IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 689 del 2010, proposto da: Roberto Mancin, rappresentato e difeso dall'avv. Paolo Francesco Brunello, con domicilio eletto presso la Segreteria della Sezione ai sensi dell'art. 25, comma 2 del D.lgs. n. 104/2010; Contro Universita' degli Studi di Padova, rappresentato e difeso dall'Avvocatura, domiciliata per legge in Venezia, San Marco, 63; Facolta' Medicina e Chirurgia di Padova; Sul ricorso numero di registro generale 1793 del 2010, proposto da: Roberto Mancin, rappresentato e difeso dall'avv. Paolo Francesco Brunello, con domicilio eletto presso la Segreteria della Sezione ai sensi dell'art. 25, comma 2 del D.lgs. n. 1047/010; Contro Universita' degli Studi di Padova, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Dello Stato, domiciliata per legge in Venezia, San Marco, 63; Facolta' di Medicina e Chirurgia dell'Universita' degli Studi di Padova, Universita' degli Studi di Padova; Nei confronti di Lisa Zinato; Per l'annullamento quanto al ricorso n. 689 del 2010: del provvedimento del Preside della facolta' di Medicina e Chirurgia dell'Universita' degli Studi di Padova prot. n. 84 dd. 18.1.2010, nonche' del verbale del Comitato Tecnico Organizzativo del Corso di Laurea in Infermieristica Pediatrica del 18.5.2009, con relativo allegato 1; quanto al ricorso n. 1793 del 2010: del bando/avviso di selezione prot. 1.569/VII.4 emesso dal Preside della Facolta' di Medicina e Chirurgia dd. 1.7.2010, per l'assegnazione di incarichi di insegnamento a titolo gratuito per il Corso di Laurea in «terapia della neuro e psicomotricita' dell'eta' evolutiva» per l'anno accademico 2010/2011; del deliberato della Commissione Didattica del Costo di Laurea in «terapia della neuro e psicomotricita' dell'eta' evolutiva» afferente la Facolta' di Medicina e Chirurgia dell'Universita' di Padova, prot. n. 386/10 dd. 1.9.2010; nonche' di ogni atto annesso, connesso o presupposto. Visti i ricorsi e i relativi allegati; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Visto l'atto di costituzione in giudizio, per entrambi i ricorsi, dell'Universita' degli Studi di Padova; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 febbraio 2011 la dott.ssa Alessandra Farina e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; L'odierno ricorrente e' dipendente dell'Universita' degli Studi di Padova, presso il Dipartimento di Pediatria, con la qualifica di Tecnico Informatico (cat. D1). Laureato in Informatica ed in possesso dell'abilitazione all'insegnamento dell'informatica presso le scuole medie superiori, acquisita esperienza proprio nel campo della didattica informatica e disabilita nell'eta' pediatrica il ricorrente ha formulato sia per l'anno accademico 2009/2010 che per l'anno accademico 2010/2011 istanze, per l'affidamento dell'incarico di docenza, a titolo gratuito, di Informatica con riguardo, rispettivamente, al Corso di laurea in «Infermieristica Pediatrica» (a.a. 2009/10) ed al Corso Integrato per il Corso di laurea in «Terapia della neuro e psicomotricita' dell'eta' evolutiva» (a.a. 2010/11), presso la sede di Padova. In entrambi i casi le domande presentate dal ricorrente sono state respinte con i provvedimenti qui impugnati. In particolare, con riferimento alla domanda presentata per l'a.a. 2009/2010, il provvedimento di diniego si e' basato sulla previsione di cui all'art. 1, comma 10 della Legge n. 230/2005, che preclude al personale tecnico amministrativo delle Universita' di poter ottenere l'affidamento di incarichi di insegnamento nei corsi di studio, non essendo stato possibile nel caso specifico operare la deroga di cui al comma 8 dell'art. 54 del CCNL del personale del Comparto Universita', in quanto la materia oggetto di insegnamento non e' stata considerata rientrante fra quelle «caratterizzanti» i corsi di studio per le professioni sanitarie infermieristiche ed ostetriche, che diversamente avrebbe consentito di aggirare il divieto generalizzato introdotto dalla norma statale. Per quanto riguarda invece il diniego opposto per l'incarico di insegnamento relativo all'a.a. 2010/2011, la motivazione ha fatto esclusivo riferimento all'impedimento derivante dal dettato normativo di cui al comma 10 dell'art. 1 della legge n. 230/2005, ossia alla qualifica di tecnico amministrativo posseduta dal ricorrente. Detta norma, infatti, nel disciplinare l'affidamento degli incarichi di insegnamento da parte delle Universita' (siano essi a titolo gratuito