Ricorso della Regione Puglia, in persona del Presidente pro tempore della Giunta regionale dott. Nicola Vendola, a cio' autorizzato con deliberazione della Giunta regionale n. 1717 del 29 luglio 2011, rappresentato e difeso dagli avv.ti prof. Nicola Colaianni e prof. Marcello Cecchetti ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest'ultimo in Roma, via Antonio Mordini n. 14 (e-mail: marcello.cecchetti@gmail.com; pecmarcellocecchetti@pec.ordineavvocatifirenzeit), come da mandato a margine del presente atto; Contro lo Stato, in persona del Presidente del Consiglio dei Ministri pro tempore, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale in parte qua del decreto legislativo 23 maggio 2011, n. 79 (Codice della normativa statale intema di ordinamento e mercato del turismo, a norma dell'articolo 14 della legge 28novembre 2005, n. 246, nonche' attuazione della direttiva 200811221 CE, relativa ai contratti di multiproprieta', contratti relativi ai prodotti per le vacanze di lungotermine, contratti di rivendita e di scambio), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 6 giugno 2011, n. 129 S.O., limitatamente all'art. 1, comma 1, del suddetto decreto legislativo, nonche' all'art. 2, comma 2, all'art. 8, comma2, all'art. 16, commi 1 e 2, all'art. 21, commi 1, 2 e 3, all'art. 20, comma 2,all'art. 23, comma 1, e all'art 24 dell'Allegato 1 (Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo), per violazione degli articoli 76, 77, primo comma, 117, terzo e quarto comma, 118, primo comma, della Costituzione. 1. - Con l'art. 1 del d.lgs. n. 79 del 2011 e' stato approvato il Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo. Il decreto, all'art. 2, contiene invece la disciplina di alcune tipologie di contratti in attuazione della direttiva 2008/122/CE, modificando e integrando il d.lgs. n. 206 del 2005; per questa parte - che rimarra' del tutto estranea al presente ricorso - il d.lgs. trova il proprio fondamento nella delega legislativa contenuta negli artt. 1 e 2 e nell'allegato B della legge n. 96 del 2010 (Legge comunitaria 2009). Diversamente, per la parte relativa all'approvazione del menzionato Codice (art. 1 e Allegato 1), il decreto in questione, secondo quanto risulta dalle premesse, assume di trovare fondamento nelle deleghe legislative di cui all'art. 14, commi 14, 15 e 18, della legge n. 246 del 2005, ossia nel complesso meccanismo semplificatorio introdotto per l'appunto da queste disposizioni e piu' comunemente conosciuto come "sistema taglia-leggi". Quanto all'iter procedimentale, lo schema di decreto ha ottenuto l'approvazione preliminare nella seduta del Consiglio dei ministri del 19 ottobre 2010; successivamente, e' stato trasmesso alla Presidenza del Senato per i prescritti pareri delle commissioni parlamentari competenti in data 21 gennaio 2011 (cfr. Atto del Governo n. 327), accompagnato dal parere della Conferenza unificata espresso in data 18 novembre 2010 (parere positivo per la parte attuativa della delega di cui alla legge comunitaria n. 96 del 2010 e, viceversa, negativo per la parte relativa al Codice del turismo), nonche' dal parere del Consiglio di Stato n. 307/2011espresso dalla Sezione Consultiva per gli Atti Normativi nell'adunanza del 13 gennaio 2011 (parere favorevole con condizioni e Osservazioni). Il decreto e' stato approvato in via definitiva nella seduta del Consiglio dei ministri del 5 maggio 2011, emanato dal Presidente della Repubblica il 23 maggio successivo e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 6 giugno 2011, n. 129 S.O. 2. - La Regione Puglia, con la deliberazione della Giunta regionale indicata in epigrafe, ha espresso la volonta' di impugnare davanti a questa Corte l'art. 1, comma 1, del d.lgs. 23 maggio 2011, n. 79 (Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo, a norma dell'articolo 14 della legge 28 novembre 2005, n. 246, nonche' attuazione della direttiva 2008/122/ CE, relativa ai contratti di multiproprieta', contratti relativi ai prodotti per le vacanze di lungo termine, contratti di rivendita e di scambio), con il quale e' stato approvato il Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo di cui all'Allegato 1, nonche' alcune specifiche disposizioni contenute nel medesimo Allegato 1 e, in specie, gli articoli 2, comma 2; 8, comma 2; 16, commi 1 e 2; 21, commi 1, 2 e 3; 20, comma 2; 23, comma 1; e 24. Cio' in quanto l'intero Allegato 1 e, in particolare, gli articoli specificamente indicati, risultano costituzionalmente illegittimi e in ogni caso lesivi dell'autonomia che la Costituzione riconosce e garantisce alla Regione Puglia, in riferimento alle seguenti disposizioni costituzionali: artt. 76; 77, primo comma; 117, terzo e quarto comma; 118, primo comma, Cost. L'illegittimita' costituzionale che si denuncia con il presente ricorso si fonda sulle seguenti ragioni di Diritto 3. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 79 del 2011, il quale approva l'intero "Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo" di cui all'Allegato 1, per violazione degli artt. 76 e 77, primo comma Cost., in relazione alla lesione delle attribuzioni spettanti alle Regioni in base agli artt. 117, quarto comma, e 118, primo comma, Cost., in quanto il potere legislativo del Governo e' stato esercitato in assenza di delega legislativa o al di fuori dell'ambito oggettivo da questa individuato e, comunque, sulla base di una norma di delega del tutto priva della delimitazione dell'oggetto e carente anche in relazione alla fissazione di adeguati principi e criteri direttivi per l'esercizio del potere delegato., 3.1. - Come accennato in premessa, per la parte concernente l'approvazione del Codice di cui all'Allegato 1, il decreto che qui si impugna fa esplicito riferimento alle disposizioni di delega contenute nell'art. 14, commi 14, 15 e 18, della legge n. 246 del 2005. Al riguardo, occorre subito sgombrare il campo da un primo possibile equivoco. Considerata la pacifica scadenza del termine delle due deleghe legislative contenute nei citati commi 14 e 15 avvenuta in data 16 dicembre 2009 (e comunque non oltre il 16 marzo 2010, in forza della previsione contenuta nell'ultimo periodo del comma 22 del medesimo art. 14 della legge n. 246 del 2005) - a prescindere dal fatto che la delega del comma 14 abilitava il Governo alla sola emanazione di decreti meramente ricognitivi delle disposizioni legislative anteriori al 1970 da mantenere in vigore, sottraendole agli effetti abrogativi della c.d. "clausola ghigliottina", cosi' come gia' riconosciuto da questa Corte nella sent. n. 346 del 2010, al par. 4.5 del Considerato in diritto - l'unica delega legislativa astrattamente in grado di fondare il potere del Governo di approvare il Codice in questione e' quella contenuta nel comma 18 per la parte relativa all'emanazione di «disposizioni di riassetto». Tale previsione, frutto della novella di cui all'art. 13 della legge n. 15 del 2009, stabilisce che «entro due anni dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al comma 14, possono essere emanate, con uno o piu' decreti disposizioni integrative, di riassetto o correttive, esclusivamente nel rispetto dei principi e criteri direttivi di cui al comma 15 e previo parere della Commissione di cui al comma 19». Orbene, la semplice lettura del testo della disposizione in esame rende assai difficile anche solo ipotizzare che in essa si potesse rinvenire una delega legislativa al "riassetto" dell'intera legislazione statale avente ad oggetto l'«ordinamento» e il «mercato del turismo». Dunque, l'unica norma di delega astrattamente utilizzabile - e di fatto dichiaratamente utilizzata nel caso di specie - non abilitava affatto il Governo ad adottare il Codice impugnato (come, del resto, era stato espressamente contestato dalla Conferenza Unificata a sostegno del parere negativo del 18 novembre 2010 citato in premessa). Ne consegue la palese violazione dell'esplicito disposto dell'art. 77, primo comma, Cost., ai sensi del quale «il Governo non puo', senza delegazione delle Camere, emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria». 3.2. - Ne' a diversa conclusione si potrebbe giungere anche volendo accogliere l'interpretazione sistematica dei commi 12, 14, 15, 18 e 18-bis dell'art. 14 della legge n. 246 del 2005 prospettata dal Consiglio di Stato nel parere n. 802/2010 reso dalle Sezioni riunite Prima e Normativa nell'adunanza del 13 gennaio 2010. Ad avviso del Supremo organo di consulenza giuridico-amministrativa del Governo, infatti, la delega al "riassetto" di cui al comma 18 dovrebbe essere considerata come delega autonoma rispetto alla delega integrativa-correttiva ivi prevista e varrebbe sostanzialmente come "proroga" per un ulteriore biennio della delega al "riassetto" gia' prevista nel comma 15 e scaduta il 16 dicembre 2009. Di qui la lapidaria conclusione secondo la quale «quanto (.) all'oggetto della delega esso e' e rimane quello previsto dall'art. 14, comma 15, della legge n. 246 del 2005, e cioe' il riassetto'della materia oggetto dei decreti legislativi di cui al comma 14. Si evidenzia, in questa prospettiva, il legame che unisce la fase di riassetto, da compiersi ai sensi del nuovo comma 18, con la fase, in precedenza svolta, di identcazione della disciplina da mantenere in vigore. L'opera di riassetto puo', infatti, essere realizzata per la prima volta nel biennio di cui all'art. 14, comma 18, ma e' comunque sequenzialmente collegata con l'attivita' svolta nelle fasi precedenti» (cfr. par. 8 del Considerato, pag. 18). Una simile interpretazione puo' certamente condividersi sul pianodell'astratta ricostruzione del quadro normativo. Essa, tuttavia, non riesce affatto a far ritenere il Codice del turismo esente da vizi di costituzionalita' inerenti il suo procedimento di formazione. Cio' per le seguenti ragioni. Il comma 14, come accennato, prevedeva la c.d. "delega salva-leggi" (scaduta il 16 dicembre 2009) per l'individuazione delle disposizioni legislative anteriori al 1° gennaio 1970 da sottrarre alla abrogazione generalizzata della clausola "ghigliottina" prevista dal comma 14-ter e, tra i principi e criteri direttivi, per quanto rileva in questa sede, contemplava, alla lett. e), quello relativo alla «organizzazione delle disposizioni da mantenere in vigore per settori omogenei o per materie, secondo il contenuto precettivo di ciascuna di esse». Il successivo comma 15, per parte sua, prevedeva, invece, una ulteriore delega al Governo da esercitare con gli stessi decreti legislativi di cui al comma 14 (dunque, sempre entro il 16 dicembre 2009), stabilendo che «i decreti legislativi di cui al comma 14 provvedono altresi' alla semplificazione o al riassetto della materia che ne e' oggetto, nel rispetto dei principi e criteri direttivi di cui all'articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni, anche al fine di armonizzare le disposizioni