Ricorso della Regione Toscana, in persona  del  Presidente  della
Giunta Regionale pro tempore,  autorizzato  con  deliberazione  della
Giunta regionale n. 629 del 25 luglio 2011  rappresentato  e  difeso,
per  mandato  in  calce  al  presente  atto,  dall'Avv.  Lucia   Bora
dell'Avvocatura Regionale,  ed  elettivamente  domiciliato  in  Roma,
presso lo studio dell'Avv. Prof. Marcello Cecchetti, in  Via  Antonio
Mordini n. 14, 00195 Roma; 
    Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro  tempore  per
la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 1,  comma
1 del decreto legislativo n. 79 del  23  maggio  2011;  dell'art.  2,
comma 2, dell'allegato 1 al decreto legislativo n. 79 del  23  maggio
2011; dell'art. 8, comma 2, dell'allegato 1 al decreto legislativo n.
79 del 23 maggio 2011; dell'art. 16, commi 1 e 2 dell'allegato  1  al
decreto legislativo n. 79 del 23 maggio 2011; dell'art. 20, comma  2,
dell'allegato 1 al decreto legislativo n.  79  del  23  maggio  2011;
dell'art. 21, commi 1, 2 e 3 dell'allegato 1 al  decreto  legislativo
n. 79 del 23 maggio 2011; dell'art. 23, commi 1 e 2  dell'allegato  1
al decreto legislativo  n.  79  del  23  maggio  2011;  dell'art.  24
dell'allegato 1 al decreto legislativo n. 79 del 23 maggio 2011,  per
violazione degli artt. 76, 77 primo comma, 117 terzo e quarto  comma,
118, primo comma, della Costituzione, anche sotto  il  profilo  della
violazione del principio di leale collaborazione. 
    Sul supplemento ordinario n. 139 alla Gazzetta Ufficiale -  serie
generale - n. 129 del 6 giugno 2011 e' stato  pubblicato  il  decreto
legislativo n. 79 del 23 maggio 2011, recante «Codice della normativa
statale in tema  di  ordinamento  e  mercato  del  turismo,  a  norma
dell'art. 14 della legge 28 novembre 2005, n. 246, nonche' attuazione
della   direttiva   2008/122/CE,    relativa    ai    contratti    di
multiproprieta', contratti relativi ai prodotti  per  le  vacanze  di
lungo termine, contratti di rivendita e di scambio». 
    Le impugnate disposizioni sono lesive delle competenze  regionali
per i seguenti motivi di 
 
                               Diritto 
 
    1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1 comma 1 del  decreto
legislativo n. 79 del 23 maggio 2011, per violazione degli artt.  76,
77, 1° comma, 117, 4° comma e 118, 1° comma della Costituzione. 
    L'art. 1, comma 1 del decreto legislativo n.  79  del  23  maggio
2011 dispone che «E' approvato il codice della normativa  statale  in
tema di ordinamento e mercato del turismo, di cui all'allegato 1». 
    1.1. - In base a tale disposizione, dunque, il Governo ha emanato
un nuovo testo normativo, volto a disciplinare, in maniera  organica,
la materia  «turismo»,  senza  alcun  adeguato  coinvolgimento  delle
Regioni. 
    Detta materia, pero', a seguito della riforma del Titolo V  della
parte  seconda  della  Costituzione,  e'  rimessa   alla   competenza
legislativa residuale regionale ai sensi  dell'art.  117,  4°  comma,
Cost. (e cio' e' confermato, del resto,  dalla  circostanza  che  nel
previgente testo dell'art. 117  Cost.  il  «turismo»  era  ricompreso
nell'ambito delle materie  di  competenza  concorrente  tra  Stato  e
Regioni). Da tale considerazione deriva che lo Stato non puo' dettare
una «normativa quadro»  generale  sul  turismo,  ne'  tanto  meno  un
Codice, contenente norme di principio e/o di dettaglio  destinate  ad
essere attuate dalle Regioni. 
    Il meccanismo della «legge quadro»,  infatti,  e'  proprio  delle
competenze «concorrenti», ma non puo' sussistere  con  riguardo  alle
materie di competenza  residuale  regionale,  pena  la  vanificazione
stessa della competenza in questione. A maggior ragione, un  «codice»
(inteso come corpo normativo tendenzialmente completo,  organico,  in
una data materia) potra'  trovare  spazio  legittimo  soltanto  nelle
materie di competenza esclusiva statale.  (1) 
    In forza  dell'art.  1,  comma  1,  del  decreto  legislativo  n.
79/2011, invece, lo Stato ha inteso proprio dettare una disciplina  -
tendenzialmente  organica  -  del   settore   turistico,   con   cio'
contravvenendo in modo evidente al riparto di competenze  legislative
e regolamentari dettato dall'art. 117 della Costituzione. 
    Infatti, fino dalla sentenza n. 197 del 5 giugno 2003,  la  Corte
costituzionale ha riconosciuto che, nel nuovo assetto costituzionale,
seguito alla legge costituzionale n.  3/2001,  il  «turismo»  e'  una
materia affidata alla potesta' legislativa  residuale  regionale,  ai
sensi del quarto comma dell'art. 117 Cost. 
    In particolare, nella citata pronuncia n. 197/2003 la Corte Cost.
ha deciso in  merito  alla  legittimita'  costituzionale  della  c.d.
«legge quadro» sul turismo (legge n. 135/2001). 
    In tale occasione, premesso che nella  vigenza  del  nuovo  testo
dell'art. 117 Cost. la materia «turismo» e' di  esclusiva  competenza
regionale, e' stato affermato che «a decorrere dall'entrata in vigore
del nuovo  Titolo  V  della  Costituzione,  le  regioni  ben  possono
esercitare in materia di turismo tutte  quelle  attribuzioni  di  cui
ritengano di essere titolari, approvando una disciplina  legislativa,
che puo' anche essere sostitutiva di quella statale (cfr. sentenza n.
510 del 2002)». 
    Inoltre,  la  citata  sentenza  ha  dichiarato  inammissibili  le
censure allora mosse dalle Regioni  ricorrenti  nei  confronti  della
legge n. 135/2001, per «sopravvenuta carenza di interesse», in quanto
le norme impugnate non impedivano la  riespansione  della  competenza
regionale e  comunque  non  potevano  legittimare  futuri  interventi
invasivi da parte del Governo.  Afferma,  infatti,  la  pronuncia  in
esame che la «persistenza»  delle  norme  contenute  nella  legge  n.
