Sentenza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 16 della  legge
della Regione Piemonte 2 maggio  1986  n.  18  (Prime  norme  per  la
disciplina dello smaltimento dei rifiuti, in attuazione  del  decreto
del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982, n. 915),  promosso
dalla Corte di cassazione nel procedimento  vertente  tra  la  S.r.l.
Servizi Industriali e il Comune di Orbassano  con  ordinanza  del  20
maggio 2010  iscritta  al  n.  252  del  registro  ordinanze  2010  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  38,  prima
serie speciale, dell'anno 2010; 
    Visti  l'atto  di  costituzione   della   S.p.a.   Sadi   Servizi
Industriali (succeduta nel processo principale  alla  S.r.l.  Servizi
Industriali),  nonche'  l'atto  di  intervento  del  Presidente   del
Consiglio dei ministri; 
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  4  ottobre  2011  il  Giudice
relatore Franco Gallo; 
    Uditi gli avvocati Riccardo Montanaro per la S.p.a. Sadi  Servizi
Industriali e Luca Antonini per la Regione Piemonte. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - La Corte suprema di cassazione, con ordinanza pronunciata il
14 aprile  2010  e  depositata  il  successivo  20  maggio  2010,  ha
sollevato, in riferimento agli artt. 23 e 119  della  Costituzione  -
quest'ultimo, nel testo anteriore alla sostituzione operata dell'art.
5 della legge costituzionale 18 ottobre  2001,  n.  3  (Modifiche  al
titolo V della parte  seconda  della  Costituzione)  -  questione  di
legittimita' dell'art. 16 della legge della Regione Piemonte 2 maggio
1986, n. 18 (Prime norme per  la  disciplina  dello  smaltimento  dei
rifiuti, in attuazione del decreto del Presidente della Repubblica 10
settembre 1982, n. 915), il quale, prima  della  sua  abrogazione  ad
opera dell'art. 45, comma 5, della legge della  Regione  Piemonte  13
aprile 1995, n. 59 (Norme  per  la  riduzione,  il  riutilizzo  e  lo
smaltimento dei rifiuti),  stabiliva  che:  «I  soggetti  gestori  di
impianti di innocuizzazione e di  eliminazione  e  di  discariche  di
rifiuti urbani, assimilabili agli urbani, speciali  fatta  esclusione
per gli inerti e tossici e nocivi,  nonche'  i  soggetti  gestori  di
impianti di stoccaggio provvisorio dei rifiuti tossici e  nocivi  per
conto   terzi,   sono   tenuti   a    corrispondere    dal    momento
dell'attivazione, se nuova attivita', e a partire dal 31 luglio  1986
se attivita' esistente, al Comune sede di impianto di innocuizzazione
e di eliminazione o di discarica, un contributo annuo pari a lire 2 e
al Comune sede di impianto di stoccaggio  provvisorio  un  contributo
annuo pari a lire 1 per ogni chilogrammo di  rifiuti  rispettivamente
innocuizzati, eliminati, collocati in discarica o stoccati  nell'anno
precedente [primo comma]. La misura del contributo e' sottoposta ogni
3 anni a rivalutazione secondo l'indice ISTAT del  costo  della  vita
[secondo comma]. Le  somme  introitate  devono  essere  destinate  ad
interventi finalizzati  alla  conservazione  e  valorizzazione  della
natura e dell'ambiente [terzo comma]». 
    1.1. - Il giudice rimettente riferisce, in punto di  fatto,  che:
a) il giudizio di cassazione scaturisce dal ricorso proposto  da  una
societa' che gestisce un impianto  di  trattamento  dei  rifiuti  nei
confronti del Comune di Orbassano, sede dell'impianto, e concerne  la
legittimita'  della  deliberazione  della  Giunta  di  detto  Comune,
adottata in data 26 aprile 1993, con la quale era stato  determinato,
nella misura di L. 1.353.329.210, il contributo dovuto dalla societa'
al Comune ai sensi dell'art. 16 della legge della Regione Piemonte n.
