottenere l'autorizzazione in  tempi  ragionevoli,
in un modo che risulta lesivo  dell'interesse  pubblico  alla  tutela
[nella specie: dell'ambiente], in violazione dei predetti  parametri»
(sentenza n. 2009/315). 
    Conclusivamente la norma regionale che  occupa  pone  l'interesse
ambientale - che ovviamente costituisce l'oggetto diretto e immediato
tutelato nella disposizione che occupa - in una  posizione  deteriore
sotto due diversi profili che, quanto agli effetti, si sommano  l'uno
con l'altro. Il primo e' costituito dal termine inferiore (60  giorni
anziche' 90) previsto dal legislatore  regionale  rispetto  a  quello
previsto  dal  legislatore  statale;  il  secondo  e'  l'effetto  che
consegue  al  decorso  del  termine,  cui  il  legislatore  regionale
riconnette addirittura la temporanea concessione  dell'autorizzazione
per un termine di 60 giorni, salvo revoca. 
    In definitiva appare palese la violazione, da parte dell'art.  1,
comma ottavo, della legge Regione Campania n. 7/2011  (attraverso  il
richiamo al comma  250  dell'art.  1  della  legge  Regione  Campania
4/2011) dell'art. 117, comma secondo, lettera S) della  Costituzione,
trattandosi  di  normativa  afferente  alla  materia  della   «tutela
dell'ambiente e dell'ecosistema», in ordine alla  quale  sussiste  la
competenza legislativa statale esclusiva. 
    Per completezza, si osserva che la norma di  cui  al  comma  250,
art. 1, della legge Regione Campania n. 2011/4 e' stata a  sua  volta
oggetto di impugnativa innanzi a codesta Ecc.ma Corte da parte  della
Presidenza del Consiglio.