Ordinanza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'art.  6,  comma  9,
della legge della Regione Marche 14 aprile  2004,  n.  7  (Disciplina
della procedura di valutazione di impatto ambientale),  promosso  dal
Tribunale amministrativo  regionale  delle  Marche  nel  procedimento
vertente tra l'Idrotermica 2006 s.r.l. e la Regione Marche ed  altra,
con ordinanza del 26 marzo 2010, iscritta  al  n.  193  del  registro
ordinanze 2010 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 26, prima serie speciale, dell'anno 2010. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Marche; 
    udito nell'udienza pubblica del 5 luglio 2011 il Giudice relatore
Alfio Finocchiaro; 
    udito l'avvocato Stefano Grassi per la Regione Marche. 
    Ritenuto che il Tribunale amministrativo regionale delle  Marche,
con ordinanza del 26 marzo 2010 (reg. ord. n. 193  del  2010)  -  nel
corso di un giudizio di impugnazione del decreto del dirigente  della
posizione di funzione, valutazioni ed  autorizzazioni  ambientali  n.
20/VAA-08 del 27 febbraio 2009, mediante il quale la  Regione  Marche
ha disposto di assoggettare alla procedura di valutazione di  impatto
ambientale (c.d. VIA) il progetto di una centrale  idroelettrica  sul
fiume Potenza, presentato dalla Idrotermica 2006 s.r.l., e di  negare
l'autorizzazione  paesaggistica   -   ha   sollevato   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 6, comma 9, della  legge  della
Regione Marche 14 aprile 2004, n. 7 (Disciplina  della  procedura  di
valutazione di impatto ambientale), in riferimento agli artt. 9, 97 e
117, secondo comma, lettera s), della Costituzione; 
        che il giudice a  quo  riferisce  che  l'opera  in  questione
rientra nella previsione di cui all'allegato B1, punto 2, della legge
regionale n. 7 del 2004, per cui, in caso di esito negativo del  c.d.
screening preliminare, il relativo progetto va sottoposto alla VIA  e
che la relativa competenza e' della Regione; 
        che, in punto di fatto, il giudice rimettente espone  che  la
domanda di rilascio dell'autorizzazione unica e' stata presentata  il
6  ottobre  2006,  con  successiva  produzione  della  documentazione
integrativa richiesta e con espressione  del  parere  favorevole  del
Comune di Castelraimondo, della Provincia di Macerata e  dell'Agenzia
regionale per la protezione ambientale delle Marche (ARPAM); 
        che, secondo il tribunale, il provvedimento impugnato sarebbe
illegittimo in quanto alla data del 18 giugno 2007 si era formato  il
silenzio-assenso ex art. 6, comma 9, della legge regionale n.  7  del
2004,  nella  versione  previgente  all'abrogazione  di  tale   norma
disposta dall'art. 5 della legge della Regione Marche 12 giugno 2007,
n. 6 (Modifiche ed integrazioni alla L.R. 14 aprile 2004, n. 7,  alla
L.R. 5 agosto 1992, n. 34, alla L.R. 28 ottobre  1999,  n.  28,  alla
L.R. 23 febbraio 2005, n. 16 e alla L.R. 17  maggio  1999,  n.  10  -
Disposizioni in materia ambientale e rete natura 2000); 
        che,  poiche'  la  citata  legge  n.  6  del  2007  e'  stata
pubblicata nel B.U.R.M. del 21 giugno ed e' entrata in vigore  il  18
giugno 2007 (computando quale dies a quo il 18 aprile 2007, ossia  la
data  nella  quale  il  ricorrente  ha  integrato  la  documentazione
carente) si era ormai avverata la fattispecie autorizzativa implicita
prevista dal citato art. 6, comma 9; 
        che,  in  punto  di  rilevanza,  il  rimettente  assume   che
l'abrogazione dell'art. 6, comma 9, secondo cui "la mancata pronuncia
dell'autorita' competente, nel termine di cui  al  comma  7  comporta
l'esclusione del progetto dalla procedura di VIA", e' intervenuta  il
6 luglio 2007, quando ormai il silenzio-assenso si era formato, senza
che possa sostenersi che il provvedimento impugnato abbia rimosso, in
via di autotutela, l'atto  di  autorizzazione  implicito,  in  quanto
l'atto in questione non fa alcun riferimento all'esercizio dello  ius
poenitendi della p.a.; 
        che,  cio'  premesso,  il  TAR  rimettente  ritiene  che   la
definizione della controversia non possa prescindere da una pronuncia
di incostituzionalita'  della  norma  impugnata,  non  potendosi  ne'