18 del 1986; b) nel giudizio si controverte in ordine alla natura  di
detto  contributo  e,  nell'ipotesi  in  cui  esso   dovesse   essere
qualificato come tassa sulle concessioni regionali,  in  ordine  alla
sua legittimita' ai sensi dell'art. 3 della legge 16 maggio 1970,  n.
281  (Provvedimenti  finanziari  per  l'attuazione  delle  Regioni  a
statuto ordinario); c) nel ricorso e' messa in dubbio la legittimita'
costituzionale dell'art. 16 della legge della Regione Piemonte n.  18
del  1986,  perche'  esso   eccederebbe   l'ambito   della   potesta'
legislativa e impositiva attribuita alle Regioni a statuto  ordinario
dagli artt. 117 e 119 Cost., nel  testo  vigente  anteriormente  alla
sostituzione operata dalla legge costituzionale n. 3 del 2001. 
    1.2. - Il medesimo giudice rimettente, in punto di diritto,  dopo
avere  escluso  alcune  qualificazioni  del  contributo  di  cui   al
denunciato art. 16 della legge della Regione Piemonte n. 18 del  1986
- in particolare, che esso sia una tassa sulle concessioni  regionali
disciplinata dall'art.  3  della  legge  n.  281  del  1970  (essendo
applicato all'attivita' di gestione degli impianti di trattamento dei
rifiuti e non ad atti adottati  dalle  Regioni  nell'esercizio  delle
loro  funzioni  o  dagli  enti  locali  nell'esercizio  di   funzioni
regionali ad  essi  delegate),  oppure  una  forma  di  finanziamento
dell'attivita' di trattamento,  ammasso,  deposito  e  discarica  dei
rifiuti (servizi per i quali era prevista, invece, la  tassa  per  lo
smaltimento dei rifiuti solidi urbani di cui agli articoli da  268  a
272 del regio decreto 14 settembre  1931,  n.  1175,  recante  «Testo
unico per la finanza locale», come sostituiti dall'art. 21 del d.P.R.
10 settembre 1982, n. 915, recante «Attuazione delle direttive  (CEE)
n. 75/442 relativa ai rifiuti, n. 76/403  relativa  allo  smaltimento
dei policlorodifenili e dei policlorotrifenili e n.  78/319  relativa
ai rifiuti tossici e nocivi») o, ancora, che possa essere  assimilato
ai contributi di urbanizzazione di cui  all'art.  3  della  legge  28
gennaio 1977, n. 10, recante «Norme per la edificabilita' dei  suoli»
(non essendo previsto in funzione dell'urbanizzazione dell'area  dove
e' ubicato l'impianto) o ad un canone di concessione (atteso  che  la
pretesa vantata dal Comune non trovava fondamento in una  concessione
comunale  ma  esclusivamente  nella  norma  impositiva  regionale)  -
afferma che esso: a) e'  diretto  a  compensare  i  costi  sociali  e
ambientali che derivano, per  il  Comune,  dalla  localizzazione  nel
proprio  territorio  dell'attivita'  di  trattamento   dei   rifiuti,
definita di pubblico interesse dall'art. 1  del  d.P.R.  n.  915  del
1982, «onere  che  percio'  dovrebbe  finanziarsi  con  l'imposizione
generale»; b) «qualora pure non sia un tributo», non e' configurabile
come un corrispettivo giustificato da una specifica  attivita'  della
pubblica amministrazione a favore del  privato,  ma  dovrebbe  essere
considerato «in ogni caso  una  prestazione  patrimoniale  imposta  a
norma dell'art. 23 Cost.». 