135/2001 «non preclude affatto, come  gia'  rilevato,  l'adozione  di
apposite normative regionali in materia e  non  puo'  comunque  [...]
legittimare  in  futuro  l'Esecutivo  a  dettare  i  principi  e  gli
obiettivi [...] sulla base di una semplice intesa con le  Regioni  in
una materia che e' divenuta di competenza esclusiva delle Regioni». 
    La competenza delle Regioni e' stata confermata in piu' occasioni
dalla Corte  costituzionale,  oltre  che  nella  citata  sentenza  n.
197/2003, anche nelle piu' recenti sentenze nn. 90/2006 e 214/2006. 
    Nella prima delle citate pronunce  e'  stato  affermato  che  «la
materia "turismo" e' attualmente di competenza legislativa residuale,
e dunque  piena,  delle  Regioni,  con  attribuzione  delle  funzioni
amministrative agli  enti  territoriali  minori,  secondo  i  criteri
indicati dall'art. 118  della  Costituzione»  (Corte  costituzionale,
sentenza n. 90 del 10 marzo 2006). 
    Vero e' che nella successiva sentenza n. 214 del 1° giugno  2006,
la Corte, dopo aver ribadito che «il turismo e' materia di competenza
legislativa residuale (sentenze n. 90 del 2006 e n. 197  del  2003)»,
ha  rilevato  che  detta  circostanza  «comunque   non   esclude   la
possibilita' per la legge statale di attribuire funzioni  legislative
al livello centrale e di regolarne l'esercizio (sentenze n.  242  del
2005 e n. 6 del 2004)». Tuttavia e'  stato  specificato  che  per  un
legittimo esercizio della potesta' statale, occorre che la disciplina
statale dettata in materia di turismo sia «proporzionata» e  che  sia
comunque  rispettato  il  principio   della   leale   collaborazione,
prevedendo il ricorso al meccanismo delle intese.  (2) 
    Nella stessa occasione, le Regioni ricorrenti  avevano  impugnato
anche i commi 2, 3, 4 e 7 dell'art. 12 del d.l. n. 35/2005,  relativi
all'istituzione dell'Agenzia nazionale del turismo  (in  sostituzione
dell'ENIT) e le relative competenze. 
    La Corte costituzionale ha ritenuto legittime dette  disposizioni
perche', a differenza delle precedenti,  rispettose  dei  criteri  di
proporzionalita' e del principio di leale collaborazione. 
    Sul punto, la sentenza  n.  214/2006  afferma  che  «l'intervento
legislativo dello Stato e' giustificato. Basti ricordare  il  rilievo
del turismo nell'ambito dell'economia italiana e  l'estrema  varieta'
dell'offerta turistica italiana. E pero' la valorizzazione di  questa
caratteristica presuppone un'attivita' promozionale unitaria, perche'
essa scaturisce solamente dalla combinazione delle offerte turistiche
delle varie Regioni. 
    L'intervento  dello  Stato  e'  anche  proporzionato,  perche'  i
compiti  affidati  all'Agenzia  sono  solamente  quelli  strettamente
connessi con la menzionata esigenza di unitarieta'». 
    Ad ogni  modo,  nel  caso  oggetto  della  citata  pronuncia,  le
competenze ed attribuzioni regionali erano  fatte  salve  dall'intesa
(fra Stato e Regioni) prevista dall'art. 7 del d.l. n.  35  del  2005
per  l'emanazione  del  regolamento  disciplinante  gli  organismi  e
l'attivita' dell'Agenzia. 
    Questo  indirizzo,  del  resto,  sembra  confermato  anche  dalla
successiva giurisprudenza costituzionale, che  ha  sottolineato  come
«la necessita' di un  intervento  unitario  del  legislatore  statale
nasce dall'esigenza di valorizzare al  meglio  l'attivita'  turistica
sul piano economico interno ed internazionale, attraverso  misure  di
varia e complessa natura» (Corte costituzionale, sentenza n.  88  del
16 marzo 2007). 
    In particolare, nella sentenza da ultimo citata, e' affermato che
«allorche'  sia  ravvisabile  un'esigenza  di  esercizio  unitario  a
livello statale di determinate funzioni amministrative, lo  Stato  e'
abilitato a disciplinare siffatto esercizio per legge, e  cio'  anche
se  quelle  stesse  funzioni  siano  riconducibili   a   materie   di
legislazione concorrente o residuale. In  tal  caso,  i  principi  di
sussidiarieta' e di adeguatezza,  in  forza  dei  quali  si  verifica
l'ascesa della funzione normativa, dal  livello  regionale  a  quello
statale, convivono con il normale riparto di competenze contenuto nel
Titolo V della Costituzione e possono giustificarne una deroga». 
    Del resto, «L'iniziativa dello Stato nella materia  in  esame  e'
dal legislatore ritenuta necessaria anche per ricondurre ad unita' la
grande  varieta'  dell'offerta  turistica  del  nostro  Paese  e  per
esaltare il rilievo assunto  dal  turismo  nell'ambito  dell'economia
nazionale». 
    Cio', pero', a  condizione  che  «la  valutazione  dell'interesse
pubblico sottostante all'assunzione di funzioni  regionali  da  parte
dello Stato  sia  proporzionata,  assistita  da  ragionevolezza  alla
stregua di uno scrutinio stretto di costituzionalita' e sia  previsto
un coinvolgimento della Regione interessata (sentenze n. 383, n. 285,
n. 270 e n. 242 del 2005, n. 6 del 2004, n. 303 del 2003)». 
    Piu' di recente, nella sentenza n. 76 del 20 marzo 2009, la Corte
Costituzionale ha si' ammesso che in virtu'  della  «esigenza  di  un
esercizio  unitario  a  livello  statale  di   determinate   funzioni
amministrative», «i principi di sussidiarieta' e adeguatezza  possono
giustificare una deroga al normale riparto  di  competenze  contenuto
nel titolo V della Parte  II  della  Costituzione»,  ma  di  nuovo  a
condizione che «la valutazione  dell'interesse  pubblico  sottostante
all'assunzione  di  funzioni  regionali  da  parte  dello  Stato  sia
proporzionata,  assistita  da  ragionevolezza  alla  stregua  di  uno
scrutinio stretto di costituzionalita' e rispettosa del principio  di
leale collaborazione con le Regioni». 