o retribuiti), esclude espressamente dai soggetti possibili affidatali degli stessi il personale tecnico amministrativo delle Universita' (fatte salve le eccezioni sopra richiamate, che tuttavia nel caso del ricorrente non hanno trovato applicazione). Di conseguenza, con i due ricorsi indicati in epigrafe (R.G. n. 689/2010 e 1793/2010) sono stati impugnati i provvedimenti che, in diretta applicazione della norma richiamata, rispettivamente hanno respinto o dichiarato inammissibile l'istanza presentata dal ricorrente al fine di ottenere l'incarico di insegnamento. A sostegno della richiesta di annullamento degli atti cosi' impugnati, la difesa istante ha svolto una serie articolata di argomentazioni, tutte rivolte ad evidenziare l'incostituzionalita' della norma applicata dall'Universita', che ingiustamente ha posto un limite all'affidamento degli incarichi con esclusivo riguardo ai dipendenti delle Universita'. Le doglianze sono state sviluppate anche con riguardo al primo diniego, sebbene questo si fosse basato, oltre che sull'applicazione della norma contenute nella legge n. 230/05, anche sull'impossibilita' di derogare a tale divieto per effetto della disposizione contenute nel 3° comma dell'art. 6 del D.lgs. n. 502/1992; in quanto la questione inerente la limitazione interessante il personale tecnico amministrativo delle Universita' doveva considerarsi assorbente e pregiudiziale ad ogni altra motivazione contenuta nel provvedimento di diniego. Secondo parte ricorrente la norma contenuta nel comma 10 dell'art. 1 della Legge n. 230/2005 presenta infatti evidenti profili di contrasto con i principi contemplati nella Costituzione, nella parte in cui esclude, a priori e senza espressa motivazione, solamente una categoria di pubblici dipendenti (il personale tecnico amministrativo dell'Universita') dalla possibilita' di prestare insegnamento (peraltro a titolo gratuito) nei corsi di laurea. La limitazione cosi' imposta dal legislatore risulta, ad avviso dell'istante, del tutto irragionevole ed ingiustificata, introducendo un limite all'affidamento degli incarichi esclusivamente nei confronti dei dipendenti dell'Universita' ed in particolare del personale tecnico amministrativo, rispetto a tutti gli altri dipendenti pubblici che, non compresi nella discriminazione operata dalla legge, possono presentare la relativa domanda e quindi, laddove in possesso delle necessarie competenze e conoscenze, essere scrutinati al fine dell'affidamento dell'incarico di insegnamento. L'irragionevolezza della previsione risulta altresi' evidente in considerazione del fatto che risultano esclusi coloro che sono dipendenti della stessa Universita', limitando cosi' l'impiego delle risorse di personale proprie dell'ente, senza che cio' trovi alcuna giustificazione, neppure sotto il profilo del carico economico (trattandosi, come nella specie, di corsi resi a titolo gratuito) o con riguardo all'eventuale contestualita' con l'ordinario orario di servizio (atteso l'esiguo impegno orario, ben conciliabile con l'assolvimento dei compiti di servizio). Poiche' quindi la norma impone la contestata limitazione all'affidamento degli incarichi di insegnamento, riferendola soltanto ad una particolare categoria di dipendenti pubblici, quelli delle Universita', parte ricorrente ne evidenzia il contrasto con il disposto di cui agli artt. 3 e 97 della Costituzione, in quanto palesemente contraria al principio di eguaglianza e di buon andamento ed imparzialita' della pubblica amministrazione, nonche' con l'art. 33, limitando il diritto di insegnamento e di pieno sviluppo della personalita' del lavoratore universitario, e con l'art. 35, comma 1, per evidente compressione della libera espressione della professionalita' lavorativa. Di conseguenza, con entrambi i gravami, e' stata richiesta la pregiudiziale sottoposizione al vaglio della Corte Costituzionale del quesito di legittimita' costituzionale della norma di cui al comma 10 dell'art. 1 della legge n. 230/2005, nella parte in cui esclude i soli dipendenti - tecnici amministrativi - dell'Universita' dall'affidamento degli incarichi, in quanto questione direttamente rilevante ai fini della definizione del giudizio instaurato davanti al T.A.R. e non manifestamente infondata per le ragioni meglio espresse nei due ricorsi. L'amministrazione intimata si e' costituita in entrambi i giudizi, svolgendo le proprie argomentazioni a sostegno della disposizione normativa applicata nel caso del