    1.3. - Il giudice a quo, afferma poi, sempre in punto di diritto,
che dagli artt. 117 e 119  Cost.,  nel  testo  anteriore  alla  legge
costituzionale  n.  3  del  2001,  come   letti   dalla   consolidata
giurisprudenza costituzionale (sono citate le  sentenze  n.  295  del
1993; n. 294 del 1990; n. 204 e n. 214 del 1987; n. 272 del 1986), si
ricava che la potesta' normativa tributaria spettante alle Regioni  a
statuto ordinario costituisce un aspetto  dell'autonomia  finanziaria
riconosciuta a tali enti dall'art. 119 Cost. e deve, percio',  essere
esercitata «nelle  forme  e  nei  limiti  stabiliti  da  leggi  della
Repubblica» (art. 119, primo comma,  Cost.).  Sulla  scorta  di  tale
ultima previsione costituzionale, la legge  statale  costituisce  «la
fonte necessaria e obbligata della disciplina degli spazi regionali»,
idonea a condizionarne il contenuto «sia per quanto attiene  al  tipo
di tributo, nella sua configurazione e nei suoi elementi costitutivi,
sia in relazione al  suo  profilo  quantitativo».  Da  cio'  consegue
ulteriormente - sempre  secondo  il  rimettente  -  che  la  potesta'
normativa tributaria  delle  Regioni  a  statuto  ordinario,  pur  se
riconosciuta allo scopo di consentire a tali  enti  di  procurarsi  i
mezzi per fare fronte alle spese necessarie per lo svolgimento  delle
loro funzioni normali, non e' strumentale  rispetto  alle  competenze
indicate dall'art. 117 Cost., cosi' da  avere  «la  stessa  forza  di
quelle», ma opera «al di fuori di quell'ambito "con  proprio  oggetto
ed entro i diversi particolari confini che le leggi della  Repubblica
[...] sono legittimate a fissare",  anche  al  fine  di  adeguare  la
finanza locale alla riforma  tributaria  generale»  e  si  configura,
pertanto, non come una potesta' legislativa di tipo  concorrente,  ma
come una potesta'  soltanto  attuativa  della  legislazione  statale,
analoga a quella di cui al secondo comma dell'art. 117 Cost. 
    1.4. - Quanto alla non manifesta infondatezza della questione, il
giudice rimettente, sulla base delle premesse indicate, afferma  che,
sia che  si  consideri  il  contributo  previsto  dalla  disposizione
denunciata un tributo,  sia  che  lo  si  consideri  una  prestazione
patrimoniale imposta di natura non tributaria, a norma  dell'art.  23
Cost., l'impossibilita' di reperire una disposizione di legge statale
della quale la disposizione denunciata costituisca attuazione, «o nel
cui quadro  essa  troverebbe  la  sua  giustificazione»  -  tale  non
sarebbe, in particolare, ad avviso del giudice a quo, l'art. 6, primo
comma, lettera f), del d.P.R. n.  915  de  1982,  che  si  limita  ad
attribuire alle Regioni il potere di  emanare  norme  integrative  ed
attuative del medesimo d.P.R. per  l'organizzazione  dei  servizi  di
smaltimento e le procedure di controllo e  di  autorizzazione,  senza
prevedere corrispettivi per lo svolgimento dell'attivita' autorizzata
di trattamento dei rifiuti ne',  tanto  meno,  stabilire  i  relativi
limiti -, induce a ritenere, «in entrambi i  casi  considerati»,  non
manifestamente infondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 16 della legge della Regione Piemonte n. 18  del  1986,  in
quanto «impone ai gestori degli impianti di trattamento  dei  rifiuti
una prestazione patrimoniale al di fuori di una specifica  previsione
delle leggi della Repubblica». 
    1.5. - Quanto alla rilevanza della questione, il  giudice  a  quo
afferma che la dichiarazione di illegittimita'  costituzionale  della
disposizione   censurata   determinerebbe   l'illegittimita'    della
deliberazione adottata dal Comune di Orbassano in data 26 aprile 1993
posta a fondamento  della  pretesa  impositiva  dell'ente  locale  e,
quindi, l'accoglimento del ricorso. 
    2. - Si e' costituita nel giudizio di legittimita' costituzionale
la societa' succeduta  nel  processo  alla  societa'  ricorrente  nel
giudizio  principale,  chiedendo  che  la  questione  sia  dichiarata
fondata. 
