Ricorso della Regione  Puglia,  in  persona  del  Presidente  pro
tempore  della  Giunta  regionale  dott.  Nicola  Vendola,   a   cio'
autorizzato con deliberazione della Giunta regionale n. 1717  del  29
luglio  2011,  rappresentato  e  difeso  dagli  avv.ti  prof.  Nicola
Colaianni e prof. Marcello  Cecchetti  ed  elettivamente  domiciliato
presso lo studio di quest'ultimo in Roma, via Antonio Mordini  n.  14
(e-mail:                                marcello.cecchetti@gmail.com;
pecmarcellocecchetti@pec.ordineavvocatifirenzeit), come da mandato  a
margine del presente atto; 
    Contro lo Stato, in persona  del  Presidente  del  Consiglio  dei
Ministri  pro  tempore,  per  la  dichiarazione   di   illegittimita'
costituzionale in parte qua del decreto legislativo 23  maggio  2011,
n. 79 (Codice della normativa statale intema di ordinamento e mercato
del turismo, a norma dell'articolo 14 della legge 28novembre 2005, n.
246, nonche' attuazione della direttiva  200811221  CE,  relativa  ai
contratti di multiproprieta', contratti relativi ai prodotti  per  le
vacanze di  lungotermine,  contratti  di  rivendita  e  di  scambio),
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale  6  giugno  2011,  n.  129  S.O.,
limitatamente all'art. 1, comma 1, del suddetto decreto  legislativo,
nonche' all'art. 2, comma 2, all'art. 8, comma2, all'art. 16, commi 1
e 2, all'art. 21, commi 1, 2 e 3, all'art. 20, comma  2,all'art.  23,
comma 1, e all'art 24 dell'Allegato 1 (Codice della normativa statale
in tema di ordinamento e mercato del turismo), per  violazione  degli
articoli 76, 77, primo comma, 117, terzo e quarto comma,  118,  primo
comma, della Costituzione. 
    1. - Con l'art. 1 del d.lgs. n. 79 del 2011 e' stato approvato il
Codice della normativa statale in tema di ordinamento e  mercato  del
turismo. Il decreto, all'art. 2, contiene  invece  la  disciplina  di
alcune  tipologie  di  contratti  in   attuazione   della   direttiva
2008/122/CE, modificando e integrando il d.lgs. n. 206 del 2005;  per
questa parte - che rimarra' del tutto estranea al presente ricorso  -
il d.lgs.  trova  il  proprio  fondamento  nella  delega  legislativa
contenuta negli artt. 1 e 2 e nell'allegato B della legge n.  96  del
2010 (Legge comunitaria 2009). 
    Diversamente,  per  la  parte   relativa   all'approvazione   del
menzionato Codice (art. 1 e Allegato 1),  il  decreto  in  questione,
secondo quanto risulta dalle premesse, assume di  trovare  fondamento
nelle deleghe legislative di cui all'art. 14,  commi  14,  15  e  18,
della  legge  n.  246  del  2005,  ossia  nel  complesso   meccanismo
semplificatorio introdotto per l'appunto  da  queste  disposizioni  e
piu' comunemente conosciuto come "sistema taglia-leggi". 
    Quanto all'iter procedimentale, lo schema di decreto ha  ottenuto
l'approvazione preliminare nella seduta del  Consiglio  dei  ministri
del  19  ottobre  2010;  successivamente,  e'  stato  trasmesso  alla
Presidenza del Senato  per  i  prescritti  pareri  delle  commissioni
parlamentari competenti in  data  21  gennaio  2011  (cfr.  Atto  del
Governo n. 327), accompagnato dal parere della  Conferenza  unificata
espresso in data 18 novembre  2010  (parere  positivo  per  la  parte
attuativa della delega di cui alla legge comunitaria n. 96  del  2010
e, viceversa, negativo per la parte relativa al Codice del  turismo),
nonche' dal parere del Consiglio di Stato n.  307/2011espresso  dalla
Sezione Consultiva  per  gli  Atti  Normativi  nell'adunanza  del  13
gennaio 2011 (parere favorevole con condizioni e Osservazioni). 
    Il decreto e' stato approvato in via definitiva nella seduta  del
Consiglio dei ministri del 5  maggio  2011,  emanato  dal  Presidente
della Repubblica il 23 maggio successivo e pubblicato nella  Gazzetta
Ufficiale 6 giugno 2011, n. 129 S.O. 
    2. -  La  Regione  Puglia,  con  la  deliberazione  della  Giunta
regionale indicata in epigrafe, ha espresso la volonta' di  impugnare
davanti a questa Corte l'art. 1, comma 1, del d.lgs. 23 maggio  2011,
n. 79 (Codice della  normativa  statale  in  tema  di  ordinamento  e
mercato del turismo, a norma dell'articolo 14 della legge 28 novembre
2005, n.  246,  nonche'  attuazione  della  direttiva  2008/122/  CE,
relativa ai  contratti  di  multiproprieta',  contratti  relativi  ai
prodotti per le vacanze di lungo termine, contratti di rivendita e di
scambio), con il quale e' stato approvato il Codice  della  normativa
statale  in  tema  di  ordinamento  e  mercato  del  turismo  di  cui
all'Allegato 1, nonche' alcune specifiche disposizioni contenute  nel
medesimo Allegato 1 e, in specie, gli articoli 2, comma 2;  8,  comma
2; 16, commi 1 e 2; 21, commi 1, 2 e 3; 20, comma 2; 23, comma  1;  e
24. 
    Cio' in  quanto  l'intero  Allegato  1  e,  in  particolare,  gli
articoli  specificamente   indicati,   risultano   costituzionalmente
illegittimi e in ogni caso lesivi dell'autonomia che la  Costituzione
riconosce e garantisce  alla  Regione  Puglia,  in  riferimento  alle
seguenti disposizioni costituzionali: 
        artt. 76; 77, primo comma; 117, terzo e  quarto  comma;  118,
primo comma, Cost. 
    L'illegittimita' costituzionale che si denuncia con  il  presente
ricorso si fonda sulle seguenti ragioni di 
 
                               Diritto 
 
    3. - Illegittimita' costituzionale  dell'art.  1,  comma  1,  del
d.lgs. n. 79 del  2011,  il  quale  approva  l'intero  "Codice  della
normativa statale in tema di ordinamento e mercato  del  turismo"  di
cui all'Allegato 1, per violazione degli artt. 76 e 77,  primo  comma
Cost., in relazione alla lesione delle  attribuzioni  spettanti  alle
Regioni in base agli artt. 117, quarto comma,  e  118,  primo  comma,
Cost.,  in  quanto  il  potere  legislativo  del  Governo  e'   stato
esercitato in assenza di delega legislativa o al di fuori dell'ambito
oggettivo da questa individuato e, comunque, sulla base di una  norma
di delega del tutto priva della delimitazione dell'oggetto e  carente
anche in relazione alla fissazione di  adeguati  principi  e  criteri
direttivi per l'esercizio del potere delegato., 
    3.1. - Come accennato  in  premessa,  per  la  parte  concernente
l'approvazione del Codice di cui all'Allegato 1, il decreto  che  qui
si impugna fa  esplicito  riferimento  alle  disposizioni  di  delega
contenute nell'art. 14, commi 14, 15 e 18, della  legge  n.  246  del
2005. 
    Al riguardo, occorre  subito  sgombrare  il  campo  da  un  primo
possibile equivoco. 
    Considerata la pacifica scadenza del termine  delle  due  deleghe
legislative contenute nei citati commi 14 e 15 avvenuta  in  data  16
dicembre 2009 (e comunque non oltre il 16 marzo 2010, in forza  della
previsione contenuta nell'ultimo periodo del comma  22  del  medesimo
art. 14 della legge n. 246 del 2005) - a prescindere dal fatto che la
delega del comma 14 abilitava il  Governo  alla  sola  emanazione  di
decreti  meramente   ricognitivi   delle   disposizioni   legislative
anteriori al 1970 da mantenere in vigore, sottraendole  agli  effetti
abrogativi  della  c.d.  "clausola  ghigliottina",  cosi'  come  gia'
riconosciuto da questa Corte nella sent. n. 346 del 2010, al par. 4.5
del Considerato in diritto - l'unica delega legislativa astrattamente
in grado di fondare il potere del Governo di approvare il  Codice  in
questione e' quella contenuta nel comma  18  per  la  parte  relativa
all'emanazione di «disposizioni di riassetto». 
    Tale previsione, frutto della novella di cui  all'art.  13  della
legge n. 15 del 2009, stabilisce che «entro due anni  dalla  data  di
entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al comma 14, possono
essere emanate, con uno o piu' decreti disposizioni  integrative,  di
riassetto o correttive, esclusivamente nel rispetto  dei  principi  e
criteri  direttivi  di  cui  al  comma  15  e  previo  parere   della
Commissione di cui al comma 19». 
    Orbene, la semplice lettura del testo della disposizione in esame
rende assai difficile anche solo ipotizzare che in  essa  si  potesse
rinvenire  una  delega   legislativa   al   "riassetto"   dell'intera
legislazione statale avente ad oggetto l'«ordinamento» e il  «mercato
del  turismo».  Dunque,  l'unica  norma   di   delega   astrattamente
utilizzabile - e di fatto  dichiaratamente  utilizzata  nel  caso  di
specie - non abilitava affatto  il  Governo  ad  adottare  il  Codice
impugnato (come, del resto, era stato espressamente contestato  dalla
Conferenza Unificata a sostegno del parere negativo del  18  novembre
2010  citato  in  premessa).  Ne  consegue   la   palese   violazione
dell'esplicito disposto dell'art. 77, primo comma,  Cost.,  ai  sensi
del quale «il Governo  non  puo',  senza  delegazione  delle  Camere,
emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria». 
    3.2. - Ne' a  diversa  conclusione  si  potrebbe  giungere  anche
volendo accogliere l'interpretazione sistematica dei  commi  12,  14,
15, 18 e 18-bis dell'art. 14 della legge n. 246 del 2005  prospettata
dal Consiglio di Stato nel parere  n.  802/2010  reso  dalle  Sezioni
riunite Prima e Normativa  nell'adunanza  del  13  gennaio  2010.  Ad
avviso del Supremo organo di consulenza giuridico-amministrativa  del
Governo, infatti, la  delega  al  "riassetto"  di  cui  al  comma  18
dovrebbe essere considerata come delega autonoma rispetto alla delega
integrativa-correttiva ivi prevista e varrebbe  sostanzialmente  come
"proroga" per un ulteriore biennio della delega al  "riassetto"  gia'
prevista nel comma 15 e scaduta  il  16  dicembre  2009.  Di  qui  la
lapidaria conclusione secondo la quale «quanto (.) all'oggetto  della
delega esso e' e rimane quello previsto dall'art. 14, comma 15, della
legge n. 246 del 2005, e cioe' il riassetto'della materia oggetto dei
decreti legislativi di cui al  comma  14.  Si  evidenzia,  in  questa
prospettiva, il legame che unisce la fase di riassetto, da  compiersi
ai sensi del nuovo comma 18, con la fase, in  precedenza  svolta,  di
identcazione della disciplina da  mantenere  in  vigore.  L'opera  di
riassetto puo', infatti, essere realizzata per  la  prima  volta  nel
biennio di cui all'art. 14, comma 18, ma e' comunque  sequenzialmente
collegata con l'attivita' svolta nelle fasi precedenti» (cfr. par.  8
del Considerato, pag. 18). 
    Una  simile  interpretazione  puo'  certamente  condividersi  sul
pianodell'astratta  ricostruzione   del   quadro   normativo.   Essa,
tuttavia, non riesce affatto a far ritenere  il  Codice  del  turismo
esente da vizi di costituzionalita' inerenti il suo  procedimento  di
formazione.  Cio'  per  le  seguenti  ragioni.  Il  comma  14,   come
accennato, prevedeva la c.d.  "delega  salva-leggi"  (scaduta  il  16
dicembre 2009) per l'individuazione  delle  disposizioni  legislative
anteriori  al  1°  gennaio  1970  da   sottrarre   alla   abrogazione
generalizzata della clausola "ghigliottina" prevista dal comma 14-ter
e, tra i principi e criteri direttivi, per quanto  rileva  in  questa
sede,   contemplava,   alla   lett.   e),   quello   relativo    alla
«organizzazione delle disposizioni da mantenere in vigore per settori
omogenei o per materie, secondo il contenuto precettivo  di  ciascuna
di esse». 
