Ricorso della Regione Toscana, in persona del Presidente della Giunta Regionale pro tempore, autorizzato con deliberazione della Giunta regionale n. 629 del 25 luglio 2011 rappresentato e difeso, per mandato in calce al presente atto, dall'Avv. Lucia Bora dell'Avvocatura Regionale, ed elettivamente domiciliato in Roma, presso lo studio dell'Avv. Prof. Marcello Cecchetti, in Via Antonio Mordini n. 14, 00195 Roma; Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1 del decreto legislativo n. 79 del 23 maggio 2011; dell'art. 2, comma 2, dell'allegato 1 al decreto legislativo n. 79 del 23 maggio 2011; dell'art. 8, comma 2, dell'allegato 1 al decreto legislativo n. 79 del 23 maggio 2011; dell'art. 16, commi 1 e 2 dell'allegato 1 al decreto legislativo n. 79 del 23 maggio 2011; dell'art. 20, comma 2, dell'allegato 1 al decreto legislativo n. 79 del 23 maggio 2011; dell'art. 21, commi 1, 2 e 3 dell'allegato 1 al decreto legislativo n. 79 del 23 maggio 2011; dell'art. 23, commi 1 e 2 dell'allegato 1 al decreto legislativo n. 79 del 23 maggio 2011; dell'art. 24 dell'allegato 1 al decreto legislativo n. 79 del 23 maggio 2011, per violazione degli artt. 76, 77 primo comma, 117 terzo e quarto comma, 118, primo comma, della Costituzione, anche sotto il profilo della violazione del principio di leale collaborazione. Sul supplemento ordinario n. 139 alla Gazzetta Ufficiale - serie generale - n. 129 del 6 giugno 2011 e' stato pubblicato il decreto legislativo n. 79 del 23 maggio 2011, recante «Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo, a norma dell'art. 14 della legge 28 novembre 2005, n. 246, nonche' attuazione della direttiva 2008/122/CE, relativa ai contratti di multiproprieta', contratti relativi ai prodotti per le vacanze di lungo termine, contratti di rivendita e di scambio». Le impugnate disposizioni sono lesive delle competenze regionali per i seguenti motivi di Diritto 1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1 comma 1 del decreto legislativo n. 79 del 23 maggio 2011, per violazione degli artt. 76, 77, 1° comma, 117, 4° comma e 118, 1° comma della Costituzione. L'art. 1, comma 1 del decreto legislativo n. 79 del 23 maggio 2011 dispone che «E' approvato il codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo, di cui all'allegato 1». 1.1. - In base a tale disposizione, dunque, il Governo ha emanato un nuovo testo normativo, volto a disciplinare, in maniera organica, la materia «turismo», senza alcun adeguato coinvolgimento delle Regioni. Detta materia, pero', a seguito della riforma del Titolo V della parte seconda della Costituzione, e' rimessa alla competenza legislativa residuale regionale ai sensi dell'art. 117, 4° comma, Cost. (e cio' e' confermato, del resto, dalla circostanza che nel previgente testo dell'art. 117 Cost. il «turismo» era ricompreso nell'ambito delle materie di competenza concorrente tra Stato e Regioni). Da tale considerazione deriva che lo Stato non puo' dettare una «normativa quadro» generale sul turismo, ne' tanto meno un Codice, contenente norme di principio e/o di dettaglio destinate ad essere attuate dalle Regioni. Il meccanismo della «legge quadro», infatti, e' proprio delle competenze «concorrenti», ma non puo' sussistere con riguardo alle materie di competenza residuale regionale, pena la vanificazione stessa della competenza in questione. A maggior ragione, un «codice» (inteso come corpo normativo tendenzialmente completo, organico, in una data materia) potra' trovare spazio legittimo soltanto nelle materie di competenza esclusiva statale. (1) In forza dell'art. 1, comma 1, del decreto legislativo n. 79/2011, invece, lo Stato ha inteso proprio dettare una disciplina - tendenzialmente organica - del settore turistico, con cio' contravvenendo in modo evidente al riparto di competenze legislative e regolamentari dettato dall'art. 117 della Costituzione. Infatti, fino dalla sentenza n. 197 del 5 giugno 2003, la Corte costituzionale ha riconosciuto che, nel nuovo assetto costituzionale, seguito alla legge costituzionale n. 3/2001, il «turismo» e' una materia affidata alla potesta' legislativa residuale regionale, ai sensi del quarto comma dell'art. 117 Cost. In particolare, nella citata pronuncia n. 197/2003 la Corte Cost. ha deciso in merito alla legittimita' costituzionale della c.d. «legge quadro» sul turismo (legge n. 135/2001). In tale occasione, premesso che nella vigenza del nuovo testo dell'art. 117 Cost. la materia «turismo» e' di esclusiva competenza regionale, e' stato affermato che «a decorrere dall'entrata in vigore del nuovo Titolo V della Costituzione, le regioni ben possono esercitare in materia di turismo tutte quelle attribuzioni di cui ritengano di essere titolari, approvando una disciplina legislativa, che puo' anche essere sostitutiva di quella statale (cfr. sentenza n. 510 del 2002)». Inoltre, la citata sentenza ha dichiarato inammissibili le censure allora mosse dalle Regioni ricorrenti nei confronti della legge n. 135/2001, per «sopravvenuta carenza di interesse», in quanto le norme impugnate non impedivano la riespansione della competenza regionale e comunque non potevano legittimare futuri interventi invasivi da parte del Governo. Afferma, infatti, la pronuncia in esame che la «persistenza» delle norme contenute nella legge n. 135/2001 «non preclude affatto, come gia' rilevato, l'adozione di apposite normative regionali in materia e non puo' comunque [...] legittimare