Sentenza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'articolo 7, comma 9,
della  legge  della  Regione  Basilicata  3  novembre  1998,  n.   41
(Disciplina dei consorzi per lo sviluppo industriale),  promosso  dal
Tribunale amministrativo regionale per la Basilicata nel procedimento
vertente tra Staffieri Michele ed altra ed il Consorzio Area Sviluppo
Industriale - Matera ed altri, con  ordinanza  del  18  maggio  2010,
iscritta al n. 340 del registro ordinanze  2010  e  pubblicata  nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  45,  prima  serie  speciale,
dell'anno 2010. 
    Udito nella camera di consiglio del  6  luglio  2011  il  Giudice
relatore Alfio Finocchiaro. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Il Tribunale amministrativo regionale per la Basilicata, nel
corso  del  giudizio  di  impugnazione  avverso  gli   atti   di   un
procedimento  espropriativo  di  aree  per  la  realizzazione  di  un
insediamento produttivo, ha sollevato, in riferimento  agli  articoli
3,  42,  43  e  97  della  Costituzione,  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'articolo 7, comma 9, della  legge  della  Regione
Basilicata 3 novembre 1998, n. 41 (Disciplina  dei  consorzi  per  lo
sviluppo industriale),  nella  parte  in  cui  prevede  che  i  Piani
approvati ai sensi dell'art. 51  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 6 marzo 1978,  n.  218  (Testo  unico  delle  leggi  sugli
interventi nel Mezzogiorno) o della legge regionale 29  luglio  1994,
n. 32 (Assetto dei Consorzi per le aree di sviluppo industriale), nel
frattempo scaduti, sono riapprovati con la stessa legge regionale  n.
41 del 1998 ed hanno una validita' di due anni,  durante  i  quali  i
Consorzi provvedono ad adottare i nuovi strumenti di  pianificazione,
con le procedure previste dalla legge medesima. 
    Il Collegio rimettente osserva che la questione e' rilevante  nel
giudizio, tenuto conto della circostanza che la delibera n. 25 del 13
giugno 2000 di approvazione del progetto, dichiarativa della pubblica
utilita', urgenza ed indifferibilita' delle opere in questione, trova
giuridico sostegno proprio e soltanto nel ripristino di efficacia che
la  citata  disposizione,  mediante  riapprovazione   ex   lege,   ha
assicurato alla  strumentazione  urbanistica  consortile  di  cui  al
d.P.G.r. n. 192 del 21 febbraio 1979 e al  d.P.G.r.  n.  319  del  12
aprile 1985, da tempo scaduta (atteso che l'articolo 25 della legge 3
gennaio 1978, n. 1, recante «Accelerazione  delle  procedure  per  la
esecuzione  di  opere  pubbliche  e   di   impianti   e   costruzioni
industriali»,  ha  a  suo  tempo  fissato  il  termine  di  efficacia
decennale dei piani regolatori delle aree e dei  nuclei  di  sviluppo
industriale). 
    La  questione  viene  ritenuta  dal  giudice  a  quo  anche   non
manifestamente infondata. Nella ordinanza di  rimessione  si  ricorda
che le opere comprese nei piani regolatori delle aree e dei nuclei di
sviluppo industriale  previsti  dal  d.P.R.  n.  218  del  1978  sono
considerate  di  pubblica  utilita',  urgenti  ed  indifferibili  per
effetto dell'art. 53 di tale decreto, con la conseguenza che, ai fini
dell'adozione di un provvedimento di  espropriazione,  l'approvazione
dei piani implica  la  valutazione  della  preminenza  dell'interesse
pubblico su quello privato (Consiglio di Stato, sezione IV, 3  giugno
1996, n. 720). I terreni compresi nei predetti piani sono in tal modo
vincolati  alla  realizzazione  delle   opere   ivi   previste.   Ma,
ovviamente, come tutti i  vincoli  della  proprieta'  privata,  anche
quelli in questione non possono avere durata  indeterminata,  perche'
in questo caso il vincolo stesso avrebbe un effetto  direttamente  ed
immediatamente espropriativo. Per tale  ragione,  con  l'introduzione
dell'art. 25 della legge n. 1 del 1978, e' stato fissato  il  termine
di efficacia decennale dei piani regolatori delle aree e  dei  nuclei
di sviluppo industriale. 