    Il successivo comma 15, per parte  sua,  prevedeva,  invece,  una
ulteriore delega al Governo da  esercitare  con  gli  stessi  decreti
legislativi di cui al comma 14 (dunque, sempre entro il  16  dicembre
2009), stabilendo che «i decreti  legislativi  di  cui  al  comma  14
provvedono altresi' alla semplificazione o al riassetto della materia
che ne e' oggetto, nel rispetto dei principi e criteri  direttivi  di
cui all'articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n.  59,  e  successive
modificazioni, anche al fine di armonizzare le disposizioni mantenute
in vigore con quelle pubblicate  successivamente  alla  data  del  1°
gennaio 1970». 
    Il tenore delle disposizioni appena riportate rende palese che la
delega  di  cui  al  comma  15,  considerata  isolatamente,  non  era
caratterizzata da un  "oggetto  definito".  Cio',  tuttavia,  avrebbe
potuto non implicare necessariamente la sua incostituzionalita',  dal
momento che tale "oggetto" era suscettibile di  risultare  "definito"
mediante la adozione dei decreti di cui al precedente comma  14,  ove
essi avessero provveduto ad organizzare le disposizioni da  mantenere
in vigore «per settori omogenei o per materie», ai sensi  del  rinvio
ai medesimi operato dal comma 15. Si trattava dunque  di  una  delega
con oggetto indefinito, ma "definibile"  attraverso  successivi  atti
normativi. 
    In  base  a  tali  previsioni,  in  sintesi,  sarebbe  stato  ben
possibile  che   il   Governo,   mediante   l'«organizzazione   delle
disposizioni da mantenere  in  vigore  per  settori  omogenei  o  per
materie, secondo il contenuto precettivo di  ciascuna  di  esse»,  da
effettuare nell'esercizio della c.d. "delega salva-leggi"  del  comma
14, rendesse concretamente predeterminati una pluralita' di  "oggetti
definiti" ai sensi dell'art. 76 cost. sui quali esercitare la  delega
al "riassetto" del comma 15 o, scaduta  quest'ultima,  la  delega  al
"riassetto" del comma 18 come prospettato dal Consiglio di Stato. 
    Tuttavia, anche ad ammettere che una simile soluzione ermeneutica
potesse considerarsi conforme al modello costituzionale della  delega
legislativa, il dato dirimente e' che  nulla  di  tutto  cio'  si  e'
verificato. 
    In attuazione delle deleghe di cui ai  commi  14  e  15  -  fatta
eccezione per il Codice dell'ordinamento militare (d.lgs. n.  66  del
2010) che qui non rileva - e' stato emanato il solo d.lgs. n. 179 del
2009, entrato in vigore il 15 dicembre 2009. 
    Tale decreto, come e' noto,  contiene  un  solo  articolo  e  due
allegati, nei quali vengono individuati attraverso  semplici  elenchi
cronologici,  rispettivamente,  2.375  atti  legislativi  da  salvare
rispetto alla c.d. "ghigliottina taglia-leggi" e 861 atti legislativi
da sottrarre all'effetto abrogativo di cui all'art. 2 del d.l. n. 200
del 2008 (cosi' come convertito in legge dalla legge n. 9  del  2009)
e, di conseguenza, anche alla stessa  abrogazione  generalizzata.  Il
decreto n. 179, dunque, si pone in palese contrasto con il menzionato
principio e criterio direttivo della delega di cui alla lett. e)  del
comma 14, giacche' non contempla alcuna distinzione o  organizzazione
per "materie" o per "settori omogenei" delle disposizioni legislative
individuate, secondo il contenuto precettivo di ciascuna di  esse.  A
prescindere dalla  verosimile  illegittimita'  costituzionale,  sotto
tale profilo, del decreto appena richiamato, cio' che piu'  conta  e'
il fatto che, omettendo di organizzare  per  materie  o  per  settori
omogenei le disposizioni anteriori al 1970 "salvate" dall'abrogazione
generalizzata,  il  Governo  ha  determinato  il   venir   meno   del
presupposto fondamentale delle deleghe al "riassetto" contemplate nei
commi 15 e 18. Infatti, come testualmente conferma  il  disposto  del
comma  15,  il  riassetto  normativo  sarebbe  stato   giuridicamente
possibile solo sulla  base  della  previa  individuazione  almeno  di
"materie"  definite  che  ne  potessero  costituire  con  sufficiente
precisione l'oggetto. Se tale individuazione - come e'  innegabile  -
non e' stata effettuata direttamente dal legislatore delegante e, nel
caso di specie,  non  risulta  neppure  dall'unico  decreto  delegato
emanato in attuazione del comma 14, la  conseguenza  e'  una  sola  e
palesemente incostituzionale: ammettere all'interno del comma  18  la
perdurante esistenza di una delega al  Governo  per  l'emanazione  di
decreti legislativi «di  riassetto»  nei  due  anni  dall'entrata  in
vigore del d.lgs. n. 179 del 2009, oltretutto se si ritenga che  tale
"riassetto"  debba  coinvolgere  anche  le  disposizioni  legislative
successive al 1970, significherebbe riconoscere in capo all'Esecutivo
una  delega  a   "riformare"   (innovandolo)   l'intero   ordinamento
legislativo dello Stato senza alcun limite che valga a  "definire"  -
come richiede l'art. 76 Cost. - l'ambito oggettivo dell'intervento. 
    Di   fronte   ad    una    simile    conseguenza,    il    canone
dell'interpretazione costituzionalmente orientata della  disposizione
contenuta nell'art. 14, comma 18, della legge n. 246 del  2005  offre
due soluzioni - non necessariamente alternative tra loro -  in  grado
di evitare l'illegittimita' della delega: 
        a) la prima soluzione, come si e'  accennato,  e'  quella  di
ritenere  che  tale  delega   richiedesse,   come   suo   presupposto
imprescindibile e per espresso disposto del legislatore delegante, la
previa organizzazione delle  disposizioni  legislative  anteriori  al
1970 per materie  o  settori  omogenei,  in  conformita'  con  quanto
previsto dai principi e  criteri  direttivi  del  comma  14;  il  che
avrebbe consentito di disporre di un "oggetto definito" cui  riferire
l'intervento di riassetto da parte del Governo,  cosi'  come  imposto
dal precetto dell'art. 76 Cost.; 
        b) la seconda soluzione e' quella di ritenere  che  tanto  il
riassetto di cui al  comma  15  (inserito  nell'ambito  degli  stessi
decreti legislativi "salva-leggi") quanto, a maggior ragione,  quello
sostanzialmente analogo di cui al comma 18  dovessero  essere  intesi
come limitati, nel loro ambito oggettivo  di  intervento,  alle  sole
disposizioni legislative anteriori al  1970  e  fatte  salve  con  il
d.lgs. n.  179  del  2009,  potendo  prendere  in  considerazione  le
disposizioni pubblicate in data successiva al 1°  gennaio  1970  solo
«al fine di armonizzare» le prime con queste ultime. 
    Entrambe le soluzioni  interpretative,  pero',  pur  provando  in
qualche modo a fare salva la conformita' a Costituzione  delle  norme
di delega, conducono alla palese  illegittimita'  costituzionale  del
d.lgs. n. 79 del 2011, nella parte in cui  approva  il  Codice  della
normativa statale in tema di ordinamento e mercato del  turismo,  per
violazione degli artt. 76  e  77,  primo  comma,  cost.  Nella  prima
ipotesi, perche' il Governo ha agito in assoluta carenza  di  potere,
non  sussistendo  ne'  i  presupposti  generali   della   delega   al
"riassetto", consistenti nella individuazione di  materie  o  settori
normativi omogenei  previamente  "definiti",  ne',  tanto  meno,  una
qualche sia pur minima traccia nella legislazione statale vigente  al
momento dell'emanazione del decreto n. 79 del 2011 che consentisse di
fondare  un  potere  legislativo  delegato  avente  ad   oggetto   il
"riassetto" dell'«ordinamento» e del  «mercato  del  turismo»;  nella
seconda ipotesi, perche' il Governo ha ecceduto i limiti della delega
per la parte in cui ha provveduto al riassetto dell'intera disciplina
legislativa  statale  esistente  e   asseritamente   ascrivibile   al
"turismo", senza limitarsi alle sole disposizioni anteriori al 1970 e
mantenute in vigore mediante il  d.lgs.  n.  179  del  2009.  3.3.  -
Qualora non  dovessero  ritenersi  condivisibili  le  interpretazioni
adeguatrici della disposizione  di  delega  contenuta  nel  comma  18
dell'art. 14 della legge n. 246 del 2005 che si sono appena indicate,
sarebbe questa stessa  disposizione  a  risultare  costituzionalmente
illegittima per  contrasto  con  l'art.  76  Cost.;  con  conseguente
illegittimita' derivata del decreto n. 79 del 2011 sempre nella parte
in cui, all'art. 1,  comma  1,  approva  il  Codice  della  normativa
statale  in  tema  di  ordinamento  e  mercato  del  turismo  di  cui
all'Allegato 1. 
    Sarebbe inevitabile, infatti, la constatazione che la  delega  al
"riassetto" di cui al comma 18 e' costruita  in  termini  palesemente
difformi rispetto al modello costituzionale  dell'art.  76,  mancando
essa di qualunque delimitazione di oggetti. D'altra parte, l'esigenza
che il  potere  legislativo  delegato  al  Governo  risulti  affidato
«soltanto (...) per oggetti definiti» non  potrebbe  certo  ritenersi
soddisfatta ritenendo che il comma  18  conferisca  all'Esecutivo  la
potesta' di  provvedere  al  "riassetto"  di  tutta  la  legislazione
statale vigente, distinguendola in base al solo "criterio soggettivo"
della struttura amministrativa che venga considerata "competente"  in
relazione  a  determinate  fonti  legislative.  Si  tratterebbe,   in
realta', come dimostra per l'appunto la vicenda che oggi si sottopone
all'esame di questa Corte, di una sorta di "abilitazione take  away",
rivolta a ciascuna delle strutture delle Amministrazioni dello Stato,
a scegliersi liberamente, di volta in volta, i materiali  legislativi
da "riassettare" e a confezionarsi a piacimento la riforma -  piu'  o
meno organica - della "propria" legislazione. 
    Ne' a soccorrere l'interprete nella individuazione degli «oggetti
definiti» della delega al "riassetto" di cui al comma  18  potrebbero
invocarsi  i  principi  e  criteri  direttivi  della  delega  cui  la
disposizione fa riferimento richiamando, per il tramite del rinvio al
comma 15, i principi e criteri dell'art. 20 della  legge  n.  59  del
1997. 
    Come e' stato correttamente affermato in  dottrina,  infatti,  il
generico richiamo a tali principi risulta «decisamente fuori luogo  e
inadatto a indirizzare l'azione del Governo, non  foss'altro  per  il
fatto che buona parte di essi tradiscono la loro matrice  di  origine
di guide-lines della semplificazione amministrativa e, ad ogni  modo,
non risultano adeguati ad un'azione di riordino "senza  materia",  in
quanto riferita a leggi operanti in ambiti assolutamente disparati  e
indeterminabili a priori» (cosi' P.  Carnevale,  Le  politiche  sulla
legislazione: codificazione e semplificazione, in M. Ruotolo (a  cura
di), La funzione legislativa, oggi, Napoli,  Editoriale  Scientifica,
2007, 73). 
    Altra dottrina, nella  medesima  logica,  ha  osservato  come  il
richiamato art. 20 della legge n. 59  del  1997  non  detti  «affatto
criteri  specifici  per  una  determinata  materia   ma,   al   piu',
orientamenti di carattere generale, per cosi' dire, "buoni per  tutti
gli usi", ed in effetti in alcuni casi  utilizzabili  per  l'adozione
sia di decreti legislativi  sia  di  regolamenti  di  delegificazione
(comma 4), a dimostrazione della loro inidoneita' a porsi quali punti
di riferimento esclusivi» per l'adozione di un determinato decreto di
"riassetto"; l'art. 20 della legge n. 59, d'altronde, «appare  chiaro
nel presupporre che il riassetto  debba  essere  autorizzato  da  una
legge (in quel caso, la legge di semplifcazione annuale) recante,  ai
sensi dell'art. 76 Cost., "gli indirizzi, i criteri, le  modalita'  e
le materie di intervento" (comma 1) e principi  e  criteri  specifici
per  le  singole  materie   (comma   3)   dei   quali   costituiscono
un'integrazione  quelli,   di   carattere   generale,   espressamente
individuati nei commi 3 e 4» (cosi'  G.  Tarli  Barbieri,  Quando  la
semplificazione normativa e' politicamente  "sensibile":  lo  "strano
caso" dell'abrogazione del d.lgs.  43/1948,  in  Studi  in  onore  di
Franco Modugno, IV, Napoli, Editoriale Scientifica, 2010, 3538). 