in futuro l'Esecutivo a dettare i principi e gli obiettivi [...] sulla base di una semplice intesa con le Regioni in una materia che e' divenuta di competenza esclusiva delle Regioni». La competenza delle Regioni e' stata confermata in piu' occasioni dalla Corte costituzionale, oltre che nella citata sentenza n. 197/2003, anche nelle piu' recenti sentenze nn. 90/2006 e 214/2006. Nella prima delle citate pronunce e' stato affermato che «la materia "turismo" e' attualmente di competenza legislativa residuale, e dunque piena, delle Regioni, con attribuzione delle funzioni amministrative agli enti territoriali minori, secondo i criteri indicati dall'art. 118 della Costituzione» (Corte costituzionale, sentenza n. 90 del 10 marzo 2006). Vero e' che nella successiva sentenza n. 214 del 1° giugno 2006, la Corte, dopo aver ribadito che «il turismo e' materia di competenza legislativa residuale (sentenze n. 90 del 2006 e n. 197 del 2003)», ha rilevato che detta circostanza «comunque non esclude la possibilita' per la legge statale di attribuire funzioni legislative al livello centrale e di regolarne l'esercizio (sentenze n. 242 del 2005 e n. 6 del 2004)». Tuttavia e' stato specificato che per un legittimo esercizio della potesta' statale, occorre che la disciplina statale dettata in materia di turismo sia «proporzionata» e che sia comunque rispettato il principio della leale collaborazione, prevedendo il ricorso al meccanismo delle intese. (2) Nella stessa occasione, le Regioni ricorrenti avevano impugnato anche i commi 2, 3, 4 e 7 dell'art. 12 del d.l. n. 35/2005, relativi all'istituzione dell'Agenzia nazionale del turismo (in sostituzione dell'ENIT) e le relative competenze. La Corte costituzionale ha ritenuto legittime dette disposizioni perche', a differenza delle precedenti, rispettose dei criteri di proporzionalita' e del principio di leale collaborazione. Sul punto, la sentenza n. 214/2006 afferma che «l'intervento legislativo dello Stato e' giustificato. Basti ricordare il rilievo del turismo nell'ambito dell'economia italiana e l'estrema varieta' dell'offerta turistica italiana. E pero' la valorizzazione di questa caratteristica presuppone un'attivita' promozionale unitaria, perche' essa scaturisce solamente dalla combinazione delle offerte turistiche delle varie Regioni. L'intervento dello Stato e' anche proporzionato, perche' i compiti affidati all'Agenzia sono solamente quelli strettamente connessi con la menzionata esigenza di unitarieta'». Ad ogni modo, nel caso oggetto della citata pronuncia, le competenze ed attribuzioni regionali erano fatte salve dall'intesa (fra Stato e Regioni) prevista dall'art. 7 del d.l. n. 35 del 2005 per l'emanazione del regolamento disciplinante gli organismi e l'attivita' dell'Agenzia. Questo indirizzo, del resto, sembra confermato anche dalla successiva giurisprudenza costituzionale, che ha sottolineato come «la necessita' di un intervento unitario del legislatore statale nasce dall'esigenza di valorizzare al meglio l'attivita' turistica sul piano economico interno ed internazionale, attraverso misure di varia e complessa natura» (Corte costituzionale, sentenza n. 88 del 16 marzo 2007). In particolare, nella sentenza da ultimo citata, e' affermato che «allorche' sia ravvisabile un'esigenza di esercizio unitario a livello statale di determinate funzioni amministrative, lo Stato e' abilitato a disciplinare siffatto esercizio per legge, e cio' anche se quelle stesse funzioni siano riconducibili a materie di legislazione concorrente o residuale. In tal caso, i principi di sussidiarieta' e di adeguatezza, in forza dei quali si verifica l'ascesa della funzione normativa, dal livello regionale a quello statale, convivono con il normale riparto di competenze contenuto nel Titolo V della Costituzione e possono giustificarne una deroga». Del resto, «L'iniziativa dello Stato nella materia in esame e' dal legislatore ritenuta necessaria anche per ricondurre ad unita' la grande varieta' dell'offerta turistica del nostro Paese e per esaltare il rilievo assunto dal turismo nell'ambito dell'economia nazionale». Cio', pero', a condizione che «la valutazione dell'interesse pubblico sottostante all'assunzione di funzioni regionali da parte dello Stato sia proporzionata, assistita da ragionevolezza alla stregua di uno scrutinio stretto di costituzionalita' e sia previsto un coinvolgimento della Regione interessata (sentenze n. 383, n. 285, n. 270 e n. 242 del 2005, n. 6 del 2004, n. 303 del 2003)». Piu' di recente, nella sentenza n. 76 del 20 marzo 2009, la Corte Costituzionale ha si' ammesso che in virtu' della «esigenza di un esercizio unitario a livello statale di determinate funzioni amministrative», «i principi di sussidiarieta' e adeguatezza possono giustificare una deroga al normale riparto di competenze contenuto nel titolo V della Parte II della Costituzione», ma di nuovo a condizione che «la valutazione dell'interesse pubblico sottostante all'assunzione di funzioni regionali da parte dello Stato sia proporzionata, assistita da ragionevolezza alla stregua di uno scrutinio stretto di costituzionalita' e rispettosa del principio di leale collaborazione con le Regioni». Il Codice in esame non e' conforme ai citati requisiti, perche' detta una nuova disciplina organica dell'intera materia «turismo» che non rispetta il principio della leale collaborazione e che contiene una disciplina generale e complessiva relativa al turismo non rispondente al criterio della ragionevolezza in quanto non limitata alla regolamentazione di specifici aspetti in cui la sussidiarieta' legittimi l'intervento statale. Di qui l'eccepita violazione dell'art. 117 quarto comma e 118 primo comma Cost. 1.2 - L'illegittimita' costituzionale della disposizione in esame (e dunque del Codice del Turismo) risulta ancor piu' grave se si considera che il Codice del Turismo e' stato adottato in assenza di specifica delega legislativa. 