Sentenza 
 
nel giudizio di legittimita'  costituzionale  dell'articolo  6  della
legge della Regione Sardegna 19 novembre 2010,  n.  16  (Disposizioni
relative  al  patto  di  stabilita'   territoriale),   promosso   dal
Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 24-27
gennaio 2011,  depositato  in  cancelleria  il  27  gennaio  2011  ed
iscritto al n. 3 del registro ricorsi 2011. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Sardegna; 
    udito nell'udienza pubblica del 5 luglio 2011 il Giudice relatore
Gaetano Silvestri; 
    uditi l'avvocato dello Stato Gabriella D'Avanzo per il Presidente
del Consiglio dei  ministri  e  l'avvocato  Massimo  Luciani  per  la
Regione Sardegna. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Con ricorso notificato il 24-27 gennaio 2011 e depositato il
successivo 27 gennaio, il Presidente del Consiglio  dei  ministri  ha
promosso questioni di  legittimita'  costituzionale  dell'articolo  6
della  legge  della  Regione  Sardegna  19  novembre  2010,   n.   16
(Disposizioni relative  al  patto  di  stabilita'  territoriale),  in
riferimento agli artt. 117, primo e terzo comma, 119, secondo  comma,
e 120, secondo  comma,  della  Costituzione,  all'art.  3,  comma  1,
lettera b), e al Titolo III della legge  costituzionale  26  febbraio
1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna). 
    La norma impugnata stabilisce: 
        «1. Gli enti locali trasmettono le richieste di  modifica  di
cui all'articolo 3, comma 2,  all'Assessorato  regionale  degli  enti
locali, finanze ed urbanistica, entro  il  30  settembre  di  ciascun
anno. 
    2. In  via  transitoria,  per  l'anno  2010,  in  sede  di  prima
applicazione gli enti locali trasmettono le richieste di modifica  di
cui al comma 1, entro  sette  giorni  dall'entrata  in  vigore  della
presente legge». 
    Secondo il  ricorrente,  il  censurato  art.  6,  recante  «Norme
attuative e transitorie» in tema di patto di stabilita' territoriale,
non e' conforme alle disposizioni statali  che  fissano  le  scadenze
entro le  quali  devono  essere  effettuate  la  rimodulazione  e  la
conseguente comunicazione degli obiettivi dei singoli enti locali  al
Ministero  dell'economia  e  delle  finanze  -   Dipartimento   della
Ragioneria generale dello Stato. 
    In particolare, la  disciplina  impugnata  non  consentirebbe  il
monitoraggio del patto di stabilita' interno,  posto  a  salvaguardia
dell'equilibrio unitario della finanza pubblica complessiva. Infatti,
l'individuazione del termine del 30 settembre di ciascun anno  e,  in
via  transitoria  per  l'anno  2010,  del  termine  di  sette  giorni
dall'entrata in  vigore  della  legge  regionale  in  esame,  per  la
comunicazione  anzidetta,  risulterebbe  in  contrasto   con   quanto
stabilito dall'art. 7-quater, comma 7, del decreto-legge 10  febbraio
2009, n. 5 (Misure urgenti a  sostegno  dei  settori  industriali  in
crisi, nonche' disposizioni  in  materia  di  produzione  lattiera  e
rateizzazione del debito nel settore  lattiero-caseario),  convertito
in legge, con modificazioni, dall'art. 1,  comma  1,  della  legge  9
aprile 2009, n. 33. 
    Il  citato  art.  7-quater,  comma  7,  dispone  che  -  ai  fini
dell'applicazione dell'art. 77-ter, comma 11,  del  decreto-legge  25
giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo  economico,
la  semplificazione,  la  competitivita',  la  stabilizzazione  della
finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito in  legge,
con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 6  agosto  2008,
n. 133 - la Regione comunichi  al  Ministero  dell'economia  e  delle
finanze, entro il mese di maggio di ciascuno  degli  anni  2009/2011,
con  riferimento  ad  ogni  ente  locale,  gli  elementi  informativi
occorrenti per la verifica del mantenimento dell'equilibrio dei saldi
di finanza pubblica. 