    Il Codice in esame non e' conforme ai citati  requisiti,  perche'
detta una nuova disciplina organica dell'intera materia «turismo» che
non rispetta il principio della leale collaborazione e  che  contiene
una  disciplina  generale  e  complessiva  relativa  al  turismo  non
rispondente al criterio della ragionevolezza in quanto  non  limitata
alla regolamentazione di specifici aspetti in cui  la  sussidiarieta'
legittimi l'intervento statale. 
    Di qui l'eccepita violazione dell'art. 117  quarto  comma  e  118
primo comma Cost. 
    1.2 - L'illegittimita' costituzionale della disposizione in esame
(e dunque del Codice del Turismo) risulta  ancor  piu'  grave  se  si
considera che il Codice del Turismo e' stato adottato in  assenza  di
specifica delega legislativa. 
    1.2.1 -  Una  siffatta  censura  di  legittimita'  costituzionale
risulta proponibile in questa sede (di  ricorso  in  via  principale)
proprio perche' l'assenza di delega, nel caso di specie,  concretizza
una grave violazione della competenza legislativa residuale regionale
in materia di turismo, cioe' in una materia che  -  si  ripete  -  il
quarto comma dell'art. 117 Cost. riserva alle Regioni. 
    1.2.2 - Cio' premesso in punto di ammissibilita'  della  presente
censura, si osserva che per la parte  relativa  all'approvazione  del
Codice (cioe' appunto l'art. 1), il decreto  legislativo  n.  79/2011
afferma nelle premesse di fondarsi sulle deleghe legislative  di  cui
all'art. 14, commi 14, 15 e 18 della legge n. 246  del  2005,  ovvero
nel   meccanismo    semplificatorio    conosciuto    come    «sistema
taglia-leggi». 
    Il  comma  14  citato  prevedeva  la  c.d.  «delega  salva-leggi»
(scaduta il 16 dicembre 2009), per l'adozione di decreti  legislativi
di individuazione delle disposizioni  legislative,  anteriori  al  1°
gennaio 1970, da sottrarre all'abrogazione generalizzata disposta dal
comma 14-ter, con efficacia dal 16 dicembre 2010. 
    Fra i principi e criteri direttivi  previsti  dal  comma  14  per
l'esercizio della delega legislativa, risultavano i seguenti: 
        «d)   identificazione    delle    indispensabili    per    la
regolamentazione di ciascun settore, anche utilizzando a tal fine  le
procedure di analisi e verifica dell'impatto della regolazione; 
        e) organizzazione delle disposizioni da mantenere  in  vigore
per settori omogenei o per materie, secondo il  contenuto  precettivo
di ciascuna di esse». 
    Il successivo comma 15 prevedeva, invece, un'ulteriore delega  al
Governo da esercitare con gli stessi decreti legislativi  di  cui  al
comma 14 (e, pertanto, sempre entro il 16 dicembre 2009),  stabilendo
che «I decreti legislativi di cui al  comma  14  provvedono  altresi'
alla semplificazione o al riassetto della materia che ne e'  oggetto,
nel rispetto dei principi e criteri  direttivi  di  cui  all'art.  20
della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive  modificazioni,  anche
al fine di armonizzare le disposizioni mantenute in vigore con quelle
pubblicate successivamente alla data del 1° gennaio 1970». 
    Infine, il comma 18 prevedeva che «Entro due anni dalla  data  di
entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al comma 14, possono
essere emanate, con uno  o  piu'  decreti  legislativi,  disposizioni
integrative, di riassetto o correttive, esclusivamente  nel  rispetto
dei principi e criteri direttivi di cui al comma 15 e  previo  parere
della Commissione di cui al comma 19». 
    In attuazione di tali deleghe, per quanto qui interessa, e' stato
emanato il solo d.lgs. n. 179/2009, entrato in vigore il 15  dicembre
2009, il quale contiene un solo articolo e due  allegati,  nei  quali
vengono  individuati   attraverso   semplici   elenchi   cronologici,
rispettivamente, 2.375 atti legislativi da salvare rispetto alla c.d.
«ghigliottina taglia-leggi», e  861  atti  legislativi  da  sottrarre
all'effetto abrogativo di cui all'art. 2 del d.l. n. 200/2008  (cosi'
come  convertito  in  legge  n.  9/2009),  e  dunque  all'abrogazione
generalizzata. 
    Il citato decreto legislativo n. 179/2009,  quindi,  non  prevede
alcuna distinzione o organizzazione  per  materie,  ne'  per  settori
omogenei delle disposizioni legislative individuate. 
    Pertanto, omettendo di organizzare  per  materie  o  per  settori
omogenei   le    disposizioni    anteriori    al    1970    «salvate»
dall'abrogazione,  il  Governo  ha  determinato  il  venir  meno  del
presupposto fondamentale delle deleghe al «riassetto» contemplate nei
commi 15 e 18. Infatti, il comma 15 subordinava  la  possibilita'  di
procedere al riassetto normativo soltanto a  condizione  ed  in  base
alla previa individuazione di almeno  una  materia  definita  che  ne
costituisse l'oggetto. 
    In mancanza di una  siffatta  specificazione  dell'oggetto  della
delega, sussiste la violazione degli artt. 76 e 77 primo comma  Cost.
per carenza del potere legislativo delegato. 
    Inoltre la  delega  e'  stata  esercitata  nonostante  l'avvenuta
scadenza del termine previsto dall'art. 14, comma 18°, della legge n.
246/2005. 
    Pertanto si eccepisce l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.
1, comma 1, del decreto legislativo n. 79/2011, per violazione  anche
degli articoli 76  e  77,  1°  comma,  Cost.,  in  quanto  il  potere
legislativo del Governo e' stato  esercitato  in  assenza  di  delega
legislativa, al di fuori dell'ambito oggettivo da questa  individuato
e, comunque, sulla base di una norma di delega  del  tutto  priva  di
oggetto e ormai scaduta e, pertanto, carente anche in relazione  alla
fissazione di adeguati principi e criteri direttivi  per  l'esercizio
del potere delegato. 
    2)   Illegittimita'   costituzionale   dell'art.   2,   comma   2
dell'allegato 1 al decreto legislativo n. 79 del 23 maggio 2011,  per
violazione dell'art. 117, 4° comma, e 118, 1° comma, Cost. 