1.2.1 - Una siffatta censura di legittimita' costituzionale risulta proponibile in questa sede (di ricorso in via principale) proprio perche' l'assenza di delega, nel caso di specie, concretizza una grave violazione della competenza legislativa residuale regionale in materia di turismo, cioe' in una materia che - si ripete - il quarto comma dell'art. 117 Cost. riserva alle Regioni. 1.2.2 - Cio' premesso in punto di ammissibilita' della presente censura, si osserva che per la parte relativa all'approvazione del Codice (cioe' appunto l'art. 1), il decreto legislativo n. 79/2011 afferma nelle premesse di fondarsi sulle deleghe legislative di cui all'art. 14, commi 14, 15 e 18 della legge n. 246 del 2005, ovvero nel meccanismo semplificatorio conosciuto come «sistema taglia-leggi». Il comma 14 citato prevedeva la c.d. «delega salva-leggi» (scaduta il 16 dicembre 2009), per l'adozione di decreti legislativi di individuazione delle disposizioni legislative, anteriori al 1° gennaio 1970, da sottrarre all'abrogazione generalizzata disposta dal comma 14-ter, con efficacia dal 16 dicembre 2010. Fra i principi e criteri direttivi previsti dal comma 14 per l'esercizio della delega legislativa, risultavano i seguenti: «d) identificazione delle indispensabili per la regolamentazione di ciascun settore, anche utilizzando a tal fine le procedure di analisi e verifica dell'impatto della regolazione; e) organizzazione delle disposizioni da mantenere in vigore per settori omogenei o per materie, secondo il contenuto precettivo di ciascuna di esse». Il successivo comma 15 prevedeva, invece, un'ulteriore delega al Governo da esercitare con gli stessi decreti legislativi di cui al comma 14 (e, pertanto, sempre entro il 16 dicembre 2009), stabilendo che «I decreti legislativi di cui al comma 14 provvedono altresi' alla semplificazione o al riassetto della materia che ne e' oggetto, nel rispetto dei principi e criteri direttivi di cui all'art. 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni, anche al fine di armonizzare le disposizioni mantenute in vigore con quelle pubblicate successivamente alla data del 1° gennaio 1970». Infine, il comma 18 prevedeva che «Entro due anni dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al comma 14, possono essere emanate, con uno o piu' decreti legislativi, disposizioni integrative, di riassetto o correttive, esclusivamente nel rispetto dei principi e criteri direttivi di cui al comma 15 e previo parere della Commissione di cui al comma 19». In attuazione di tali deleghe, per quanto qui interessa, e' stato emanato il solo d.lgs. n. 179/2009, entrato in vigore il 15 dicembre 2009, il quale contiene un solo articolo e due allegati, nei quali vengono individuati attraverso semplici elenchi cronologici, rispettivamente, 2.375 atti legislativi da salvare rispetto alla c.d. «ghigliottina taglia-leggi», e 861 atti legislativi da sottrarre all'effetto abrogativo di cui all'art. 2 del d.l. n. 200/2008 (cosi' come convertito in legge n. 9/2009), e dunque all'abrogazione generalizzata. Il citato decreto legislativo n. 179/2009, quindi, non prevede alcuna distinzione o organizzazione per materie, ne' per settori omogenei delle disposizioni legislative individuate. Pertanto, omettendo di organizzare per materie o per settori omogenei le disposizioni anteriori al 1970 «salvate» dall'abrogazione, il Governo ha determinato il venir meno del presupposto fondamentale delle deleghe al «riassetto» contemplate nei commi 15 e 18. Infatti, il comma 15 subordinava la possibilita' di procedere al riassetto normativo soltanto a condizione ed in base alla previa individuazione di almeno una materia definita che ne costituisse l'oggetto. In mancanza di una siffatta specificazione dell'oggetto della delega, sussiste la violazione degli artt. 76 e 77 primo comma Cost. per carenza del potere legislativo delegato. Inoltre la delega e' stata esercitata nonostante l'avvenuta scadenza del termine previsto dall'art. 14, comma 18°, della legge n. 246/2005. Pertanto si eccepisce l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1, del decreto legislativo n. 79/2011, per violazione anche degli articoli 76 e 77, 1° comma, Cost., in quanto il potere legislativo del Governo e' stato esercitato in assenza di delega legislativa, al di fuori dell'ambito oggettivo da questa individuato e, comunque, sulla base di una norma di delega del tutto priva di oggetto e ormai scaduta e, pertanto, carente anche in relazione alla fissazione di adeguati principi e criteri direttivi per l'esercizio del potere delegato. 