mantenute in vigore con quelle pubblicate successivamente alla data del 1° gennaio 1970». Il tenore delle disposizioni appena riportate rende palese che la delega di cui al comma 15, considerata isolatamente, non era caratterizzata da un "oggetto definito". Cio', tuttavia, avrebbe potuto non implicare necessariamente la sua incostituzionalita', dal momento che tale "oggetto" era suscettibile di risultare "definito" mediante la adozione dei decreti di cui al precedente comma 14, ove essi avessero provveduto ad organizzare le disposizioni da mantenere in vigore «per settori omogenei o per materie», ai sensi del rinvio ai medesimi operato dal comma 15. Si trattava dunque di una delega con oggetto indefinito, ma "definibile" attraverso successivi atti normativi. In base a tali previsioni, in sintesi, sarebbe stato ben possibile che il Governo, mediante l'«organizzazione delle disposizioni da mantenere in vigore per settori omogenei o per materie, secondo il contenuto precettivo di ciascuna di esse», da effettuare nell'esercizio della c.d. "delega salva-leggi" del comma 14, rendesse concretamente predeterminati una pluralita' di "oggetti definiti" ai sensi dell'art. 76 cost. sui quali esercitare la delega al "riassetto" del comma 15 o, scaduta quest'ultima, la delega al "riassetto" del comma 18 come prospettato dal Consiglio di Stato. Tuttavia, anche ad ammettere che una simile soluzione ermeneutica potesse considerarsi conforme al modello costituzionale della delega legislativa, il dato dirimente e' che nulla di tutto cio' si e' verificato. In attuazione delle deleghe di cui ai commi 14 e 15 - fatta eccezione per il Codice dell'ordinamento militare (d.lgs. n. 66 del 2010) che qui non rileva - e' stato emanato il solo d.lgs. n. 179 del 2009, entrato in vigore il 15 dicembre 2009. Tale decreto, come e' noto, contiene un solo articolo e due allegati, nei quali vengono individuati attraverso semplici elenchi cronologici, rispettivamente, 2.375 atti legislativi da salvare rispetto alla c.d. "ghigliottina taglia-leggi" e 861 atti legislativi da sottrarre all'effetto abrogativo di cui all'art. 2 del d.l. n. 200 del 2008 (cosi' come convertito in legge dalla legge n. 9 del 2009) e, di conseguenza, anche alla stessa abrogazione generalizzata. Il decreto n. 179, dunque, si pone in palese contrasto con il menzionato principio e criterio direttivo della delega di cui alla lett. e) del comma 14, giacche' non contempla alcuna distinzione o organizzazione per "materie" o per "settori omogenei" delle disposizioni legislative individuate, secondo il contenuto precettivo di ciascuna di esse. A prescindere dalla verosimile illegittimita' costituzionale, sotto tale profilo, del decreto appena richiamato, cio' che piu' conta e' il fatto che, omettendo di organizzare per materie o per settori omogenei le disposizioni anteriori al 1970 "salvate" dall'abrogazione generalizzata, il Governo ha determinato il venir meno del presupposto fondamentale delle deleghe al "riassetto" contemplate nei commi 15 e 18. Infatti, come testualmente conferma il disposto del comma 15, il riassetto normativo sarebbe stato giuridicamente possibile solo sulla base della previa individuazione almeno di "materie" definite che ne potessero costituire con sufficiente precisione l'oggetto. Se tale individuazione - come e' innegabile - non e' stata effettuata direttamente dal legislatore delegante e, nel caso di specie, non risulta neppure dall'unico decreto delegato emanato in attuazione del comma 14, la conseguenza e' una sola e palesemente incostituzionale: ammettere all'interno del comma 18 la perdurante esistenza di una delega al Governo per l'emanazione di decreti legislativi «di riassetto» nei due anni dall'entrata in vigore del d.lgs. n. 179 del 2009, oltretutto se si ritenga che tale "riassetto" debba coinvolgere anche le disposizioni legislative successive al 1970, significherebbe riconoscere in capo all'Esecutivo una delega a "riformare" (innovandolo) l'intero ordinamento legislativo dello Stato senza alcun limite che valga a "definire" - come richiede l'art. 76 Cost. - l'ambito oggettivo dell'intervento. Di fronte ad una simile conseguenza, il canone dell'interpretazione costituzionalmente orientata della disposizione contenuta nell'art. 14, comma 18, della legge n. 246 del 2005 offre due soluzioni - non necessariamente alternative tra loro - in grado di evitare l'illegittimita' della delega: a) la prima soluzione, come si e' accennato, e' quella di ritenere che tale delega richiedesse, come suo presupposto imprescindibile e per espresso disposto del legislatore delegante, la previa organizzazione delle disposizioni legislative anteriori al 1970 per materie o settori omogenei, in conformita' con quanto previsto dai principi e criteri direttivi del comma 14; il che avrebbe consentito di disporre di un "oggetto definito" cui riferire l'intervento di riassetto da parte del Governo, cosi' come imposto dal precetto dell'art. 76 Cost.; b) la seconda soluzione e' quella di ritenere che tanto il riassetto di cui al comma 15 (inserito nell'ambito degli stessi decreti legislativi "salva-leggi") quanto, a maggior ragione, quello sostanzialmente analogo di cui al comma 18 dovessero essere intesi come limitati, nel loro ambito oggettivo di intervento, alle sole disposizioni legislative anteriori al 1970 e fatte salve con il d.lgs. n. 179 del 2009, potendo prendere in considerazione le disposizioni pubblicate in data successiva al 1° gennaio 1970 solo «al fine di armonizzare» le prime con queste ultime. Entrambe le soluzioni interpretative, pero', pur provando in qualche modo a fare salva la conformita' a Costituzione delle norme di delega, conducono alla palese illegittimita' costituzionale del d.lgs. n. 79 del 2011, nella parte in cui approva il Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo, per violazione degli artt. 76 e 77, primo comma, cost. Nella prima ipotesi, perche' il Governo ha agito in assoluta carenza di potere, non sussistendo ne' i presupposti generali della delega al "riassetto", consistenti nella individuazione di materie o settori normativi omogenei previamente "definiti", ne', tanto meno, una qualche sia pur minima traccia nella legislazione statale vigente al momento dell'emanazione del decreto n. 79 del 2011 che consentisse di fondare un potere legislativo delegato avente ad oggetto il "riassetto" dell'«ordinamento» e del «mercato del turismo»; nella seconda ipotesi, perche' il Governo ha ecceduto i limiti della delega per la parte in cui ha provveduto al riassetto dell'intera disciplina legislativa statale esistente e asseritamente ascrivibile al "turismo", senza limitarsi alle sole disposizioni anteriori al 1970 e mantenute in vigore mediante il d.lgs. n. 179 del 2009. 3.3. - Qualora non dovessero ritenersi condivisibili le interpretazioni adeguatrici della disposizione di delega contenuta nel comma 18 dell'art. 14 della legge n. 246 del 2005 che si sono appena indicate, sarebbe questa stessa disposizione a risultare costituzionalmente illegittima per contrasto con l'art. 76 Cost.; con conseguente illegittimita' derivata del decreto n. 79 del 2011 sempre nella parte in cui, all'art. 1, comma 1, approva il Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo di cui all'Allegato 1. Sarebbe inevitabile, infatti, la constatazione che la delega al "riassetto" di cui al comma 18 e' costruita in termini palesemente difformi rispetto al modello costituzionale dell'art. 76, mancando essa di qualunque delimitazione di oggetti. D'altra parte, l'esigenza che il potere legislativo delegato al Governo risulti affidato «soltanto (...) per oggetti definiti» non potrebbe certo ritenersi soddisfatta ritenendo che il comma 18 conferisca all'Esecutivo la potesta' di provvedere al "riassetto" di tutta la legislazione statale vigente, distinguendola in base al solo "criterio soggettivo" della struttura amministrativa che venga considerata "competente" in relazione a determinate fonti legislative. Si tratterebbe, in realta', come dimostra per l'appunto la vicenda che oggi si sottopone all'esame di questa Corte, di una sorta di "abilitazione take away", rivolta a ciascuna delle strutture delle Amministrazioni dello Stato, a scegliersi liberamente, di volta in volta, i materiali legislativi da "riassettare" e a confezionarsi a piacimento la riforma - piu' o meno organica - della "propria" legislazione. Ne' a soccorrere l'interprete nella individuazione degli «oggetti definiti» della delega al "riassetto" di cui al comma 18 potrebbero invocarsi i principi e criteri direttivi della delega cui la disposizione fa riferimento richiamando, per il tramite del rinvio al comma 15, i principi e criteri dell'art. 20 della legge n. 59 del 1997. Come e' stato correttamente affermato in dottrina, infatti, il generico richiamo a tali principi risulta «decisamente fuori luogo e inadatto a indirizzare l'azione del Governo, non foss'altro per il fatto che buona parte di essi tradiscono la loro matrice di origine di guide-lines della semplificazione amministrativa e, ad ogni modo, non risultano adeguati ad un'azione di riordino "senza materia", in quanto riferita a leggi operanti in ambiti assolutamente disparati e indeterminabili a priori» (cosi' P. Carnevale, Le politiche sulla legislazione: codificazione e semplificazione, in M. Ruotolo (a cura di), La funzione legislativa, oggi, Napoli, Editoriale Scientifica, 2007, 73). Altra dottrina, nella medesima logica, ha osservato come il richiamato art. 20 della legge n. 59 del 1997 non detti «affatto criteri specifici per una determinata materia ma, al piu', orientamenti di carattere generale, per cosi' dire, "buoni per tutti gli usi", ed in effetti in alcuni casi utilizzabili per l'adozione sia di decreti legislativi sia di regolamenti di delegificazione (comma 4), a dimostrazione della loro inidoneita' a porsi quali punti di riferimento esclusivi» per l'adozione di un determinato decreto di "riassetto"; l'art. 20 della legge n. 59, d'altronde, «appare chiaro nel presupporre che il riassetto debba essere autorizzato da una legge (in quel caso, la legge di semplifcazione annuale) recante, ai sensi dell'art. 76 Cost., "gli indirizzi, i criteri, le modalita' e le materie di intervento" (comma 1) e principi e criteri specifici per le singole materie (comma 3) dei quali costituiscono un'integrazione quelli, di carattere generale, espressamente individuati nei commi 3 e 4» (cosi' G. Tarli Barbieri, Quando la semplificazione normativa e' politicamente "sensibile": lo "strano caso" dell'abrogazione del d.lgs. 43/1948, in Studi in onore di Franco Modugno, IV, Napoli, Editoriale Scientifica, 2010, 3538). 