    La scadenza di  detti  vincoli  non  e'  di  ostacolo  alla  loro
riadozione in ragione di motivate  esigenze  di  pubblico  interesse,
previo   completo   riesame   dell'assetto   urbanistico    dell'area
industriale, per evitare  la  sostanziale  elusione  dell'intervenuta
scadenza del precedente piano (Consiglio di  Stato,  sezione  II,  24
ottobre  1990,  n.  438),  con  conseguente   vulnus   dei   principi
costituzionali in materia di rispetto della  proprieta'  privata.  E'
possibile anche una proroga dell'efficacia dei  piani  in  questione,
con la precisazione che essa, che per sua stessa natura, si configura
come un atto accessorio rispetto ad un altro atto, principale, valido
ed efficace (Consiglio di giustizia amministrativa, 25 gennaio  1990,
n. 2), non  puo'  legittimamente  essere  adottata  quando  il  piano
originario sia gia' scaduto (cfr. Consiglio di  Stato,  sez.  IV,  14
maggio 2004, n. 3131). 
    Nel caso di specie - rileva il rimettente - non e' contestato che
l'opera  per  la  cui  realizzazione   sono   stati   emanati   prima
l'approvazione del progetto con dichiarazione di pubblica utilita' e,
poi, lo stesso definitivo decreto di esproprio (decreto consortile n.
54 del 16 luglio  2001)  rientri  nell'ambito  del  piano  regolatore
dell'area di  sviluppo  industriale  La  Martella  di  Matera  e  del
successivo piano particolareggiato della  medesima  area  e  che  gli
stessi, per effetto dell'art.  25  della  legge  n.  1  del  1978  (e
dell'art. 52, secondo comma, del  d.P.R.  n.  218  del  1978),  siano
scaduti il primo nel febbraio del 1989 e il secondo  nell'aprile  del
1985. 
    Va poi escluso - aggiunge il rimettente - che al piano consortile
in esame sia applicabile l'art. 11 della legge 31 maggio 1990, n. 128
(Proroga di termini previsti da  disposizioni  legislative),  che  ha
prorogato al 31 dicembre 1990 il termine di  validita'  dell'art.  25
della legge n. 1 del 1978, non potendo ammettersi  la  prorogabilita'
di un provvedimento non piu' efficace perche' scaduto. Neppure  trova
applicabilita', al caso di specie, l'ulteriore proroga  triennale  di
validita' dei piani consortili prevista dal secondo  comma  dell'art.
52 del d.P.R. n. 218 del 1978 (nel testo novellato dall'art. 25 della
legge n. 1 del 1978), dato che i piani predetti sono stati  approvati
in data successiva al 15 gennaio 1978 che invece e' la data presa  in
considerazione dalla disposizione citata. 
    Viene, dunque, in rilievo  la  disposizione  di  legge  regionale
avverso   la   quale   si   appunta   l'eccezione    d'illegittimita'
costituzionale. La stessa si colloca  all'interno  d'una  piu'  ampia
disciplina di legge regionale relativa ai consorzi  per  lo  sviluppo
industriale culminante nell'articolo 7, col quale si prevedono  nuove
regole relativamente alla formazione, aggiornamento e variazione  del
piano territoriale consortile (commi 1, 2, 3 e 4), si fissa in  venti
anni l'efficacia dei piani e si conferisce loro il  valore  di  piani
territoriali di coordinamento  (comma  5),  si  stabilisce  la  nuova
normativa dei piani attuativi (commi 6 e 7) e si demanda  a  un  atto
regionale la definizione dei contenuti tecnici dei piani  (comma  8);
dopo di che, con riferimento ai  vecchi  piani,  approvati  ai  sensi
dell'art. 51 (piani regolatori delle aree e dei  nuclei  di  sviluppo
industriale) del d.P.R. n. 218 del 1978 o della legge regionale n. 32
del 1994 (Assetto dei consorzi per le aree di sviluppo  industriale),
e «nel frattempo  scaduti»,  se  ne  prevede  la  riapprovazione  con
validita' biennale. Tale biennio e' appunto il  periodo  di  tempo  a
disposizione dei Consorzi  per  l'adozione  dei  nuovi  strumenti  di
pianificazione con le  nuove  procedure  e  decorre  dall'entrata  in
vigore della legge regionale in esame, cioe' dal novembre del 1998. 