2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 2 dell'allegato 1 al decreto legislativo n. 79 del 23 maggio 2011, per violazione dell'art. 117, 4° comma, e 118, 1° comma, Cost. L'art. 2 del Codice del Turismo, premesso (al comma 1) che «L'intervento legislativo dello Stato nella materia del turismo e' consentito quando il suo oggetto principale costituisce esercizio di una autonoma competenza legislativa statale esclusiva o concorrente», al successivo comma 2 prevede che «L'intervento legislativo dello Stato in materia di turismo e', altresi', consentito quando sussistono le seguenti esigenze di carattere unitario: a) valorizzazione, sviluppo e competitivita', a livello interno ed internazionale, del settore turistico quale fondamentale risorsa del Paese; b) riordino e unitarieta' dell'offerta turistica italiana». Tale disposizione individua in astratto alcune «esigenze di carattere unitario» in materia di turismo che rappresenterebbero il fondamento della potesta' legislativa statale in subiecta materia. L'art. 2, comma 2, del Codice del Turismo risulta incostituzionale proprio perche' realizza una avocazione da parte dello Stato di sole funzioni legislative, del tutto sganciate da quelle amministrative e senza alcun riferimento a queste ultime. In tal modo, la disposizione citata si pone in contrasto con gli articoli 117, comma 4, e 118, comma 1, Cost., perche' attua un'ipotesi di chiamata in sussidiarieta' non rispettosa delle condizioni individuate dalla giurisprudenza di codesta Ecc.ma Corte costituzionale per un legittimo esercizio di siffatta attrazione al livello centrale di governo. Non risulta, infatti, ammissibile una avocazione statale se non per specifiche e definite funzioni, pena altrimenti la vanificazione della competenza concorrente o residuale riconosciuta alle Regioni. Tali condizioni, pero', non sussistono nel caso in esame, atteso che la norma impugnata si limita ad individuare obiettivi generali, destinati ad essere perseguiti mediante norme legislative. In tal modo, quindi, l'art. 2 comma 2 del Codice del Turismo, in buona sostanzia, si traduce in una generalizzata ed indefinita avocazione di funzioni legislative spettanti alle Regioni. Di qui i vizi eccepiti, di violazione degli articoli 117, 4° comma, e 118, 1° comma, della Costituzione. 3) Illegittimita' costituzionale dell'art. 8, comma 2 dell'allegato 1 al decreto legislativo n. 79 del 23 maggio 2011, per violazione dell'art. 117, 4° comma, Cost. L'art. 8, comma 2, del Codice del Turismo prevede che «Per attivita' ricettiva si intende l'attivita' diretta alla produzione di servizi per l'ospitalita' esercitata nelle strutture ricettive. Nell'ambito di tale attivita' rientra altresi', unitamente alla prestazione del servizio ricettivo, la somministrazione di alimenti e bevande alle persone alloggiate, ai loro ospiti ed a coloro che sono ospitati nella struttura ricettiva in occasione di manifestazioni e convegni organizzati, nonche' la fornitura di giornali, riviste, pellicole per uso fotografico e di registrazione audiovisiva o strumenti informatici, cartoline e francobolli alle persone alloggiate, nonche' la gestione, ad uso esclusivo di dette persone, attrezzature e strutture a carattere ricreativo, per le quali e' fatta salva la vigente disciplina in materia di sicurezza. Nella licenza di esercizio di attivita' ricettiva e' ricompresa anche la licenza per la somministrazione di alimenti e bevande per le persone non alloggiate nella struttura nonche', nel rispetto dei requisiti previsti dalla normativa vigente, per le attivita' legate al benessere della persona o all'organizzazione congressuale». 3.1 - La norma citata, sia pure apparentemente definitoria, in realta' apporta modifiche sostanziali all'attuale disciplina, in quanto nella licenza di esercizio dell'attivita' ricettiva viene ad essere ricompresa anche la licenza per la somministrazione di alimenti e bevande non solo alle persone alloggiate, ma anche a quelle non alloggiate. Ne consegue un incomprensibile regime giuridico applicabile in maniera differente a seconda che sia svolta la sola attivita' di somministrazione (la ristorazione senza attivita' ricettiva resterebbe assoggettata alla disciplina dettata in materia di commercio, e dunque all'obbligo di possedere i requisiti professionali richiesti dalla medesima normativa) oppure sia esercitata anche attivita' ricettiva (con conseguente esclusione dalla disciplina sul commercio). In tal modo la disposizione viola le competenze regionali in materia di turismo e di commercio, attribuite alla competenza residuale delle Regioni ai sensi dell'art. 117 quarto comma Cost. La Corte Costituzionale ha gia' avuto modo di esprimersi su disposizioni analoghe a quella censurata in questa sede con la sentenza n. 339 del 12 ottobre 2007, che ha ritenuto fondate le questioni di legittimita' costituzionale relative ai commi 3 e 4 dell'art. 4, della legge n. 96/2006, relativa alla disciplina delle attivita' agrituristiche. La Corte, ricordato che «il comma 3 prevede che «L'attivita' agricola si considera comunque prevalente quando le attivita' di ricezione e di somministrazione di pasti e bevande interessano un numero non superiore a dieci ospiti»», ha affermato che «Tale disposizione, stabilendo una presunzione ai fini del riconoscimento di un'attivita' come agrituristica, opera esclusivamente nell'ambito delle materie agricoltura e turismo, cui e' riconducibile, in via immediata, la suddetta attivita', ledendo, in tal modo, le prerogative legislative delle Regioni alle quali le suddette materie sono attribuite in via residuale, ai sensi dell'art. 117, comma quarto, della Costituzione». Analogamente, con la stessa pronuncia, la Corte ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 4, al comma 4, in quanto si trattava di norma che «fissa, poi, una serie di criteri che l'impresa agrituristica deve rispettare nella somministrazione di pasti e bevande, tra i quali quello di garantire una quota significativa di prodotti propri, e quello di poter offrire, a determinate condizioni, anche prodotti di Regioni limitrofe. Anche tale norma va ritenuta lesiva delle prerogative regionali, in quanto diretta a disciplinare esclusivamente aspetti inerenti l'attivita' agrituristica». 