    3.4. - Per le ragioni appena esposte - qualora questa  Corte  non
ritenesse di accogliere le prospettazioni contenute nei parr.  3.1  e
3.2 del presente ricorso, dichiarando  direttamente  l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma  1,  del  d.lgs.  n.  79  del  2011
(recante l'approvazione dell'intero Codice della normativa statale in
tema di ordinamento e mercato del turismo di cui  all'Allegato  1)  a
prescindere dalla eventuale  illegittimita'  della  norma  di  delega
contenuta nel comma 18 dell'art. 14 della legge n. 246 del 2005 -  la
Regione Puglia chiede a questo Ecc.mo Collegio di sollevare davanti a
se  stesso,  quale  giudice  a  quo,  la  questione  di  legittimita'
costituzionale del menzionato comma 18 per  violazione  dell'art.  76
cost. e, conseguentemente  all'accoglimento  di  tale  questione,  di
dichiarare l'illegittimita'  costituzionale  dell'impugnato  art.  1,
comma 1, del d.lgs. n. 79 del 2011 per  incostituzionalita'  derivata
dalla illegittimita' della norma di delega. 
    E' del tutto evidente, nell'ipotesi di specie, che  la  questione
di cui si chiede l'autorimessione davanti a questa Corte si configuri
come senz'altro rilevante ai  fini  della  definizione  del  presente
giudizio e, altresi', fondata per le ragioni indicate. 
    3.5. - Un ultimo profilo del presente motivo di ricorso merita un
chiarimento. 
    Come e' reso palese dalla rubrica del motivo, le questioni che la
Regione Puglia solleva per violazione degli  artt.  76  e  77,  primo
comma, cost. sono espressamente costruite «in relazione alla  lesione
delle attribuzioni spettanti alle Regioni in  base  agli  artt.  117,
quarto  comma,  e  118,  primo  comma,  Cost.».  Si  tratta  di   una
precisazione  non  meramente  formale;   essa,   infatti,   vale   ad
evidenziare  la  piena  legittimazione  della  Regione  ricorrente  a
dedurre  nel   presente   giudizio   la   violazione   di   parametri
costituzionali estranei al riparto di competenze tra Stato e Regioni,
in ragione del fatto che la suddetta violazione "ridonda" senz'altro,
nel caso di specie, in una lesione indiretta delle sfere di autonomia
regionale che la Costituzione riconosce all'art. 117, quarto comma, e
all'art. 118, primo comma. 
    E' dato innegabile che il Codice della normativa statale in  tema
di ordinamento e mercato del turismo - a  prescindere  dai  possibili
specifici titoli di legittimazione delle competenze  dello  Stato  su
cui ci soffermera' nei paragrafi che seguono  -  sia  dichiaratamente
destinato ad "incidere" su un ambito di sicura competenza legislativa
regionale (la materia  del  "turismo",  come  noto  ricondotta  dalla
consolidata giurisprudenza  di  questa  Corte  all'art.  117,  quarto
comma, Cost.,) e sia volto a "vincolare" e "conformare" non  soltanto
l'esercizio di tale competenza ma anche l'esercizio  di  rilevanti  e
numerose funzioni  amministrative  spettanti  alle  Regioni  in  base
all'art. 118, primo comma, Cost. 
    Non puo' sussistere alcun dubbio,  pertanto,  sul  fatto  che  la
Regione subisca una "lesione indiretta"  delle  proprie  attribuzioni
costituzionali se tali  attribuzioni  vengono  incise,  compresse  o,
comunque, vincolate da  un  atto  legislativo  dello  Stato  che  non
risulti pienamente conforme a Costituzione, in special modo, come  si
denuncia nel  presente  giudizio,  sotto  il  profilo  della  carenza
assoluta di potere in capo all'organo che lo ha emanato  o  sotto  il
profilo della illegittimita' costituzionale della delega su cui  tale
atto ha preteso di trovare fondamento. 
    4. - Considerazioni preliminari sulla materia "turismo". 
    Nella denegata ipotesi in cui questa Ecc.ma Corte  non  ritenesse
diaccogliere le censure appena esposte, con conseguente dichiarazione
di illlegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1,  del  decreto
impugnato e dell'intero Allegato 1 recante il "Codice della normativa
statale in tema di ordinamento e mercato  del  turismo",  la  Regione
Puglia solleva, in via subordinata, alcune questioni di  legittimita'
costituzionale in relazione a singole  disposizioni  del  Codice,  in
quanto  invasive  delle  competenze  legislative   o   amministrative
costituzionalmente attribuite alla Regione. 
    La  ricorrente,  tuttavia,  ritiene   opportuno   far   precedere
l'illustrazione di tali questioni di legittimita'  costituzionale  da
alcune considerazioni preliminari concernenti  gli  ambiti  materiali
interessati dalle norme contenute nel Codice, ed  in  particolare  da
quelle che in questa sede si contestano. 
    Al riguardo,  occorre  premettere,  in  linea  generale,  che  la
materia "turismo", gia' espressamente contemplata  nell'elenco  delle
materie di competenza legislativa concorrente  tra  Stato  e  Regioni
contenuto nella versione originaria  dell'art.  117  Cost.,  e'  oggi
ricompresa, per unanime  riconoscimento  dottrinale  e  per  uniforme
indirizzo  della  giurisprudenza  costituzionale,  nell'ambito  della
potesta' legislativa regionale residuale individuata  dall'art.  117,
quarto comma, cost. (cfr, ad es., le sentt. nn. 197 del 2003, par.  4
del Considerato in diritto; 214 del 2006, par. 8 del  Considerato  in
diritto; 88 del 200V, par. 4'del  Considerato  in  diritto;  339  del
2007, par. 3 del Considerato in diritto; 94  del  2008,  par.  5  del
Considerato in diritto; 76  del  2009,  par.  2  del  Considerato  in
diritto; 16 del 2010, par. 6 del Considerato in diritto). 
    Tale rilievo consente di affermare, senza dubbio alcuno,  che  le
competenze normative regionali nella materia de qua debbono ritenersi
ampliate rispetto al sistema di riparto che caratterizzava il sistema
costituzionale fino alla riforma del 2001, non essendo piu' vincolate
al rispetto dei  principi  fondamentali  della  materia  dettati  dal
legislatore statale, come invece  accadeva  durante  la  vigenza  del
testo originario dell'art. 117 Cost. 
    La Regione ricorrente non ritiene, tuttavia, che cio' escluda che
lo Stato disponga di titoli di legittimazione del proprio intervento,
anche nell'ambito della  materia  "turismo"  o  in  materie  ad  essa
contigue. 
    In particolare, questi  titoli  possono  essere  individuati  nei
seguenti. 
    A)  In  alcune  delle  c.d.  "materie  trasversali"   contemplate
dall'art. 117, secondo comma, Cost., come ad esempio la "tutela della
concorrenza",  il  "coordinamento  statistico  e   informativo",   la
"determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni  concernenti
i diritti civili e sociali che devono essere assicurati su  tutto  il
territorio nazionale". 
    B)  Nella  possibilita'  -   certamente   concretizzatasi   nella
normativa contenuta nel Codice -  di  avocare  in  sussidiarieta'  al
livello statale funzioni  amministrative  che  le  Regioni  risultino
inadeguate  a  svolgere,  in  considerazione  dell'ambito  valutativo
ultraregionale  necessario   a   tal   fine,   nonche'   di   avocare
congiuntamente  le  correlative  funzioni  legislative.  Proprio   in
materia di "turismo" questa ipotesi e' stata ammessa, in relazione ad
importanti  funzioni,  dalla  giurisprudenza  costituzionale  recente
(sentt. n. 76 del 2009, n. 88 del 2007 e n. 214 del  2006).  Come  si
mostrera' piu' avanti, tuttavia, la  "avocazione  in  sussidiarieta'"
che lo Stato ha operato con il  Codice  in  diverse  circostanze  non
rispetta affatto lo "statuto" di tale istituto che  questa  Corte  ha
elaborato nella sua giurisprudenza ormai consolidata (oltre alle  ben
note sentt. n. 303 del 2003 e 6 del 2004, in questa sede  si  possono
richiamare le piu' recenti sentt. nn. 165 e 33 del 2011, nonche'  278
e 121 del 2010) e per questa ragione essa deve, in tali casi,  essere
ritenuta incostituzionale. 
    C) Nella possibilita' per lo Stato di  disciplinare,  esercitando
la propria competenza legislativa esclusiva, oggetti che  si  pongono
in stretta correlazione con  la  materia  "turismo"  (e/o  hanno  una
indubbia  influenza  sulle  attivita'  che  ad  esso  devono   essere
riferite), ma che  sono  essenzialmente  differenti  dalla  medesima:
l'esempio  piu'  importante  e'  senz'altro  quello  dell'ordinamento
civile", nel quale  certamente  ricadono  numerose  disposizioni  del
Codice, come ad esempio l'intero Titolo VI contenente  la  disciplina
dei contratti (artt. 32-53), ma deve essere menzionato  anche  quello
delle "professioni". 
    In sintesi, la circostanza secondo la quale la materia  "turismo"
sia affidata alla  competenza  residuale  regionale  non  esclude  la
possibilita', per lo   Stato,  di  incidere  con  proprie  discipline
legislative su tale settore o su settori contigui. E cio'  certamente
e' accaduto nel presente caso. 
    Tuttavia, deve essere evidenziato che questa  considerazione  non
esclude cio' che si affermava all'inizio: e cioe' che  le  competenze
regionali in materia siano notevolmente aumentate rispetto  al  2001,
essendo oggi del tutto precluso allo Stato di dettare una  "normativa
quadro" generale sul turismo, contenente norme di principio destinate
ad essere attuate dalle Regioni, come  invece  accadeva  prima  della
riforma costituzionale del 2001. Tale rilievo e' importante,  poiche'
sembra invece che lo Stato si sia mosso esattamente in  tale  ottica:
ossia riproponendo il meccanismo delle "leggi quadro sul turismo" che
caratterizzavano questa materia fino a tale riforma. E proprio a tale
specifico riguardo, puo' essere interessante ricordare le parole  con
le   quali   questa   Corte    ha    significativamente    dichiarato
l'inammissibilita' delle questioni a suo tempo proposte dalle Regioni
nei confronti dell'ultima di tali "leggi-quadro", ossia la  legge  29
marzo  2001,  n.  135  (Riforma  della  legislazione  nazionale   del
turismo): «4 decorrere dall'entrata in  vigore  del  nuovo  Titolo  V
della Costituzione, le regioni ben possono esercitare in  materia  di
turismo  tutte  quelle  attribuzioni  di  cui  ritengano  di   essere
titolari, approvando  una  disciplina  legislativa,  che  puo'  anche
essere sostitutiva di quella statale (cfr. sentenza n. 510 del 2002),
fatto naturalmente salvo il potere governativo  di  ricorso  previsto
dall'art. 127 della Costituzione» (sent. n. 197 del 2003, par. 4  del
Considerato in diritto). 
    Le Regioni - come ha di  recente  notato  la  dottrina  (cfr.  P.
Sabbioni, Il codice della normativa statale in  materia  di  turismo,
ovvero: ma a cosa e' servita la riforma del criterio di riparto della
potesta'   legislativa   tra   lo   Stato   e   le    Regioni?,    in
forumcostituzionale.it, par. 1) - si sono  in  effetti  "appropriate"
dello  spazio  normativo  che  compete  loro,  sulla   scorta   delle
indicazioni che la Corte  costituzionale  a  fornito  nella  sentenza
appena citata. Solo che, con il nuovo Codice, il legislatore  statale
ha portato le lancette dell'orologio indietro di dieci anni, a  prima
dell'entrata in vigore della legge cost. n. 3  del  2001,  proponendo
nella sostanza una nuova  "legge-quadro"  ormai  pero'  "fuori  tempo
massimo". Come e' stato osservato, infatti, «la vicenda»  del  Codice
del  turismo,  il  quale  «rappresenta  un'indubbia  forzatura  degli
orientamenti fino ad ora espressi dalla Corte costituzionale circa il
criterio di riparto della potesta' legislativa e  la  clausola  della
"chiamata  in  sussidiarieta'"»   ,   «e'   (.   .   .)   emblematica
dell'arretramento dell'autonomia legislativa regionale,  nel  volgere
di pochi anni, dalla riforma del titolo V della seconda  parte  della
Costituzione», a tal punto da far  considerare  l'atto  normativo  in
questione come il frutto di una operazione volta a «riattribuire allo
Stato una  generale  potesta'  normativa  della  materia»  (cosi'  P.