    L'art. 2 del Codice  del  Turismo,  premesso  (al  comma  1)  che
«L'intervento legislativo dello Stato nella materia  del  turismo  e'
consentito quando il suo oggetto principale costituisce esercizio  di
una autonoma competenza legislativa statale esclusiva o concorrente»,
al successivo comma 2 prevede  che  «L'intervento  legislativo  dello
Stato  in  materia  di  turismo  e',  altresi',   consentito   quando
sussistono le seguenti esigenze di carattere unitario: 
        a)  valorizzazione,  sviluppo  e  competitivita',  a  livello
interno ed internazionale, del settore turistico  quale  fondamentale
risorsa del Paese; 
        b) riordino e unitarieta' dell'offerta turistica italiana». 
    Tale disposizione  individua  in  astratto  alcune  «esigenze  di
carattere unitario» in materia di turismo che  rappresenterebbero  il
fondamento della potesta' legislativa statale in subiecta materia. 
    L'art.   2,   comma   2,   del   Codice   del   Turismo   risulta
incostituzionale proprio perche' realizza  una  avocazione  da  parte
dello Stato di sole funzioni  legislative,  del  tutto  sganciate  da
quelle amministrative e senza alcun riferimento a queste ultime. 
    In tal modo, la disposizione citata si pone in contrasto con  gli
articoli  117,  comma  4,  e  118,  comma  1,  Cost.,  perche'  attua
un'ipotesi  di  chiamata  in  sussidiarieta'  non  rispettosa   delle
condizioni individuate dalla giurisprudenza di codesta  Ecc.ma  Corte
costituzionale per un legittimo esercizio di siffatta  attrazione  al
livello centrale di governo. 
    Non risulta, infatti, ammissibile una avocazione statale  se  non
per specifiche e definite funzioni, pena altrimenti la  vanificazione
della competenza concorrente o residuale riconosciuta alle Regioni. 
    Tali condizioni, pero', non sussistono nel caso in esame,  atteso
che la norma impugnata si limita ad individuare  obiettivi  generali,
destinati ad essere perseguiti mediante norme legislative. 
    In tal modo, quindi, l'art. 2 comma 2 del Codice del Turismo,  in
buona sostanzia,  si  traduce  in  una  generalizzata  ed  indefinita
avocazione di funzioni legislative spettanti alle Regioni. 
    Di qui i vizi eccepiti, di  violazione  degli  articoli  117,  4°
comma, e 118, 1° comma, della Costituzione. 
    3)   Illegittimita'   costituzionale   dell'art.   8,   comma   2
dell'allegato 1 al decreto legislativo n. 79 del 23 maggio 2011,  per
violazione dell'art. 117, 4° comma, Cost. 
    L'art. 8, comma 2,  del  Codice  del  Turismo  prevede  che  «Per
attivita' ricettiva si intende l'attivita' diretta alla produzione di
servizi  per  l'ospitalita'  esercitata  nelle  strutture  ricettive.
Nell'ambito di  tale  attivita'  rientra  altresi',  unitamente  alla
prestazione del servizio ricettivo, la somministrazione di alimenti e
bevande alle persone alloggiate, ai loro ospiti ed a coloro che  sono
ospitati nella struttura ricettiva in occasione di  manifestazioni  e
convegni organizzati, nonche'  la  fornitura  di  giornali,  riviste,
pellicole per  uso  fotografico  e  di  registrazione  audiovisiva  o
strumenti  informatici,  cartoline   e   francobolli   alle   persone
alloggiate, nonche' la gestione, ad uso esclusivo di  dette  persone,
attrezzature e strutture a carattere  ricreativo,  per  le  quali  e'
fatta salva la vigente disciplina in materia di sicurezza. 
    Nella licenza di esercizio di attivita' ricettiva  e'  ricompresa
anche la licenza per la somministrazione di alimenti e bevande per le
persone non alloggiate nella  struttura  nonche',  nel  rispetto  dei
requisiti previsti dalla normativa vigente, per le  attivita'  legate
al benessere della persona o all'organizzazione congressuale». 
    3.1 - La norma citata, sia pure  apparentemente  definitoria,  in
realta' apporta  modifiche  sostanziali  all'attuale  disciplina,  in
quanto nella licenza di esercizio dell'attivita' ricettiva  viene  ad
essere  ricompresa  anche  la  licenza  per  la  somministrazione  di
alimenti e bevande non solo  alle  persone  alloggiate,  ma  anche  a
quelle non alloggiate. 
    Ne consegue un incomprensibile regime  giuridico  applicabile  in
maniera differente a seconda che sia  svolta  la  sola  attivita'  di
somministrazione   (la   ristorazione   senza   attivita'   ricettiva
resterebbe  assoggettata  alla  disciplina  dettata  in  materia   di
commercio,  e   dunque   all'obbligo   di   possedere   i   requisiti
professionali  richiesti  dalla  medesima   normativa)   oppure   sia
esercitata anche  attivita'  ricettiva  (con  conseguente  esclusione
dalla disciplina sul commercio). 
    In tal modo la disposizione  viola  le  competenze  regionali  in
materia  di  turismo  e  di  commercio,  attribuite  alla  competenza
residuale delle Regioni ai sensi dell'art. 117 quarto comma Cost. 
    La Corte Costituzionale ha  gia'  avuto  modo  di  esprimersi  su
disposizioni analoghe a  quella  censurata  in  questa  sede  con  la
sentenza n. 339 del 12 ottobre  2007,  che  ha  ritenuto  fondate  le
questioni di legittimita' costituzionale relative  ai  commi  3  e  4
dell'art. 4, della legge n. 96/2006, relativa alla  disciplina  delle
attivita' agrituristiche. 
    La Corte, ricordato che «il  comma  3  prevede  che  «L'attivita'
agricola si considera comunque  prevalente  quando  le  attivita'  di
ricezione e di somministrazione di pasti  e  bevande  interessano  un
numero non  superiore  a  dieci  ospiti»»,  ha  affermato  che  «Tale
disposizione, stabilendo una presunzione ai fini  del  riconoscimento
di un'attivita' come agrituristica, opera esclusivamente  nell'ambito
delle materie agricoltura e turismo, cui  e'  riconducibile,  in  via
immediata,  la  suddetta  attivita',  ledendo,  in   tal   modo,   le
prerogative legislative delle Regioni alle quali le suddette  materie
sono attribuite in via  residuale,  ai  sensi  dell'art.  117,  comma
quarto, della Costituzione». 