invocare  la  disapplicazione  della  stessa  per  contrasto  con  la
direttiva comunitaria 27 giugno 1985, n. 85/337/CEE, ne' sostenere la
sua implicita abrogazione ad opera dell'art. 20, comma 4, della legge
7 agosto 1990,  n.  241  (Nuove  norme  in  materia  di  procedimento
amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi); 
        che, circa la non manifesta infondatezza della questione,  il
giudice a quo richiama la giurisprudenza costituzionale per la  quale
il silenzio della p.a. non potrebbe assumere il  valore  di  assenso,
sussistendo la necessita'  di  una  pronuncia  esplicita,  nonche'  i
principi desumibili dalla legislazione statale dopo  la  riforma  del
Titolo V della  Costituzione,  concludendo  per  la  declaratoria  di
incostituzionalita' della norma; 
        che si e' costituita la Regione Marche  facendo  presente  di
avere gia' sostenuto, in sede di giudizio di merito, che  gli  uffici
regionali non avevano fatto applicazione del citato art. 6, comma  9,
sia per il contrasto con la direttiva comunitaria  n.  85/337/CEE,  e
delle  relative  pronunce  della  Corte  di  giustizia,  sia  per  il
contrasto con la legislazione statale in tema di ambiente; 
        che  la   tesi   della   inapplicabilita'   della   direttiva
comunitaria sarebbe intrinsecamente contraddittoria; 
        che sarebbe poi  evidente  il  contrasto  con  la  disciplina
comunitaria della norma sul  silenzio-assenso,  dal  momento  che  il
tenore testuale della direttiva (art. 4, par. 2, 3 e 4), si  pone  in
termini  di  evidente  incompatibilita'  con  qualunque  ipotesi   di
silenzio-assenso; 
        che   l'inapplicabilita'   della   norma    censurata    alla
fattispecie, la piena legittimita' del provvedimento  adottato  dalla
Regione, nonche' il difetto di rilevanza della  questione  sollevata,
risultano anche dalla considerazione del  rapporto  tra  la  suddetta
norma regionale e la disciplina statale vigente all'epoca  dei  fatti
di causa; 
        che, solo in via subordinata, e cioe' nell'ipotesi in cui  la
Corte  dovesse  ritenere  la   norma   impugnata   applicabile   alla
fattispecie, la Regione  Marche  conclude  per  la  fondatezza  della
questione; 
        che, nell'imminenza della udienza di discussione, la  Regione
ha  depositato  memoria  con  la  quale   insiste   negli   argomenti
prospettati nell'atto di costituzione. 
    Considerato  che  il  Tribunale  amministrativo  regionale  delle
Marche dubita della legittimita' costituzionale dell'art. 6, comma 9,
della legge della Regione Marche 14 aprile  2004,  n.  7  (Disciplina
della procedura di valutazione di impatto ambientale) in  riferimento
agli artt. 9, 97 e 117 della Costituzione; 
        che, secondo  la  norma  citata,  nella  versione  previgente
all'abrogazione disposta dall'art. 5 della legge della Regione Marche
12 giugno 2007, n. 6 (Modifiche ed integrazioni alla L.R.  14  aprile
2004, n. 7, alla L.R. 5 agosto 1992, n.  34,  alla  L.R.  28  ottobre
1999, n. 28, alla L.R. 23 febbraio 2005, n. 16 e alla L.R. 17  maggio
1999, n. 10 - Disposizioni in materia ambientale e rete natura 2000),
prescriveva che la mancata pronuncia dell'autorita'  competente,  nel
termine di giorni 60,  sulla  domanda  relativa  ad  un  progetto  da
assoggettare alla procedura di impatto ambientale  (VIA),  comportava
l'esclusione del progetto dalla stessa procedura; 
        che  la  questione  e'  stata  sollevata  nell'ambito  di  un
giudizio di impugnazione, da parte del proponente un progetto per  la
costruzione  di  una  centrale  idroelettrica,  avverso  la  delibera
regionale di assoggettamento alla procedura di VIA (e del conseguente
rigetto dell'autorizzazione paesaggistica); 
        che,  secondo   il   ricorrente,   sulla   sua   domanda   di
autorizzazione alla realizzazione dell'impianto si sarebbe formato il
silenzio-assenso, in base alla normativa regionale all'epoca vigente; 
        che il rimettente -  constatando  che  l'opera  in  questione
rientra nella previsione di  cui  all'allegato  B1,  punto  2,  della
citata legge regionale n. 7 del 2004, per cui,  in  caso  di  mancato
superamento della procedura di verifica  di  assoggettabilita'  (c.d.