Sabbioni, op. cit., par. 4). 
    In conseguenza di tutto cio', non e' difficile affermare  che  il
Codice  sia  costruito  con  un  impianto  essenzialmente   diatonico
rispetto all'attuale assetto costituzionale delle competenze. 
    Cio' non  consente,  evidentemente,  di  ritenerlo  integralmente
incostituzionale per tutti i suoi contenuti, proprio perche', come si
e' evidenziato, esistono numerosi titoli che legittimano l'intervento
della  legge  statale.  E'  pero'  certamente  possibile  individuare
numerosi  possibili  profili  di  illegittimita'  costituzionale  per
violazione delle attribuzioni  spettanti  alle  Regioni:  e  cio'  e'
quanto la  Regione  Puglia  intende  argomentare  in  relazione  alle
specifiche disposizioni di seguito  censurate.  5.  -  Illegittimita'
costituzionale dell'art. 2, comma 2, dell'Allegato  1  (Codice  della
normativa statale in tema di ordinamento e mercato  del  turismo)  al
d.lgs. n. 79 del 2011, per violazione dell'art. 117, quarto comma,  e
dell'art. 118, primo comma, Cost. 
    5.1.  -  La   disposizione   in   questione   cosi'   stabilisce:
«L'intervento legislativo dello  Stato  in  materia  di  turismo  e',
altresi',  consentito  quando  sussistono  le  seguenti  esigenze  di
carattere unitario: a) valorizzazione, sviluppo e  competitivita',  a
livello  interno  ed  internazionale,  del  settore  turistico  quale
fondamentale  risorsa  del   Paese;   b)   riordino   e   unitarieta'
dell'offerta turistica italiana». 
    Non possono essere nutriti seri  dubbi  sulla  ascrivibilita'  di
tale previsione alla materia "turismo", secondo quanto  esposto  piu'
sopra. 
    L'illegittimita' costituzionale della medesima deriva -  come  si
mostrera' - dalla circostanza secondo la quale lo Stato ha  con  essa
preteso di esercitare titoli di intervento in tale materia senza  che
ne sussistessero  i  presupposti,  e  comunque  senza  rispettare  le
condizioni    legittimanti    individuate    dalla     giurisprudenza
costituzionale. 
    5.2. - L'art. 2, comma 2, del Codice individua in astratto alcune
«esigenze  di  carattere  unitario»  in  materia   di   turismo   che
costituirebbero fondamento della potesta' legislativa dello Stato. 
    Questa disposizione e' incostituzionale per le seguenti ragioni. 
    Vertendosi nell'ambito della materia "turismo", la norma  difetta
di un qualsiasi titolo di legittimazione  reperibile  nell'art.  117,
commi secondo e terzo, cost. Ne', del resto,  e'  possibile  ritenere
che tale titolo di legittimazione possa essere individuato  nell'art.
118,  primo  comma,  Cost.,  e  nel  connesso  istituto  della   c.d.
"sussidiarieta' legislativa". 
    Da  questo  punto  di  vista,  e'  necessario,   innanzi   tutto,
considerare che la disciplina qui contestata pretende di  avocare  in
sussidiarieta'  allo  Stato,  in  una  materia  residuale  regionale,
direttamente funzioni legislative, senza che cio' sia connesso con la
avocazione di funzioni amministrative al cui svolgimento  le  Regioni
debbano  ritenersi  inadeguate.  Cio'  contrariamente  al  fondamento
costituzionale della avocazione in sussidiarieta' che - per  uniforme
e  costante  riconoscimento  giurisprudenziale   -   e'   collocabile
nell'art. 118, primo comma, Cost.,  concernente,  per  l'appunto,  le
funzioni amministrative. 
    Al riguardo,  e'  possibile  evocare,  per  tutte,  le  "sentenze
capofila"   della   c.d."sussidiarieta'   legislativa",   che   hanno
evidenziato al di la' di ogni possibile dubbio  come  tale  fenomeno,
essendo legittimato dall'art. 118, primo comma, Cost., si  giustifica
solo  ed  esclusivamente  ove  sussista  la  inadeguatezza  regionale
all'esercizio delle funzioni amministrative, e -  in  conseguenza  di
cio' - lo Stato avochi a  se  stesso  queste  ultime,  congiuntamente
all'esercizio della funzione legislativa  nella  misura  strettamente
necessaria a disciplinarle. 
    Quanto evidenziato risulta chiaramente, ad esempio,  dalla  ormai
"celebre" sent. n. 303 del 2003, secondo la quale l'«art. 118,  primo
comma,  cost.  (...)  si  riferisce  esplicitamente   alle   funzioni
amministrative, ma introduce per queste un  meccanismo  dinamico  che
finisce col rendere meno rigida, come si chiarira'  subito  appresso,
la  stessa  distribuzione  delle  competenze  legislative,  la'  dove
prevede che le funzioni amministrative,  generalmente  attribuite  ai
Comuni, possano essere allocate ad un livello di governo diverso  per
assicurarne  l'esercizio  unitario,  sulla  base  dei   principi   di
sussidiarieta', differenziazione ed adeguatezza». E infatti «e' (...)
coerente con la matrice teorica e con il  significato  pratico  della
sussidiarieta' che essa agisca come subsidium quando  un  livello  di
governo sia inadeguato alle finalita' che si intenda raggiungere;  ma
se  ne  e'  comprovata   un'attitudine   ascensionale   deve   allora
concludersi che, quando l'istanza  di  esercizio  unitario  trascende
anche l'ambito regionale,  la  funzione  amministrativa  puo'  essere
esercitata dallo Stato». Di qui l'ulteriore considerazione secondo la
quale «cio' non puo' restare senza conseguenze  sull'esercizio  della
funzione legislativa, giacche' il principio di  legalita',  il  quale
impone  che  anche  le  funzioni  assunte  per  sussidiarieta'  siano
organizzate e regolate dalla legge, conduce logicamente ad  escludere
che  le  singole  Regioni,  con  discipline  differenziate,   possano
organizzare e regolare funzioni  amministrative  attratte  a  livello
nazionale e ad affermare che solo la legge statale possa attendere  a
un compito siffatto» (par. 2.1. del Considerato in diritto). 
    Anche la successiva sent. n. 6 del  2004,  del  resto,  e'  assai
chiara al riguardo: «Il problema della competenza  legislativa  dello
Stato non puo' essere risolto esclusivamente alla luce dell'art.  117
cost. E' infatti indispensabile una  ricostruzione  che  tenga  conto
dell'esercizio del potere legislativo di allocazione  delle  funzioni
amministrative secondo i principi di sussidiarieta', differenziazione
ed  adeguatezza  di  cui  al  primo  comma   dell'art.   118   Cost.,
conformemente a quanto gia' questa Corte ha  ritenuto  possibile  nel
nuovo assetto  costituzionale  (dr.  sentenza  303  del  2003,)».  In
conseguenza di cio', per giudicare della legittimita'  costituzionale
della disciplina oggetto di quel giudizio (ma -  ovviamente  -  anche
del  presente  giudizio),  secondo  la  sent.  n.  6  del  2004,  «e'
necessario non gia' considerarne la conformita' rispetto all'art. 117
Cost., bensi' valutarne la rispondenza da un lato ai criteri indicati
dall'art. 118 cost. per la allocazione e la disciplina delle funzioni
amministrative   (...),   dall'altro   al    principio    di    leale
collaborazione» (par. 6 del Considerato in diritto). 
    In sintesi, secondo la giurisprudenza di questa Corte, l'istituto
della "chiamata in  sussidiarieta'"  della  funzione  legislativa  e'
inestricabilmente connesso alla  "chiamata  in'sussidiarieta'"  della
funzione amministrativa, ed e' "servente" rispetto alla  medesima.  E
cio' per una ragione ben precisa. Come  e'  noto,  il  riparto  della
funzione legislativa e' regolato dalla nostra  Costituzione  mediante
un criterio  materiale,  e  non  mediante  il  criterio,  di  matrice
funzionalista, del principio di sussidiarieta'. Quest'ultimo, invece,
e'  previsto  esplicitamente  solo  per  il  riparto  della  funzione
amministrativa, e solo implicitamente, per consentire a  quest'ultima
di ascendere fino al livello statale pur  nelle  materie  diverse  da
quelle previste dal secondo  comma  dell'art.  117  per  la  funzione
legislativa. 
    In base a tali affermazioni, non puo' che concludersi  nel  senso
della assoluta e radicale  incostituzionalita'  della  avocazione  in
sussidiarieta' allo  Stato  della  sola  funzione  legislativa:  tale
circostanza,   infatti,   mostra   chiaramente   che    manca,    per
riconoscimento (implicito, ma  evidente)  della  stessa  legislazione
statale, il presupposto della  inadeguatezza  del  livello  regionale
allo svolgimento di una funzione amministrativa.  In  conseguenza  di
cio', appare altrettanto  evidente  la  impossibilita'  nel  caso  di
specie di invocare -  quale  parametro  costituzionale  in  grado  di
costituire il legittimo fondamento  della  disposizione  impugnata  -
l'art. 118, primo comma, Cost.: l'unico, come si e' visto,  idoneo  a
giustificare  la  "avocazione  in  sussidiarieta'"   della   funzione
legislativa, al di la' degli ambiti materiali indicati dall'art. 117,
secondo comma, Cost. 
    Al riguardo, si deve osservare,  peraltro,  che  a  "salvare"  da
questo vizio la norma qui censurata non puo' certo valere il comma  3
del medesimo art. 2, ai sensi del quale «le funzioni  amministrative,
esercitate dallo Stato di cui ai commi 1  e  2,  sono  attribuite  al
Presidente del  Consiglio  dei  Ministri  o  al  Ministro  delegato»,
poiche'  tali  funzioni  non  sono  identificate  e,  inoltre,   sono
meramente eventuali, nel  senso  che  la  avocazione  della  funzione
legislativa di cui al comma 2 e' destinata a  realizzarsi,  ai  sensi
del  medesimo,  anche  ove  non  vi  siano  funzioni   amministrative
corrispondenti. 
    A tali considerazioni se ne puo' aggiungere una ulteriore. 
    La giurisprudenza costituzionale che ha ammesso la c.d. "chiamata
in sussidiarieta'" all'interno di ambiti materiali diversi da  quelli
di competenza legislativa esclusiva statale  ha  affermato  che  cio'
puo' avvenire in relazione a specifiche e definite funzioni: cio' che
non avviene nel caso  di  specie,  poiche'  la  norma  si  limita  ad
individuare  obiettivi  generali,  destinati  ad  essere   perseguiti
mediante  norme  legislative,  realizzando  cosi'  una   generale   e
indiscriminata avocazione in astratto  di  funzioni  legislative,  in
luogo della sua "chiamata"  in  riferimento  a  specifici  oggetti  e
compiti.  In  conclusione,  l'art.  2,  comma  2,   del   Codice   e'
incostituzionale sia perche' pretende di realizzare una avocazione in
sussidiarieta' direttamente  della  sola  funzione  legislativa,  sia
perche' cio' avviene non in relazione a singoli e  specifici  compiti
rispetto ai quali le Regioni  debbano  ritenersi  inadeguate,  ma  in
relazione a finalita' ed obiettivi astratti e generalissimi, per  non
dire del tutto generici. 
    6.  -  Illegittimita'  costituzionale  dell'art.  8,   comma   2,
dell'Allegato  1  (Codice  della  normativa  statale   in   tema   di
ordinamento e mercato del turismo) al d.s. n. 79 del 2011, in  quanto
contenenti una disciplina che accede alla materia del "commercio", o,
in subordine, a quella del "turismo", per violazione  dell'art.  117,
quarto comma, Cost. 
    6.1 -  La  disposizione  in  esame  prevede  quanto  segue:  «Per
attivita' ricettiva si intende l'attivita' diretta alla produzione di
servizi  per  l'ospitalita'  esercitata  nelle  strutture  ricettive.
Nell'ambito di  tale  attivita'  rientra  altresi',  unitamente  alla
prestazione del servizio ricettivo, la somministrazione di alimenti e
bevande alle persone alloggiate, ai loro ospiti ed a coloro che  sono
ospitati nella struttura ricettiva in occasione di  manifestazioni  e
convegni organizzati, nonche'  la  fornitura  di  giornali,  riviste,
pellicole per  uso  fotografico  e  di  registrazione  audiovisiva  o
strumenti  informatici,  cartoline   e   francobolli   alle   persone
alloggiate, nonche' la gestione, ad uso esclusivo di  dette  persone,
attrezzature e strutture a carattere  ricreativo,  per  le  quali  e'
fatta salva la vigente disciplina  in  materia  di  sicurezza.  Nella
licenza di esercizio di attivita' ricettiva e'  ricompresa  anche  la
licenza per la somministrazione di alimenti e bevande per le  persone
non alloggiate nella struttura nonche', nel  rispetto  dei  requisiti
previsti  dalla  normativa  vigente,  per  le  attivita'  legate   al
benessere della persona o all'organizzazione congressuale». 