    Secondo la difesa statale, la comunicazione di cui sopra riguarda
«le modifiche regionali degli obiettivi assegnati agli enti locali al
fine di consentire al Ministero  dell'economia  e  delle  finanze  di
verificare, attraverso il monitoraggio  semestrale,  il  mantenimento
dei saldi di finanza pubblica nel corso dell'anno». 
    La disposizione regionale impugnata, invece,  prevedendo  termini
successivi  al  31  maggio  per  la   suddetta   comunicazione,   non
consentirebbe al Ministero dell'economia  di  effettuare,  nel  corso
dell'anno 2010 e di quelli successivi, il monitoraggio,  diretto  non
solo alla verifica degli adempimenti  relativi  al  patto,  ma  anche
all'acquisizione  di  elementi  informativi  utili  per  la   finanza
pubblica (ex art. 77-bis, comma 14, del d.l. n. 112 del 2008). 
    Inoltre, in assenza della fissazione del termine di cui sopra  al
31 maggio - di recente differito al 30 giugno dall'art. 1, commi  140
e 142, della legge 13 dicembre 2010,  n.  220  (Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge  di
stabilita' 2011) - la disciplina regionale del  patto  di  stabilita'
interno  risulterebbe  «priva   della   natura   programmatoria   che
caratterizza  le  norme  statali»  e  si  configurerebbe  «come   una
disciplina  elusiva  del  regime  sanzionatorio  previsto  a  livello
nazionale». La previsione impugnata,  infatti,  renderebbe  possibili
interventi tali da configurarsi come «"sanatoria" di fine  esercizio,
finalizzati esclusivamente a  far  risultare  adempiente  il  maggior
numero di enti locali». 
    Cosi' facendo, la norma regionale potrebbe  rendere  sempre  piu'
difficile nel tempo il raggiungimento degli obiettivi  del  patto  di
stabilita' interno, comportando effetti  peggiorativi  sui  saldi  di
finanza   pubblica,   in   quanto   gli   enti   locali,   confidando
nell'anzidetta  «sanatoria  a  chiusura  dell'esercizio»,   sarebbero
indotti a comportamenti finanziari poco virtuosi. 
    Per le ragioni sopra esposte, il ricorrente ritiene che l'art.  6
della legge reg.  Sardegna  n.  16  del  2010  ecceda  le  competenze
statutarie previste dall'art. 3, comma 1,  lettera  b),  nonche'  dal
Titolo III dello statuto speciale per la Sardegna.  La  normativa  in
questione,  infatti,  non  potrebbe  essere   ricondotta   all'ambito
materiale dell'ordinamento degli enti locali, trattandosi  di  regole
volte al raggiungimento  degli  obiettivi  del  patto  di  stabilita'
interno per concorrere  a  quello  piu'  ampio,  dato  dal  patto  di
stabilita'  e  crescita  europeo.  Ne'  rileverebbero  le  competenze
regionali  previste  dal  Titolo  III  dello  statuto  speciale,   in
riferimento alle finanze, al demanio e al patrimonio. 
    La norma impugnata, ponendosi  in  contrasto  con  la  disciplina
statale sopra richiamata, violerebbe anche gli  artt.  117,  primo  e
terzo comma, 119, secondo comma, e 120,  secondo  comma,  Cost.,  «in
riferimento, rispettivamente, ai vincoli  derivanti  dall'ordinamento
comunitario, al coordinamento della finanza pubblica  e  alla  tutela
dell'unita' economica della Repubblica». 
    2. - Con atto depositato il 1° marzo 2011, la Regione Sardegna si
e' costituita in giudizio  chiedendo  che  le  questioni  prospettate
siano dichiarate inammissibili e comunque non fondate. 
    2.1.  -  Dopo  aver  sottolineato  che  la  legge  impugnata   e'
finalizzata  alla  garanzia  del  pieno  utilizzo   della   capacita'
finanziaria degli  enti  locali,  e  del  rispetto  dei  vincoli  del
cosiddetto patto  di  stabilita'  interno,  la  difesa  regionale  si
sofferma sui profili di inammissibilita' delle censure proposte. 