    Analogamente, con la stessa pronuncia,  la  Corte  ha  dichiarato
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 4, al comma 4, in quanto si
trattava di norma che «fissa, poi, una serie di criteri che l'impresa
agrituristica deve  rispettare  nella  somministrazione  di  pasti  e
bevande, tra i quali quello di garantire una quota  significativa  di
prodotti propri, e quello di poter offrire, a determinate condizioni,
anche prodotti di Regioni limitrofe. 
    Anche tale norma va ritenuta lesiva delle prerogative  regionali,
in quanto diretta  a  disciplinare  esclusivamente  aspetti  inerenti
l'attivita' agrituristica». 
    4) Illegittimita' costituzionale  dell'art.  16,  commi  1  e  2,
nonche' dell'art. 21, commi 1, 2  e  3  dell'allegato  1  al  decreto
legislativo n. 79 del 23 maggio 2011, per violazione degli artt. 117,
4° comma,  118  primo  comma  Cost.  anche  sotto  il  profilo  della
violazione del principio della leale collaborazione. 
    4.1 - Gli articoli 16 e 21 del Codice  del  Turismo  stabiliscono
che siano assoggettati a SCIA, cosi' come  disciplinata  dall'attuale
formulazione  dell'art.  19  della  legge  n.  241/1990,  l'avvio   e
l'esercizio delle strutture turistico-ricettive (art. 16, commi  1  e
2)  e  l'apertura,  il  trasferimento  e  le  modifiche   concernenti
l'operativita' delle agenzie di viaggi e turismo (art. 21). 
    In particolare, il primo comma dell'art. 16 dispone che  «L'avvio
e l'esercizio delle strutture  turistico-ricettive  sono  soggetti  a
segnalazione certificata  di  inizio  attivita'  nei  limiti  e  alle
condizioni di cui all'art. 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241». 
    Il secondo comma precisa, inoltre, che «L'attivita' oggetto della
segnalazione, di cui al comma 1,  puo'  essere  iniziata  dalla  data
della   presentazione    della    segnalazione    all'amministrazione
competente». 
    Analogamente, l'art. 21 del Codice, avente lo scopo di introdurre
una semplificazione degli adempimenti  amministrativi  relativi  alle
agenzie di viaggi e turismo, prevede quanto segue: 
    «1. L'apertura,  il  trasferimento  e  le  modifiche  concernenti
l'operativita' delle agenzie di viaggi e turismo, sono soggette,  nel
rispetto dei requisiti professionali, di  onorabilita'  e  finanziari
previsti dalle leggi delle  regioni  e  delle  province  autonome  di
Trento e Bolzano, alla segnalazione certificata di  inizio  attivita'
nei limiti ed alle condizioni di cui all'art. 19 della legge 7 agosto
1990, n. 241. 
    2. L'attivita' oggetto della segnalazione, di  cui  al  comma  1,
puo'  essere  iniziata   dalla   data   della   presentazione   della
segnalazione all'amministrazione competente. 
    3. L'apertura di filiali, succursali e  altri  punti  vendita  di
agenzie gia' legittimate a operare, non e'  soggetta  a  segnalazione
certificata autonoma ma  a  comunicazione  alla  provincia  ove  sono
ubicati,  nonche'  alla  provincia  a  cui  e'   stata   inviata   la
segnalazione di inizio attivita'». 
    Anche tali disposizioni risultano costituzionalmente illegittime,
per violazione dell'art. 117,  comma  4,  Cost.,  perche'  con  detta
disciplina lo Stato ha inteso imporre unilateralmente  l'applicazione
della SCIA, intervenendo su procedimenti amministrativi  relativi  ad
una  materia  (il  «turismo»)  di  competenza  legislativa  residuale
regionale, cosi' violando quanto disposto dall'art. 117, 4° comma,  e
dell'art. 118 della Costituzione. 
    Tale violazione trova conferma nella gia' citata sentenza n.  339
del 12 ottobre 2007 con  cui  la  Corte  Costituzionale  ha  ritenuto
incostituzionale l'art. 6, commi 2 e 3, della legge  n.  96/2006,  in
materia di agriturismo. 
    In particolare, nella sentenza, premesso che «L'art. 6, ai  commi
2 e 3, prevede, rispettivamente,  che  «La  comunicazione  di  inizio
dell'attivita'    consente    l'avvio    immediato     dell'esercizio
dell'attivita'  agrituristica.  Il  comune,  compiuti   i   necessari
accertamenti, puo', entro sessanta giorni, formulare rilievi motivati
prevedendo  i  relativi  tempi  di  adeguamento   senza   sospensione
dell'attivita' in caso di lievi carenze e irregolarita', ovvero,  nel
caso di gravi carenze  e  irregolarita',  puo'  disporre  l'immediata
sospensione  dell'attivita'  sino  alla  loro  rimozione   da   parte
dell'interessato,  opportunamente  verificata,   entro   il   termine
stabilito dal comune  stesso»,  e  che  «Il  titolare  dell'attivita'
agrituristica e' tenuto,  entro  quindici  giorni,  a  comunicare  al
comune   qualsiasi   variazione   delle   attivita'   in   precedenza
autorizzate, confermando»,  sotto  la  propria  responsabilita',  «la
sussistenza dei requisiti e degli adempimenti di legge»», si  afferma
che  «Le  norme   impugnate,   nel   disciplinare   il   procedimento
amministrativo che consente l'avvio dell'esercizio di un agriturismo,
nonche' le comunicazioni delle  eventuali  variazioni  dell'attivita'
autorizzata, attengono unicamente ad aspetti relativi alla  attivita'
agrituristica che, in quanto tali,  sono  sottratti  alla  competenza
legislativa dello Stato». 
    Analogamente, la stessa pronuncia ha dichiarato  l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 8, comma 1 della legge n. 96/2006. 
    Tale disposizione prevedeva che «L'attivita'  agrituristica  puo'
essere svolta tutto l'anno oppure, previa  comunicazione  al  comune,
secondo periodi stabiliti dall'imprenditore agricolo.  Tuttavia,  ove
se ne ravvisi la necessita' per esigenze di  conduzione  dell'azienda
agricola, e' possibile, senza obbligo di ulteriori  comunicazioni  al
comune, sospendere la ricezione degli ospiti per brevi  periodi»;  il
successivo comma 2, prevedeva, poi,  che  «Entro  il  31  ottobre  di
ciascun anno, secondo la procedura indicata dalla regione, i soggetti
che esercitano l'attivita' agrituristica presentano una dichiarazione
contenente l'indicazione delle tariffe massime riferite a periodi  di
alta e di bassa stagione, che si impegnano  a  praticare  per  l'anno
seguente». 