    2.1. - Secondo la parte privata, il contributo di cui all'art. 16
della  legge  della  Regione  Piemonte  n.  18  del  1986  ha  natura
tributaria perche' presenta tutti i  caratteri  propri  del  prelievo
tributario  costituiti  dalla  doverosita',  dall'impossibilita'   di
sottrarsi  all'obbligo  e  dall'assenza  di  collegamento   con   una
prestazione corrispettiva e corrispondente. Poiche' - sostiene ancora
la parte privata - in base all'art.  119  Cost.,  nel  testo  vigente
ratione  temporis,  le  Regioni  a  statuto  ordinario  non  potevano
istituire tributi ma avevano competenza solo per quelli istituiti con
legge dello Stato e ad esse trasferiti (e' citata la  sentenza  della
Corte costituzionale n. 295 del 1993), non essendo possibile reperire
alcuna norma  di  legge  statale  che  prevedesse  il  contributo  in
considerazione, ne deriva  che  la  disposizione  denunciata,  viola,
oltre che l'art. 23 Cost., anche l'art. 119 Cost. 
    3.  -  E'  intervenuto  nel  giudizio  di  costituzionalita'   il
Presidente della Giunta della  Regione  Piemonte,  chiedendo  che  la
questione sia dichiarata inammissibile o,  in  via  subordinata,  non
fondata. 
    3.1 - Secondo la difesa del Presidente della Giunta regionale, la
questione  sollevata  e',   innanzitutto,   inammissibile:   a)   per
l'insufficiente  motivazione  sulla  rilevanza;   b)   per   l'omesso
tentativo del  giudice  rimettente  di  ricercare  un'interpretazione
costituzionalmente  orientata  della  disposizione   censurata,   che
consenta di ritenere che il  contributo  dalla  stessa  previsto  non
aveva natura tributaria; c) per «il carattere alternativo e  ancipite
della formulazione dell'eccezione di incostituzionalita'», perche' il
giudice rimettente non ha effettuato  un'opzione  tra  la  natura  di
tributo e quella di prestazione patrimoniale imposta  non  tributaria
del contributo  previsto  dall'art.  16  della  legge  della  Regione
Piemonte n. 18 del 1986 ne'  ha  posto  tali  due  qualificazioni  in
rapporto di subordinazione logica. 
    3.2. - Secondo la medesima difesa  del  Presidente  della  Giunta
regionale, qualora la Corte costituzionale ritenesse non  fondate  le
suddette  eccezioni  di  inammissibilita',  la  questione   sollevata
sarebbe, comunque, infondata. 
    3.2.1. - L'infondatezza deriverebbe,  in  via  principale,  dalla
«natura   non   tributaria   ma    "corrispettiva/commutativa"    del
"contributo"»  dovuto  ai  Comuni  dai  gestori  degli  impianti   di
trattamento dei rifiuti, natura che emergerebbe dalla stessa  lettera
della disposizione denunciata (in particolare, dal terzo comma  della
stessa), oltre che dal quadro normativo nel quale  essa  si  inseriva
(in particolare, sono menzionati gli artt.  5,  6  e  8  della  legge
regionale n. 18 del 1986). Da tali elementi letterali  e  sistematici
si  evincerebbe  infatti  che  il  contributo  in  considerazione  si
caratterizza come il corrispettivo assicurato  al  Comune  -  e  alla
stessa collettivita' locale della quale esso e' ente  esponenziale  -
nel cui territorio e' localizzato  un  impianto  di  trattamento  dei
rifiuti posto a servizio di esigenze generali  (anche  e  soprattutto
extracomunali), sia dell'uso di beni pubblici di quel  Comune,  quali
il  territorio  e  l'ambiente,  che  l'insediamento  di  un  impianto
siffatto comporta, sia dei servizi garantiti dall'ente locale per  la
funzionalita' dell'impianto  medesimo;  corrispettivo  che  e'  dalla
legge posto a carico del gestore  dell'impianto,  che  di  quei  beni
pubblici e di quei servizi fruisce. Tale «prestazione sinallagmatica»
e', d'altro canto, idonea a  rappresentare  anche  uno  strumento  di
promozione, presso la collettivita' locale, dell'insediamento  di  un