3.4. - Per le ragioni appena esposte - qualora questa Corte non ritenesse di accogliere le prospettazioni contenute nei parr. 3.1 e 3.2 del presente ricorso, dichiarando direttamente l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 79 del 2011 (recante l'approvazione dell'intero Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo di cui all'Allegato 1) a prescindere dalla eventuale illegittimita' della norma di delega contenuta nel comma 18 dell'art. 14 della legge n. 246 del 2005 - la Regione Puglia chiede a questo Ecc.mo Collegio di sollevare davanti a se stesso, quale giudice a quo, la questione di legittimita' costituzionale del menzionato comma 18 per violazione dell'art. 76 cost. e, conseguentemente all'accoglimento di tale questione, di dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'impugnato art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 79 del 2011 per incostituzionalita' derivata dalla illegittimita' della norma di delega. E' del tutto evidente, nell'ipotesi di specie, che la questione di cui si chiede l'autorimessione davanti a questa Corte si configuri come senz'altro rilevante ai fini della definizione del presente giudizio e, altresi', fondata per le ragioni indicate. 3.5. - Un ultimo profilo del presente motivo di ricorso merita un chiarimento. Come e' reso palese dalla rubrica del motivo, le questioni che la Regione Puglia solleva per violazione degli artt. 76 e 77, primo comma, cost. sono espressamente costruite «in relazione alla lesione delle attribuzioni spettanti alle Regioni in base agli artt. 117, quarto comma, e 118, primo comma, Cost.». Si tratta di una precisazione non meramente formale; essa, infatti, vale ad evidenziare la piena legittimazione della Regione ricorrente a dedurre nel presente giudizio la violazione di parametri costituzionali estranei al riparto di competenze tra Stato e Regioni, in ragione del fatto che la suddetta violazione "ridonda" senz'altro, nel caso di specie, in una lesione indiretta delle sfere di autonomia regionale che la Costituzione riconosce all'art. 117, quarto comma, e all'art. 118, primo comma. E' dato innegabile che il Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo - a prescindere dai possibili specifici titoli di legittimazione delle competenze dello Stato su cui ci soffermera' nei paragrafi che seguono - sia dichiaratamente destinato ad "incidere" su un ambito di sicura competenza legislativa regionale (la materia del "turismo", come noto ricondotta dalla consolidata giurisprudenza di questa Corte all'art. 117, quarto comma, Cost.,) e sia volto a "vincolare" e "conformare" non soltanto l'esercizio di tale competenza ma anche l'esercizio di rilevanti e numerose funzioni amministrative spettanti alle Regioni in base all'art. 118, primo comma, Cost. Non puo' sussistere alcun dubbio, pertanto, sul fatto che la Regione subisca una "lesione indiretta" delle proprie attribuzioni costituzionali se tali attribuzioni vengono incise, compresse o, comunque, vincolate da un atto legislativo dello Stato che non risulti pienamente conforme a Costituzione, in special modo, come si denuncia nel presente giudizio, sotto il profilo della carenza assoluta di potere in capo all'organo che lo ha emanato o sotto il profilo della illegittimita' costituzionale della delega su cui tale atto ha preteso di trovare fondamento. 4. - Considerazioni preliminari sulla materia "turismo". Nella denegata ipotesi in cui questa Ecc.ma Corte non ritenesse diaccogliere le censure appena esposte, con conseguente dichiarazione di illlegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1, del decreto impugnato e dell'intero Allegato 1 recante il "Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo", la Regione Puglia solleva, in via subordinata, alcune questioni di legittimita' costituzionale in relazione a singole disposizioni del Codice, in quanto invasive delle competenze legislative o amministrative costituzionalmente attribuite alla Regione. La ricorrente, tuttavia, ritiene opportuno far precedere l'illustrazione di tali questioni di legittimita' costituzionale da alcune considerazioni preliminari concernenti gli ambiti materiali interessati dalle norme contenute nel Codice, ed in particolare da quelle che in questa sede si contestano. Al riguardo, occorre premettere, in linea generale, che la materia "turismo", gia' espressamente contemplata nell'elenco delle materie di competenza legislativa concorrente tra Stato e Regioni contenuto nella versione originaria dell'art. 117 Cost., e' oggi ricompresa, per unanime riconoscimento dottrinale e per uniforme indirizzo della giurisprudenza costituzionale, nell'ambito della potesta' legislativa regionale residuale individuata dall'art. 117, quarto comma, cost. (cfr, ad es., le sentt. nn. 197 del 2003, par. 4 del Considerato in diritto; 214 del 2006, par. 8 del Considerato in diritto; 88 del 200V, par. 4'del Considerato in diritto; 339 del 2007, par. 3 del Considerato in diritto; 94 del 2008, par. 5 del Considerato in diritto; 76 del 2009, par. 2 del Considerato in diritto; 16 del 2010, par. 6 del Considerato in diritto). Tale rilievo consente di affermare, senza dubbio alcuno, che le competenze normative regionali nella materia de qua debbono ritenersi ampliate rispetto al sistema di riparto che caratterizzava il sistema costituzionale fino alla riforma del 2001, non essendo piu' vincolate al rispetto dei principi fondamentali della materia dettati dal legislatore statale, come invece accadeva durante la vigenza del testo originario dell'art. 117 Cost. La Regione ricorrente non ritiene, tuttavia, che cio' escluda che lo Stato disponga di titoli di legittimazione del proprio intervento, anche nell'ambito della materia "turismo" o in materie ad essa contigue. In particolare, questi titoli possono essere individuati nei seguenti. A) In alcune delle c.d. "materie trasversali" contemplate dall'art. 117, secondo comma, Cost., come ad esempio la "tutela della concorrenza", il "coordinamento statistico e informativo", la "determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere assicurati su tutto il territorio nazionale". B) Nella possibilita' - certamente concretizzatasi nella normativa contenuta nel Codice - di avocare in sussidiarieta' al livello statale funzioni amministrative che le Regioni risultino inadeguate a svolgere, in considerazione dell'ambito valutativo ultraregionale necessario a tal fine, nonche' di avocare congiuntamente le correlative funzioni legislative. Proprio in materia di "turismo" questa ipotesi e' stata ammessa, in relazione ad importanti funzioni, dalla giurisprudenza costituzionale recente (sentt. n. 76 del 2009, n. 88 del 2007 e n. 214 del 2006). Come si mostrera' piu' avanti, tuttavia, la "avocazione in sussidiarieta'" che lo Stato ha operato con il Codice in diverse circostanze non rispetta affatto lo "statuto" di tale istituto che questa Corte ha elaborato nella sua giurisprudenza ormai consolidata (oltre alle ben note sentt. n. 303 del 2003 e 6 del 2004, in questa sede si possono richiamare le piu' recenti sentt. nn. 165 e 33 del 2011, nonche' 278 e 121 del 2010) e per questa ragione essa deve, in tali casi, essere ritenuta incostituzionale. C) Nella possibilita' per lo Stato di disciplinare, esercitando la propria competenza legislativa esclusiva, oggetti che si pongono in stretta correlazione con la materia "turismo" (e/o hanno una indubbia influenza sulle attivita' che ad esso devono essere riferite), ma che sono essenzialmente differenti dalla medesima: l'esempio piu' importante e' senz'altro quello dell'ordinamento civile", nel quale certamente ricadono numerose disposizioni del Codice, come ad esempio l'intero Titolo VI contenente la disciplina dei contratti (artt. 32-53), ma deve essere menzionato anche quello delle "professioni". In sintesi, la circostanza secondo la quale la materia "turismo" sia affidata alla competenza residuale regionale non esclude la possibilita', per lo Stato, di incidere con proprie discipline legislative su tale settore o su settori contigui. E cio' certamente e' accaduto nel presente caso. Tuttavia, deve essere evidenziato che questa considerazione non esclude cio' che si affermava all'inizio: e cioe' che le competenze regionali in materia siano notevolmente aumentate rispetto al 2001, essendo oggi del tutto precluso allo Stato di dettare una "normativa quadro" generale sul turismo, contenente norme di principio destinate ad essere attuate dalle Regioni, come invece accadeva prima della riforma costituzionale del 2001. Tale rilievo e' importante, poiche' sembra invece che lo Stato si sia mosso esattamente in tale ottica: ossia riproponendo il meccanismo delle "leggi quadro sul turismo" che caratterizzavano questa materia fino a tale riforma. E proprio a tale specifico riguardo, puo' essere interessante ricordare le parole con le quali questa Corte ha significativamente dichiarato l'inammissibilita' delle questioni a suo tempo proposte dalle Regioni nei confronti dell'ultima di tali "leggi-quadro", ossia la legge 29 marzo 2001, n. 135 (Riforma della legislazione nazionale del turismo): «4 decorrere dall'entrata in vigore del nuovo Titolo V della Costituzione, le regioni ben possono esercitare in materia di turismo tutte quelle attribuzioni di cui ritengano di essere titolari, approvando una disciplina legislativa, che puo' anche essere sostitutiva di quella statale (cfr. sentenza n. 510 del 2002), fatto naturalmente salvo il potere governativo di ricorso previsto dall'art. 127 della Costituzione» (sent. n. 197 del 2003, par. 4 del Considerato in diritto). Le Regioni - come ha di recente notato la dottrina (cfr. P. Sabbioni, Il codice della normativa statale in materia di turismo, ovvero: ma a cosa e' servita la riforma del criterio di riparto della potesta' legislativa tra lo Stato e le Regioni?, in forumcostituzionale.it, par. 1) - si sono in effetti "appropriate" dello spazio normativo che compete loro, sulla scorta delle indicazioni che la Corte costituzionale a fornito nella sentenza appena citata. Solo che, con il nuovo Codice, il legislatore statale ha portato le lancette dell'orologio indietro di dieci anni, a prima dell'entrata in vigore della legge cost. n. 3 del 2001, proponendo nella sostanza una nuova "legge-quadro" ormai pero' "fuori tempo massimo". Come e' stato osservato, infatti, «la vicenda» del Codice del turismo, il quale «rappresenta un'indubbia forzatura degli orientamenti fino ad ora espressi dalla Corte costituzionale circa il criterio di riparto della potesta' legislativa e la clausola della "chiamata in sussidiarieta'"» , «e' (. . .) emblematica dell'arretramento dell'autonomia legislativa regionale, nel volgere di pochi anni, dalla riforma del titolo V della seconda parte della Costituzione», a tal punto da far considerare l'atto normativo in questione come il frutto di una operazione volta a «riattribuire allo Stato una generale potesta' normativa della materia» (cosi' P. Sabbioni, op. cit., par. 4). In conseguenza di tutto cio', non e' difficile affermare che il Codice sia costruito con un impianto essenzialmente diatonico rispetto all'attuale assetto costituzionale delle competenze. Cio' non consente, evidentemente, di ritenerlo integralmente incostituzionale per tutti i suoi contenuti, proprio perche', come si e' evidenziato, esistono numerosi titoli che legittimano l'intervento della legge statale. E' pero' certamente possibile individuare numerosi possibili profili di illegittimita' costituzionale per violazione delle attribuzioni spettanti alle Regioni: e cio' e' quanto la Regione Puglia intende argomentare in relazione alle specifiche disposizioni di seguito censurate. 5. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 2, dell'Allegato 1 (Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo) al d.lgs. n. 79 del 2011, per violazione dell'art. 117, quarto comma, e dell'art. 118, primo comma, Cost. 5.1. - La disposizione in questione cosi' stabilisce: «L'intervento legislativo dello Stato in materia di turismo e', altresi', consentito quando sussistono le seguenti esigenze di carattere unitario: a) valorizzazione, sviluppo e competitivita', a livello interno ed internazionale, del settore turistico quale fondamentale risorsa del Paese; b) riordino e unitarieta' dell'offerta turistica italiana». Non possono essere nutriti seri dubbi sulla ascrivibilita' di tale previsione alla materia "turismo", secondo quanto esposto piu' sopra. L'illegittimita' costituzionale della medesima deriva - come si mostrera' - dalla circostanza secondo la quale lo Stato ha con essa preteso di esercitare titoli di intervento in tale materia senza che ne sussistessero i presupposti, e comunque senza rispettare le condizioni legittimanti individuate dalla giurisprudenza costituzionale. 5.2. - L'art. 2, comma 2, del Codice individua in astratto alcune «esigenze di carattere unitario» in materia di turismo che costituirebbero fondamento della potesta' legislativa dello Stato. Questa disposizione e' incostituzionale per le seguenti ragioni. Vertendosi nell'ambito della materia "turismo", la norma difetta di un qualsiasi titolo di legittimazione reperibile nell'art. 117, commi secondo e terzo, cost. Ne', del resto, e' possibile ritenere che tale titolo di legittimazione possa essere individuato nell'art. 118, primo comma, Cost., e nel connesso istituto della c.d. "sussidiarieta' legislativa". Da questo punto di vista, e' necessario, innanzi tutto, considerare che la disciplina qui contestata pretende di avocare in sussidiarieta' allo Stato, in una materia residuale regionale, direttamente funzioni legislative, senza che cio' sia connesso con la avocazione di funzioni amministrative al cui svolgimento le Regioni debbano ritenersi inadeguate. Cio' contrariamente al fondamento costituzionale della avocazione in sussidiarieta' che - per uniforme e costante riconoscimento giurisprudenziale - e' collocabile nell'art. 118, primo comma, Cost., concernente, per l'appunto, le funzioni amministrative. Al riguardo, e' possibile evocare, per tutte, le "sentenze capofila" della c.d."sussidiarieta' legislativa", che hanno evidenziato al di la' di ogni possibile dubbio come tale fenomeno, essendo legittimato dall'art. 118, primo comma, Cost., si giustifica solo ed esclusivamente ove sussista la inadeguatezza regionale all'esercizio delle funzioni amministrative, e - in conseguenza di cio' - lo Stato avochi a se stesso queste ultime, congiuntamente all'esercizio della funzione legislativa nella misura strettamente necessaria a disciplinarle. Quanto evidenziato risulta chiaramente, ad esempio, dalla ormai "celebre" sent. n. 303 del 2003, secondo la quale l'«art. 118, primo comma, cost. (...) si riferisce esplicitamente alle funzioni amministrative, ma introduce per queste un meccanismo dinamico che finisce col rendere meno rigida, come si chiarira' subito appresso, la stessa distribuzione delle competenze legislative, la' dove prevede che le funzioni amministrative, generalmente attribuite ai Comuni, possano essere allocate ad un livello di governo diverso per assicurarne l'esercizio unitario, sulla base dei principi di sussidiarieta', differenziazione ed adeguatezza». E infatti «e' (...) coerente con la matrice teorica e con il significato pratico della sussidiarieta' che essa agisca come subsidium quando un livello di governo sia inadeguato alle finalita' che si intenda raggiungere; ma se ne e' comprovata un'attitudine ascensionale deve allora concludersi che, quando l'istanza di esercizio unitario trascende anche l'ambito regionale, la funzione amministrativa puo' essere esercitata dallo Stato». Di qui l'ulteriore considerazione secondo la quale «cio' non puo' restare senza conseguenze sull'esercizio della funzione legislativa, giacche' il principio di legalita', il quale impone che anche le funzioni assunte per sussidiarieta' siano organizzate e regolate dalla legge, conduce logicamente ad escludere che le singole Regioni, con discipline differenziate, possano organizzare e regolare funzioni amministrative attratte a livello nazionale e ad affermare che solo la legge statale possa attendere a un compito siffatto» (par. 2.1. del Considerato in diritto). Anche la successiva sent. n. 6 del 2004, del resto, e' assai chiara al riguardo: «Il problema della competenza legislativa dello Stato non puo' essere risolto esclusivamente alla luce dell'art. 117 cost. E' infatti indispensabile una ricostruzione che tenga conto dell'esercizio del potere legislativo di allocazione delle funzioni amministrative secondo i principi di sussidiarieta', differenziazione ed adeguatezza di cui al primo comma dell'art. 118 Cost., conformemente a quanto gia' questa Corte ha ritenuto possibile nel nuovo assetto costituzionale (dr. sentenza 303 del 2003,)». In conseguenza di cio', per giudicare della legittimita' costituzionale della disciplina oggetto di quel giudizio (ma - ovviamente - anche del presente giudizio), secondo la sent. n. 6 del 2004, «e' necessario non gia' considerarne la conformita' rispetto all'art. 117 Cost., bensi' valutarne la rispondenza da un lato ai criteri indicati dall'art. 118 cost. per la allocazione e la disciplina delle funzioni amministrative (...), dall'altro al principio di leale collaborazione» (par. 6 del Considerato in diritto). In sintesi, secondo la giurisprudenza di questa Corte, l'istituto della "chiamata in sussidiarieta'" della funzione legislativa e' inestricabilmente connesso alla "chiamata in'sussidiarieta'" della funzione amministrativa, ed e' "servente" rispetto alla medesima. E cio' per una ragione ben precisa. Come e' noto, il riparto della funzione legislativa e' regolato dalla nostra Costituzione mediante un criterio materiale, e non mediante il criterio, di matrice funzionalista, del principio di sussidiarieta'. Quest'ultimo, invece, e' previsto esplicitamente solo per il riparto della funzione amministrativa, e solo implicitamente, per consentire a quest'ultima di ascendere fino al livello statale pur nelle materie diverse da quelle previste dal secondo comma dell'art. 117 per la funzione legislativa. In base a tali affermazioni, non puo' che concludersi nel senso della assoluta e radicale incostituzionalita' della avocazione in sussidiarieta' allo Stato della sola funzione legislativa: tale circostanza, infatti, mostra chiaramente che manca, per riconoscimento (implicito, ma evidente) della stessa legislazione statale, il presupposto della inadeguatezza del livello regionale allo svolgimento di una funzione amministrativa. In conseguenza di cio', appare altrettanto evidente la impossibilita' nel caso di specie di invocare - quale parametro costituzionale in grado di costituire il legittimo fondamento della disposizione impugnata - l'art. 118, primo comma, Cost.: l'unico, come si e' visto, idoneo a giustificare la "avocazione in sussidiarieta'" della funzione legislativa, al di la' degli ambiti materiali indicati dall'art. 117, secondo comma, Cost. Al riguardo, si deve osservare, peraltro, che a "salvare" da questo vizio la norma qui censurata non puo' certo valere il comma 3 del medesimo art. 2, ai sensi del quale «le funzioni amministrative, esercitate dallo Stato di cui ai commi 1 e 2, sono attribuite al Presidente del Consiglio dei Ministri o al Ministro delegato», poiche' tali funzioni non sono identificate e, inoltre, sono meramente eventuali, nel senso che la avocazione della funzione legislativa di cui al comma 2 e' destinata a realizzarsi, ai sensi del medesimo, anche ove non vi siano funzioni amministrative corrispondenti. A tali considerazioni se ne puo' aggiungere una ulteriore. La giurisprudenza costituzionale che ha ammesso la c.d. "chiamata in sussidiarieta'" all'interno di ambiti materiali diversi da quelli di competenza legislativa esclusiva statale ha affermato che cio' puo' avvenire in relazione a specifiche e definite funzioni: cio' che non avviene nel caso di specie, poiche' la norma si limita ad individuare obiettivi generali, destinati ad essere perseguiti mediante norme legislative, realizzando cosi' una generale e indiscriminata avocazione in astratto di funzioni legislative, in luogo della sua "chiamata" in riferimento a specifici oggetti e compiti. In conclusione, l'art. 2, comma 2, del Codice e' incostituzionale sia perche' pretende di realizzare una avocazione in sussidiarieta' direttamente della sola funzione legislativa, sia perche' cio' avviene non in relazione a singoli e specifici compiti rispetto ai quali le Regioni debbano ritenersi inadeguate, ma in relazione a finalita' ed obiettivi astratti e generalissimi, per non dire del tutto generici. 6. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 8, comma 2, dell'Allegato 1 (Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo) al d.s. n. 79 del 2011, in quanto contenenti una disciplina che accede alla materia del "commercio", o, in subordine, a quella del "turismo", per violazione dell'art. 117, quarto comma, Cost. 6.1 - La disposizione in esame prevede quanto segue: «Per attivita' ricettiva si intende l'attivita' diretta alla produzione di servizi per l'ospitalita' esercitata nelle strutture ricettive. Nell'ambito di tale attivita' rientra altresi', unitamente alla prestazione del servizio ricettivo, la somministrazione di alimenti e bevande alle persone alloggiate, ai loro ospiti ed a coloro che sono ospitati nella struttura ricettiva in occasione di manifestazioni e convegni organizzati, nonche' la fornitura di giornali, riviste, pellicole per uso fotografico e di registrazione audiovisiva o strumenti informatici, cartoline e francobolli alle persone alloggiate, nonche' la gestione, ad uso esclusivo di dette persone, attrezzature e strutture a carattere ricreativo, per le quali e' fatta salva la vigente disciplina in materia di sicurezza. Nella licenza di esercizio di attivita' ricettiva e' ricompresa anche la licenza per la somministrazione di alimenti e bevande per le persone non alloggiate nella struttura nonche', nel rispetto dei requisiti previsti dalla normativa vigente, per le attivita' legate al benessere della persona o all'organizzazione congressuale». Il primo periodo contiene una definizione di "attivita' ricettiva", evidenziando come, con tale espressione, debba intendersi «l'attivita' diretta alla produzione di servizi per l'ospitalita' esercitata nelle strutture ricettive». Considerata in se' e per se' tale definizione non e' da ritenere incostituzionale, poiche' e' necessario individuare a che fini essa e' posta dal legislatore statale. Cio' - nel caso di specie - emerge dai successivi periodi della disposizione. Essi, infatti, sono volti a specificare quali attivita' accessorie sono ricomprese nella licenza di esercizio di attivita' ricettiva, individuandole nella fornitura di generi di varia natura, nonche' nella somministrazione di alimenti e bevande. 