    La resistente rileva,  in  particolare,  come  l'indicazione  dei
parametri violati sia contenuta solo nelle ultime righe del ricorso e
non sia «minimamente dettagliata» nel corpo del medesimo. Quanto  poi
alla presunta  violazione  dell'art.  117,  primo  comma,  Cost.,  il
ricorrente   non   avrebbe   indicato   alcuna   norma    comunitaria
qualificabile  come  norma  interposta  nel  presente   giudizio   di
legittimita' costituzionale. Cio'  determinerebbe  l'inammissibilita'
del ricorso per carenza di uno dei suoi elementi necessari. 
    Analoga eccezione e' sollevata  in  relazione  alla  censura  per
violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost.; anche  in  questo  caso
non sarebbe puntualmente identificata la legge statale  che  dovrebbe
fungere da parametro interposto, ne' sarebbe chiarito  quale  sia  il
titolo di competenza concorrente nel cui esercizio lo  Stato  avrebbe
adottato le norme asseritamente violate. A tal proposito,  la  difesa
regionale precisa che le norme statali menzionate dal ricorrente sono
elencate in modo indistinto, senza che  sia  argomentata  la  pretesa
violazione dei parametri costituzionali evocati. 
    Da ultimo, la Regione Sardegna sottolinea come  non  sia  affatto
provata la  natura  di  principi  fondamentali  delle  norme  statali
richiamate nel ricorso; natura che,  comunque,  non  potrebbe  trarsi
dalla sola autoqualificazione operata negli artt. 77-bis e 77-ter del
d.l. n. 112 del 2008. 
    2.2. - Nel merito, la resistente ritiene  che  il  ricorso  debba
essere rigettato in quanto «frutto di un palese equivoco» ed «affetto
da una palese contraddizione». 
    2.2.1. - Dall'esame dell'art. 7-quater, comma 7, del  d.l.  n.  5
del 2009 e dell'art. 77-ter, comma 11, del d.l. n. 112  del  2008  la
difesa regionale deduce che tali disposizioni sono state  «concepite»
per le Regioni  ad  autonomia  ordinaria  e  si  applicano  a  quelle
speciali solo nel  caso  in  cui,  entro  il  31  dicembre,  non  sia
raggiunto l'accordo tra il Presidente della Regione  ed  il  Ministro
dell'economia e delle finanze, previsto dall'art.  77-ter,  comma  6,
del d.l. n. 112 del 2008. Inoltre, la  normativa  sopra  indicata  si
applica agli enti locali delle Regioni speciali solo se queste ultime
non provvedono  a  definire  le  modalita'  di  raggiungimento  delle
finalita' del patto di stabilita' interno entro il 31 dicembre. 
    Al riguardo, la resistente precisa di aver raggiunto l'intesa con
il Ministro dell'economia in data 8 febbraio 2011 e di aver definito,
entro il 31 dicembre 2010, le  compensazioni  fra  gli  enti  locali.
Pertanto, a suo dire, la disciplina comune  non  poteva  e  non  puo'
essere applicata agli enti locali della Regione Sardegna. 
    La  difesa  regionale  rileva  peraltro   che,   alla   data   di
proposizione del  ricorso,  il  procedimento  previsto  dal  comma  2
dell'art. 6 della legge impugnata si era gia' concluso con l'adozione
di una deliberazione della Giunta regionale, immediatamente trasmessa
al Ministero dell'economia e delle finanze.  Siffatta  circostanza  -
osserva la resistente - non ha impedito il raggiungimento dell'intesa
sul patto di stabilita' per il 2010; sarebbe pertanto dimostrato  che
la resistente non ha in alcun modo leso le prerogative  dello  Stato,
anzi la stipula dell'accordo  porrebbe  in  evidenza  la  carenza  di
interesse all'impugnazione. 
    La Regione Sardegna richiama altresi'  una  nota  del  Ragioniere
generale dello Stato del 28 giugno 2010, nella quale si  precisa  che
la facolta' di rimodulazione degli obiettivi  degli  enti  locali  e'
preclusa in sede di consuntivo e che gli enti stessi devono garantire
il perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica  nella  medesima
misura stabilita  dalla  normativa  nazionale,  anche  se  attraverso
l'applicazione di regole regionali. 