impianto di trattamento  dei  rifiuti  nel  territorio  comunale.  Ad
avviso della difesa regionale, la natura  «corrispettiva/commutativa»
del contributo previsto dalla disposizione  censurata  risulta  anche
dai seguenti ulteriori elementi: a) il vantaggio rappresentato per il
gestore dall'individuazione, da parte del  Consiglio  regionale,  dei
siti idonei  alla  realizzazione  dell'impianto,  individuazione  che
costituisce, ove necessario,  variante  degli  strumenti  urbanistici
generali vigenti nel Comune interessato;  b)  la  coincidenza  tra  i
destinatari del gettito derivante dalla corresponsione del contributo
e gli «enti esponenziali della collettivita' che hanno  accettato  la
richiesta  del  gestore   di   insediamento   dell'impianto   e   che
garantiscono le prestazioni e i servizi necessari per il suo corretto
inserimento  nella  realta'  comunale»;  c)  la  commisurazione   del
contributo alla  quantita'  di  rifiuti  effettivamente  trattati  e,
quindi,  alla  «fruizione  dell'effettiva  utilita'   garantita   dal
Comune». L'inquadramento del contributo in considerazione nell'ambito
delle  entrate  pubbliche  di  natura  non  tributaria  ma  «di  tipo
commutativo» induce a considerare  la  disposizione  denunciata  come
«legittimo  esercizio  della  potesta'   legislativa   regionale   in
attuazione e integrazione dell'art. 6 del D.P.R. n. 915 del  1982»  e
ad affermare l'infondatezza della questione di legittimita' sollevata
sia in riferimento all'art. 119  Cost.  -  da  ritenere  inconferente
rispetto a tali entrate - sia in riferimento all'art. 23 Cost. 
    3.2.2. -  In  via  subordinata,  nell'ipotesi  in  cui  la  Corte
costituzionale dovesse ritenere  che  il  contributo  previsto  dalla
disposizione   censurata   non   ha    «carattere    commutativo    o
sinallagmatico», la difesa  del  Presidente  della  Giunta  regionale
afferma che lo stesso andrebbe comunque  inquadrato  nella  categoria
delle prestazioni patrimoniali imposte, di cui all'art. 23 Cost.,  di
carattere non tributario. Anche in tale  ipotesi,  l'istituzione  del
contributo  costituirebbe  un  legittimo  esercizio  della   potesta'
legislativa regionale - volto a dare attuazione all'art. 6 del d.P.R.
n.  915  del  1982  -  sia  perche'  la   Corte   costituzionale   ha
costantemente ritenuto conformi a  Costituzione  leggi  regionali  in
materia  di  prestazioni  patrimoniali  imposte,   sia   perche'   la
diversita'  di  funzione  tra  le  prestazioni  imposte   di   natura
tributaria e quelle di natura non tributaria «si riflette anche sulla
ripartizione di  competenze»,  atteso  che  l'«interdipendenza»  che,
specie nella vigenza dell'art. 119 Cost.  nel  testo  anteriore  alla
legge costituzionale  n.  3  del  2001,  «poteva  legare  il  sistema
tributario statale a quello regionale», e' estranea all'ambito  delle
prestazioni patrimoniali imposte di natura non tributaria, «dove  non
appare  sussistere  un'analoga  ragione  di  interdipendenza  tra  il
sistema delle entrate  extra  tributarie  statali  con  quello  delle
entrate extra tributarie regionali e locali». Ne consegue,  anche  in
tale ipotesi subordinata, l'infondatezza della questione sollevata. 
    3.2.3. - Infine, sempre secondo la difesa  del  Presidente  della
Giunta  regionale,   «non   sembra   improprio   escludere   nemmeno»
l'inquadramento della disposizione censurata tra i provvedimenti  che
la legge regionale puo' adottare, ai sensi dell'art. 41, terzo comma,
Cost., per indirizzare l'attivita' economica verso finalita' sociali,
tenuto conto che le finalita' di tutela ambientale indicate nel terzo
comma del denunciato art. 16 rientrano a pieno titolo nell'ambito  di
dette finalita' sociali. Anche  in  tale  prospettiva,  pertanto,  la
questione sollevata dovrebbe essere rigettata. 