6.2. - Alla luce di questa considerazione, e' agevole rendersi conto che la norma in questione regola gli effetti derivanti dall'ottenimento di' una licenza all'esercizio di attivita' ricettiva, individuandoli peraltro nel congiunto e automatico ottenimento della possibilita' di' fornire beni e servizi di varia natura, nonche' di somministrare alimenti e bevande. Non e' necessaria altra argomentazione per dimostrare che la disciplina qui considerata invade palesemente la competenza legislativa regionale residuale nella materia del "commercio" senza poter trovare supporto in alcuno dei titoli di legittimazione del legislatore statale, violando cosi' l'art. 117, quarto comma, Cost. 6.3. - L'argomentazione appena proposta e' fondata sulla riconduzione della disciplina in esame all'ambito materiale del "commercio", spettante alla competenza residuale regionale. Identiche considerazioni, tuttavia, varrebbero ovviamente anche ove questa Corte ritenesse che, nel caso di specie, debbano considerarsi prevalenti i profili attinenti alla materia del "turismo", anch'essa ascrivibile all'ambito della "residualita' regionale" ex art. 117, quarto comma, Cost. 7. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 16, commi 1 e 2, nonche' dell'art. 21, commi 1, 2 e 3, dell'Allegato 1 (Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo) al d.lgs. n. 79 del 2011, per violazione dell'art. 117, quarto comma, Cost. 7.1. - Le disposizioni in questione prevedono che siano assoggettati a Segnalazione certificata di inizio attivita' (SCIA) l'avvio e l'esercizio delle strutture turistico-ricettive (art. 16) e l'apertura, il trasferimento e le modifiche concernenti l'operativita' delle agenzie di viaggi e turismo (art. 21). La SCIA e' disciplinata dal testo attualmente in vigore dell'art. 19 della legge n. 241 del 1990, il quale cosi' prevede: «1. Ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla osta comunque denominato, comprese le domande per le iscrizioni in albi o ruoli richieste per l'esercizio di attivita' imprenditoriale, commerciale o artigianale il cui rilascio dipenda esclusivamente dall'accertamento di requisiti e presupposti richiesti dalla legge o da atti amministrativi a contenuto generale, e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti di programmazione settoriale per il rilascio degli atti stessi, e' sostituito da una segnalazione dell'interessato, con la sola esclusione dei casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali e degli atti rilasciati dalle amministrazioni preposte alla sa nazionale, alla pubblica sicurezza, all'immigrazione, all'asilo, alla cittadinanza, all'amministrazione della giustizia, all'amministrazione delle finanze, ivi compresi gli atti concernenti le reti di acquisizione del gettito, anche derivante dal gioco, nonche' di quelli previsti dalla normativa per le costruzioni in zone sismiche e di quelli imposti dalla'normativa'comunitaria. La segnalazione e' corredata dalle dichiarazioni sostitutive di certificazioni e dell'atto di notorieta' per quanto riguarda tutti gli stati, le qualita' personali e i fatti previsti negli articoli 46 e 47 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, nonche' dalle attestazioni e asseverazioni di tecnici abilitati, ovvero dalle dichiarazioni di conformita' da parte dell'Agenzia delle imprese di cui all'articolo 38, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, relative alla sussistenza dei requisiti e dei presupposti di cui al primo periodo; tali attestazioni e asseverazioni sono corredate dagli elaborati tecnici necessari per consentire le verifiche di competenza dell'amministrazione. Nei casi in cui la legge prevede facquisizione di pareri di organi o enti appositi, ovvero l'esecuzione di verifiche preventive, essi sono comunque sostituiti dalle autocertificazioni, attestazioni e asseverazioni o certificazioni di cui al presente comma, salve le verifiche successive degli organi e delle amministrazioni competenti. La segnalazione, corredata delle dichiarazioni, attestazioni e asseverazioni nonche' dei relativi elaborati tecnici, puo' essere presentata mediante posta raccomandata con avviso di ricevimento, ad eccezione dei procedimenti per cui e' previsto l'utilizzo esclusivo della modalita' telematica; in tal caso la segnalazione si' considera presentata al momento della ricezione da parte dell'amministrazione; 2. L'attivita' oggetto della segnalazione puo' essere iniziata dalla data della presentazione della segnalazione all'amministrazione competente. - 3. L'amministrazione competente, in caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti di cui al comma 1, nel termine di sessanta giorni dal ricevimento della segnalazione di cui al medesimo comma, adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell'attivita' e di rimozione degli eventuali effetti dannosi di essa, salvo che, ove cio' sia possibile, l'interessato provveda a conformare alla normativa vigente detta attivita' ed i suoi effetti entro un termine fissato dall'amministrazione, in ogni caso non inferiore a trenta giorni. E' fatto comunque salvo il potere dell'amministrazione competente di assumere determinazioni in via di autotutela, ai sensi degli articoli 21-quinquies e 21-nonies. In caso di dichiarazioni sostitutive di certcazione e dell'atto di notorieta' false o mendaci, l'amministrazione, ferma restando l'applicazione delle sanzioni penali di cui al comma 6, nonche' di quelle di cui al capo VI del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, puo' sempre e in ogni tempo adottare i provvedimenti di cui al primo periodo. - 4. Decorso il termine per l'adozione dei provvedimenti di cui al primo periodo del comma 3, all'amministrazione e' consentito intervenire solo in presenza del pericolo di un danno per il patrimonio artistico e culturale, per l'ambiente, per la salute, per la sicurezza pubblica o la difesa nazionale e previo motivato accertamento dell'impossibilita' di' tutelare comunque tali interessi mediante conformazione dell'attivita' dei privati alla normativa vigente. - 4-bis. Il presente articolo non si applica alle attivita' economiche a prevalente carattere finanziario, ivi comprese quelle regolate dal testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e dal testo unico in materia di interrnediazione finanziarla di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58. - 5. [abrogato]. - 6. Ove il fatto non costituisca piu' grave reato, chiunque, nelle dichiarazioni o attestazioni o asseverazioni che corredano la segnalazione di inizio attivita', dichiara o attesta falsamente l'esistenza dei requisiti o dei presupposti di cui al comma 1 e' punito con la reclusione da uno a tre anni. - 6-bis. Nei casi di Scia in materia edilizia, il termine di sessanta giorni di cui al primo periodo del comma 3 e' ridotto a trenta giorni. Fatta salva l'applicazione delle dilposizioni di cui al comma 6, restano altresi' ferme le disposizioni relative alla vigilanza sull'attivita' urbanistico-edilizia, alle responsabilita' e alle sanzioni previste dal decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e dalle leggi regionali». 7.2. - L'applicazione di tale normativa alle attivita' sopra indicate contrasta con l'art. 117, quarto comma, Cost., per le seguenti ragioni. Lo Stato non ha alcun titolo per imporre l'applicazione della SCIA anche ai procedimenti amministrativi che devono essere esplicati nelle materie di competenza residuale regionale. Ed e' evidente che tale situazione ricorre precisamente nel caso di specie, poiche' le attivita' turistico-ricettive e quella di agenzia di viaggi e turismo ricadono evidentemente nell'ambito della materia del "turismo" o, al piu', nell'ambito della materia "commercio", entrambe pacificamente ascritte alla competenza legislativa residuale regionale. Il titolo dell'intervento statale, peraltro, non puo' essere individuato in alcun modo nelle materie di cui all'art. 117, secondo comma, Cost. In particolare, la normativa in questione non puo' ricondursi alla materia della "tutela della concorrenza", poiche' disciplina le relazioni tra gli operatori economici e la pubblica amministrazione, senza che cio' possa in alcun modo incidere sulle relazioni tra gli operatori economici. In altre parole, anche ammettendo l'ipotesi secondo la quale norme che regolino relazioni tra operatori e pubblici poteri possano essere ricomprese nell'ambito dell'art. 117, secondo comma, lett. e), Cost., cio' potrebbe verificarsi solo in quanto tali previsioni siano dirette ad incrementare la concorrenza esistente. Cio' non accade in alcun modo nel caso in questione, posto che la disciplina censurata ha unicamente una funzione di semplificazione amministrativa. Inoltre, le disposizioni qui considerate non possono neppure essere ricondotte alla materia della "determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali". Cio' in quanto non e' certo pensabile che la citata disposizione costituzionale possa essere intesa nel senso di' qualificare "prestazione" qualunque attivita' amministrativa con la quale entri in contatto il'cittadino, poiche' altrimenti si giungerebbe a configurare un generalissimo titolo di intervento della legislazione statale su tutta l'attivita' amministrativa regionale e locale. Viceversa, come la stessa giurisprudenza costituzionale ha avuto modo di evidenziare (cfr. la sent. n. 398 del 2006), l'attivita' amministrativa puo' assurgere alla qualifica di "prestazione" della quale lo Stato e' competente a fissare un "livello essenziale" soltanto a fronte di uno specifico "diritto" di individui, imprese, operatori economici ed, in generale, soggetti privati. In questo senso, del resto, e' di recente intervenuta la sent. n. 232 del 2011, nella quale questa Corte ha affermato che il titolo dei "livelli essenziali delle prestazioni" «non puo' essere invocato se non in relazione a specifiche prestazioni delle quali la normativa statale definisca il livello essenziale di erogazione (sentenze n. 383 e n. 285 del 2005), mediante la determinazione dei relativi standard strutturali e qualitativi, da garantire agli aventi diritto su tutto il territorio nazionale in quanto concernenti il soddiffacimento di diritti civili e sociali tutelati dalla Costituzione stessa» (par. 5.2. del Considerato in diritto). Ne', d'altra parte, una eventuale qualificazione delle disposizioni de qua come principi fondamentali (peraltro implausibile, visto che esse non offrono alcun "margine di manovra" ai legislatori regionali) varrebbe allo scopo, poiche', come e' noto, la competenza regionale residuale non e' vincolata da questo tipo di norme statali. In definitiva, non puo' che concludersi che gli artt. 16, commi 1 e 2, e l'art. 21, commi 1, 2 e 3, rendendo applicabile la disciplina della SCIA a procedimenti amministrativi ricadenti nell'ambito di materie di competenza residuale regionale in assenza di qualunque titolo di' intervento in capo al legislatore statale, violano l'art. 117, quarto comma, Cost. 8. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 20, comma 2, dell'Allegato 1 (Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo) al d.lgs. n. 79 del 2011, per violazione dell'art. 117, quarto comma, Cost. 8.1. - La disposizione in questione stabilisce che «l'apertura di filiali, succursali e altri punti vendita di' agenzie gia' legittimate ad operare non richiede la nomina di un direttore tecnico per ciascun punto di erogazione del servizio». Si' tratta di' una norma posta dallo Stato nell'ambito della materia del "turismo" o, al piu', nell'ambito della materia "commercio", entrambe di competenza residuale regionale, in assenza di qualunque titolo di legittimazione contenuto nell'art. 117, commi secondo e terzo, cost. o in altre disposizioni costituzionali. Per questa ragione essa viola palesemente l'art. 117, quarto comma, Cost., senza che occorra spendersi in particolari argomentazioni ulteriori. 9. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 23, comma 1, dell'Allegato 1 (Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo) al d.lgs. n. 79 del 2011, per violazione dell'art. 117, quarto comma, e dell'art. 118, primo comma, Cost. 9.1. - L'art. 23, al comma 1, definisce i "sistemi turistici locali", evidenziando come con tale espressione si debba fare riferimento ai «contesti turistici omogenei o integrati, comprendenti ambiti territoriali appartenenti anche a regioni diverse, caratterizzati dall'offerta integrata di beni culturali, ambientali e di attrazioni turistiche, compresi i prodotti tipici dell'agricoltura e dell'artigianato locale, o dalla presenza diffusa di imprese turistiche singole o associate». I fini in vista dei quali la definizione e' posta sono reperibili nei commi successivi del medesimo art. 23. Il comma 2 prevede, infatti, che «gli enti locali o soggetti privati, singoli o associati, promuovono i sistemi turistici locali attraverso forme di concertazione con gli enti funzionali, con le associazioni di categoria che concorrono alla formazione dell'offerta turistica, nonche' con i soggetti pubblici e privati interessati»; il comma 3, a sua volta, dispone che «nell'ambito delle proprie funzioni di programmazione e per favorire l'integrazione tra politiche del turismo e politiche di governo del territorio e di sviluppo economico, le regioni provvedono, ai sensi del capo V del titolo IL della parte I del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e del titolo IL, capo ILI, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, a riconoscere i sistemi turistici locali di cui al presente articolo». 9.2. - L'art. 23, comma 1, del Codice pone una normativa in totale carenza di un titolo atto a fondare la potesta' legislativa dello Stato, in violazione degli artt. 117, quarto comma, e 118, primo comma, Cost. In particolare, deve notarsi che la materia interessata e', evidentemente, quella del "turismo" dal momento che la disciplina qui contestata e' volta a promuovere l'offerta turistica, nonche' l'integrazione delle politiche del turismo con altre politiche regionali. Peraltro, ove fosse considerata isolatamente, la disposizione definitoria che qui si impugna risulterebbe sostanzialmente "neutra", dal momento che solo i fini in vista dei quali essa e' concretamente dettata possono consentirne la riconducibilita' ad una materia piuttosto che ad un'altra. Nel caso di specie, i fini, come si e' mostrato piu' sopra, sono posti dai commi 2 e 3 dell'articolo in esame, i quali, per quel che qui interessa, hanno due caratteristiche che devono essere illustrate. La prima e' che disciplinano attivita' promozionali dell'offerta turistica. La seconda e' che tale disciplina e' meramente ricognitiva di disposizioni esistenti. Da queste due caratteristiche derivano altrettante conseguenze. Dalla prima deriva la conferma che l'ambito materiale interessato dalla disposizione impugnata non puo' che essere quello del "turismo". La definizione dei' "sistemi turistici locali" dettata dal legislatore statale, dunque, non e' affatto "neutra", bensi' e' espressamente finalizzata ad incidere sulla materia "turismo", pretendendo di vincolare, in tal modo, l'esercizio della potesta' legislativa spettante alle Regioni. Dalla seconda deriva invece che tale definizione, inserendosi in un contesto di attivita' gia' disciplinate o esercitate - in base alla normativa vigente e a scopi promozionali dell'offerta turistica - dalle Regioni, determina una significativa compressione dell'autonomia costituzionale di queste ultime, poiche' esse sono costrette a far riferimento ad una nozione di "sistema turistico locale" eteroimposta anziche' ad una nozione elaborata autonomamente, come invece accadrebbe ove questa Corte si risolvesse nel senso di ritenere fondata la presente questione di legittimita' costituzionale, espungendo dall'ordinamento l'art. 23, comma 1, del Codice e lasciando, viceversa, inalterate le norme meramente ricognitive dell'esistente contenute nei commi 2 e 3 del medesimo articolo. Non c'e' bisogno di molto altro per mostrare l'invasione da parte della norma impugnata, dell'art. 117, quarto comma, Cost. E' infatti sufficiente evidenziare che la definizione dei "sistemi turistici locali" che il legislatore statale ha preteso di imporre con la norma in esame non possa ritenersi legittimata neanche dal meccanismo della c.d. "sussidiarieta' legislativa", che lo Stato potrebbe senz'altro utilizzare in attuazione dell'art. 118, primo comma, Cost., dal momento che non possono in alcun modo ritenersi sussistenti, nel caso di specie, le condizioni in presenza delle quali la giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto costituzionalmente legittima la avocazione in sussidiarieta' da parte dello Stato. Al riguardo, e' infatti necessario considerare che, innanzi tutto, tale avocazione, essendo legittimata dall'art. 118, primo comma, cost. e dal principio di sussidiarieta' in esso contenuto, dovrebbe avere ad oggetto le funzioni amministrative e potrebbe estendersi alla funzione legislativa soltanto limitatamente a cio' che risultasse necessario per disciplinare le prime. Sul punto ci si e' gia' soffermati piu' sopra, al precedente par. 5.2, richiamando anche la principale giurisprudenza costituzionale in tema. A tale paragrafo, dunque, si puo' fare comodamente rinvio. Qui ci si limita a mai, ricordare come mai, in nessun caso, l'istituto della "sussidiarieta' legislativa" puo' riguardare la sola funzione legislativa. Deve trattarsi, viceversa, di circostanze in presenza delle quali i livelli regionali di governo devono ritenersi inadeguati allo svolgimento di una determinata funzione amministrativa: e solo in conseguenza di tale inadeguatezza, lo Stato puo' avocare la funzione legislativa per allocare a se stesso tale funzione amministrativa, e comunque soltanto per dettarne la relativa disciplina, secondo il principio di proporzionalita' (per una applicazione di tale principio proprio alla avocazione in sussidiarieta' nella materia del turismo, cfr. la sent. n. 214 del 2006, par. 8 del Considerato in diritto). A fronte di tutto cio', invece, la normativa considerata pretende di dettare direttamente ed esclusivamente la definizione dei "sistemi turistici locali", in totale assenza della avocazione di funzioni amministrative. Anzi, i commi 2 e 3 dell'art. 23 mostrano con chiarezza che la definizione statale e' destinata ad operare mediante attivita' amministrative delle Regioni e degli enti locali: risulta cosi' provata in modo indiscutibile la insussistenza della necessita' di allocare allo Stato funzioni amministrative concernenti i "sistemi turistici locali" e, conseguentemente, la impossibilita' per il legislatore statale di avocare a' se' la relativa funzione legislativa. L'istituto della "sussidiarieta' legislativa" non puo' soccorrere nel fornire di legittimazione la disciplina contestata per una ulteriore ragione. La giurisprudenza di questa Corte che ha riconosciuto la legittimita' costituzionale della avocazione in sussidiarieta', da parte dello Stato, di funzioni in materia di turismo, infatti, ha deciso in tal senso in considerazione della riscontrata sussistenza di esigenze unitarie connesse alla promozione unitaria del sistema turistico nazionale, soprattutto all'estero (cfr., ad es., la sent. n. 214 del 2006, par. 9 del Considerato in diritto): funzione rispetto alla quale l'ambito valutativo regionale non puo' che ritenersi inadeguato. Le norme qui prese in esame riguardano invece esplicitamente - ed esclusivamente - i "sistemi turistici locali". Rispetto alle funzioni ad essi sottese, dunque, livello, regionale non puo' certo essere ritenuto inadeguato. Del resto, anche la dottrina ha gia' rilevato la palese incostituzionalita' della normativa che qui si contesta. Questa - e' infatti stato detto - «contrasta(.) palesemente con il criterio costituzionale di riparto della potesta' legislativa tra lo Stato e le Regioni, giacche' neppure puo' essere invocato l'interesse unitario per avocare allo Stato la disciplina di alcuni profili della materia del turismo». Cio' in quanto «risulta del tutto contrastante con l'odierno riparto della potesta' legislativa in materia di turismo il citato art. 23 del nuovo codice che detta una disciplina (.) relativamente all'organizzazione pubblica locale per lo sviluppo turistico, tanto piu' in quanto pretende di stabilire le forme attraverso cui le Regioni devono provvedere al riconoscimento dei sistemi turistici locali»; si tratta, infatti, «della disciplina relativa all'organizzazione e all'esercizio di servizi, funzioni e compiti locali per i quali non si comprende a quale titolo lo Stato avochi a se' una potesta' legislativa di cui non dispone, senza che neppure venga in rilievo una qualche esigenza unitaria» (cosi' P. Sabbioni, Il codice della normativa statale in materia di turismo, cit., par. 3). Per tutte queste ragioni, l'art. 23, comma 1, viola l'art. 117, quarto comma, e l'art. 118, primo comma, Cost. 