    Ebbene, la Corte ha riconosciuto che «Le comunicazioni prescritte
dalla disposizione  impugnata  sono  strettamente  ed  esclusivamente
collegate  con  l'attivita'  agrituristica,  di   talche'   risultano
estranee ad ambiti di competenza legislativa statale  e,  quindi,  la
norma che prevede tali  comunicazioni  deve  ritenersi  lesiva  delle
prerogative regionali». 
    4.2 - Ancora, nella gia' citata sentenza n. 76 del 20 marzo 2009,
la Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale
dell'art. 2, comma 194, della legge n. 244/2007 rilevando: 
    «Con specifico riguardo al settore  turistico,  questa  Corte  ha
gia' affermato che  la  necessita'  di  un  intervento  unitario  del
legislatore statale nasce  dall'esigenza  di  valorizzare  al  meglio
l'attivita' turistica sul piano economico interno ed  internazionale,
attraverso misure di varia e complessa natura, e dalla necessita'  di
ricondurre ad unita' la grande varieta'  dell'offerta  turistica  del
nostro Paese e di esaltare il rilievo assunto dal turismo nell'ambito
dell'economia nazionale (sentenze n. 88 del 2007 e n. 214 del 2006). 
    Siffatte esigenze giustificano anche l'intervento del legislatore
statale attuato con l'art. 2, comma 194, della legge n. 244 del 2007.
Per realizzare, infatti, economie di scala  ed  un  contenimento  dei
costi  di  gestione  delle  imprese  operanti  nel  settore,   appare
necessaria la predisposizione di una disciplina, uniforme su tutto il
territorio   nazionale,   di    procedure    acceleratorie    e    di
semplificazione, diretta a ridurre gli  adempimenti  a  carico  delle
imprese operanti nel settore e la durata dei procedimenti, nonche'  a
consentire  un  miglior  coordinamento  dell'attivita'  delle   varie
autorita' pubbliche interessate. 
    Tuttavia, considerato che una tale  disciplina  regolamentare  e'
destinata ad incidere in maniera significativa sulle competenze delle
Regioni in materia di turismo (in particolare introducendo  procedure
e  termini  che  dovranno  essere  osservati  anche  dalle  strutture
amministrative  regionali),  la  norma   impugnata   deve   prevedere
l'incisivo  strumento  di  leale  collaborazione   con   le   Regioni
rappresentato  dall'intesa  con  la  Conferenza   Stato-Regioni.   La
disposizione censurata, quindi, laddove stabilisce che i  regolamenti
siano emanati "sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo
Stato, le regioni e le province autonome di  Trento  e  di  Bolzano",
prevede una modalita' di collaborazione  delle  Regioni  inidonea  ad
assicurare a queste ultime il ruolo che loro compete. 
    L'art. 2, comma 194, della legge n.  244  del  2007  e',  dunque,
illegittimo nella parte in cui stabilisce che i regolamenti  da  esso
previsti siano adottati  "sentita  la  Conferenza  permanente  per  i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento  e
di Bolzano", invece che "d'intesa con la Conferenza permanente per  i
rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento  e
di Bolzano"». 
    Anche nel caso in esame non e'  prevista  alcuna  intesa  con  le
Regioni, neppure in sede di Conferenza Unificata. (3) 
    Di qui i vizi denunciati, anche sotto il profilo della violazione
del principio di leale collaborazione. 
    4.3 - Del resto, la  disciplina  in  questione  non  puo'  essere
ricondotta alla  materia  (di  competenza  esclusiva  statale)  della
«tutela della concorrenza» di cui alla lettera e) dell'art. 117 Cost. 
    Quest'ultima, infatti, comprende le misure legislative di  tutela
in senso proprio che hanno ad oggetto gli  atti  ed  i  comportamenti
delle imprese che incidono negativamente sull'assetto  concorrenziale
dei mercati e quelle di promozione che mirano ad aprire un mercato  o
a consolidarne  l'apertura  eliminando  barriere  all'entrata  (Corte
costituzionale, sentenze n. 63 del 14 marzo 2008  e  n.  430  del  14
dicembre 2007). 
    Con la  SCIA,  la  P.A.  abilita  il  privato  a  realizzare  una
determinata   attivita'   (avvio   ed   esercizio   delle   attivita'
turistico-ricettive;  apertura,  trasferimento  e   modifiche   delle
agenzie di viaggi e turismo); viene quindi in questione  il  rapporto
tra l'Amministrazione ed il privato e non invece la  concorrenza  tra
gli imprenditori che hanno diritto alla parita' di trattamento  e  ad
agire in un mercato libero senza barriere. 
    Ne consegue che cio' che assume rilievo in questa materia  e'  la
relazione che si instaura tra il privato che decide di realizzare  un
intervento e  l'amministrazione  che  deve  verificare  se  esso  sia
conforme o meno alla disciplina vigente. Le  disposizioni  censurate,
dunque, non sono dirette ad incrementare la concorrenza esistente nel
settore  turistico,  ma   al   contrario   hanno   «mere»   finalita'
semplificatorie sotto il profilo squisitamente amministrativo. 
    Altresi' non pertinente sarebbe il riferimento  alla  lettera  m)
dell'art.  117  Cost.,  perche'  detto   titolo   di   legittimazione
dell'intervento statale e'  invocabile  «in  relazione  a  specifiche
prestazioni delle quali la normativa  statale  definisca  il  livello
essenziale di erogazione» (Corte costituzionale, sentenze n. 328  del
2006, n. 285 e n. 120 del 2005; n. 423 del 2004). 
    Anche  perche',  diversamente  opinando,  si  finirebbe  con   il
configurare un generale un generalissimo titolo di  intervento  della
legislazione statale su tutta l'attivita' amministrativa regionale  e
locale. 
    Nel caso in esame  non  e'  predeterminato  tale  livello  ed  il
momento in cui l'attivita' puo' essere iniziata non  costituisce  una
prestazione concernente un diritto. 
    Escludendo i due titoli di competenza statale, la  disciplina  in
esame ricade nella sola materia del «turismo», o al  piu'  in  quella
del «commercio», entrambe comunque rimesse dall'art. 117,  4°  comma,
Cost. alla potesta' legislativa residuale regionale. 
    La nuova Scia travolge  pertanto  tutte  le  norme  regionali  in
materia, con cio' violando l'art. 117, comma 4°, Cost. 