    4. - In prossimita' della pubblica udienza, la societa' succeduta
nel processo alla societa'  ricorrente  nel  giudizio  principale  ha
depositato  una  memoria  nella  quale  contesta   quanto   sostenuto
nell'atto di intervento del Presidente  della  Giunta  della  Regione
Piemonte in ordine all'inammissibilita' della  questione.  Quanto  al
merito della stessa, la parte privata  sviluppa  gli  argomenti  gia'
esposti nel proprio atto di costituzione in giudizio e confuta quelli
della difesa regionale, ribadendo, conclusivamente, la  richiesta  di
accoglimento   della   questione   di   legittimita'   costituzionale
sollevata. 
    5. - Nell'imminenza della pubblica udienza, anche  il  Presidente
della Giunta della Regione Piemonte ha depositato una  memoria  nella
quale riafferma quanto dedotto  nel  proprio  atto  di  intervento  e
rinnova le conclusioni in esso rassegnate. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - La Corte suprema di cassazione, nel  corso  di  un  giudizio
vertente tra il soggetto gestore di un  impianto  di  trattamento  di
rifiuti (una societa' di capitali) ed il Comune ove era ubicato  tale
impianto, ha sollevato, in riferimento agli artt.  119  -  nel  testo
anteriore  alla  sostituzione  operata  dall'art.   5   della   legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche  al  titolo  V  della
parte  seconda  della  Costituzione)  -  e  23  della   Costituzione,
questione di legittimita' dell'art.  16  della  legge  della  Regione
Piemonte 2 maggio 1986, n. 18 (Prime norme per  la  disciplina  dello
smaltimento dei rifiuti, in attuazione  del  decreto  del  Presidente
della Repubblica 10 settembre 1982, n. 915). 
    La disposizione denunciata -  abrogata  dall'art.  45,  comma  5,
della legge della Regione Piemonte 13 aprile 1995, n. 59  (Norme  per
la riduzione,  il  riutilizzo  e  lo  smaltimento  dei  rifiuti),  ma
applicabile ratione temporis alla fattispecie  oggetto  del  giudizio
principale - stabilisce che: a) «I soggetti gestori  di  impianti  di
innocuizzazione e di eliminazione e di discariche di rifiuti  urbani,
assimilabili agli urbani, speciali fatta esclusione per gli inerti  e
tossici  e  nocivi,  nonche'  i  soggetti  gestori  di  impianti   di
stoccaggio provvisorio dei rifiuti tossici e nocivi per conto  terzi,
sono tenuti a corrispondere dal momento  dell'attivazione,  se  nuova
attivita', e a partire dal 31 luglio 1986 se attivita' esistente,  al
Comune sede di impianto di innocuizzazione e  di  eliminazione  o  di
discarica, un contributo annuo pari a lire 2  e  al  Comune  sede  di
impianto di stoccaggio provvisorio un contributo annuo pari a lire  1
per  ogni  chilogrammo  di  rifiuti   rispettivamente   innocuizzati,
eliminati, collocati in discarica o  stoccati  nell'anno  precedente»
[primo comma]; b) «La misura del contributo e' sottoposta ogni 3 anni
a rivalutazione secondo l'indice ISTAT del costo della vita» [secondo
comma]; c) «Le somme introitate devono essere destinate ad interventi
finalizzati  alla  conservazione  e  valorizzazione  della  natura  e
dell'ambiente» [terzo comma]. 
    Secondo  il  rimettente,  tale  disposizione  viola  i  parametri
evocati perche',  in  mancanza  di  una  legge  dello  Stato  che  lo
consenta,  istituisce  un  tributo  o,  comunque,   una   prestazione
patrimoniale imposta di natura non tributaria. In punto di rilevanza,
il  medesimo  giudice  rimettente  afferma  che  la  declaratoria  di
illegittimita' costituzionale dell'art. 16 della legge  regionale  n.