screening preliminare), il relativo progetto va sottoposto alla VIA -
riferisce, che a seguito dell'abrogazione del comma  9  dell'art.  6,
della  cui  illegittimita'  si   discute,   il   silenzio   osservato
dall'amministrazione equivale ora a inadempimento; 
        che, cio' premesso, lo stesso rimettente dubita,  pero',  che
la norma citata, nel periodo in cui e' stata in vigore, e grazie alla
quale sarebbe maturato il silenzio-assenso sulla domanda del privato,
sia conforme: a) all'art. 9 Cost., oltre che all'art. 97  Cost.,  per
essere l'atto autorizzativo implicito  validamente  utilizzabile  nei
procedimenti  in  cui  l'amministrazione  deve  solo  verificare   la
conformita' dell'istanza del privato rispetto ad uno schema normativo
predeterminato, e non in materia ambientale, in cui  sono  necessarie
valutazioni di compatibilita' con la tutela ambientale; b) e all'art.
117,   secondo   comma,   lettera   s),   Cost.,   per   essere    il
silenzio-assenso, previsto dalla disposizione regionale, in contrasto
con i  principi  dettati  dallo  Stato  in  materia  nella  quale  e'
configurabile  la  competenza  esclusiva   (art.   32   del   decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152, Norme in materia ambientale); 
        che l'ordinanza di rimessione e' in  se'  contraddittoria,  e
ingenera il dubbio di una non completa comprensione del funzionamento
dell'istituto della VIA; 
        che la formulazione  della  questione  in  modo  perplesso  e
contraddittorio e' ragione di manifesta  inammissibilita'  (ordinanze
n. 90 del 2009, n. 252 e n. 433 del 2008); 
        che l'argomentazione del giudice a quo non e' congruente alle
finalita' della procedura preliminare di screening, che ha  lo  scopo
di verificare l'assoggettabilita' di un'opera alla procedura di  VIA,
nel senso che, ove l'opera abbia un'astratta rilevanza  nel  contesto
ambientale, per essere ricompresa negli elenchi allegati alla  legge,
la verifica preliminare vale  ad  incanalare  un  progetto  verso  la
valutazione vera e propria dell'impatto ambientale,  o  diversamente,
ove l'opera risulti priva di rilevanza, di esentarlo dalla VIA; 
        che il rimettente, da un lato, mostra di ritenere  l'impianto
progettato  privo  della  rilevanza  necessaria  a  sottoporlo   alla
verifica  preliminare,  mentre  poi,  sorprendentemente,  dall'altro,
afferma che «pur avendo esso  un  impatto  sull'ambiente,  che  sara'
oggetto di valutazione in sede di procedura  di  VIA  (...)  non  per
questo  autorizzabile  senza  ulteriori  verifiche   circa   la   sua
compatibilita' con l'ecosistema»; 
        che e' evidente che, qualora la norma della cui  legittimita'
si dubita dovesse essere interpretata nel senso che l'esclusione  del
progetto dalla verifica preliminare comporta ugualmente il successivo
assoggettamento alla VIA, verrebbe meno la rilevanza della  questione
nel giudizio a quo, in cui oggetto dell'impugnazione  e'  proprio  la
delibera regionale di assoggettamento del progetto alla VIA; 
        che, nella stessa supposizione  che  il  progetto  dell'opera
oggetto del giudizio in corso non sia soggetto  a  verifica,  perche'
privo di "rilevante"  impatto,  il  giudice,  che  pure  si  dichiara
titolare di un sindacato "debole" o "estrinseco",  oltre  a  compiere
una  valutazione  di  merito  che  e'  estranea  ai  presupposti   di
applicabilita' della procedura, e' convinto di non poter disapplicare
la norma, ritenendone il  contrasto  con  la  disciplina  comunitaria
posta dalla direttiva 27 giugno 1985, n.  85/337/CEE  (Direttiva  del
Consiglio  concernente  la  valutazione  dell'impatto  ambientale  di
determinati progetti pubblici e privati); 
        che, nei giudizi di costituzionalita' in via incidentale, ove
il diritto comunitario sia immediatamente  applicabile,  in  modo  da
indurre alla non applicazione di una norma  interna,  viene  meno  la
rilevanza della questione (ex plurimis sentenze nn.  288  e  227  del
2010, nn. 125 e 100 del 2009, n. 284 del 2007; ordinanze n.  415  del
2008 e n. 454 del 2006); 
        che l'astratta riconducibilita' di un progetto alla tipologia
enucleata dalla normativa europea e da quella interna applicativa (lo