10. - Illegittimita', costituzionale dell'art. 24 dell'Allegato 1 (Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo) al d.lgs. n. 79 del 2011, per violazione dell'art. 117, commi terzo e quarto, e dell'art. 118, primo comma, Cost. 10.1. - La disposizione in questione prevede che «nel rispetto dell'articolo 9 della Costituzione e del codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro delegato, di concerto con il Ministro per i beni e le attivita' culturali, promuove la realizzazione di iniziative turistiche finalizzate ad incentivare la valorizzazione del patrimonio storico-artistico, archeologico, architettonico e paesaggistico presente sul territorio italiano, utilizzando le risorse umane e strumentali disponibili, senza nuovi ed ulteriori oneri per la finanza pubblica». Si tratta di una previsione che accede chiaramente alla materia di potesta' legislativa concorrente "valorizzazione dei beni culturali e ambientali, dal momento che essa attribuisce un potere ad organi statali espressamente finalizzato ad incentivare proprio la "valorizzazione" del patrimonio storico-artistico, archeologico, architettonico e paesaggistico, cosi' realizzando una attrazione di funzioni amministrative in capo allo Stato, in violazione degli artt. 117, terzo comma, e 118, primo comma, Cost. A conclusioni pressoche' identiche si perverrebbe, comunque, anche a voler ritenere prevalente il profilo "turistico" della disciplina in esame, riconducendola pertanto alla relativa materia di competenza legislativa regionale residuale di cui all'art. 117, quarto comma, Cost. 10.2. - Trattandosi di una disciplina che alloca funzioni amministrative al livello statale in una materia di competenza concorrente (o residuale regionale), essa puo' ritenersi costituzionalmente legittima solo a patto di rispettare il "protocollo" della avocazione in sussidiarieta', cosi' come definito dalla giurisprudenza costituzionale, sia nei suoi aspetti sostanziali, che in quelli procedurali. Nel caso che qui interessa, sia gli uni che gli altri sono stati disattesi. Quanto ai primi (ai secondi si rivolgera' l'attenzione nel prossimo par. 10.3), e' possibile Osservare quanto segue. La giurisprudenza costituzionale ha in svariate occasioni evidenziato come, «perche' nelle materie di cui all'art. 117, terzo e quarto comma, Cost., una legge statale possa legittimamente attribuire funzioni amministrative a livello centrale ed al tempo stesso regolarne l'esercizio, e' necessario che essa innanzi tutto rispetti i principi di sussidiarieta', differenziazione ed adeguatezza nella allocazione delle funzioni amministrative, rispondendo ad esigenze di esercizio unitario di tali funzioni. E' necessario, inoltre, che tale legge detti una disciplina logicamente pertinente, dunque idonea alla regolazione delle suddette funzioni, e che risulti limitata a quanto strettamente indispensabile a tale fine. Da ultimo, essa deve risultare adottata a seguito di procedure che assicurino la partecipazione dei livelli di governo coinvolti attraverso strumenti di leale collaborazione o, comunque, deve prevedere adeguati meccanismi di cooperazione per l'esercizio concreto delle funzioni amministrative allocate in capo agli organi centrali.Quindi, con riferimento a quest'ultimo profilo, nella perdurante assenza di una trasformazione delle istituzioni parlamentari e, piu' in generale, dei procedimenti legislativi - anche solo nei limiti di quanto previsto dall'art. 11 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione) - la legislazione statale di questo tipo "puo' aspirare a superare il vaglio di legittimita' costituzionale solo in presenza di una disciplina che prefiguri un iter in cui assumano il dovuto risalto le attivita' concertative e di coordinamento orizzontale, ovverosia le intese, che devono essere condotte in base al principio di lealta'" (sentenza n. 303 del 2003)» (sent. n. 6 del 2004, par. 7 del Considerato in diritto). Da punto di vista sostanziale, nel caso di specie risulta evidente come non sia stato rispettato il principio di sussidiarieta': appare infatti davvero incongruo non ritenere adeguati i livelli regionali di governo rispetto alla attivita' di promozione di iniziative turistiche finalizzate ad incentivare la valorizzazione del patrimonio storico-artistico, archeologico, architettonico e paesaggistico presente nei territori di ciascuna Regione. Alla Regione, dunque, non sfugge certo l'ambito entro il quale devono essere compiute le valutazioni sottese alle attivita' in questione. L'ambito territoriale coinvolto, infatti, e' - per definizione - non ultraregionale. Viceversa, la giurisprudenza costituzionale ha piu' volte evidenziato come presupposto per l'avocazione in sussidiarieta' e' la circostanza che l'ambito valutativo necessario all'espletamento della funzione oggetto della avocazione sfugga al livello regionale: in questo senso, ad es., la gia' citata sent. n. 6 del 2004, la quale ha ritenuto la normativa in quel caso oggetto di scrutinio rispettosa del principio di sussidiarieta' solo perche' «alle singole amministrazioni regionali - che si volessero attributarie delle potesta' autorizzatorie contemplate dalla disciplina impugnata - sfuggirebbe la valutazione complessiva del fabbisogno nazionale di energia elettrica e l'autonoma capacita' di assicurare il soddisfacimento di tale fabbisogno» (par. 7 del Considerato in diritto). Analogamente si e' espressa la sent. n. 242 del 2005, nella quale l'unica ragione che ha consentito di ritenere conforme all'art. 118, primo comma, cost. la disciplina impugnata e' stata individuata nella circostanza «dell'esplicita finalizzazione del Fondo rotativo nazionale alla crescita e allo sviluppo del tessuto produttivo nazionale, in quanto per il raggiungimento di tale finalita' appare strutturalmente inadeguato il livello regionale, al quale inevitabilmente sfugge una valutazione d'insieme» (par. 7 del Considerato in diritto). Applicando i principi desumibili da queste decisioni al caso che ci occupa in questa sede, la soluzione e' obbligata: alla Regione non sfugge certo la "valutazione d'insieme" necessaria per porre in essere le attivita' di valorizzazione del patrimonio storico-artistico, archeologico, architettonico e paesaggistico presente sul territorio di ciascuna Regione. Non puo' ingannare, peraltro, la circostanza secondo la quale la disposizione impugnata si riferisce al patrimonio «presente sul territorio italiano», giacche': a) evidentemente, il patrimonio esistente in ciascuna Regione e' «presente sul territorio italiano», e - d'altra parte - tutto il patrimonio esistente in ciascuna Regione rientra tra quello «presente sul territorio italiano»: c'e' dunque una totale sovrapponibilita' tra "patrimonio presente sul territorio italiano" e "patrimonio presente sul territorio delle Regioni italiane"; b) l'espressione «presente sul territorio italiano», del resto, non puo', in alcun modo, intendersi come riferita a beni "di interesse nazionale", sia perche' essa evoca una dimensione puramente spaziale e non valutativa, sia (e soprattutto) perche', come ha chiarito gia' 4a tempo la giurisprudenza costituzionale, «nel nuovo Titolo V l'equazione elementare interesse nazionale = competenza statale, che nella prassi legislativa previgente sorreggeva l'erosione delle funzioni amministrative e delle parallele funzioni legislative delle Regioni, e' divenuta priva di ogni valore deontico, giacche' l'interesse nazionale non costituisce piu' un limite, ne' di legittimita', ne' di merito, alla competenza legislativa regionale» (sent. n. 303 del 2003, par. 2.2 del Considerato in diritto). c) per porre in essere attivita' di valorizzazione del "patrimonio presente nelle Regioni italiane" non e' affatto necessario, come invece accadeva nel caso della autorizzazione alla realizzazione di grandi centrali termoelettriche volte a soddisfare il fabbisogno nazionale (sent. n. 6 del 2004) o nel caso della gestione del Fondo rotativo nazionale alla crescita e allo sviluppo del tessuto produttivo nazionale (sent. n. 242 del 2005), che l'ambito valutativo abbia dimensione ultraregionale. Tutt'altro: per porre in essere attivita' di valorizzazione dei beni appartenenti al "patrimonio" presente in ciascuna Regione non si ha bisogno di un ambito valutativo ulteriore rispetto a quello regionale. Per tutte queste ragioni, l'avocazione di tale funzione in capo allo Stato contrasta con i principi di sussidiarieta' e adeguatezza di cui all'art. 118, primo comma, Cost. 10.3. - Quanto appena esposto non esaurisce pero' i profili di illegittimita' costituzionale della disposizione impugnata. E' infatti necessario ritenere che - anche ove fossero considerati sussistenti i requisiti sostanziali per l'avocazione in sussidiarieta' della funzione - l'impugnato art. 24 del Codice non soddisfa affatto i requisiti procedimentali individuati dalla giurisprudenza costituzionale ormai consolidata perche' possa legittimamente realizzarsi la "avocazione in sussidiarieta'" da parte dello Stato. In particolare, la sent. n. 33 del 2011 e la sent. n. 278 del 2010 hanno affermato che e' «oramai principio acquisito nel rapporto tra legislazione statale e legislazione regionale che quest'ultima possa venire spogliata della propria capacita' di disciplinare la funzione amministrativa attratta in sussidiarieta', a condizione che cio' si accompagni alla previsione di un'intesa in sede di esercizio della funzione, con cui poter recuperare un'adeguata autonomia, che l'ordinamento riserva non gia' al sistema regionale complessivamente inteso, quanto piuttosto alla specifica Regione che sia stata privata di un proprio potere (sentenze n. 383 e n. 62 del 2005, n. 6 del 2004 e n. 303 del 2003 > (cfr., rispettivamente, i parr. 13 e 6.1. del Considerato in diritto). L'art. 24 qui impugnato, dunque, deve senz'altro ritenersi incostituzionale poiche' non ha previsto che le funzioni ivi disciplinate siano esercitate necessariamente previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni, qualora gli interventi abbiano carattere "ultraregionale" o con la Regione direttamente interessata nel caso di interventi limitati al territorio di una singola Regione. Per tutti questi motivi, l'art. 24 del Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo viola gli artt. 117, terzo e quarto comma, e 118, primo comma, cost. Evidentemente, peraltro, l'accoglimento della questione di costituzionalita' proposta nel par. 10.2 condurrebbe alla declaratoria di incostituzionalita' dell'intera disposizione impugnata, mentre l'accoglimento della questione proposta nel presente paragrafo - sollevata in via subordinata rispetto a quella del paragrafo precedente - condurrebbe alla declaratoria di incostituzionalita' dell'art. 24 del Codice nella parte in cui non prevede che le funzioni ivi disciplinate siano esercitate necessariamente previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni, qualora gli interventi abbiano carattere "ultraregionale" o con la Regione direttamente interessata nel caso di interventi limitati al territorio di una singola Regione. 