18 del 1986 comporterebbe l'accoglimento del ricorso  per  cassazione
proposto dal gestore dell'impianto di trattamento di rifiuti. 
    2. - La difesa  della  Regione  Piemonte  ha  sollevato,  in  via
preliminare,  tre  eccezioni  di  inammissibilita'  della  questione:
l'insufficienza  della  motivazione  sulla  rilevanza;   il   mancato
tentativo, da parte del rimettente, di  fornire  una  interpretazione
costituzionalmente  orientata  della  disposizione   denunciata;   la
prospettazione della questione stessa in modo ancipite. 
    Le eccezioni non possono essere accolte. 
    2.1. - La prima eccezione,  secondo  cui  il  rimettente  avrebbe
motivato in modo insufficiente la rilevanza della questione,  non  e'
fondata. La Corte  di  cassazione  afferma,  infatti,  che:  a)  deve
applicare la  disposizione  denunciata;  b)  dalla  dichiarazione  di
illegittimita' costituzionale di tale disposizione deriverebbero  sia
l'illegittimita' della deliberazione comunale con la quale - ai sensi
del denunciato art. 16 della legge reg. n. 18 del  1986  -  e'  stato
determinato il contributo dovuto dal gestore dell'impianto al  Comune
sia, conseguentemente,  l'accoglimento  del  ricorso  per  cassazione
proposto dal medesimo gestore, il quale vuole ottenere l'accertamento
della non debenza del contributo. Tali affermazioni del giudice a quo
rendono adeguata la motivazione sulla rilevanza. 
    2.2. - Anche la seconda eccezione di inammissibilita' -  in  base
alla quale  la  Corte  di  cassazione  avrebbe  omesso  di  ricercare
un'interpretazione costituzionalmente  orientata  della  disposizione
censurata, tale da qualificare il contributo come mero  corrispettivo
di una controprestazione e superare, cosi', il prospettato dubbio  di
illegittimita' costituzionale - non e' fondata. La Corte  rimettente,
infatti, ha dettagliatamente motivato  in  ordine  alle  ragioni  che
impongono  di  ritenere  che  il  contributo   ha   natura   non   di
corrispettivo,  ma  di  tributo   ed   ha,   pertanto,   dato   conto
dell'impossibilita',   a   suo   avviso,   di   pervenire   ad    una
interpretazione conforme a  Costituzione.  Cio'  e'  sufficiente  per
escludere la dedotta inammissibilita', restando riservata  al  merito
del giudizio di costituzionalita' la  valutazione  della  correttezza
degli esiti ermeneutici cui e' giunto il giudice a quo. 
    2.3. - Neppure la terza eccezione di inammissibilita' e' fondata.
La difesa regionale ha dedotto «il carattere alternativo e  ancipite»
della formulazione della questione, in quanto il  giudice  rimettente
avrebbe  qualificato  il  contributo  previsto   dalla   disposizione
denunciata  alternativamente  come   tributo   e   come   prestazione
patrimoniale imposta di natura non tributaria, senza sciogliere  tale
alternativa.  Tuttavia,  contrariamente  a  quanto  affermato   dalla
Regione, il  giudice  rimettente  non  prospetta  una  pluralita'  di
interpretazioni  della  disposizione  denunciata,  evitando  poi   di
scegliere ed indicare quella che  ritiene  di  dover  utilizzare  nel
giudizio principale, ma  pone  le  due  suddette  qualificazioni  del
contributo in rapporto di subordinazione logica,  nel  senso  che  il
contributo viene qualificato come tributo e solo in  via  subordinata
come prestazione patrimoniale imposta di natura non tributaria.  Tale
subordinazione  logica   risulta   chiaramente   dall'intero   tenore
dell'ordinanza  di  rimessione,  nella  quale  si  precisa   che   il
contributo, in primo  luogo,  rientra  nell'ambito  dell'«imposizione
generale», in quanto e' diretto  «a  finanziare  o  compensare  costi
sociali e ambientali che deriverebbero per i Comuni dallo svolgimento
dell'attivita' di trattamento dei rifiuti sul  loro  territorio»;  in
secondo luogo, «qualora pure non sia  un  tributo»,  dovrebbe  essere
considerato «in ogni caso  una  prestazione  patrimoniale  imposta  a
norma dell'art. 23 Cost.». Deve, dunque, escludersi che il rimettente
abbia prospettato la questione in modo ancipite. 