    Secondo  la  difesa  della  resistente,  la  specificita'   della
disciplina  riservata  alle  Regioni  speciali  troverebbe   conferma
nell'evoluzione storica della normativa statale in tema di  patto  di
stabilita' interno. Le norme statali  vigenti  in  materia  prevedono
che, per le autonomie speciali, a seguito dell'intesa tra il Ministro
dell'economia e la Regione o la Provincia autonoma, venga definito un
macro-obiettivo, che sara' poi specificato  dalla  stessa  Regione  o
Provincia autonoma in relazione ai singoli enti locali. Inoltre, solo
per  le  autonomie  speciali  la  normativa  regionale  puo'   essere
applicata agli enti locali in luogo di  quella  statale,  sempre  che
ricorrano le condizioni sopra indicate. 
    2.2.2. - La resistente procede quindi ad illustrare la  scansione
temporale degli adempimenti previsti dalle norme statali in  materia,
assumendo che la questione prospettata dal ricorrente - nella  misura
in cui presuppone che la norma regionale impugnata  possa  risolversi
in una sanatoria per gli enti locali che non rispettino il  patto  di
stabilita' interno - sia inammissibile ed infondata. 
    Sarebbe inammissibile per la  natura  meramente  ipotetica  della
censura; il ricorrente, infatti,  non  avrebbe  dimostrato  il  nesso
eziologico tra la norma e gli effetti indicati. 
    Sarebbe infondata  perche',  contrariamente  a  quanto  sostenuto
dall'Avvocatura  generale,  gli  enti  locali   verrebbero   comunque
sottoposti al regime sanzionatorio previsto dalle  norme  statali  in
caso  di  mancato  invio  delle  certificazioni   annuali   e   delle
comunicazioni trimestrali, prescritte dall'art. 77-bis  del  d.l.  n.
112 del 2008. 
    Pertanto, la legge regionale impugnata,  inserendosi  in  maniera
armonica  nella  sequenza  procedimentale  prevista  dalla  normativa
statale, non altererebbe ne'  il  procedimento  di  verifica  annuale
dell'adempimento, da parte degli enti  locali,  degli  obiettivi  del
patto, ne' quello di monitoraggio  trimestrale  dell'andamento  delle
gestioni di competenza mista. 
    2.2.3. -  Quanto  alla  «grave  contraddizione»  in  cui  sarebbe
incorso il ricorrente, la Regione Sardegna rileva  come  quest'ultimo
non abbia contestato il meccanismo della  rimodulazione,  applicabile
solo se il  saldo  finanziario  totale  e  finale  resti  inalterato.
Pertanto, non si comprenderebbe quale pregiudizio la norma  impugnata
arrechi al patto di stabilita' interno. 
    Al riguardo, la resistente osserva che il termine del  31  maggio
di cui all'art. 7-quater, comma 7, del d.l. n. 5  del  2009  riguarda
solo la comunicazione degli «elementi informativi occorrenti  per  la
verifica  del  mantenimento  dell'equilibrio  dei  saldi  di  finanza
pubblica». Questa comunicazione, a sua  volta,  non  e'  disciplinata
dalla legge regionale impugnata, la quale non prevedrebbe affatto che
gli  elementi  informativi  non  debbano  essere  trasmessi,  ma   si
limiterebbe a consentire  la  compensazione  tra  un  ente  locale  e
l'altro. 
    In sostanza, secondo la Regione Sardegna, la diversa collocazione
nel tempo del momento della comunicazione degli elementi  informativi
non metterebbe a rischio il principio dell'intangibilita' dei saldi e
non determinerebbe le conseguenze lamentate dal ricorrente. 
    2.2.4. - Peraltro, sempre a  parere  della  resistente,  «non  e'
affatto vero che la comunicazione degli  elementi  informativi  debba
seguire e non precedere la  compensazione,  anzi  e'  logico  che  la
compensazione possa intervenire dopo il 31 maggio, quando  il  quadro
della situazione dei singoli enti locali si sara'  piu'  puntualmente
definito». 
    Ancora, la difesa regionale ritiene che la norma di cui  all'art.