    La voluntas del legislatore e' stata,  pertanto,  quella  di  far
rivivere tutti i piani approvati in  qualsiasi  tempo  scaduti:  cio'
dovrebbe trovare giustificazione alla luce del  fatto  che  la  legge
regionale in parola rappresenta per la  Basilicata,  dopo  la  citata
1egge regionale n. 32 del 1994,  che  pero'  ha  toccato  soprattutto
l'assetto degli enti consortili, il  primo  intervento  normativo  di
ampio respiro nell'ambito di  una  materia  cosi  delicata  quale  e'
quella dei consorzi per le aree di sviluppo industriale e soprattutto
sugli atti pianificatori ad essi demandati. 
    Ora,  benche'  sia  comprensibile  l'esigenza  che  ha  mosso  il
legislatore regionale e ancorche' possa apparire limitato il  periodo
biennale di efficacia, nella specie, secondo il rimettente, si e'  in
presenza  di  una  nuova   sottoposizione   a   vincolo   preordinato
all'esproprio di immobili, con correlati diritti di proprieta',  gia'
a suo  tempo  incisi  dai  piani  durante  il  periodo  di  ordinaria
efficacia, senza indennizzo alcuno e senza alcun previo bilanciamento
degli interessi in  gioco,  quello  pubblico  e  quello  privato.  La
reiterazione dei vincoli espropriativi  infatti  deve  sempre  essere
puntualmente motivata con riguardo  alla  persistente  necessita'  di
acquisire la proprieta' privata (da valutare sulla base di una idonea
istruttoria procedimentale da cui emerga la prevalenza dell'interesse
pubblico    rispetto    a    quello    privato    da    sacrificare).
Contemporaneamente, deve essere pure prevista la  corresponsione  del
giusto indennizzo. In mancanza  di  tutto  cio'  vi  e'  lesione  del
diritto di proprieta'. 
    La riapprovazione dei piani per le aree di  sviluppo  industriale
scaduti nella Basilicata interviene indiscriminatamente per  il  mero
fatto della loro esistenza e a prescindere dal momento  in  cui  sono
scaduti. Sicche', oltre che la lesione degli articoli  41  e  42,  il
rimettente sospetta anche la violazione degli  artt.  3  e  97  della
Costituzione in relazione  alla  lesione  al  generale  principio  di
ragionevolezza  (cui  dovrebbe  attenersi  la  discrezionalita'   del
legislatore)  e  al  principio  di  legalita'  e  di  buon  andamento
dell'azione amministrativa che, nella  specie,  viene  inferta  dalla
disposizione di legge in parola attraverso la riapprovazione ex  lege
dei piani scaduti. 
    Al giudice a quo appaiono fondate le  eccezioni  che  pongono  in
rilievo l'assenza  d'una  qualsivoglia  valutazione  degli  interessi
pubblici e privati coinvolti dal rinnovo dei vincoli posti dai  piani
delle aree di sviluppo industriale,  in  relazione  alla  persistente
necessita' da parte della pubblica amministrazione di disporre  della
proprieta' privata per realizzare un progetto di interesse  generale.
Mentre  la  proroga  di  vincoli  ancora  in  corso,  attraverso   un
provvedimento generale connesso ad un intervento normativo che regola
l'intera materia dei consorzi delle  aree  di  sviluppo  industriale,
appare giustificata, purche' assistita  dalla  corresponsione  di  un
indennizzo, non cosi' puo' concludersi - osserva il rimettente  -  in
relazione  all'intento  di  far  rivivere  vincoli   ormai   scaduti,
indipendentemente dal periodo della loro pregressa efficacia. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - Il Tribunale  amministrativo  regionale  per  la  Basilicata
dubita della legittimita' costituzionale dell'art. 7, comma 9,  della
legge regionale della Basilicata 3 novembre 1998, n.  41  (Disciplina
dei consorzi per lo sviluppo industriale), perche', nel prevedere che
i Piani approvati ai sensi dell'art. 51 del  decreto  del  Presidente
della Repubblica 6 marzo 1978, n. 218 (Testo unico delle leggi  sugli
interventi nel Mezzogiorno) o della legge della regione Basilicata 29
luglio 1994, n. 32 (Assetto dei consorzi  per  le  aree  di  sviluppo
industriale), nel frattempo scaduti, sono riapprovati con  la  stessa
legge regionale n. 41 del 1998 ed hanno una validita'  di  due  anni,
durante i quali i Consorzi provvedono ad adottare i  nuovi  strumenti
di pianificazione con le procedure previste dalla legge medesima,  si
porrebbe  in  contrasto  con  gli  artt.  3,  42,  43  e   97   della
Costituzione,   sottoponendo   nuovamente   a   vincolo   preordinato
all'esproprio immobili, con correlati diritti di proprieta',  gia'  a
suo tempo incisi dai piani durante il periodo di ordinaria efficacia,
senza indennizzo alcuno e  senza  alcun  previo  bilanciamento  degli
interessi in gioco, quello pubblico e quello privato,  in  violazione
del diritto di proprieta' e con lesione  del  generale  principio  di
ragionevolezza e del principio  di  legalita'  e  di  buon  andamento
dell'azione amministrativa. 