    Il  primo  periodo  contiene  una   definizione   di   "attivita'
ricettiva", evidenziando come, con tale espressione, debba intendersi
«l'attivita' diretta alla produzione  di  servizi  per  l'ospitalita'
esercitata nelle strutture ricettive». Considerata in se' e  per  se'
tale definizione non e'  da  ritenere  incostituzionale,  poiche'  e'
necessario individuare a che  fini  essa  e'  posta  dal  legislatore
statale. Cio' - nel caso di specie - emerge  dai  successivi  periodi
della disposizione. Essi, infatti, sono  volti  a  specificare  quali
attivita' accessorie sono ricomprese nella licenza  di  esercizio  di
attivita' ricettiva, individuandole  nella  fornitura  di  generi  di
varia natura, nonche' nella somministrazione di alimenti e bevande. 
    6.2. - Alla luce di questa considerazione,  e'  agevole  rendersi
conto  che  la  norma  in  questione  regola  gli  effetti  derivanti
dall'ottenimento  di'  una   licenza   all'esercizio   di   attivita'
ricettiva,  individuandoli  peraltro  nel  congiunto   e   automatico
ottenimento della possibilita' di' fornire beni e  servizi  di  varia
natura, nonche' di somministrare alimenti e bevande. 
    Non e' necessaria altra  argomentazione  per  dimostrare  che  la
disciplina  qui  considerata   invade   palesemente   la   competenza
legislativa regionale residuale nella materia del  "commercio"  senza
poter trovare supporto in alcuno dei  titoli  di  legittimazione  del
legislatore statale, violando cosi' l'art. 117, quarto comma, Cost. 
    6.3.  -  L'argomentazione  appena  proposta  e'   fondata   sulla
riconduzione della  disciplina  in  esame  all'ambito  materiale  del
"commercio", spettante alla competenza residuale regionale. Identiche
considerazioni, tuttavia,  varrebbero  ovviamente  anche  ove  questa
Corte  ritenesse  che,  nel  caso  di  specie,  debbano  considerarsi
prevalenti i profili attinenti alla materia del "turismo",  anch'essa
ascrivibile all'ambito della "residualita' regionale"  ex  art.  117,
quarto comma, Cost. 
    7. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 16,  commi  1  e  2,
nonche' dell'art. 21, commi 1, 2 e 3, dell'Allegato 1  (Codice  della
normativa statale in tema di ordinamento e mercato  del  turismo)  al
d.lgs. n. 79 del 2011, per violazione dell'art.  117,  quarto  comma,
Cost. 
    7.1.  -  Le  disposizioni  in  questione  prevedono   che   siano
assoggettati a Segnalazione certificata di  inizio  attivita'  (SCIA)
l'avvio e l'esercizio delle strutture turistico-ricettive (art. 16) e
l'apertura,   il   trasferimento   e   le    modifiche    concernenti
l'operativita' delle agenzie di viaggi e turismo (art. 21). 
    La SCIA e' disciplinata dal testo attualmente in vigore dell'art.
19 della legge n. 241 del 1990, il quale cosi' prevede: «1. Ogni atto
di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva,  permesso  o
nulla osta comunque denominato, comprese le domande per le iscrizioni
in  albi   o   ruoli   richieste   per   l'esercizio   di   attivita'
imprenditoriale, commerciale o artigianale il  cui  rilascio  dipenda
esclusivamente dall'accertamento di requisiti e presupposti richiesti
dalla legge o da atti amministrativi a contenuto generale, e non  sia
previsto alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti
di programmazione settoriale per il rilascio degli  atti  stessi,  e'
sostituito  da  una  segnalazione  dell'interessato,  con   la   sola
esclusione  dei  casi   in   cui   sussistano   vincoli   ambientali,
paesaggistici   o   culturali   e   degli   atti   rilasciati   dalle
amministrazioni preposte alla sa nazionale, alla pubblica  sicurezza,
all'immigrazione, all'asilo, alla  cittadinanza,  all'amministrazione
della giustizia, all'amministrazione delle finanze, ivi compresi  gli
atti concernenti le reti di acquisizione del gettito, anche derivante
dal  gioco,  nonche'  di  quelli  previsti  dalla  normativa  per  le
costruzioni    in    zone    sismiche    e    di    quelli    imposti
dalla'normativa'comunitaria.  La  segnalazione  e'  corredata   dalle
dichiarazioni sostitutive di certificazioni e dell'atto di notorieta'
per quanto riguarda tutti gli stati, le qualita' personali e i  fatti
previsti negli articoli 46 e 47 del testo unico di cui al decreto del
Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445,  nonche'  dalle
attestazioni e  asseverazioni  di  tecnici  abilitati,  ovvero  dalle
dichiarazioni di conformita' da parte dell'Agenzia delle  imprese  di
cui all'articolo 38, comma 4, del decreto-legge 25  giugno  2008,  n.
112, convertito, con modificazioni, dalla legge  6  agosto  2008,  n.
133, relative alla sussistenza dei requisiti e dei presupposti di cui
al primo periodo; tali attestazioni e  asseverazioni  sono  corredate
dagli elaborati tecnici necessari  per  consentire  le  verifiche  di
competenza dell'amministrazione. Nei casi in  cui  la  legge  prevede
facquisizione  di  pareri  di  organi   o   enti   appositi,   ovvero
l'esecuzione di verifiche preventive, essi sono  comunque  sostituiti
dalle   autocertificazioni,   attestazioni    e    asseverazioni    o
certificazioni  di  cui  al  presente  comma,  salve   le   verifiche
successive  degli  organi  e  delle  amministrazioni  competenti.  La
segnalazione,   corredata   delle   dichiarazioni,   attestazioni   e
asseverazioni nonche' dei relativi  elaborati  tecnici,  puo'  essere
presentata mediante posta raccomandata con avviso di ricevimento,  ad
eccezione dei procedimenti per cui e' previsto  l'utilizzo  esclusivo
della modalita' telematica; in tal caso la segnalazione si' considera
presentata al momento della ricezione da parte  dell'amministrazione;
2. L'attivita' oggetto della segnalazione puo' essere iniziata  dalla
data  della  presentazione  della  segnalazione   all'amministrazione
competente. - 3. L'amministrazione competente, in caso  di  accertata
carenza dei requisiti e dei  presupposti  di  cui  al  comma  1,  nel
termine di sessanta giorni dal ricevimento della segnalazione di  cui
al medesimo  comma,  adotta  motivati  provvedimenti  di  divieto  di
prosecuzione dell'attivita' e di rimozione  degli  eventuali  effetti
dannosi di essa, salvo che, ove  cio'  sia  possibile,  l'interessato
provveda a conformare alla normativa vigente  detta  attivita'  ed  i
suoi effetti entro un termine fissato dall'amministrazione,  in  ogni
caso non inferiore a trenta giorni. E' fatto comunque salvo il potere
dell'amministrazione competente di assumere determinazioni in via  di
autotutela, ai sensi degli articoli 21-quinquies e 21-nonies. In caso
di dichiarazioni sostitutive di certcazione e dell'atto di notorieta'
false o mendaci,  l'amministrazione,  ferma  restando  l'applicazione
delle sanzioni penali di cui al comma 6, nonche' di quelle di cui  al
capo VI del testo unico  di  cui  al  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, puo'  sempre  e  in  ogni  tempo
adottare i provvedimenti di cui al primo periodo.  -  4.  Decorso  il
termine per l'adozione dei provvedimenti di cui al primo periodo  del
comma  3,  all'amministrazione  e'  consentito  intervenire  solo  in
presenza del pericolo di un  danno  per  il  patrimonio  artistico  e
culturale, per l'ambiente, per la salute, per la sicurezza pubblica o
la    difesa    nazionale    e    previo    motivato     accertamento
dell'impossibilita' di' tutelare  comunque  tali  interessi  mediante
conformazione dell'attivita' dei privati alla  normativa  vigente.  -
4-bis. Il presente articolo non si applica alle attivita'  economiche
a prevalente carattere finanziario, ivi comprese quelle regolate  dal
testo unico delle leggi  in  materia  bancaria  e  creditizia  di  al
decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e dal testo  unico  in
materia di interrnediazione finanziarla di cui al decreto legislativo
24 febbraio 1998, n. 58. - 5. [abrogato].  -  6.  Ove  il  fatto  non
costituisca  piu'  grave  reato,  chiunque,  nelle  dichiarazioni   o
attestazioni o asseverazioni che corredano la segnalazione di  inizio
attivita', dichiara o attesta falsamente l'esistenza dei requisiti  o
dei presupposti di cui al comma 1 e' punito con la reclusione da  uno
a tre anni. - 6-bis. Nei casi di Scia in materia edilizia, il termine
di sessanta giorni di cui al primo periodo del comma 3 e'  ridotto  a
trenta giorni. Fatta salva l'applicazione delle dilposizioni  di  cui
al comma 6, restano altresi'  ferme  le  disposizioni  relative  alla
vigilanza sull'attivita' urbanistico-edilizia, alle responsabilita' e
alle sanzioni previste dal decreto del Presidente della Repubblica  6
giugno 2001, n. 380, e dalle leggi regionali». 
    7.2. - L'applicazione di  tale  normativa  alle  attivita'  sopra
indicate contrasta con  l'art.  117,  quarto  comma,  Cost.,  per  le
seguenti ragioni. 
    Lo Stato non ha alcun titolo  per  imporre  l'applicazione  della
SCIA anche ai procedimenti amministrativi che devono essere esplicati
nelle materie di competenza residuale regionale. Ed e'  evidente  che
tale situazione ricorre precisamente nel caso di specie,  poiche'  le
attivita' turistico-ricettive e quella di agenzia di viaggi e turismo
ricadono evidentemente nell'ambito della materia del "turismo" o,  al
piu', nell'ambito della materia "commercio",  entrambe  pacificamente
ascritte alla competenza legislativa residuale regionale. 
    Il titolo dell'intervento  statale,  peraltro,  non  puo'  essere
individuato in alcun modo nelle materie di cui all'art. 117,  secondo
comma, Cost. 
    In particolare, la normativa in  questione  non  puo'  ricondursi
alla materia della "tutela della concorrenza", poiche' disciplina  le
relazioni tra gli operatori economici e la pubblica  amministrazione,
senza che cio' possa in alcun modo incidere sulle relazioni  tra  gli
operatori economici. In  altre  parole,  anche  ammettendo  l'ipotesi
secondo la  quale  norme  che  regolino  relazioni  tra  operatori  e
pubblici poteri possano essere ricomprese nell'ambito dell'art.  117,
secondo comma, lett. e), Cost., cio'  potrebbe  verificarsi  solo  in
quanto tali previsioni siano dirette ad incrementare  la  concorrenza
esistente. Cio' non accade in alcun modo nel caso in questione, posto
che  la  disciplina  censurata  ha   unicamente   una   funzione   di
semplificazione amministrativa. 
    Inoltre, le disposizioni  qui  considerate  non  possono  neppure
essere ricondotte alla  materia  della  "determinazione  dei  livelli
essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali".
Cio' in quanto non e' certo  pensabile  che  la  citata  disposizione
costituzionale  possa  essere  intesa  nel  senso   di'   qualificare
"prestazione" qualunque attivita' amministrativa con la  quale  entri
in  contatto  il'cittadino,  poiche'  altrimenti  si  giungerebbe   a
configurare un generalissimo titolo di intervento della  legislazione
statale su  tutta  l'attivita'  amministrativa  regionale  e  locale.
Viceversa, come la stessa giurisprudenza costituzionale ha avuto modo
di  evidenziare  (cfr.  la  sent.  n.  398  del  2006),   l'attivita'
amministrativa puo' assurgere alla qualifica di  "prestazione"  della
quale lo Stato  e'  competente  a  fissare  un  "livello  essenziale"
soltanto a fronte di uno specifico "diritto" di  individui,  imprese,
operatori economici ed, in  generale,  soggetti  privati.  In  questo
senso, del resto, e' di recente intervenuta la sent. n. 232 del 2011,
nella quale questa Corte ha affermato  che  il  titolo  dei  "livelli
essenziali delle prestazioni" «non puo' essere  invocato  se  non  in
relazione a specifiche prestazioni delle quali la  normativa  statale
definisca il livello essenziale di erogazione (sentenze n. 383  e  n.