ricorrente, la quale imponeva: l'esclusione dei dipendenti delle Universita' fra i soggetti possibili affidatali di incarichi di insegnamento, evidenziando la ratio della limitazione riconducibile alla diversita' esistente fra il ruolo del personale docente e quello non docente, caratterizzato da diverse funzionalita', di cui una rivolta all'assolvimento della funzione didattica, l'altra al supporto tecnico/amministrativo della prima: da cio' la necessita' di mantenere la distinzione fra i due ruoli, nulla impedendo comunque al ricorrente di accedere al ruolo dei docenti a seguito pubblico concorso. All'udienza del 16 febbraio 2011 entrambi i ricorsi sono stati trattenuti per la decisione. Cio' premesso in fatto, preliminarmente si dispone la riunione dei due ricorsi indicati in epigrafe, essendo evidente l'unicita' della questione giuridica ad essi sottesa, interamente rivolta ad accertare la legittimita' del diniego opposto dall'amministrazione sulla base della norma contenuta nel comma 10 dell'art. 1 della legge n. 203/2005. Sebbene, infatti, per quanto riguarda il primo diniego impugnato, la ragione del mancato conferimento dell'incarico di insegnamento sia stata duplice (applicazione dell'art. 1, comma 10 della L. n. 230/2005 e impossibilita' di applicare la deroga prevista dell'art. 6, comma 3 del D.lgs. n. 592/1992), risulta evidente come, proprio per effetto dell'inapplicabilita' della deroga, al ricorrente non sarebbe stato comunque affidabile l'incarico in virtu' della limitazione generale prevista dalla norma contemplata nella legge n. 230/05. Sempre in via preliminare, il Collegio deve dare atto del fatto che nelle more del giudizio la disposizione sulla base della quale sono stati assunti i provvedimenti impugnati con i due ricorsi ora all'esame (comma 10 dell'art. 1 della legge 230/05) e' stata formalmente abrogata per effetto dell'entrata in vigore della legge 30.12.2010, n. 240 (art. 29). Poiche', per le ragioni che di seguito verranno esposte, l'accertamento della legittimita' degli atti impugnati, che hanno fatto diretta applicazione della norma allora vigente, dipende dal giudizio di conformita' al dettato costituzionale della norma applicata, e' necessario preventivamente stabilire se, a fronte della sopravvenuta abrogazione della norma (che non risulta essere stata riformulata dal legislatore in occasione della recente riforma dell'Universita'), persista l'interesse ad ottenere una pronuncia in ordine ai provvedimenti impugnati, eventualmente attraverso il preventivo vaglio di legittimita' della norma che ne ha determinato l'adozione. A tale riguardo, secondo il costante orientamento, non sussiste l'interesse ad ottenere una eventuale pronuncia illegittimita' costituzionale di norme abrogate, se non quando si tratti di cancellarne gli effetti residuali derivanti dalla loro pregressa applicazione. Invero, persiste la rilevanza della declaratoria di illegittimita' costituzionale di una norma, poi abrogata, ogni qual volta essa abbia trovato applicazione, onde accertare se la stessa - proprio per effetto del suo contenuto in contrasto con il dettato costituzionale - abbia prodotto effetti pregiudizievoli. Diversamente, il sindacato di costituzionalita' non risulta ammissibile, in quanto privo di rilevanza, nei casi in cui la norma abrogata non abbia trovato in concreto alcuna applicazione, difettando il pregiudizio conseguente all'applicazione di una norma eventualmente inficiata da profili di illegittimita' costituzionale. Nel caso in esame detto presupposto non si e' verificato, in quanto la norma de qua e' stata applicata reiteratamente dall'amministrazione universitaria, la quale, conformemente a quanto stabilito dal comma 10 dell'art. 1, ha respinto le istanze del ricorrente in ragione della sua appartenenza al personale tecnico amministrativo dell'Universita'. Poiche', quindi, la norma, seppure oggi abrogata, ha comunque trovato applicazione, persiste l'interesse e la rilevanza alla definizione del giudizio instaurato avverso i provvedimenti che sono stati assunti in sua applicazione, previo accertamento della rilevanza e non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale della disposizione applicata. La definizione del presente giudizio non puo', quindi, prescindere dalla decisione della questione di costituzionalita', in quanto dalla pronuncia di illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 10 della L. n. 230/2005, nella parte in cui esclude il