4) Illegittimita' costituzionale dell'art. 16, commi 1 e 2, nonche' dell'art. 21, commi 1, 2 e 3 dell'allegato 1 al decreto legislativo n. 79 del 23 maggio 2011, per violazione degli artt. 117, 4° comma, 118 primo comma Cost. anche sotto il profilo della violazione del principio della leale collaborazione. 4.1 - Gli articoli 16 e 21 del Codice del Turismo stabiliscono che siano assoggettati a SCIA, cosi' come disciplinata dall'attuale formulazione dell'art. 19 della legge n. 241/1990, l'avvio e l'esercizio delle strutture turistico-ricettive (art. 16, commi 1 e 2) e l'apertura, il trasferimento e le modifiche concernenti l'operativita' delle agenzie di viaggi e turismo (art. 21). In particolare, il primo comma dell'art. 16 dispone che «L'avvio e l'esercizio delle strutture turistico-ricettive sono soggetti a segnalazione certificata di inizio attivita' nei limiti e alle condizioni di cui all'art. 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241». Il secondo comma precisa, inoltre, che «L'attivita' oggetto della segnalazione, di cui al comma 1, puo' essere iniziata dalla data della presentazione della segnalazione all'amministrazione competente». Analogamente, l'art. 21 del Codice, avente lo scopo di introdurre una semplificazione degli adempimenti amministrativi relativi alle agenzie di viaggi e turismo, prevede quanto segue: «1. L'apertura, il trasferimento e le modifiche concernenti l'operativita' delle agenzie di viaggi e turismo, sono soggette, nel rispetto dei requisiti professionali, di onorabilita' e finanziari previsti dalle leggi delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano, alla segnalazione certificata di inizio attivita' nei limiti ed alle condizioni di cui all'art. 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241. 2. L'attivita' oggetto della segnalazione, di cui al comma 1, puo' essere iniziata dalla data della presentazione della segnalazione all'amministrazione competente. 3. L'apertura di filiali, succursali e altri punti vendita di agenzie gia' legittimate a operare, non e' soggetta a segnalazione certificata autonoma ma a comunicazione alla provincia ove sono ubicati, nonche' alla provincia a cui e' stata inviata la segnalazione di inizio attivita'». Anche tali disposizioni risultano costituzionalmente illegittime, per violazione dell'art. 117, comma 4, Cost., perche' con detta disciplina lo Stato ha inteso imporre unilateralmente l'applicazione della SCIA, intervenendo su procedimenti amministrativi relativi ad una materia (il «turismo») di competenza legislativa residuale regionale, cosi' violando quanto disposto dall'art. 117, 4° comma, e dell'art. 118 della Costituzione. Tale violazione trova conferma nella gia' citata sentenza n. 339 del 12 ottobre 2007 con cui la Corte Costituzionale ha ritenuto incostituzionale l'art. 6, commi 2 e 3, della legge n. 96/2006, in materia di agriturismo. In particolare, nella sentenza, premesso che «L'art. 6, ai commi 2 e 3, prevede, rispettivamente, che «La comunicazione di inizio dell'attivita' consente l'avvio immediato dell'esercizio dell'attivita' agrituristica. Il comune, compiuti i necessari accertamenti, puo', entro sessanta giorni, formulare rilievi motivati prevedendo i relativi tempi di adeguamento senza sospensione dell'attivita' in caso di lievi carenze e irregolarita', ovvero, nel caso di gravi carenze e irregolarita', puo' disporre l'immediata sospensione dell'attivita' sino alla loro rimozione da parte dell'interessato, opportunamente verificata, entro il termine stabilito dal comune stesso», e che «Il titolare dell'attivita' agrituristica e' tenuto, entro quindici giorni, a comunicare al comune qualsiasi variazione delle attivita' in precedenza autorizzate, confermando», sotto la propria responsabilita', «la sussistenza dei requisiti e degli adempimenti di legge»», si afferma che «Le norme impugnate, nel disciplinare il procedimento amministrativo che consente l'avvio dell'esercizio di un agriturismo, nonche' le comunicazioni delle eventuali variazioni dell'attivita' autorizzata, attengono unicamente ad aspetti relativi alla attivita' agrituristica che, in quanto tali, sono sottratti alla competenza legislativa dello Stato». Analogamente, la stessa pronuncia ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 8, comma 1 della legge n. 96/2006. Tale disposizione prevedeva che «L'attivita' agrituristica puo' essere svolta tutto l'anno oppure, previa comunicazione al comune, secondo periodi stabiliti dall'imprenditore agricolo. Tuttavia, ove se ne ravvisi la necessita' per esigenze di conduzione dell'azienda agricola, e' possibile, senza obbligo di ulteriori comunicazioni al comune, sospendere la ricezione degli ospiti per brevi periodi»; il successivo comma 2, prevedeva, poi, che «Entro il 31 ottobre di ciascun anno, secondo la procedura indicata dalla regione, i soggetti che esercitano l'attivita' agrituristica presentano una dichiarazione contenente l'indicazione delle tariffe massime riferite a periodi di alta e di bassa stagione, che si impegnano a praticare per l'anno seguente». Ebbene, la Corte ha riconosciuto che «Le comunicazioni prescritte dalla disposizione impugnata sono strettamente ed esclusivamente collegate con l'attivita' agrituristica, di talche' risultano estranee ad ambiti di competenza legislativa statale e, quindi, la norma che prevede tali comunicazioni deve ritenersi lesiva delle prerogative regionali». 