285 del 2005),  mediante  la  determinazione  dei  relativi  standard
strutturali e qualitativi, da garantire agli aventi diritto su  tutto
il territorio nazionale in quanto concernenti il  soddiffacimento  di
diritti civili e sociali tutelati dalla  Costituzione  stessa»  (par.
5.2. del Considerato in diritto). 
    Ne',  d'altra   parte,   una   eventuale   qualificazione   delle
disposizioni   de   qua   come   principi   fondamentali    (peraltro
implausibile, visto che esse non offrono alcun "margine  di  manovra"
ai legislatori regionali) varrebbe allo scopo, poiche', come e' noto,
la competenza regionale residuale non e' vincolata da questo tipo  di
norme statali. 
    In definitiva, non puo' che concludersi che gli artt. 16, commi 1
e 2, e l'art. 21, commi 1, 2 e 3, rendendo applicabile la  disciplina
della SCIA a procedimenti  amministrativi  ricadenti  nell'ambito  di
materie di competenza residuale regionale  in  assenza  di  qualunque
titolo di' intervento in capo al legislatore statale, violano  l'art.
117, quarto comma, Cost. 
    8.  -  Illegittimita'  costituzionale  dell'art.  20,  comma   2,
dell'Allegato  1  (Codice  della  normativa  statale   in   tema   di
ordinamento e mercato del turismo) al d.lgs.  n.  79  del  2011,  per
violazione dell'art. 117, quarto comma, Cost. 
    8.1. - La disposizione in questione stabilisce che «l'apertura di
filiali,  succursali  e  altri  punti  vendita   di'   agenzie   gia'
legittimate ad operare non richiede la nomina di un direttore tecnico
per ciascun punto di erogazione del servizio». 
    Si' tratta di' una norma  posta  dallo  Stato  nell'ambito  della
materia  del  "turismo"  o,  al  piu',  nell'ambito   della   materia
"commercio", entrambe di competenza residuale regionale,  in  assenza
di qualunque titolo di legittimazione contenuto nell'art. 117,  commi
secondo e terzo, cost. o in altre disposizioni costituzionali. 
    Per questa ragione essa  viola  palesemente  l'art.  117,  quarto
comma,  Cost.,   senza   che   occorra   spendersi   in   particolari
argomentazioni ulteriori. 
    9.  -  Illegittimita'  costituzionale  dell'art.  23,  comma   1,
dell'Allegato  1  (Codice  della  normativa  statale   in   tema   di
ordinamento e mercato del turismo) al d.lgs.  n.  79  del  2011,  per
violazione dell'art. 117, quarto comma, e dell'art. 118, primo comma,
Cost. 
    9.1. - L'art. 23, al comma  1,  definisce  i  "sistemi  turistici
locali",  evidenziando  come  con  tale  espressione  si  debba  fare
riferimento ai «contesti turistici omogenei o integrati, comprendenti
ambiti   territoriali   appartenenti   anche   a   regioni   diverse,
caratterizzati dall'offerta integrata di beni culturali, ambientali e
di attrazioni turistiche, compresi i prodotti tipici dell'agricoltura
e dell'artigianato  locale,  o  dalla  presenza  diffusa  di  imprese
turistiche singole o associate». 
    I fini in vista dei quali la definizione e' posta sono reperibili
nei commi successivi del medesimo art. 23. 
    Il comma 2 prevede, infatti, che  «gli  enti  locali  o  soggetti
privati, singoli o associati, promuovono i sistemi  turistici  locali
attraverso forme di concertazione con gli  enti  funzionali,  con  le
associazioni di categoria che concorrono alla formazione dell'offerta
turistica, nonche' con i soggetti pubblici e privati interessati»; il
comma 3, a sua volta, dispone che «nell'ambito delle proprie funzioni
di programmazione e per favorire  l'integrazione  tra  politiche  del
turismo  e  politiche  di  governo  del  territorio  e  di   sviluppo
economico, le regioni provvedono, ai sensi del capo V del  titolo  IL
della parte I del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti
locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267,  e  del
titolo IL, capo ILI, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, a
riconoscere i sistemi turistici locali di cui al presente  articolo».
9.2. - L'art. 23, comma 1, del Codice pone una  normativa  in  totale
carenza di un titolo atto a fondare  la  potesta'  legislativa  dello
Stato, in violazione degli artt. 117,  quarto  comma,  e  118,  primo
comma, Cost. 
    In particolare, deve  notarsi  che  la  materia  interessata  e',
evidentemente, quella del "turismo" dal momento che la disciplina qui
contestata  e'  volta  a  promuovere  l'offerta  turistica,   nonche'
l'integrazione  delle  politiche  del  turismo  con  altre  politiche
regionali. 
    Peraltro, ove fosse  considerata  isolatamente,  la  disposizione
definitoria che qui si impugna risulterebbe sostanzialmente "neutra",
dal momento che solo i fini in vista dei quali essa e'  concretamente
dettata  possono  consentirne  la  riconducibilita'  ad  una  materia
piuttosto che ad un'altra. Nel caso di specie, i  fini,  come  si  e'
mostrato piu' sopra, sono posti dai commi  2  e  3  dell'articolo  in
esame, i quali, per quel che qui interessa, hanno due caratteristiche
che devono essere illustrate. 
    La prima e' che disciplinano attivita' promozionali  dell'offerta
turistica. La seconda e' che tale disciplina e' meramente ricognitiva
di disposizioni esistenti. 
    Da queste due caratteristiche derivano altrettante conseguenze. 
    Dalla prima deriva la conferma che l'ambito materiale interessato
dalla  disposizione  impugnata  non  puo'  che  essere   quello   del
"turismo". La definizione dei' "sistemi turistici locali" dettata dal
legislatore statale, dunque,  non  e'  affatto  "neutra",  bensi'  e'
espressamente  finalizzata  ad  incidere  sulla  materia   "turismo",
pretendendo di vincolare, in tal  modo,  l'esercizio  della  potesta'
legislativa spettante alle Regioni. 
    Dalla seconda deriva invece che tale definizione, inserendosi  in
un contesto di attivita' gia' disciplinate o  esercitate  -  in  base
alla normativa vigente e a scopi promozionali dell'offerta  turistica
-   dalle   Regioni,   determina   una   significativa   compressione
dell'autonomia costituzionale di queste  ultime,  poiche'  esse  sono
costrette a far riferimento ad  una  nozione  di  "sistema  turistico
locale" eteroimposta anziche' ad una nozione elaborata autonomamente,
come invece accadrebbe ove questa Corte si risolvesse  nel  senso  di
ritenere   fondata   la   presente    questione    di    legittimita'
costituzionale, espungendo dall'ordinamento l'art. 23, comma  1,  del
Codice  e  lasciando,  viceversa,  inalterate  le   norme   meramente
ricognitive dell'esistente contenute nei commi 2  e  3  del  medesimo
articolo. 
    Non c'e' bisogno di molto altro per mostrare l'invasione da parte
della norma impugnata, dell'art. 117, quarto comma, Cost. 
    E'  infatti  sufficiente  evidenziare  che  la  definizione   dei
"sistemi turistici locali" che il legislatore statale ha  preteso  di
imporre con la norma in esame non possa ritenersi legittimata neanche
dal meccanismo della c.d. "sussidiarieta' legislativa", che lo  Stato
potrebbe senz'altro utilizzare in  attuazione  dell'art.  118,  primo
comma, Cost., dal momento che non possono  in  alcun  modo  ritenersi
sussistenti, nel caso di specie,  le  condizioni  in  presenza  delle
quali   la   giurisprudenza   di    questa    Corte    ha    ritenuto
costituzionalmente legittima la avocazione in sussidiarieta' da parte
dello Stato. 
    Al riguardo,  e'  infatti  necessario  considerare  che,  innanzi
tutto, tale avocazione,  essendo  legittimata  dall'art.  118,  primo
comma, cost. e dal principio di  sussidiarieta'  in  esso  contenuto,
dovrebbe avere ad  oggetto  le  funzioni  amministrative  e  potrebbe
estendersi alla funzione legislativa soltanto  limitatamente  a  cio'
che risultasse necessario per disciplinare le prime. Sul punto ci  si
e' gia' soffermati piu' sopra, al precedente  par.  5.2,  richiamando
anche la principale giurisprudenza costituzionale  in  tema.  A  tale
paragrafo, dunque, si puo' fare comodamente rinvio. Qui ci si  limita
a  mai,  ricordare  come  mai,  in  nessun  caso,  l'istituto   della
"sussidiarieta'  legislativa"  puo'  riguardare  la   sola   funzione
legislativa. Deve trattarsi, viceversa, di  circostanze  in  presenza
delle  quali  i  livelli  regionali  di  governo   devono   ritenersi
inadeguati   allo   svolgimento   di   una    determinata    funzione
amministrativa: e solo in conseguenza di tale inadeguatezza, lo Stato
puo' avocare la funzione legislativa per allocare a  se  stesso  tale
funzione amministrativa, e comunque soltanto per dettarne la relativa
disciplina,  secondo  il  principio  di  proporzionalita'  (per   una
applicazione  di  tale   principio   proprio   alla   avocazione   in
sussidiarieta' nella materia del turismo, cfr. la sent.  n.  214  del
2006, par. 8 del Considerato in diritto). 
    A fronte di tutto cio', invece, la normativa considerata pretende
di dettare direttamente ed esclusivamente la definizione dei "sistemi
turistici locali", in totale assenza  della  avocazione  di  funzioni
amministrative. Anzi, i  commi  2  e  3  dell'art.  23  mostrano  con
chiarezza che la definizione statale e' destinata ad operare mediante
attivita' amministrative delle Regioni e degli enti  locali:  risulta
cosi' provata in modo indiscutibile la insussistenza della necessita'
di allocare allo Stato funzioni amministrative concernenti i "sistemi
turistici locali"  e,  conseguentemente,  la  impossibilita'  per  il
legislatore  statale  di  avocare  a'  se'   la   relativa   funzione
legislativa. 
    L'istituto della "sussidiarieta' legislativa" non puo' soccorrere
nel fornire  di  legittimazione  la  disciplina  contestata  per  una
ulteriore ragione. 
    La  giurisprudenza  di  questa  Corte  che  ha  riconosciuto   la
legittimita' costituzionale della avocazione  in  sussidiarieta',  da
parte dello Stato, di funzioni in materia  di  turismo,  infatti,  ha
deciso in tal senso in considerazione della  riscontrata  sussistenza
di esigenze unitarie connesse alla promozione  unitaria  del  sistema
turistico nazionale, soprattutto all'estero (cfr., ad es.,  la  sent.
n. 214 del  2006,  par.  9  del  Considerato  in  diritto):  funzione
rispetto alla  quale  l'ambito  valutativo  regionale  non  puo'  che
ritenersi inadeguato. 
    Le norme qui prese in esame riguardano invece esplicitamente - ed
esclusivamente - i "sistemi turistici locali". Rispetto alle funzioni
ad essi sottese, dunque, livello, regionale  non  puo'  certo  essere
ritenuto inadeguato. 
    Del  resto,  anche  la  dottrina  ha  gia'  rilevato  la   palese
incostituzionalita' della normativa che qui si contesta. Questa -  e'
infatti stato detto  -  «contrasta(.)  palesemente  con  il  criterio
costituzionale di riparto della potesta' legislativa tra lo  Stato  e
le  Regioni,  giacche'  neppure  puo'  essere  invocato   l'interesse
unitario per avocare allo Stato la disciplina di alcuni profili della
materia del turismo». Cio' in quanto «risulta del tutto  contrastante
con l'odierno  riparto  della  potesta'  legislativa  in  materia  di
turismo il citato art. 23 del nuovo codice che detta  una  disciplina
(.) relativamente all'organizzazione pubblica locale per lo  sviluppo
turistico, tanto piu'  in  quanto  pretende  di  stabilire  le  forme
attraverso cui le Regioni devono  provvedere  al  riconoscimento  dei
sistemi turistici locali»;  si  tratta,  infatti,  «della  disciplina
relativa all'organizzazione e all'esercizio di  servizi,  funzioni  e
compiti locali per i quali non si comprende a quale titolo  lo  Stato
avochi a se' una potesta' legislativa di cui non dispone,  senza  che
neppure venga in rilievo una qualche  esigenza  unitaria»  (cosi'  P.
Sabbioni, Il codice della normativa statale in  materia  di  turismo,
cit., par. 3). 