11. - Sintesi delle questioni proposte 11.1. - In chiusura del presente ricorso, la Regione Puglia Ritiene opportuno, per maggiore chiarezza, offrire una sintetica ricapitolazione delle questioni di legittimita' costituzionale sottoposte al giudizio di questa Corte. I) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 79 del 2011, il quale approva l'intero "Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo" di cui all'Allegato 1, per violazione: degli artt. 76 e 77, primo comma, Cost., in relazione alla lesione delle attribuzioni spettanti alle Regioni in base agli artt. 117, quarto comma, e 118, primo comma, Cost., in quanto il potere legislativo del Governo e' stato esercitato: a) in assenza di delega legislativa o al di fuori dell'ambito oggettivo da questa individuato; b) comunque, sulla base di una norma di delega del tutto priva della delimitazione dell'oggetto e carente anche in relazione alla fissazione di adeguati principi e criteri direttivi per l'esercizio del potere delegato. II) (in via subordinata rispetto alla censura 1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 2, dell'Allegato 1 (Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo) al d.lgs. n. 79 del 2011, per violazione: dell'art. 117, quarto comma, e dell'art. 118, primo comma, Cost., in quanto detta una disciplina statale in una materia di competenza legislativa residuale regionale ("turismo"), non potendosi neppure ritenere operante il titolo di legittimazione della "sussidiarieta' legislativa", poiche' la norma impugnata: a) pretende di avocare in sussidiarieta' direttamente funzioni legislative, senza che la avocazione di queste ultime sia immediatamente connessa con la avocazione di funzioni amministrative al cui svolgimento le Regioni debbano ritenersi inadeguate; b) si limita ad individuare obiettivi generali, destinati ad essere perseguiti mediante norme legislative, realizzando cosi' una generale e indiscriminata avocazione di funzione legislative, in luogo della sua "chiamata" in riferimento a specifici oggetti e funzioni amministrative, secondo quanto invece richiesto dalla giurisprudenza costituzionale. III) (in via subordinata rispetto alla censura 1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 8, comma 2, dell'Allegato 1 (Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo) al d.lgs. n. 79 del 2011, per violazione: dell'art. 117, quarto comma, Cost., in quanto, regolando gli effetti derivanti dall'ottenimento di una licenza all'esercizio di attivita' ricettiva, e individuandoli nel congiunto e automatico ottenimento della possibilita' di fornire beni e servizi di varia natura, nonche' di somministrare alimenti e bevande, invade la competenza legislativa regionale residuale nella materia del "commercio" (o, in subordine, in quella del "turismo") senza poter trovare supporto in alcuno dei titoli di legittimazione della potesta' legislativa spettante allo Stato. IV) (in via subordinata rispetto alla censura 1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 16, commi 1 e 2, dell'Allegato 1 (Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo) al d.lgs. n. 79 del 2011, per violazione: dell'art. 117, quarto comma, Cost., in quanto - prevedendo che siano assoggettati a Segnalazione certificata di inizio attivita' (SCIA) l'avvio e l'esercizio delle strutture turistico-ricettive - disciplina procedimenti amministrativi destinati a svolgersi in materie di competenza legislativa residuale regionale ("turismo" o "commercio") in assenza di qualunque titolo di legittimazione del legislatore statale, non potendo quest'ultimo essere reperito ne' nella materia della "tutela della concorrenza" (poiche' la norma impugnata disciplina le relazioni tra gli operatori economici e la pubblica amministrazione, senza che cio' possa in alcun modo incidere sulle relazioni tra gli operatori economici), ne' nella materia dei "livelli essenziali delle prestazioni" (poiche' l'attivita' amministrativa puo' assurgere alla qualifica di "prestazione" della quale lo Stato e' competente a fissare un "livello essenziale" soltanto a fronte di uno specifico "diritto" di individui, imprese, operatori economici e, in generale, soggetti privati, cio' che non avviene nel caso di specie). V) (in via subordinata rispetto alla censura 1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 21, commi 1, 2 e 3, dell'Allegato 1 (Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo) al d.lgs. n. 79 del 2011, per violazione: dell'art. 117, quarto comma, Cost., in quanto - prevedendo che siano assoggettati a Segnalazione certificata di inizio attivita' (SCIA) l'apertura, il trasferimento e le modifiche concernenti l'operativita' delle agenzie di viaggi e turismo - disciplina procedimenti amministrativi destinati a svolgersi in materie di competenza legislativa residuale regionale ("turismo") in assenza di qualunque titolo di legittimazione del legislatore statale, non potendo quest'ultimo essere reperito ne' nella materia della "tutela della concorrenza" (poiche' la norma impugnata disciplina le relazioni tra gli operatori economici e la pubblica amministrazione, senza che cio' possa in alcun modo incidere sulle relazioni tra gli operatori economici), ne' nella materia dei "livelli essenziali delle prestazioni" (poiche' l'attivita' amministrativa puo' assurgere alla qualifica di "prestazione" della quale lo Stato e' competente a fissare un "livello essenziale" soltanto a fronte di uno specifico "diritto" di individui, imprese, operatori economici e, in generale, soggetti privati, cio' che non avviene nel caso di specie). VI) (in via subordinata rispetto alla censura 1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 20, comma 2, dell'Allegato 1 (Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo) al d.lgs. n. 79 del 2011, per violazione: dell'art. 117, quarto comma, Cost., in quanto, stabilendo che «l'apertura di filiali, succursali e altri punti vendita di agenzie gia' legittimate ad operare non richiede la nomina di un direttore tecnico per ciascun punto di erogazione del servizio», interviene nell'ambito della materia del "turismo" o, al piu', in quella del "commercio", entrambe di competenza legislativa residuale regionale, in assenza di qualunque titolo di legittimazione contenuto nell'art. 117, commi secondo e terzo, cost. o in altre disposizioni costituzionali. VII) (in via subordinata rispetto alla censura 1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 23, comma 1, dell'Allegato 1 (Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo) al d.lgs. n. 79 del 2011, per violazione: dell'art. 117, quarto comma, e dell'art. 118, primo comma, Cost., in quanto, pretendendo di definire i "sistemi turistici locali" in riferimento ad attivita' volte a promuovere l'offerta turistica, nonche' l'integrazione delle politiche del turismo con altre politiche regionali, interviene nella materia "turismo", di competenza residuale regionale, senza che possa ritenersi sussistente un qualunque titolo di legittimazione dell'intervento statale, e non potendo quest'ultimo, in particolare, reperirsi nella c.d. "sussidiarieta' legislativa", dal momento che: a) questo istituto in nessun caso puo' riguardare la sola funzione legislativa; b) rispetto alle attivita' promozionali in questione, i livelli regionali di governo non possono non ritenersi adeguati. VIII) (in via subordinata rispetto alla censura 1) Illegittimita' costituzionaledell'art. 24 dell'Allegato 1 (Codice della normativa statale in tema di ordinamentoe mercato del turismo) al d.lgs. n. 79 del 2011 - ai sensi del quale «nel rispettodell'articolo 9 della Costituzione e del codice dei beni culturali e del paesaggio di cui aldecreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, il Presidente del Consiglio dei Ministri o ilMinistro delegato, di concerto con il Ministro per i beni e le attivita' culturali,promuove la realizzazione di iniziative turistiche finalizzate ad incentivare lavalorizzazione del patrimonio storico-artistico, archeologico, architettonico epaesaggistico presente sul territorio italiano, utilizzando le risorse umane e strumentalidisponibili, senza nuovi ed ulteriori oneri per la finanza pubblica» - per violazione:• dell'art. 117, commi terzo e quarto, e dell'art. 118, primo comma,Cost., poiche' - in una materia di competenza legislativaconcorrente quale la "valorizzazione dei beni culturali ambientali"o, alternativamente, in una materia di competenza legislativaresiduale regionale quale il "turismo" - realizza una avocazione in sussidiarieta' di funzioni amministrative e della connessa funzione legislativa in capo ad organi dello Stato, senza pero' che i livelli regionali possano considerarsi inadeguati allo svolgimento delle funzioni in questione e, pertanto, in contrasto con i principi di sussidiarieta' e adeguatezza. IX) (in via subordinata rispetto alla censura I, nonche' in via ulteriormente subordinata rispetto alla censura VIII) Illegittimita' costituzionale dell'art. 24 dell'Allegato 1 (Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo) al d.lgs. n. 79 del 2011 - ai sensi del quale «nel rispetto dell'articolo 9 della Costituzione e del codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro delegato, di concerto con il Ministro per i beni e le attivita' culturali, promuove la realizzazione di iniziative turistiche finalizzate ad incentivare la valorizzazione del patrimonio storico-artistico, archeologico, architettonico e paesaggistico presente sul territorio italiano, utilizzando le risorse umane e strumentali disponibili, senza nuovi ed ulteriori oneri per la finanza pubblica» - nella parte in cui non prevede che le funzioni ivi disciplinate siano esercitate necessariamente previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni, qualora gli interventi abbiano carattere "ultraregionale", o con la Regione direttamente interessata nel caso di interventi limitati al territorio di una singola Regione, per violazione: dell'art. 117, commi terzo e quarto, e dell'art. 118, primo comma, Cost., poiche' - in una materia di competenza legislativa concorrente quale la "valorizzazione dei beni culturali ambientali" o, alternativamente, in una materia di competenza legislativa residuale regionale quale il "turismo" - realizza una avocazione in sussidiarieta' di funzioni amministrative e della connessa funzione legislativa in capo ad organi dello Stato, senza rispettare il "protocollo" della "avocazione in sussidiarieta'" elaborato dalla giurisprudenza costituzionale, secondo il quale condizione della legittimita' costituzionale di questo strumento e' la previsione di una "intesa forte" con i livelli regionali nell'esercizio delle funzioni disciplinate.