stesso rimettente da' atto che il progetto per cui e'  causa  rientra
nella tipologia prevista dall'allegato B1, punto 2, della legge della
Regione Marche  n.  7  del  2004),  rende  obbligatoria  la  verifica
preventiva, tant'e' che lo stesso ricorrente in causa aveva  ritenuto
di doverne inoltrare domanda,  salvo  poi  assumere  su  di  essa  il
silenzio-assenso; 
        che, con riguardo alla direttiva comunitaria  concernente  la
valutazione dell'impatto ambientale, e' indubitabile  che  la  regola
della  necessaria   verifica   di   sottoponibilita'   dei   progetti
testualmente individuati (anche nella integrazione  delle  discipline
nazionali)  alla  valutazione   ambientale   costituisce   previsione
immediatamente precettiva,  come  riconosciuto  dalla  giurisprudenza
della Corte di giustizia (cosi' la sentenza 10 giugno 2004, in  causa
C-87/02),  e  dalla  stessa  giurisprudenza  amministrativa,  che  ha
ritenuto di disapplicare la normativa regionale sul  silenzio-assenso
in materia ambientale (tra le altre, sentenze del Consiglio di Stato,
sez. V, n. 5169 del 2001 e n. 4058 del 2008; sez.  VI,  n.  3913  del
2005); 
        che  ulteriori  ragioni  di  inammissibilita'  riguardano  la
pertinenza dei parametri evocati; 
        che il rimettente prospetta in primo luogo il  contrasto  con
l'art. 9 Cost., ma sotto tale profilo l'ordinanza e' del tutto  priva
di motivazione (ordinanze n. 61 del 2010, n. 171 del 2009, n. 206 del
2008),  restando  il  collegamento  alla  tutela  dell'ambiente  solo
intuitivo, in base all'argomentazione sviluppata in riferimento  agli
altri due parametri; 
        che, riguardo al prospettato contrasto con l'art.  97  Cost.,
alla luce del quale, secondo il giudice a quo,  l'atto  autorizzativo
implicito puo' essere validamente utilizzabile  nei  procedimenti  in
cui   l'amministrazione   deve   solo   verificare   la   conformita'
dell'istanza  del  privato   rispetto   ad   uno   schema   normativo
predeterminato,  va  ricordato  che,  in  linea  di   principio,   al
legislatore non e' affatto preclusa,  sul  piano  costituzionale,  la
qualificazione in termini di silenzio-assenso del decorso  del  tempo
entro  il  quale  l'amministrazione  competente  deve  concludere  il
procedimento e adottare il provvedimento; 
        che, allo stesso modo, non e' preclusa nel  suddetto  settore
la   previsione   di   ulteriori    istituti    di    semplificazione
amministrativa, restandone affidata la scelta a  valutazioni  rimesse
alla discrezionalita' legislativa, nell'obiettivo di tempestivita' ed
efficienza dell'azione amministrativa  e  quindi  di  buon  andamento
(sentenza n. 404 del 1997); 
        che non appropriatamente richiamato e'  l'art.  117,  secondo
comma, lettera s), Cost., che attribuisce la  competenza  legislativa
esclusiva allo Stato, in materia ambientale; 
        che e' pur vero che la  disciplina  della  VIA  attiene  alla
tutela dell'ambiente (sentenze n. 1 del 2010 e  nn.  234  e  225  del
2009), ma deve ritenersi che nella norma della cui illegittimita'  si
discute non puo' in alcun modo verificarsi  uno  sconfinamento  della
Regione dalle proprie prerogative legislative, posto che, da un lato,
la regolamentazione si riferisce  alle  opere  per  le  quali  e'  la
Regione a dover compiere la verifica di compatibilita' ambientale,  e
dall'altro, la previsione del silenzio-assenso  di  cui  all'art.  6,
comma 9, della legge della Regione Marche n. 7 del  2004  non  faceva
che applicare il principio sancito, a livello di  normativa  statale,
dall'art. 10, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 12
aprile 1996 (Atto  di  indirizzo  e  coordinamento  per  l'attuazione
dell'art. 40,  comma  1,  della  legge  22  febbraio  1994,  n.  146,
concernente  disposizioni  in  materia  di  valutazione  di   impatto
ambientale), con formulazione quasi identica al dettato normativo  di
cui si discute («trascorso il termine suddetto, in caso  di  silenzio
dell'autorita' competente,  il  progetto  si  intende  escluso  dalla
procedura»); 
        che  ulteriore  ragione  di  manifesta  inammissibilita'   e'
costituita dalla erronea ricostruzione del quadro normativo  (in  tal