    Per tutte queste ragioni, l'art. 23, comma 1, viola  l'art.  117,
quarto comma, e l'art. 118, primo comma, Cost. 
    10. - Illegittimita', costituzionale dell'art. 24 dell'Allegato 1
(Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato  del
turismo) al d.lgs. n. 79 del  2011,  per  violazione  dell'art.  117,
commi terzo e quarto, e dell'art. 118, primo comma, Cost. 
    10.1. - La disposizione in questione prevede  che  «nel  rispetto
dell'articolo 9 della Costituzione e del codice dei beni culturali  e
del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004,  n.  42,
il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro  delegato,  di
concerto con il  Ministro  per  i  beni  e  le  attivita'  culturali,
promuove la realizzazione di  iniziative  turistiche  finalizzate  ad
incentivare  la  valorizzazione  del  patrimonio   storico-artistico,
archeologico, architettonico e paesaggistico presente sul  territorio
italiano, utilizzando le risorse  umane  e  strumentali  disponibili,
senza nuovi ed ulteriori oneri per la finanza pubblica». 
    Si tratta di una previsione che accede chiaramente  alla  materia
di  potesta'  legislativa  concorrente   "valorizzazione   dei   beni
culturali e ambientali, dal momento che essa attribuisce un potere ad
organi statali espressamente finalizzato ad  incentivare  proprio  la
"valorizzazione"  del  patrimonio  storico-artistico,   archeologico,
architettonico e paesaggistico, cosi' realizzando una  attrazione  di
funzioni amministrative in capo allo Stato, in violazione degli artt.
117, terzo comma, e 118, primo comma, Cost. 
    A conclusioni  pressoche'  identiche  si  perverrebbe,  comunque,
anche a  voler  ritenere  prevalente  il  profilo  "turistico"  della
disciplina in esame, riconducendola pertanto alla relativa materia di
competenza legislativa  regionale  residuale  di  cui  all'art.  117,
quarto comma, Cost. 
    10.2.  -  Trattandosi  di  una  disciplina  che  alloca  funzioni
amministrative al  livello  statale  in  una  materia  di  competenza
concorrente   (o   residuale   regionale),   essa   puo'    ritenersi
costituzionalmente  legittima  solo  a   patto   di   rispettare   il
"protocollo" della avocazione in sussidiarieta', cosi' come  definito
dalla   giurisprudenza   costituzionale,   sia   nei   suoi   aspetti
sostanziali, che in quelli procedurali. 
    Nel caso che qui interessa, sia gli uni che gli altri sono  stati
disattesi. Quanto ai primi (ai secondi si rivolgera' l'attenzione nel
prossimo par. 10.3), e' possibile Osservare quanto segue. 
    La  giurisprudenza  costituzionale  ha  in   svariate   occasioni
evidenziato come, «perche' nelle materie di cui all'art. 117, terzo e
quarto  comma,  Cost.,  una  legge   statale   possa   legittimamente
attribuire funzioni amministrative a livello  centrale  ed  al  tempo
stesso regolarne l'esercizio, e' necessario che  essa  innanzi  tutto
rispetti  i   principi   di   sussidiarieta',   differenziazione   ed
adeguatezza  nella   allocazione   delle   funzioni   amministrative,
rispondendo ad esigenze di esercizio unitario di  tali  funzioni.  E'
necessario, inoltre, che tale legge detti una disciplina  logicamente
pertinente, dunque idonea alla regolazione delle suddette funzioni, e
che risulti limitata a  quanto  strettamente  indispensabile  a  tale
fine. Da ultimo, essa deve risultare adottata a seguito di  procedure
che assicurino la partecipazione dei  livelli  di  governo  coinvolti
attraverso  strumenti  di  leale  collaborazione  o,  comunque,  deve
prevedere  adeguati  meccanismi  di  cooperazione   per   l'esercizio
concreto delle funzioni amministrative allocate in capo  agli  organi
centrali.Quindi,  con  riferimento  a  quest'ultimo  profilo,   nella
perdurante  assenza   di   una   trasformazione   delle   istituzioni
parlamentari e, piu' in  generale,  dei  procedimenti  legislativi  -
anche solo nei limiti di quanto previsto  dall'art.  11  della  legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche  al  titolo  V  della
parte seconda della Costituzione) - la legislazione statale di questo
tipo  "puo'  aspirare  a   superare   il   vaglio   di   legittimita'
costituzionale solo in presenza di una disciplina  che  prefiguri  un
iter in cui assumano il dovuto risalto le attivita' concertative e di
coordinamento orizzontale, ovverosia le  intese,  che  devono  essere
condotte in base al principio di lealta'" (sentenza n. 303 del 2003)»
(sent. n. 6 del 2004, par. 7 del Considerato in diritto). 
    Da punto  di  vista  sostanziale,  nel  caso  di  specie  risulta
evidente  come   non   sia   stato   rispettato   il   principio   di
sussidiarieta':  appare  infatti  davvero  incongruo   non   ritenere
adeguati i livelli regionali di governo rispetto  alla  attivita'  di
promozione di iniziative turistiche  finalizzate  ad  incentivare  la
valorizzazione  del   patrimonio   storico-artistico,   archeologico,
architettonico e paesaggistico presente  nei  territori  di  ciascuna
Regione. Alla Regione, dunque, non sfugge  certo  l'ambito  entro  il
quale devono essere compiute le valutazioni sottese alle attivita' in
questione.  L'ambito  territoriale  coinvolto,  infatti,  e'  -   per
definizione  -  non  ultraregionale.  Viceversa,  la   giurisprudenza
costituzionale  ha  piu'  volte  evidenziato  come  presupposto   per
l'avocazione  in  sussidiarieta'  e'  la  circostanza  che   l'ambito
valutativo necessario all'espletamento della funzione  oggetto  della
avocazione sfugga al livello regionale: in questo senso, ad  es.,  la
gia' citata sent. n. 6 del 2004, la quale ha ritenuto la normativa in
quel  caso  oggetto  di  scrutinio  rispettosa   del   principio   di
sussidiarieta' solo perche' «alle singole amministrazioni regionali -
che  si  volessero   attributarie   delle   potesta'   autorizzatorie
contemplate dalla disciplina impugnata - sfuggirebbe  la  valutazione
complessiva  del  fabbisogno  nazionale  di   energia   elettrica   e
l'autonoma  capacita'  di  assicurare  il  soddisfacimento  di   tale
fabbisogno» (par. 7 del Considerato in diritto). Analogamente  si  e'
espressa la sent. n. 242 del 2005, nella quale l'unica ragione che ha
consentito di ritenere conforme all'art. 118, primo comma,  cost.  la
disciplina  impugnata  e'   stata   individuata   nella   circostanza
«dell'esplicita finalizzazione  del  Fondo  rotativo  nazionale  alla
crescita e allo sviluppo del tessuto produttivo nazionale, in  quanto
per  il  raggiungimento  di  tale  finalita'  appare  strutturalmente
inadeguato il livello regionale, al quale inevitabilmente sfugge  una
valutazione d'insieme» (par. 7 del Considerato in diritto). 
    Applicando i principi desumibili da queste decisioni al caso  che
ci occupa in questa sede, la soluzione e' obbligata: alla Regione non
sfugge certo la  "valutazione  d'insieme"  necessaria  per  porre  in
essere   le    attivita'    di    valorizzazione    del    patrimonio
storico-artistico,  archeologico,  architettonico   e   paesaggistico
presente sul territorio di  ciascuna  Regione.  Non  puo'  ingannare,
peraltro, la circostanza secondo la quale la  disposizione  impugnata
si  riferisce  al  patrimonio  «presente  sul  territorio  italiano»,
giacche': 
        a) evidentemente, il patrimonio esistente in ciascuna Regione
e' «presente sul territorio italiano», e - d'altra parte -  tutto  il
patrimonio esistente in ciascuna Regione rientra tra quello «presente
sul territorio italiano»: c'e' dunque  una  totale  sovrapponibilita'
tra "patrimonio  presente  sul  territorio  italiano"  e  "patrimonio
presente sul territorio delle Regioni italiane"; 
        b) l'espressione  «presente  sul  territorio  italiano»,  del
resto, non puo', in alcun modo, intendersi come riferita a  beni  "di
interesse nazionale", sia perche' essa evoca una dimensione puramente
spaziale e non valutativa,  sia  (e  soprattutto)  perche',  come  ha
chiarito gia' 4a tempo la giurisprudenza costituzionale,  «nel  nuovo
Titolo V l'equazione  elementare  interesse  nazionale  =  competenza
statale,  che  nella   prassi   legislativa   previgente   sorreggeva
l'erosione delle funzioni amministrative e delle  parallele  funzioni
legislative delle Regioni, e' divenuta priva di ogni valore deontico,
giacche' l'interesse nazionale non costituisce piu' un limite, ne' di
legittimita', ne' di merito, alla competenza  legislativa  regionale»
(sent. n. 303 del 2003, par. 2.2 del Considerato in diritto). 
        c) per  porre  in  essere  attivita'  di  valorizzazione  del
"patrimonio  presente  nelle  Regioni  italiane"   non   e'   affatto
necessario, come invece accadeva nel caso della  autorizzazione  alla
realizzazione di grandi centrali termoelettriche volte  a  soddisfare
il fabbisogno nazionale (sent. n.  6  del  2004)  o  nel  caso  della
gestione del Fondo rotativo nazionale alla crescita e  allo  sviluppo
del tessuto  produttivo  nazionale  (sent.  n.  242  del  2005),  che
l'ambito valutativo abbia dimensione ultraregionale. Tutt'altro:  per
porre in essere attivita' di valorizzazione dei beni appartenenti  al
"patrimonio" presente in ciascuna Regione non si  ha  bisogno  di  un
ambito valutativo ulteriore rispetto a quello regionale. 
    Per tutte queste ragioni, l'avocazione di tale funzione  in  capo
allo Stato contrasta con i principi di sussidiarieta'  e  adeguatezza
di cui all'art. 118, primo comma, Cost. 
    10.3. - Quanto appena esposto non esaurisce pero'  i  profili  di
illegittimita' costituzionale della disposizione impugnata. 
    E'  infatti  necessario  ritenere  che  -   anche   ove   fossero
considerati sussistenti i requisiti sostanziali per  l'avocazione  in
sussidiarieta' della funzione - l'impugnato art. 24  del  Codice  non
soddisfa  affatto  i  requisiti  procedimentali   individuati   dalla
giurisprudenza  costituzionale  ormai   consolidata   perche'   possa
legittimamente realizzarsi la "avocazione in sussidiarieta'" da parte
dello Stato. In particolare, la sent. n. 33 del 2011 e  la  sent.  n.
278 del 2010 hanno affermato che e' «oramai principio  acquisito  nel
rapporto  tra  legislazione  statale  e  legislazione  regionale  che
quest'ultima  possa  venire  spogliata  della  propria  capacita'  di
disciplinare la funzione amministrativa attratta in sussidiarieta', a
condizione che cio' si accompagni alla  previsione  di  un'intesa  in
sede  di  esercizio  della  funzione,  con   cui   poter   recuperare
un'adeguata autonomia, che l'ordinamento riserva non gia' al  sistema
regionale complessivamente inteso, quanto  piuttosto  alla  specifica
Regione che sia stata privata di un proprio potere (sentenze n. 383 e
n. 62  del  2005,  n.  6  del  2004  e  n.  303  del  2003  >  (cfr.,
rispettivamente, i parr. 13 e 6.1. del Considerato in diritto). 
    L'art.  24  qui  impugnato,  dunque,  deve  senz'altro  ritenersi
incostituzionale  poiche'  non  ha  previsto  che  le  funzioni   ivi
disciplinate siano esercitate necessariamente previa intesa  in  sede
di Conferenza Stato-Regioni, qualora gli interventi abbiano carattere
"ultraregionale" o con la Regione direttamente interessata  nel  caso
di interventi limitati al territorio di una singola Regione. 
    Per tutti questi motivi, l'art. 24  del  Codice  della  normativa
statale in tema di ordinamento e mercato del turismo viola gli  artt.
117, terzo e quarto comma, e 118, primo comma,  cost.  Evidentemente,
peraltro,  l'accoglimento  della   questione   di   costituzionalita'
proposta   nel   par.   10.2   condurrebbe   alla   declaratoria   di
incostituzionalita'  dell'intera   disposizione   impugnata,   mentre
l'accoglimento della questione  proposta  nel  presente  paragrafo  -
sollevata  in  via  subordinata  rispetto  a  quella  del   paragrafo
precedente - condurrebbe  alla  declaratoria  di  incostituzionalita'
dell'art. 24 del Codice  nella  parte  in  cui  non  prevede  che  le
funzioni ivi disciplinate  siano  esercitate  necessariamente  previa
intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni,  qualora  gli  interventi
abbiano carattere "ultraregionale"  o  con  la  Regione  direttamente
interessata nel caso di interventi  limitati  al  territorio  di  una
singola Regione. 