7-quater, comma 7, del d.l. n. 5 del 2009 non sia qualificabile  come
principio fondamentale della materia per due ordini di motivi. 
    In primo luogo, l'avvenuto differimento del termine ivi  previsto
al 30 giugno e, per il solo anno 2011, al 30 ottobre (art.  1,  comma
142, della  legge  n.  220  del  2010),  escluderebbe  la  natura  di
principio fondamentale, trattandosi di  «un  termine  che  lo  stesso
legislatore statale modula a piacimento». 
    In secondo luogo, la Regione Sardegna richiama la sentenza n.  82
del 2007 della Corte costituzionale, la quale, in  relazione  ad  una
fattispecie analoga a quella odierna, ha  definito  come  ordinatorio
uno dei termini previsti nel procedimento di attuazione del patto  di
stabilita', escludendone - a detta della resistente -  la  natura  di
principio fondamentale in  materia  di  coordinamento  della  finanza
pubblica. 
    2.2.5. - Da ultimo, la difesa regionale rileva come gli artt.  3,
comma 1, lettera b), e 7 dello statuto speciale per  la  Sardegna,  e
l'art. 8 del d.P.R. 19 giugno 1979, n. 348 (Norme di attuazione dello
statuto speciale per la Sardegna in riferimento alla legge 22  luglio
1975, n. 382, e al d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616) attribuiscano  alla
Regione  resistente  una  specifica  autonomia  nella  materia  della
finanza pubblica ed, in particolare, della finanza locale. 
    3. - In prossimita' dell'udienza, il Presidente del Consiglio dei
ministri e la Regione Sardegna hanno depositato memorie  nelle  quali
insistono nelle conclusioni  gia'  rassegnate,  rispettivamente,  nel
ricorso e nell'atto di costituzione. 
    3.1.  -  In  particolare,  l'Avvocatura  generale   contesta   le
eccezioni di inammissibilita' sollevate dalla resistente,  osservando
che le censure prospettate sono «chiare e determinate e non  lasciano
dubbi sull'oggetto della contestazione». 
    Secondo  la  difesa  statale,  la  diversa  regolamentazione  dei
termini entro i quali  gli  enti  locali  possono  rideterminare  gli
obiettivi gia' fissati si pone in contrasto con la disciplina statale
indicata nel ricorso, le cui  disposizioni  costituiscono,  ai  sensi
dell'art. 77-ter, comma 1,  del  d.l.  n.  112  del  2008,  «principi
fondamentali di coordinamento della finanza pubblica». 
    Quanto  all'asserita   carenza   di   indicazione   delle   norme
comunitarie violate, l'Avvocatura  generale  precisa  che  i  vincoli
derivanti dall'ordinamento comunitario  sono,  nel  caso  di  specie,
quelli disposti dal patto di stabilita' e di crescita, stipulato  dai
Paesi membri dell'Unione europea e recepito negli artt. 121 (ex  art.
99 TCE) e 126 (ex art. 104 TCE) del Trattato 25 marzo 1957  (Trattato
sul funzionamento dell'Unione europea). 
    Sarebbe, inoltre,  «perfettamente  coerente  e  giustificata  dal
tenore  della  disposizione   regionale   censurata»   la   questione
prospettata in relazione all'art.  120,  secondo  comma,  Cost.,  che
prevede il potere  sostitutivo  del  Governo  «a  tutela  dell'unita'
economica»  in  caso  di  «mancato  rispetto  di  norme  e   trattati
internazionali o della normativa comunitaria». 
    Infine, la difesa statale contesta  l'eccezione  sollevata  dalla
Regione  Sardegna,   riguardante   il   significato   delle   censure
prospettate, posto che il Ministero dell'economia e delle finanze  ha
manifestato il proprio assenso all'accordo sulla  proposta  formulata
dalla stessa Regione in merito al patto  di  stabilita'  territoriale
per l'anno 2010. 