4.2 - Ancora, nella gia' citata sentenza n. 76 del 20 marzo 2009, la Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 194, della legge n. 244/2007 rilevando: «Con specifico riguardo al settore turistico, questa Corte ha gia' affermato che la necessita' di un intervento unitario del legislatore statale nasce dall'esigenza di valorizzare al meglio l'attivita' turistica sul piano economico interno ed internazionale, attraverso misure di varia e complessa natura, e dalla necessita' di ricondurre ad unita' la grande varieta' dell'offerta turistica del nostro Paese e di esaltare il rilievo assunto dal turismo nell'ambito dell'economia nazionale (sentenze n. 88 del 2007 e n. 214 del 2006). Siffatte esigenze giustificano anche l'intervento del legislatore statale attuato con l'art. 2, comma 194, della legge n. 244 del 2007. Per realizzare, infatti, economie di scala ed un contenimento dei costi di gestione delle imprese operanti nel settore, appare necessaria la predisposizione di una disciplina, uniforme su tutto il territorio nazionale, di procedure acceleratorie e di semplificazione, diretta a ridurre gli adempimenti a carico delle imprese operanti nel settore e la durata dei procedimenti, nonche' a consentire un miglior coordinamento dell'attivita' delle varie autorita' pubbliche interessate. Tuttavia, considerato che una tale disciplina regolamentare e' destinata ad incidere in maniera significativa sulle competenze delle Regioni in materia di turismo (in particolare introducendo procedure e termini che dovranno essere osservati anche dalle strutture amministrative regionali), la norma impugnata deve prevedere l'incisivo strumento di leale collaborazione con le Regioni rappresentato dall'intesa con la Conferenza Stato-Regioni. La disposizione censurata, quindi, laddove stabilisce che i regolamenti siano emanati "sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano", prevede una modalita' di collaborazione delle Regioni inidonea ad assicurare a queste ultime il ruolo che loro compete. L'art. 2, comma 194, della legge n. 244 del 2007 e', dunque, illegittimo nella parte in cui stabilisce che i regolamenti da esso previsti siano adottati "sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano", invece che "d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano"». Anche nel caso in esame non e' prevista alcuna intesa con le Regioni, neppure in sede di Conferenza Unificata. (3) Di qui i vizi denunciati, anche sotto il profilo della violazione del principio di leale collaborazione. 4.3 - Del resto, la disciplina in questione non puo' essere ricondotta alla materia (di competenza esclusiva statale) della «tutela della concorrenza» di cui alla lettera e) dell'art. 117 Cost. Quest'ultima, infatti, comprende le misure legislative di tutela in senso proprio che hanno ad oggetto gli atti ed i comportamenti delle imprese che incidono negativamente sull'assetto concorrenziale dei mercati e quelle di promozione che mirano ad aprire un mercato o a consolidarne l'apertura eliminando barriere all'entrata (Corte costituzionale, sentenze n. 63 del 14 marzo 2008 e n. 430 del 14 dicembre 2007). Con la SCIA, la P.A. abilita il privato a realizzare una determinata attivita' (avvio ed esercizio delle attivita' turistico-ricettive; apertura, trasferimento e modifiche delle agenzie di viaggi e turismo); viene quindi in questione il rapporto tra l'Amministrazione ed il privato e non invece la concorrenza tra gli imprenditori che hanno diritto alla parita' di trattamento e ad agire in un mercato libero senza barriere. Ne consegue che cio' che assume rilievo in questa materia e' la relazione che si instaura tra il privato che decide di realizzare un intervento e l'amministrazione che deve verificare se esso sia conforme o meno alla disciplina vigente. Le disposizioni censurate, dunque, non sono dirette ad incrementare la concorrenza esistente nel settore turistico, ma al contrario hanno «mere» finalita' semplificatorie sotto il profilo squisitamente amministrativo. Altresi' non pertinente sarebbe il riferimento alla lettera m) dell'art. 117 Cost., perche' detto titolo di legittimazione dell'intervento statale e' invocabile «in relazione a specifiche prestazioni delle quali la normativa statale definisca il livello essenziale di erogazione» (Corte costituzionale, sentenze n. 328 del 2006, n. 285 e n. 120 del 2005; n. 423 del 2004). Anche perche', diversamente opinando, si finirebbe con il configurare un generale un generalissimo titolo di intervento della legislazione statale su tutta l'attivita' amministrativa regionale e locale. Nel caso in esame non e' predeterminato tale livello ed il momento in cui l'attivita' puo' essere iniziata non costituisce una prestazione concernente un diritto. Escludendo i due titoli di competenza statale, la disciplina in esame ricade nella sola materia del «turismo», o al piu' in quella del «commercio», entrambe comunque rimesse dall'art. 117, 4° comma, Cost. alla potesta' legislativa residuale regionale. La