    11. - Sintesi delle questioni proposte 
    11.1. - In chiusura  del  presente  ricorso,  la  Regione  Puglia
Ritiene opportuno, per  maggiore  chiarezza,  offrire  una  sintetica
ricapitolazione  delle  questioni  di   legittimita'   costituzionale
sottoposte al giudizio di questa Corte. 
    I) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1, del d.lgs.
n. 79 del 2011, il quale approva  l'intero  "Codice  della  normativa
statale in  tema  di  ordinamento  e  mercato  del  turismo"  di  cui
all'Allegato 1, per violazione: 
        degli artt. 76 e 77, primo comma, Cost.,  in  relazione  alla
lesione delle attribuzioni spettanti alle Regioni in base agli  artt.
117, quarto comma, e 118, primo comma, Cost.,  in  quanto  il  potere
legislativo del Governo e' stato esercitato: a) in assenza di  delega
legislativa  o  al  di  fuori   dell'ambito   oggettivo   da   questa
individuato; b) comunque, sulla base di una norma di delega del tutto
priva della delimitazione dell'oggetto e carente anche  in  relazione
alla  fissazione  di  adeguati  principi  e  criteri  direttivi   per
l'esercizio del potere delegato. 
    II) (in via subordinata rispetto alla censura  1)  Illegittimita'
costituzionale dell'art. 2, comma 2, dell'Allegato  1  (Codice  della
normativa statale in tema di ordinamento e mercato  del  turismo)  al
d.lgs. n. 79 del 2011, per violazione: 
        dell'art. 117, quarto comma, e dell'art.  118,  primo  comma,
Cost., in quanto detta una  disciplina  statale  in  una  materia  di
competenza legislativa residuale regionale ("turismo"), non potendosi
neppure  ritenere  operante  il  titolo   di   legittimazione   della
"sussidiarieta' legislativa", poiche' la norma impugnata: a) pretende
di avocare in sussidiarieta' direttamente funzioni legislative, senza
che la avocazione di queste ultime sia immediatamente connessa con la
avocazione di funzioni amministrative al cui svolgimento  le  Regioni
debbano ritenersi inadeguate; b) si limita ad  individuare  obiettivi
generali, destinati ad essere perseguiti mediante norme  legislative,
realizzando  cosi'  una  generale  e  indiscriminata  avocazione   di
funzione legislative, in luogo della sua "chiamata" in riferimento  a
specifici oggetti e funzioni amministrative,  secondo  quanto  invece
richiesto dalla giurisprudenza costituzionale. 
    III) (in via subordinata rispetto alla censura 1)  Illegittimita'
costituzionale dell'art. 8, comma 2, dell'Allegato  1  (Codice  della
normativa statale in tema di ordinamento e mercato  del  turismo)  al
d.lgs. n. 79 del 2011, per violazione: 
        dell'art. 117, quarto comma, Cost., in quanto, regolando  gli
effetti derivanti dall'ottenimento di una  licenza  all'esercizio  di
attivita' ricettiva, e  individuandoli  nel  congiunto  e  automatico
ottenimento della possibilita' di fornire beni  e  servizi  di  varia
natura, nonche'  di  somministrare  alimenti  e  bevande,  invade  la
competenza  legislativa  regionale  residuale   nella   materia   del
"commercio" (o, in subordine, in quella del  "turismo")  senza  poter
trovare  supporto  in  alcuno  dei  titoli  di  legittimazione  della
potesta' legislativa spettante allo Stato. 
    IV) (in via subordinata rispetto alla censura  1)  Illegittimita'
costituzionale dell'art. 16, commi 1 e  2,  dell'Allegato  1  (Codice
della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo)
al d.lgs. n. 79 del 2011, per violazione: 
        dell'art. 117, quarto comma, Cost., in  quanto  -  prevedendo
che siano assoggettati a Segnalazione certificata di inizio attivita'
(SCIA) l'avvio e l'esercizio delle  strutture  turistico-ricettive  -
disciplina  procedimenti  amministrativi  destinati  a  svolgersi  in
materie di competenza legislativa residuale  regionale  ("turismo"  o
"commercio") in assenza di qualunque  titolo  di  legittimazione  del
legislatore statale, non potendo  quest'ultimo  essere  reperito  ne'
nella materia della "tutela  della  concorrenza"  (poiche'  la  norma
impugnata disciplina le relazioni tra gli operatori  economici  e  la
pubblica amministrazione, senza che cio' possa in alcun modo incidere
sulle relazioni tra gli operatori economici), ne' nella  materia  dei
"livelli   essenziali   delle   prestazioni"   (poiche'   l'attivita'
amministrativa puo' assurgere alla qualifica di  "prestazione"  della
quale lo Stato  e'  competente  a  fissare  un  "livello  essenziale"
soltanto a fronte di uno specifico "diritto" di  individui,  imprese,
operatori economici e, in generale, soggetti privati,  cio'  che  non
avviene nel caso di specie). 
    V) (in via subordinata rispetto alla  censura  1)  Illegittimita'
costituzionale dell'art. 21, commi 1, 2 e 3, dell'Allegato 1  (Codice
della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo)
al d.lgs. n. 79 del 2011, per violazione: 
        dell'art. 117, quarto comma, Cost., in  quanto  -  prevedendo
che siano assoggettati a Segnalazione certificata di inizio attivita'
(SCIA)  l'apertura,  il  trasferimento  e  le  modifiche  concernenti
l'operativita'  delle  agenzie  di  viaggi  e  turismo  -  disciplina
procedimenti amministrativi  destinati  a  svolgersi  in  materie  di
competenza legislativa residuale regionale ("turismo") in assenza  di
qualunque titolo  di  legittimazione  del  legislatore  statale,  non
potendo quest'ultimo essere reperito ne' nella materia della  "tutela
della  concorrenza"  (poiche'  la  norma  impugnata   disciplina   le
relazioni tra gli operatori economici e la pubblica  amministrazione,
senza che cio' possa in alcun modo incidere sulle relazioni  tra  gli
operatori economici), ne' nella materia dei "livelli essenziali delle
prestazioni" (poiche' l'attivita' amministrativa puo' assurgere  alla
qualifica di "prestazione" della  quale  lo  Stato  e'  competente  a
fissare un "livello essenziale" soltanto a fronte  di  uno  specifico
"diritto" di individui, imprese, operatori economici e, in  generale,
soggetti privati, cio' che non avviene nel caso di specie). 
    VI) (in via subordinata rispetto alla censura  1)  Illegittimita'
costituzionale dell'art. 20, comma 2, dell'Allegato 1  (Codice  della
normativa statale in tema di ordinamento e mercato  del  turismo)  al
d.lgs. n. 79 del 2011, per violazione: 
        dell'art. 117, quarto comma, Cost., in quanto, stabilendo che
«l'apertura di filiali, succursali e altri punti vendita  di  agenzie
gia' legittimate ad operare non richiede la nomina  di  un  direttore
tecnico per ciascun punto di  erogazione  del  servizio»,  interviene
nell'ambito della materia del "turismo" o, al  piu',  in  quella  del
"commercio", entrambe di competenza legislativa residuale  regionale,
in assenza di qualunque titolo di legittimazione contenuto  nell'art.
117,  commi  secondo  e  terzo,  cost.  o   in   altre   disposizioni
costituzionali. 
    VII) (in via subordinata rispetto alla censura 1)  Illegittimita'
costituzionale dell'art. 23, comma 1, dell'Allegato 1  (Codice  della
normativa statale in tema di ordinamento e mercato  del  turismo)  al
d.lgs. n. 79 del 2011, per violazione: 
        dell'art. 117, quarto comma, e dell'art.  118,  primo  comma,
Cost., in  quanto,  pretendendo  di  definire  i  "sistemi  turistici
locali" in riferimento ad  attivita'  volte  a  promuovere  l'offerta
turistica, nonche' l'integrazione delle  politiche  del  turismo  con
altre politiche regionali, interviene  nella  materia  "turismo",  di
competenza residuale regionale, senza che possa ritenersi sussistente
un qualunque titolo di legittimazione dell'intervento statale, e  non
potendo  quest'ultimo,   in   particolare,   reperirsi   nella   c.d.
"sussidiarieta' legislativa", dal momento che: a) questo istituto  in
nessun caso puo' riguardare la sola funzione legislativa; b) rispetto
alle attivita' promozionali in  questione,  i  livelli  regionali  di
governo non possono non ritenersi adeguati. 
    VIII) (in via subordinata rispetto alla censura 1) Illegittimita'
costituzionaledell'art. 24 dell'Allegato 1  (Codice  della  normativa
statale in tema di ordinamentoe mercato del turismo) al d.lgs. n.  79
del 2011 - ai sensi del  quale  «nel  rispettodell'articolo  9  della
Costituzione e del codice dei beni culturali e del paesaggio  di  cui
aldecreto legislativo 22 gennaio  2004,  n.  42,  il  Presidente  del
Consiglio dei Ministri o ilMinistro  delegato,  di  concerto  con  il
Ministro  per  i  beni   e   le   attivita'   culturali,promuove   la
realizzazione di iniziative  turistiche  finalizzate  ad  incentivare
lavalorizzazione  del  patrimonio  storico-artistico,   archeologico,
architettonico  epaesaggistico  presente  sul  territorio   italiano,
utilizzando le risorse umane e strumentalidisponibili, senza nuovi ed
ulteriori oneri per la finanza pubblica» - per violazione:• dell'art.
117, commi terzo  e  quarto,  e  dell'art.  118,  primo  comma,Cost.,
poiche' - in una materia di competenza  legislativaconcorrente  quale
la "valorizzazione dei beni culturali ambientali"o, alternativamente,
in una materia di competenza legislativaresiduale regionale quale  il
"turismo" - realizza una avocazione  in  sussidiarieta'  di  funzioni
amministrative e della  connessa  funzione  legislativa  in  capo  ad
organi dello Stato, senza  pero'  che  i  livelli  regionali  possano
considerarsi inadeguati allo svolgimento delle funzioni in  questione
e,  pertanto,  in  contrasto  con  i  principi  di  sussidiarieta'  e
adeguatezza. 
    IX) (in via subordinata rispetto alla censura I, nonche'  in  via
ulteriormente subordinata rispetto alla censura VIII)  Illegittimita'
costituzionale dell'art. 24 dell'Allegato 1 (Codice  della  normativa
statale in tema di ordinamento e mercato del turismo) al d.lgs. n. 79
del 2011 - ai sensi del quale «nel  rispetto  dell'articolo  9  della
Costituzione e del codice dei beni culturali e del paesaggio  di  cui
al decreto legislativo 22 gennaio 2004,  n.  42,  il  Presidente  del
Consiglio dei Ministri o il Ministro delegato,  di  concerto  con  il
Ministro  per  i  beni  e  le  attivita'   culturali,   promuove   la
realizzazione di iniziative turistiche finalizzate ad incentivare  la
valorizzazione  del   patrimonio   storico-artistico,   archeologico,
architettonico e  paesaggistico  presente  sul  territorio  italiano,
utilizzando le risorse umane e strumentali disponibili,  senza  nuovi
ed ulteriori oneri per la finanza pubblica» - nella parte in cui  non
prevede  che  le   funzioni   ivi   disciplinate   siano   esercitate
necessariamente previa intesa in sede  di  Conferenza  Stato-Regioni,
qualora gli interventi abbiano carattere "ultraregionale", o  con  la
Regione direttamente interessata nel caso di interventi  limitati  al
territorio di una singola Regione, per violazione: 
        dell'art. 117, commi terzo e quarto, e dell'art.  118,  primo
comma, Cost., poiche' - in  una  materia  di  competenza  legislativa
concorrente quale la "valorizzazione dei beni  culturali  ambientali"
o,  alternativamente,  in  una  materia  di  competenza   legislativa
residuale regionale quale il "turismo" - realizza una  avocazione  in
sussidiarieta' di funzioni amministrative e della  connessa  funzione
legislativa in capo  ad  organi  dello  Stato,  senza  rispettare  il
"protocollo" della "avocazione  in  sussidiarieta'"  elaborato  dalla
giurisprudenza costituzionale,  secondo  il  quale  condizione  della
legittimita' costituzionale di questo strumento e' la  previsione  di
una "intesa forte"  con  i  livelli  regionali  nell'esercizio  delle
funzioni disciplinate.