    Siffatta eccezione sarebbe infondata,  in  quanto  l'assenso  del
Ministero dell'economia all'accordo sul patto di stabilita', proposto
dalla Regione ai sensi dell'art. 77-ter, comma 6, del d.l. n. 112 del
2008,  avrebbe  un  oggetto  diverso  dalla  rideterminazione   degli
obiettivi dei singoli enti  e,  quindi,  non  inciderebbe  sui  tempi
previsti dal censurato art. 6 della legge regionale, per  trasmettere
le relative richieste di modifica. 
    Peraltro, aggiunge la difesa statale, la facolta'  delle  Regioni
di differenziare all'interno del territorio,  anche  secondo  proprie
regole, i vincoli posti dal legislatore nazionale in  relazione  alle
differenze   esistenti,   e'   azionabile   sempre    nel    rispetto
dell'obiettivo determinato in attuazione della normativa nazionale. 
    Di conseguenza,  l'introduzione  di  una  tempistica  diversa  da
quella stabilita dalle disposizioni in materia di patto di stabilita'
disattenderebbe le regole poste dallo Stato per il coordinamento e il
monitoraggio  della  finanza   pubblica,   pregiudicando   anche   il
perseguimento degli obiettivi posti a livello europeo. 
    3.2. - Nel merito, l'Avvocatura  generale  ribadisce  le  censure
gia' prospettate nel ricorso,  evidenziando  -  anche  alla  luce  di
quanto disposto dall'art. 1, commi 141 e 142, della legge n. 220  del
2010 - che il tempestivo adempimento da parte delle Regioni  consente
al Ministero dell'economia e delle finanze di verificare,  attraverso
il monitoraggio semestrale, il  mantenimento  dei  saldi  di  finanza
pubblica  nel  corso  dell'anno;  cosi'  disponendo,  il  legislatore
statale ha voluto evitare le ricadute di carattere economico  che  un
irrazionale ricorso a modifiche di vincoli  statali  da  parte  degli
enti  locali  avrebbe  potuto  produrre.  Da  quanto   appena   detto
discenderebbe  la  «espressa  previsione  della   perentorieta'   del
termine», stabilita dalla citata legge n. 220 del 2010. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ha  impugnato
l'articolo 6 della legge della Regione Sardegna 19 novembre 2010,  n.
16 (Disposizioni relative al patto di  stabilita'  territoriale),  in
riferimento agli artt. 117, primo e terzo comma, 119, secondo  comma,
e 120, secondo  comma,  della  Costituzione,  all'art.  3,  comma  1,
lettera b), e al Titolo III della legge  costituzionale  26  febbraio
1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna). 
    2. - La questione sollevata in riferimento  all'art.  117,  terzo
comma, Cost. e' fondata. 
    2.1. - L'art. 7-quater, comma 7, del  decreto-legge  10  febbraio
2009, n. 5 (Misure urgenti a  sostegno  dei  settori  industriali  in
crisi, nonche' disposizioni  in  materia  di  produzione  lattiera  e
rateizzazione del debito nel settore  lattiero-caseario),  convertito
in legge, con modificazioni, dall'art. 1,  comma  1,  della  legge  9
aprile 2009, n. 33, prescrive l'obbligo per le Regioni di  comunicare
al Ministero dell'economia e delle finanze, «entro il mese di  maggio
di ciascuno degli anni 2009/2011,  con  riferimento  a  ciascun  ente
locale, gli elementi  informativi  occorrenti  per  la  verifica  del
mantenimento dell'equilibrio dei saldi di finanza pubblica». 
    L'art. 1, comma  142,  della  legge  13  dicembre  2010,  n.  220
(Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato - legge di  stabilita'  2011)  ha  spostato  il  suddetto
termine  al  30  giugno  di  ciascun  anno,   definendo   lo   stesso
«perentorio». 
    2.2. - Occorre - al fine di valutare in modo sistematico la norma
impugnata - prendere in esame altre norme della legge  reg.  Sardegna
n. 16 del 2010, rilevanti per il presente giudizio. 
    Il legislatore regionale,  gia'  nell'art.  1,  precisa  che  «la
presente legge disciplina il patto di stabilita' degli enti locali ai
sensi dell'articolo 77-ter del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112».