    2. - La questione e' fondata. 
    2.1. - Deve, preliminarmente, osservarsi che la norma  impugnata,
come l'intera legge regionale della Basilicata n.  41  del  1998,  e'
stata abrogata dall'art. 39 della legge regionale della Basilicata  5
febbraio  2010,  n.  18  (Misure  finalizzate  al  riassetto  ed   al
risanamento dei consorzi per lo sviluppo industriale).  Peraltro,  la
norma transitoria di cui all'art. 38 della stessa legge, al comma  4,
dispone che, sino all'entrata in vigore della legge di  cui  all'art.
33, le  disposizioni  contenute  nell'art.  7  della  legge  abrogata
continuano ad esplicare  la  loro  efficacia:  donde  la  persistente
rilevanza della questione, che va esaminata nel merito. 
    Il sospetto  di  illegittimita'  costituzionale  della  normativa
censurata dal  TAR  della  Basilicata  e'  fondato  alla  luce  delle
argomentazioni svolte da questa Corte con  la  sentenza  n.  314  del
2007,  con  la   quale   e'   stato   dichiarato   costituzionalmente
illegittimo, per violazione degli artt. 3,  42,  terzo  comma,  e  97
della Costituzione, il combinato  disposto  dell'art.  10,  comma  9,
della legge della Regione Campania 13 agosto 1998, n. 16 (Assetto dei
Consorzi per le aree di sviluppo industriale) e dell'art.  77,  comma
2,  della  legge  della  Regione  Campania  11  agosto  2001,  n.  10
(Disposizioni di finanza regionale anno  2001)  nella  parte  in  cui
proroga per un triennio i piani regolatori dei nuclei  e  delle  aree
industriali gia' scaduti (disposizione evidentemente analoga a quella
all'odierno esame).  In  quella  occasione  e'  stato  affermato  che
difettava una qualsivoglia valutazione  degli  interessi  pubblici  e
privati coinvolti dalla proroga (rectius: rinnovo) dei vincoli  posti
dai piani delle aree  di  sviluppo  industriale,  in  relazione  alla
persistente necessita' da parte  della  pubblica  amministrazione  di
disporre della proprieta'  privata  per  realizzare  un  progetto  di
interesse generale. Difatti la  diretta  incidenza  sulle  proprieta'
interessate,  esponendole  al  procedimento  espropriativo   cui   e'
prodromica la dichiarazione di pubblica utilita' in  essi  implicita,
non  consente  il   bilanciamento   dell'interesse   pubblico,   come
concretamente puo' atteggiarsi nelle varie porzioni  del  territorio,
con gli interessi dei proprietari destinatari del  vincolo,  i  quali
vengono cosi' esposti ad un ulteriore  periodo  di  compressione  del
proprio diritto, quando la decorrenza, anche  lontana,  del  periodo,
legale e prevedibile, di efficacia del vincolo, poteva aver creato in
essi  un  legittimo  affidamento  sulla  riespansione   del   diritto
medesimo,  con  l'effetto  di  limitare  i  diritti  dei   cittadini,
attraverso  la  reviviscenza  dei  piani  delle  aree   di   sviluppo
industriale,  prescindendo  dalla   procedimentalizzazione   di   una
verifica, caso per caso, della persistente attualita'  dell'interesse
allo sviluppo industriale, a distanza di tempi  anche  considerevoli,
sugli specifici contesti territoriali, in rapporto all'interesse  dei
proprietari. 
    La motivazione della richiamata  declaratoria  di  illegittimita'
costituzionale si attaglia perfettamente alla  fattispecie  normativa
sottoposta all'esame della Corte dal t.a.r.  rimettente  -  ove  pure
manca una valutazione circa la persistente attualita'  dell'interesse
pubblico -  che  va,  pertanto,  sulla  base  delle  stesse  ragioni,
dichiarata costituzionalmente illegittima, ai  sensi  degli  invocati
parametri.