    5)  Illegittimita'   costituzionale   dell'art.   20,   comma   2
dell'allegato 1 al decreto legislativo n. 79 del 23 maggio 2011,  per
violazione degli artt. 117, 4° comma, e 118, 1°  comma,  Cost.  anche
sotto  il  profilo  della  violazione  del  principio   della   leale
collaborazione. 
    L'art. 20  del  Codice  del  Turismo,  al  comma  2  prevede  che
«L'apertura di filiali, succursali e altri punti vendita  di  agenzie
gia' legittimate ad operare non richiede la nomina  di  un  direttore
tecnico per ciascun punto di erogazione del servizio». 
    Anche con riferimento a questa disposizione,  devono  richiamarsi
le argomentazioni gia' svolte al precedente punto 4 in relazione agli
articoli 16 e 21 del Codice del Turismo. 
    Anche  in  questo  caso,  infatti,  siamo  di   fronte   ad   una
disposizione volta unicamente a disciplinare, in un'ottica (forse) di
semplificazione, i procedimenti amministrativi relativi  all'apertura
di filiali, succursali e punti  vendita  di  agenzie  gia'  operanti,
senza che tale  disciplina  sia  necessitata  dall'esercizio  di  una
competenza esclusiva statale. 
    L'art. 20, comma 2 del  Codice  del  Turismo  risulta,  pertanto,
costituzionalmente illegittimo per violazione degli articoli 117,  4°
comma, e 118, 1° comma, Cost., violando le attribuzioni regionali  in
materia di turismo e di commercio sopra esposte, ed  alle  quali  per
brevita' si rimanda. 
    6) Illegittimita' costituzionale dell'art. 23,  primo  e  secondo
comma, dell'allegato 1 al decreto legislativo n.  79  del  23  maggio
2011, per violazione degli artt. 117, 4°  comma,  e  118,  1°  comma,
Cost. anche sotto il profilo della  violazione  del  principio  della
leale collaborazione. 
    L'art. 23 del Codice del Turismo prevede quanto segue: 
    «1. Si definiscono sistemi turistici locali i contesti  turistici
omogenei o integrati, comprendenti ambiti  territoriali  appartenenti
anche a regioni diverse,  caratterizzati  dall'offerta  integrata  di
beni culturali, ambientali e di  attrazioni  turistiche,  compresi  i
prodotti tipici dell'agricoltura e dell'artigianato locale,  o  dalla
presenza diffusa di imprese turistiche singole o associate. 
    2. Gli enti locali  o  soggetti  privati,  singoli  o  associati,
promuovono  i  sistemi   turistici   locali   attraverso   forme   di
concertazione  con  gli  enti  funzionali,  con  le  associazioni  di
categoria che  concorrono  alla  formazione  dell'offerta  turistica,
nonche' con i soggetti pubblici e privati interessati. 
    3. Nell' ambito delle proprie funzioni di  programmazione  e  per
favorire l'integrazione tra politiche  del  turismo  e  politiche  di
governo  del  territorio  e  di  sviluppo   economico,   le   regioni
provvedono, ai sensi del capo V del titolo II della parte I del testo
unico delle leggi sull'ordinamento  degli  enti  locali,  di  cui  al
decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e  del  titolo  II,  capo
III, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, a  riconoscere  i
sistemi turistici locali di cui al presente articolo». 
    Si tratta di una previsione del  tutto  sprovvista  di  qualsiasi
titolo idoneo a fondare la potesta' legislativa statale. 
    In particolare, anche l'art. 23 e' una disposizione di dettaglio,
dettata dallo Stato in una materia - il  «turismo»  -  rimessa  dalla
Costituzione alla competenza legislativa piena delle Regioni, e  gia'
per  questo  la  stessa  norma  deve   ritenersi   costituzionalmente
illegittima per violazione dell'art. 117, quarto comma, Cost. 
    Inoltre, neppure con riferimento all'argomento «sistemi turistici
locali» sussistono le condizioni individuate dalla giurisprudenza  di
codesta  Ecc.ma  Corte  costituzionale  per  ritenere  legittima   la
chiamata in sussidiarieta' da parte dello Stato. 
    In primo luogo,  infatti,  la  chiamata  in  sussidiarieta',  per
essere ritenuta legittima e legittimata alla stregua del primo  comma
dell'art.  118   della   Costituzione,   deve   riguardare   funzioni
amministrative.  In  particolare,  la  chiamata   in   sussidiarieta'
attiene, in  prima  battuta,  all'attrazione  a  livello  statale  di
funzioni  e  competenze  amministrative,  riguardando  le  competenze
legislative  soltanto  se  e  limitatamente   alla   necessaria   per
disciplinare le prime. 
    L'art.  23  del  Codice  del  Turismo,   invece,   reca   proprio
prescrizioni «generali», destinate ad essere poi attuate - in base al
dato letterale del testo - dalle Regioni e dagli Enti  Locali,  cosi'
dimostrando l'insussistenza della necessita' di avocare allo Stato le
funzioni amministrative in  materia  e,  tanto  meno,  le  competenze
legislative. 
    In secondo luogo, si ricorda che la giurisprudenza costituzionale
ha riconosciuto la  legittimita'  costituzionale  della  chiamata  in
sussidiarieta'  da  parte  dello  Stato  di  funzioni  e   competenze
regionali in materia di turismo a condizione  che  esistano  esigenze
unitarie connesse alla promozione del  sistema  turistico  nazionale,
soprattutto  nei  rapporti  con  l'estero  (cioe'  connesse   ad   un
«settore»,  per  il  quale  il  livello  regionale   deve   ritenersi
necessariamente inadeguato). 
    L'art. 23 del Codice del Turismo, invece, riguarda testualmente i
«sistemi turistici locali», ovvero una tipologia  di  azioni  per  la
quale  il  livello  regionale  non  puo'  certo  essere   considerato
inadeguato. 
    La previsione e' incostituzionale anche perche'  in  sostanza  le
Regioni  si  limiterebbero  a  riconoscere  «strutture»  (appunto,  i
sistemi turistici locali) definiti dalla  legge  statale,  senza  che
alcun margine di individuazione  ulteriore  residui  per  le  Regioni
medesime. Il tutto,  pero',  in  una  materia  che  e'  rimessa  alla
competenza piena regionale, anche per quanto riguarda i rapporti  con
(e tra) gli Enti Locali. 
    Per tali motivi, l'art. 23 del Codice del  Turismo  viola  l'art.