L'art. 2 stabilisce, tra l'altro, che  la  Regione  -  in  attuazione
delle  disposizioni  di  cui   all'art.   77-ter,   comma   11,   del
decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112  (Disposizioni  urgenti  per  lo
sviluppo  economico,  la  semplificazione,  la   competitivita',   la
stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria),
convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma  1,  della
legge 6 agosto 2008, n. 133 -  provvede  ad  adattare  per  gli  enti
locali le  regole  ed  i  vincoli  posti  dal  legislatore  nazionale
riguardanti la disciplina del  patto  di  stabilita'  interno,  fermo
restando il rispetto dell'obiettivo complessivamente  determinato  in
attuazione della normativa nazionale. 
    Si deve al proposito osservare che lo  stesso  legislatore  sardo
riconosce l'applicabilita', nei confronti della Regione Sardegna, del
comma 11 del citato  art.  77-ter,  a  differenza  di  quanto  invece
sostiene nell'odierno giudizio la difesa regionale,  secondo  cui  le
censure  governative  sarebbero  infondate,   poiche'   la   suddetta
disposizione non si applicherebbe alle Regioni a statuto speciale. 
    L'art. 3  consente  alla  Giunta  regionale  di  ridefinire,  con
propria deliberazione, gli obiettivi  dei  singoli  enti  locali.  In
particolare, il  comma  2  del  suddetto  articolo  prevede  che  gli
obiettivi  dei  singoli  enti  possano  essere  modificati  in  senso
peggiorativo o in senso  migliorativo,  nel  rispetto  dell'obiettivo
aggregato. A tal fine, gli enti trasmettono le richieste di  modifica
all'Assessorato regionale degli enti locali, finanze  e  urbanistica.
Il successivo comma 3 pone dei  limiti  alle  richieste  di  modifica
degli obiettivi dei singoli enti locali. Il comma 4 stabilisce che la
Giunta regionale, prima di ridefinire gli obiettivi dei singoli  enti
locali, promuove un'intesa in sede di concertazione istituzionale con
gli  enti  locali,  finalizzata  alla   rimodulazione   dei   singoli
obiettivi. Infine, il comma 5 obbliga la  Regione  a  comunicare  gli
obiettivi rideterminati al Ministero dell'economia  e  delle  finanze
entro sette giorni dall'adozione della delibera di cui al comma 1. 
    L'art.  6,  comma  1,  oggetto   delle   odierne   questioni   di
legittimita'  costituzionale,  stabilisce   che   gli   enti   locali
trasmettono all'Assessorato  regionale  competente  le  richieste  di
modifica degli obiettivi entro il 30 settembre di  ciascun  anno.  Il
comma 2 dell'art.  6,  anch'esso  impugnato  nel  presente  giudizio,
prevede che, per l'anno 2010, in sede  di  prima  applicazione  della
legge in esame, gli enti locali trasmettono le richieste di  modifica
entro sette giorni dall'entrata in vigore della legge regionale. 
    In sintesi, oggetto delle censure del ricorrente  e'  il  termine
fissato dalla legge regionale  per  la  trasmissione  all'Assessorato
regionale, da parte degli enti locali, delle  richieste  di  modifica
degli obiettivi dei singoli enti locali. 
    3.  -  E'  necessario,  in  primo  luogo,  individuare   l'ambito
materiale di incidenza delle norme impugnate. 
    Al suddetto  scopo,  occorre  notare  che  l'art.  6  si  colloca
all'interno di un quadro normativo, statale  e  regionale,  volto  ad
assicurare il rispetto dei vincoli posti dal patto di stabilita', sia
a livello nazionale, sia a livello comunitario.  Pertanto,  le  norme
impugnate  sono  riconducibili  all'ambito  del  coordinamento  della
finanza pubblica, piuttosto che a quello dell'ordinamento degli  enti
locali o della finanza locale, ancorche' il citato art. 6 concerna la
trasmissione  di  dati  degli  enti  locali  alla  Regione  Sardegna.
Difatti, le ricadute che  tali  norme  hanno  sugli  equilibri  della
finanza pubblica generale sono tali da rendere obbligata la soluzione
prima prospettata. 