personale tecnico-amministrativo delle Universita', scaturirebbe l'illegittimita' derivata dei provvedimenti impugnati. Evidenziata quindi la rilevanza della soluzione del dubbio di incostituzionalita' della norma in esame ai fini della soluzione della controversia in oggetto, il Collegio ritiene, altresi', che la questione di legittimita' costituzionale sia non manifestamente infondata, nei termini di seguito esplicitati. Come anticipato nell'esposizione in fatto, parte ricorrente denuncia sotto diversi profili l'illegittimita' costituzionale dell'inciso contenuto nel comma 10 dell'art. 1 della legge piu' volte richiamata, in modo particolare per violazione dei principi contemplati negli articoli 3 e 97, nonche' degli artt. 33, primo comma e 35, secondo comma Cost. Ad avviso del Collegio i dubbi di parte ricorrente circa la compatibilita' della normativa applicata con il dettato costituzionale appaiono fondati, in primo luogo, con specifico riguardo al contrasto con l'art. 3 e con l'art. 97 della Costituzione. Invero, la discriminazione operata con l'inciso contenuto nella norma richiamata risulta in contrasto con il principio di eguaglianza, in rapporto all'intera categoria dei pubblici dipendenti, in quanto la limitazione risulta esclusivamente diretta nei confronti di una particolare categoria di dipendenti pubblici, in particolare delle Universita', quale e' il personale tecnico amministrativo. Ne' puo' rappresentare idonea giustificazione a detta limitazione l'argomentazione dedotta dalla difesa erariale circa la necessita' di distinguere la funzione docente da quella non docente, propria del personale tecnico-amministrativo, non sussistendo oggettivi impedimenti a che dipendenti professionalmente preparati possano esercitare, ovviamente in termini oggettivi di compatibilita' con il servizio, anche funzioni di docenza soprattutto in casi come quello in esame, ove l'impegno orario non e' certamente rilevante e soprattutto non implica alcun carico economico ulteriore. Prova oggettiva e' la stessa possibilita' prevista dal legislatore con la disposizione di cui al comma 3 dell'art. 6 del D.lgs. n. 592/1992, in virtu' della quale il personale appartenente alle Universita' convenzionate con il SSN, entro determinati limiti e per determinate materie attinenti il servizio prestato, puo' essere chiamato a svolgere attivita' di docenza. La specifica ed ingiustificata limitazione alla sola categoria del personale tecnico amministrativo delle Universita' si pone quindi in evidente contrasto, in quanto non sorretta da una specifica ratio, con il principio costituzionale di eguaglianza, limitando la possibilita' di ottenere gli incarichi di insegnamento solo a quella specifica categoria di dipendenti pubblici. Detto contrasto e' altresi' evidente anche con riguardo al principio generale di trasparenza e buon andamento della Pubblica Amministrazione, la quale per effetto dell'applicazione della norma si vede privata di potenziali validi elementi che, in possesso delle necessarie competenze, potrebbero metterle al servizio della stessa Universita' presso la quale gia' svolgono la loro attivita' lavorativa, senza alcuna diminuzione della stessa. Il contrasto con il dettato costituzionale si estende poi anche agli ulteriori due articoli richiamati in ricorso (33 e 35 Cost.), espressione della liberta' di insegnamento di arte e scienza e di arricchimento ed elevazione professionale dei lavoratori, risultando evidente che l'irragionevole limitazione imposta dalla norma contenuta nel comma 10 dell'art. 1 costituisce un'evidente limitazione alla libera manifestazione delle aspirazioni del dipendente. Alla luce della considerazioni sin qui svolte, per effetto della disposizione normativa applicata, appaiono gravemente compromessi i principi costituzionali di uguaglianza, di buon andamento ed imparzialita' dell'amministrazione consacrati negli articoli 3 e 97 della Carta Costituzionale, nonche' quelli riconosciuti dagli artt. 33 e 35, da cui la ritenuta non manifesta infondatezza, per i profili cosi' evidenziati, della questione di costituzionalita' relativa alla legge n. 230/2005, art. 1, comma 10 nell'inciso riferito al solo personale tecnico amministrativo delle Universita'. Si dispone pertanto la sospensione del presente giudizio e la rimessione della questione all'esame della Corte costituzionale, ai sensi dell'art. 23, L. 11 marzo 1953, n. 87, per la decisione sulla prospettata questione di costituzionalita'.