nuova Scia travolge pertanto tutte le norme regionali in materia, con cio' violando l'art. 117, comma 4°, Cost. 5) Illegittimita' costituzionale dell'art. 20, comma 2 dell'allegato 1 al decreto legislativo n. 79 del 23 maggio 2011, per violazione degli artt. 117, 4° comma, e 118, 1° comma, Cost. anche sotto il profilo della violazione del principio della leale collaborazione. L'art. 20 del Codice del Turismo, al comma 2 prevede che «L'apertura di filiali, succursali e altri punti vendita di agenzie gia' legittimate ad operare non richiede la nomina di un direttore tecnico per ciascun punto di erogazione del servizio». Anche con riferimento a questa disposizione, devono richiamarsi le argomentazioni gia' svolte al precedente punto 4 in relazione agli articoli 16 e 21 del Codice del Turismo. Anche in questo caso, infatti, siamo di fronte ad una disposizione volta unicamente a disciplinare, in un'ottica (forse) di semplificazione, i procedimenti amministrativi relativi all'apertura di filiali, succursali e punti vendita di agenzie gia' operanti, senza che tale disciplina sia necessitata dall'esercizio di una competenza esclusiva statale. L'art. 20, comma 2 del Codice del Turismo risulta, pertanto, costituzionalmente illegittimo per violazione degli articoli 117, 4° comma, e 118, 1° comma, Cost., violando le attribuzioni regionali in materia di turismo e di commercio sopra esposte, ed alle quali per brevita' si rimanda. 6) Illegittimita' costituzionale dell'art. 23, primo e secondo comma, dell'allegato 1 al decreto legislativo n. 79 del 23 maggio 2011, per violazione degli artt. 117, 4° comma, e 118, 1° comma, Cost. anche sotto il profilo della violazione del principio della leale collaborazione. L'art. 23 del Codice del Turismo prevede quanto segue: «1. Si definiscono sistemi turistici locali i contesti turistici omogenei o integrati, comprendenti ambiti territoriali appartenenti anche a regioni diverse, caratterizzati dall'offerta integrata di beni culturali, ambientali e di attrazioni turistiche, compresi i prodotti tipici dell'agricoltura e dell'artigianato locale, o dalla presenza diffusa di imprese turistiche singole o associate. 2. Gli enti locali o soggetti privati, singoli o associati, promuovono i sistemi turistici locali attraverso forme di concertazione con gli enti funzionali, con le associazioni di categoria che concorrono alla formazione dell'offerta turistica, nonche' con i soggetti pubblici e privati interessati. 3. Nell' ambito delle proprie funzioni di programmazione e per favorire l'integrazione tra politiche del turismo e politiche di governo del territorio e di sviluppo economico, le regioni provvedono, ai sensi del capo V del titolo II della parte I del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e del titolo II, capo III, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, a riconoscere i sistemi turistici locali di cui al presente articolo». Si tratta di una previsione del tutto sprovvista di qualsiasi titolo idoneo a fondare la potesta' legislativa statale. In particolare, anche l'art. 23 e' una disposizione di dettaglio, dettata dallo Stato in una materia - il «turismo» - rimessa dalla Costituzione alla competenza legislativa piena delle Regioni, e gia' per questo la stessa norma deve ritenersi costituzionalmente illegittima per violazione dell'art. 117, quarto comma, Cost. Inoltre, neppure con riferimento all'argomento «sistemi turistici locali» sussistono le condizioni individuate dalla giurisprudenza di codesta Ecc.ma Corte costituzionale per ritenere legittima la chiamata in sussidiarieta' da parte dello Stato. In primo luogo, infatti, la chiamata in sussidiarieta', per essere ritenuta legittima e legittimata alla stregua del primo comma dell'art. 118 della Costituzione, deve riguardare funzioni amministrative. In particolare, la chiamata in sussidiarieta' attiene, in prima battuta, all'attrazione a livello statale di funzioni e competenze amministrative, riguardando le competenze legislative soltanto se e limitatamente alla necessaria per disciplinare le prime. L'art. 23 del Codice del Turismo, invece, reca proprio prescrizioni «generali», destinate ad essere poi attuate - in base al dato letterale del testo - dalle Regioni e dagli Enti Locali, cosi' dimostrando l'insussistenza della necessita' di avocare allo Stato le funzioni amministrative in materia e, tanto meno, le competenze legislative. In secondo luogo, si ricorda che la giurisprudenza costituzionale ha riconosciuto la legittimita' costituzionale della chiamata in sussidiarieta' da parte dello Stato di funzioni e competenze regionali in materia di turismo a condizione che esistano esigenze unitarie connesse alla promozione del sistema turistico nazionale, soprattutto nei rapporti con l'estero (cioe' connesse ad un «settore», per il quale il livello regionale deve ritenersi necessariamente inadeguato). L'art. 23 del Codice del Turismo, invece, riguarda testualmente i «sistemi turistici locali», ovvero una tipologia di azioni per la quale il livello regionale non puo' certo essere considerato inadeguato. La previsione e' incostituzionale anche perche' in sostanza le Regioni si limiterebbero a riconoscere «strutture» (appunto, i sistemi turistici locali) definiti dalla legge statale, senza che alcun margine di individuazione ulteriore residui per le Regioni medesime. Il tutto, pero', in una materia che e' rimessa alla competenza piena regionale, anche per quanto riguarda i rapporti con (e tra) gli Enti Locali. Per tali motivi, l'art. 23 del Codice del Turismo viola l'art. 117, quarto comma, e l'art. 118, comma primo, della Costituzione. 