senso le ordinanze n. 334 del 2007 e n. 358 del 2004)  da  parte  del
rimettente, dal momento che il Tar Marche non opera una  ricognizione
esatta del sistema legislativo, ai fini di una corretta  applicazione
al caso di specie, che, come detto, si sviluppa tra il 18 aprile e il
18 giugno 2007, con la pretesa maturazione del silenzio-assenso; 
        che il rimettente, pur consapevole  dell'incompatibilita'  di
certi istituti di semplificazione amministrativa con  alcune  materie
"sensibili",  come  l'ambiente,  afferma  di   non   poter   ritenere
l'abrogazione implicita della norma regionale in  esame  per  effetto
dell'entrata in vigore dell'art. 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241
(Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e  di  diritto
di accesso ai documenti amministrativi), che  appunto,  al  comma  4,
anche nella formulazione vigente  all'epoca  dei  fatti,  prevede  la
necessita' di provvedimento amministrativo formale in dette  materie,
ed il valore del  silenzio  serbato  dall'amministrazione  competente
come inadempimento; 
        che,  secondo  il  Tar  rimettente,  la  norma   citata   non
equivarrebbe  al   divieto   di   prevedere   ipotesi   speciali   di
silenzio-assenso anche in materia ambientale, l'unico limite  essendo
rappresentato dalle norme costituzionali e dai principi  del  diritto
comunitario; 
          che,  in  tal  modo,  pero',  lo   stesso   rimettente   si
contraddice, nel momento in cui si dichiara consapevole del contrasto
tra il principio del silenzio-assenso  in  materia  ambientale  e  la
normativa  comunitaria,  oltre  che,  ovviamente,  con  i   parametri
costituzionali evocati; 
          che, sotto un diverso  profilo,  il  rimettente  omette  di
considerare  che  con   l'entrata   in   vigore   del   c.d.   Codice
dell'ambiente, di cui al decreto legislativo 3 aprile  2006,  n.  152
(Norme in materia ambientale), viene sancito il principio del  valore
negativo del silenzio sulla domanda di verifica di  assoggettabilita'
alla VIA (art. 32) e viene abrogato (art. 48, comma 1, lettera c)  il
d.P.R. 12  aprile  1996  («Atto  di  indirizzo  e  coordinamento  per
l'attuazione dell'art. 40, comma 1, della legge 22 febbraio 1994,  n.
146, concernente disposizioni in materia di  valutazione  di  impatto
ambientale»), che all'art. 10, comma 2, conteneva la disposizione sul
silenzio-assenso poi recepita dalla legislazione regionale; 
          che e' pur vero che l'entrata in vigore  sia  dell'art.  32
che dell'art. 48 del Codice dell'ambiente,  originariamente  prevista
entro centoventi giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta  Ufficiale
(avvenuta sul n. 88 del 14 aprile 2006), e' stata prima prorogata  al
31 gennaio 2007 dall'art. 1-septies del decreto-legge 12 maggio 2006,
n. 173 (Proroga  di  termini  per  l'emanazione  di  atti  di  natura
regolamentare e legislativa), convertito,  con  modificazioni,  dalla
legge 12 luglio 2006, n. 228, e successivamente  al  31  luglio  2007
dall'art. 5 del decreto-legge 28 dicembre 2006, n.  300  (Proroga  di
termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni diverse),
convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2007, n. 117; 
          che  peraltro  l'art.  50  del  Codice  dell'ambiente,  che
prevedeva per le Regioni l'obbligo di adeguamento ai nuovi  principi,
e, in mancanza, la  diretta  applicazione  di  questi  (ivi  compreso
l'art. 32 sul valore di inadempimento del  silenzio  osservato  sulla
domanda di verifica di assoggettabilita' alla VIA), fissava in giorni
centoventi il termine per l'adeguamento; 
        che questo termine,  a  differenza  di  quello  previsto  per
l'attuazione della parte seconda del  Codice  dell'ambiente,  non  e'
stato prorogato, ed e' scaduto il 12 agosto 2006; 
        che da cio' consegue che e' legittimamente predicabile che al
momento di presentazione della domanda (recte, di integrazione  della
documentazione, ovvero al 18 aprile 2007), in  ambito  regionale,  il
silenzio sulla domanda di verifica di assoggettabilita' alla VIA  non
aveva piu' valore di assenso; 
        che, pertanto,  la  questione  e'  sotto  i  plurimi  profili
indicati manifestamente inammissibile.