117, quarto comma, e l'art. 118, comma primo, della Costituzione. 
    7) Illegittimita' costituzionale dell'art. 24 dell'allegato 1  al
decreto legislativo n. 79 del 23 maggio 2011,  per  violazione  degli
artt. 117, 3° e 4° comma, e 118,  1°  comma,  Cost.  anche  sotto  il
profilo della violazione del principio della leale collaborazione. 
    L'art.  24,  dispone  che  «Nel  rispetto   dell'art.   9   della
Costituzione e del codice dei beni culturali e del paesaggio  di  cui
al decreto legislativo 22 gennaio 2004,  n.  42,  il  Presidente  del
Consiglio dei Ministri o il Ministro delegato,  di  concerto  con  il
Ministro  per  i  beni  e  le  attivita'   culturali,   promuove   la
realizzazione di iniziative turistiche finalizzate ad incentivare  la
valorizzazione  del   patrimonio   storico-artistico,   archeologico,
architettonico e  paesaggistico  presente  sul  territorio  italiano,
utilizzando le risorse umane e strumentali disponibili,  senza  nuovi
ed ulteriori oneri per la finanza pubblica». 
    Si tratta di una previsione  che  si  pone  all'incrocio  di  due
materie: da un lato, il  turismo,  rimesso  alla  potesta'  residuale
regionale; e dall'altro, la  «valorizzazione  dei  beni  culturali  e
ambientali», rimessa, invece, alla competenza concorrente statale. 
    In proposito, si  osserva  in  primo  luogo  che  tale  attivita'
promozionale  ben  puo'  essere  svolta  a  livello  regionale,   non
sussistendo, almeno in astratto, alcun valido giustificativo alla sua
attrazione, in via di chiamata  in  sussidiarieta',  alla  competenza
statale. Per  tale  motivo,  quindi,  la  norma  censurata  viola  il
principio  di  sussidiarieta',  atteso  che   ciascuna   Regione   e'
perfettamente  idonea   a   promuovere   le   iniziative   turistiche
finalizzate  ad  incentivare   la   valorizzazione   del   patrimonio
storico-artistico,  archeologico,  architettonico   e   paesaggistico
presente nel proprio territorio. 
    In secondo luogo, anche a voler ritenere rispettato il  principio
di sussidiarieta', l'art. 24 del Codice del Turismo non  ha  comunque
rispettato i requisiti procedimentali previsti  dalla  giurisprudenza
costituzionale per la legittimita' della chiamata in sussidiarieta'. 
    Infatti,  la  norma  censurata  non   prevede   che   l'attivita'
promozionale (qui assegnata allo Stato)  sia  esercitata  previa  una
necessaria intesa  in  sede  di  Conferenza  Unificata,  qualora  gli
interventi si pongano su un livello «sovraregionale», o  direttamente
con la  Regione  interessata  nel  caso  di  interventi  limitati  al
territorio di una singola Regione. 
    Peraltro, nella sentenza n. 94  dell'aprile  2008  questa  Ecc.ma
Corte  costituzionale   ha   sottolineato   proprio   il   necessario
coinvolgimento regionale anche  nelle  procedure  di  adozione  delle
misure di sostegno al settore turistico. 
    In  conclusione,  l'art.  24  del  Codice  del  Turismo   involge
senz'altro  profili  attinenti  alle  materie  del  turismo  e  della
valorizzazione dei beni  culturali  di  competenza  regionale,  senza
pero', prevedere la necessaria intesa con le Regioni, ponendosi cosi'
in aperta violazione con gli articoli 117, commi 3 e 4, e 118,  comma
1, della Costituzione, anche sotto il profilo  della  violazione  del
principio della leale collaborazione. 

(1) Cfr. M. Malo, Primi dubbi sul codice del turismo, editoriale  nel
    fascicolo  n.  2/2011  della  Rivista  italiana  di  diritto  del
    turismo. L'Autore, in via preliminare, esprime «scetticismo circa
    l'utilizzo della delega per il riordino di discipline statali, in
    una  materia  che  risulta  di  piena  o   esclusiva   competenza
    legislativa regionale». 

(2) Nel caso oggetto della citata sentenza n. 214/2006, la  Corte  ha
    dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 12, comma 1,
    del d.l. n. 35/2005 in base  alle  seguenti  considerazioni:  «In
    primo luogo, l'intervento legislativo statale di cui all'art. 12,
    comma 1, del d.l. n. 35 del  2005  non  puo'  essere  considerato
    proporzionato perche' il legislatore  ha  attratto,  in  capo  al
    Comitato,  una  generale   attivita'   di   coordinamento   delle
    complessive politiche di indirizzo di tutto il settore turistico.
    In secondo luogo, non e' stata prevista alcuna  forma  di  intesa
    con le Regioni, ne' la composizione del  Comitato,  come  fissata
    nel d.P.C.m. dell'8 settembre 2005, vale a colmare  tale  lacuna.
    In effetti il d.P.C.m. in  questione  prevede  che  del  Comitato
    facciano parte sette Ministri, il Presidente della Conferenza dei
    Presidenti  delle  Regioni,  il  coordinatore   degli   assessori
    regionali al turismo, cinque rappresentanti  delle  Regioni,  tre
    rappresentanti delle principali  associazioni  di  categoria,  un
    rappresentante  delle  Camere   di   commercio,   il   Presidente
    dell'Associazione nazionale comuni d'Italia e quello  dell'Unione
    province italiane. Come si vede,  la  partecipazione  dei  membri
    espressione delle Regioni non e' affatto preponderante rispetto a
    quella dei componenti di origine statale (in entrambi i  casi  si
    tratta di sette componenti); inoltre, Presidente del Comitato  e'
    il Ministro delle attivita' produttive; infine, quest'ultimo,  in
    relazione a specifiche tematiche in trattazione, puo'  richiedere
    la partecipazione  di  altri  Ministri  (art.  2,  comma  2,  del
    d.P.C.m. 8 settembre 2005)». 

(3) tant'e' vero che nella seduta del 18 novembre 2010 la  Conferenza
    Unificata   aveva    «rilevato    profili    di    illegittimita'
    costituzionale per eccesso di delega e per violazione dei criteri
    di  riparto  delle  competenze  tra  Stato  e  regioni  e   hanno
    sottolineato  la  necessita'  di  stabilire   immediatamente   un
    calendario di incontri al fine di  pervenire  ad  una  disciplina
    condivisa nel merito e nel metodo»