7) Illegittimita' costituzionale dell'art. 24 dell'allegato 1 al decreto legislativo n. 79 del 23 maggio 2011, per violazione degli artt. 117, 3° e 4° comma, e 118, 1° comma, Cost. anche sotto il profilo della violazione del principio della leale collaborazione. L'art. 24, dispone che «Nel rispetto dell'art. 9 della Costituzione e del codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro delegato, di concerto con il Ministro per i beni e le attivita' culturali, promuove la realizzazione di iniziative turistiche finalizzate ad incentivare la valorizzazione del patrimonio storico-artistico, archeologico, architettonico e paesaggistico presente sul territorio italiano, utilizzando le risorse umane e strumentali disponibili, senza nuovi ed ulteriori oneri per la finanza pubblica». Si tratta di una previsione che si pone all'incrocio di due materie: da un lato, il turismo, rimesso alla potesta' residuale regionale; e dall'altro, la «valorizzazione dei beni culturali e ambientali», rimessa, invece, alla competenza concorrente statale. In proposito, si osserva in primo luogo che tale attivita' promozionale ben puo' essere svolta a livello regionale, non sussistendo, almeno in astratto, alcun valido giustificativo alla sua attrazione, in via di chiamata in sussidiarieta', alla competenza statale. Per tale motivo, quindi, la norma censurata viola il principio di sussidiarieta', atteso che ciascuna Regione e' perfettamente idonea a promuovere le iniziative turistiche finalizzate ad incentivare la valorizzazione del patrimonio storico-artistico, archeologico, architettonico e paesaggistico presente nel proprio territorio. In secondo luogo, anche a voler ritenere rispettato il principio di sussidiarieta', l'art. 24 del Codice del Turismo non ha comunque rispettato i requisiti procedimentali previsti dalla giurisprudenza costituzionale per la legittimita' della chiamata in sussidiarieta'. Infatti, la norma censurata non prevede che l'attivita' promozionale (qui assegnata allo Stato) sia esercitata previa una necessaria intesa in sede di Conferenza Unificata, qualora gli interventi si pongano su un livello «sovraregionale», o direttamente con la Regione interessata nel caso di interventi limitati al territorio di una singola Regione. Peraltro, nella sentenza n. 94 dell'aprile 2008 questa Ecc.ma Corte costituzionale ha sottolineato proprio il necessario coinvolgimento regionale anche nelle procedure di adozione delle misure di sostegno al settore turistico. In conclusione, l'art. 24 del Codice del Turismo involge senz'altro profili attinenti alle materie del turismo e della valorizzazione dei beni culturali di competenza regionale, senza pero', prevedere la necessaria intesa con le Regioni, ponendosi cosi' in aperta violazione con gli articoli 117, commi 3 e 4, e 118, comma 1, della Costituzione, anche sotto il profilo della violazione del principio della leale collaborazione. (1) Cfr. M. Malo, Primi dubbi sul codice del turismo, editoriale nel fascicolo n. 2/2011 della Rivista italiana di diritto del turismo. L'Autore, in via preliminare, esprime «scetticismo circa l'utilizzo della delega per il riordino di discipline statali, in una materia che risulta di piena o esclusiva competenza legislativa regionale». (2) Nel caso oggetto della citata sentenza n. 214/2006, la Corte ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 12, comma 1, del d.l. n. 35/2005 in base alle seguenti considerazioni: «In primo luogo, l'intervento legislativo statale di cui all'art. 12, comma 1, del d.l. n. 35 del 2005 non puo' essere considerato proporzionato perche' il legislatore ha attratto, in capo al Comitato, una generale attivita' di coordinamento delle complessive politiche di indirizzo di tutto il settore turistico. In secondo luogo, non e' stata prevista alcuna forma di intesa con le Regioni, ne' la composizione del Comitato, come fissata nel d.P.C.m. dell'8 settembre 2005, vale a colmare tale lacuna. In effetti il d.P.C.m. in questione prevede che del Comitato facciano parte sette Ministri, il Presidente della Conferenza dei Presidenti delle Regioni, il coordinatore degli assessori regionali al turismo, cinque rappresentanti delle Regioni, tre rappresentanti delle principali associazioni di categoria, un rappresentante delle Camere di commercio, il Presidente dell'Associazione nazionale comuni d'Italia e quello dell'Unione province italiane. Come si vede, la partecipazione dei membri espressione delle Regioni non e' affatto preponderante rispetto a quella dei componenti di origine statale (in entrambi i casi si tratta di sette componenti); inoltre, Presidente del Comitato e' il Ministro delle attivita' produttive; infine, quest'ultimo, in relazione a specifiche tematiche in trattazione, puo' richiedere la partecipazione di altri Ministri (art. 2, comma 2, del d.P.C.m. 8 settembre 2005)». (3) tant'e' vero che nella seduta del 18 novembre 2010 la Conferenza Unificata aveva «rilevato profili di illegittimita' costituzionale per eccesso di delega e per violazione dei criteri di riparto delle competenze tra Stato e regioni e hanno sottolineato la necessita' di stabilire immediatamente un calendario di incontri al fine di pervenire ad una disciplina condivisa nel merito e nel metodo»