    3.1.  -  Il  punto  da  definire  riguarda  l'accertamento  della
denunciata violazione, da parte  della  disposizione  impugnata,  dei
principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica. A  tal
fine, bisogna stabilire se le norme statali richiamate dal ricorrente
contengano principi fondamentali idonei a  vincolare  il  legislatore
regionale, anche se trattasi di Regione ad autonomia speciale. 
    Al riguardo, e' utile  richiamare  la  giurisprudenza  di  questa
Corte, la quale, per un verso, ha  elaborato  una  nozione  ampia  di
principi fondamentali di coordinamento della  finanza  pubblica,  per
altro verso, ha precisato come la piena attuazione del  coordinamento
della finanza pubblica possa far si' che la competenza statale non si
esaurisca con l'esercizio del potere legislativo, ma  implichi  anche
«l'esercizio di  poteri  di  ordine  amministrativo,  di  regolazione
tecnica, di rilevazione di dati e di controllo» (sentenza n. 376  del
2003; in senso conforme, sentenze n. 112 del 2011, n. 57 del 2010, n.
190 e n. 159 del 2008). 
    Questa Corte ha messo pure in rilievo il carattere  "finalistico"
dell'azione di coordinamento e, quindi,  l'esigenza  che  «a  livello
centrale» si possano collocare anche «i poteri puntuali eventualmente
necessari perche' la finalita' di coordinamento» venga «concretamente
realizzata» (sentenza n. 376 del 2003, gia' citata). 
    Si deve pure ricordare come  questa  Corte  abbia  ritenuto,  con
giurisprudenza costante, che i principi  fondamentali  fissati  dalla
legislazione  statale  in  materia  di  coordinamento  della  finanza
pubblica siano applicabili anche alle Regioni a statuto  speciale  ed
alle Province autonome (ex plurimis, sentenze n. 120 del 2008, n. 169
del 2007). 
    4.  -  In  definitiva,  la  competenza  statale  a  fissare   una
tempistica uniforme per tutte le Regioni, circa  la  trasmissione  di
dati attinenti alla verifica del mantenimento dei  saldi  di  finanza
pubblica, puo' logicamente dedursi dalle esigenze  di  coordinamento,
specie in un ambito - come quello del patto di stabilita'  interno  -
strettamente  connesso  alle  esigenze  di   rispetto   dei   vincoli
comunitari. Tempi non coordinati delle attivita'  di  monitoraggio  -
strumentali, queste ultime, allo scopo di definire, per ciascun anno,
i termini  aggiornati  del  patto  di  stabilita'  -  provocherebbero
difficolta'  operative  e  incompletezza  della  visione   d'insieme,
indispensabile perche' si consegua l'obiettivo del  mantenimento  dei
saldi di finanza pubblica. 
    La premessa per la  determinazione  del  quadro  nazionale  -  da
inserirsi in quello europeo - e' la disponibilita' preventiva di dati
certi e completi. Non e' pertanto accettabile che i  termini  per  la
comunicazione dei dati, che  le  singole  Regioni,  anche  a  statuto
speciale, fissano al proprio  interno,  nei  rapporti  con  gli  enti
locali, siano successivi a quelli stabiliti su base nazionale. Non le
singole date - stabilite  ed  eventualmente  modificate  dalle  leggi
statali -  costituiscono  principi  fondamentali,  ma  il  necessario
allineamento cronologico, che  consenta  lo  svolgimento  armonico  e
coordinato di tutte le procedure atte a rendere concreto l'impegno ad
osservare il patto di stabilita'. 
    Si deve  pertanto  concludere  che  l'art.  6  della  legge  reg.
Sardegna n.  16  del  2010  e'  costituzionalmente  illegittimo,  per
violazione dell'art. 117,  terzo  comma,  Cost.,  in  quanto  non  e'
consentito  alle  Regioni,   ivi   comprese   quelle   ad   autonomia
differenziata, modificare i termini  per  la  trasmissione  dei  dati
relativi  alla  verifica  del  mantenimento  dei  saldi  di   finanza
pubblica. 
    5.  -  Sono  assorbite   le   altre   censure   di   legittimita'
costituzionale prospettate dal ricorrente nell'atto introduttivo  del
presente giudizio.