    3. - Questa Corte, pertanto, deve procedere  allo  scrutinio  nel
merito della sollevata questione  di  costituzionalita',  accertando,
innanzitutto, se il contributo debba qualificarsi come tributo e,  in
caso affermativo, se la disposizione  che  lo  prevede  rispetti  gli
evocati parametri. 
    3.1. - Con riferimento al primo accertamento,  va  osservato  che
l'interpretazione da cui muove la Corte di cassazione circa la natura
tributaria del contributo e' corretta, perche' non  contrasta  con  i
criteri elaborati da questa Corte al fine di  qualificare  un'entrata
come tributaria; criteri che consistono: a) nella  doverosita'  della
prestazione, in mancanza di un rapporto sinallagmatico tra parti;  b)
nel  collegamento  di  detta  prestazione  alla  pubblica  spesa   in
relazione ad un presupposto economicamente  rilevante  (ex  plurimis,
sentenze n. 246, n. 238 e n. 141 del 2009; n. 335 e n. 64  del  2008;
n. 334 del 2006; n. 73 del 2005). 
    3.1.1. - Il criterio sub a) di cui al punto 3.1.  e'  rispettato,
perche'  l'obbligo  del  pagamento  del   contributo   e'   stabilito
direttamente ed esclusivamente dalla legge regionale e non  trova  la
sua  fonte  in  un  rapporto  sinallagmatico  tra  parti  (contratto,
convenzione o simili). 
    Riguardo  a  quest'ultimo  aspetto,  deve   osservarsi   che   il
contributo - diversamente da  quanto  sostenuto  dalla  difesa  della
Regione - non costituisce remunerazione ne' dell'uso in  generale  di
beni collettivi comunali, come il territorio  e  l'ambiente,  ne'  di
servizi necessari per la gestione o  la  funzionalita'  dell'impianto
forniti dal Comune. Quanto all'uso del  territorio  e  dell'ambiente,
esso  non  puo'  costituire  una  controprestazione  del  contributo,
perche' il Comune ha il potere di  disporre  non  dei  suddetti  beni
collettivi nel loro complesso (rispetto ai quali  si  configura  come
ente esponenziale degli interessi pubblici  ad  essi  afferenti),  ma
solo dei singoli beni che fanno parte del suo  demanio  o  patrimonio
(sentenza n. 141 del 2009). Quanto alla fornitura  di  servizi,  essa
non  puo'  integrare,  nella  specie,   una   controprestazione   del
contributo, perche' il pagamento di  questo  non  e'  correlato  alla
fruizione  di  alcuno  specifico  servizio  da  parte   del   gestore
dell'impianto. In particolare, il contributo  non  puo'  considerarsi
remunerazione dell'atto amministrativo regionale di approvazione  dei
siti idonei allo smaltimento  dei  rifiuti,  perche'  tale  atto:  a)
proviene non dal Comune, ma dalla Regione (cioe' da un  soggetto  che
non e' destinatario  del  pagamento  del  contributo);  b)  prescinde
dall'effettivo funzionamento degli impianti  di  smaltimento  la  cui
gestione e' il presupposto del contributo; c) costituisce l'esito  di
un autonomo procedimento amministrativo non collegato in  alcun  modo
alla  corresponsione  del  contributo  medesimo.  Oltre  a  cio',  va
osservato che nella normativa denunciata  e'  previsto  solo  che  le
somme introitate «devono essere destinate ad  interventi  finalizzati
alla conservazione e valorizzazione  della  natura  e  dell'ambiente»
(art. 16, comma 3, della legge regionale n. 18 del 1986)  e  non  che
dette  somme  siano  dirette   a   sostenere   lo   specifico   costo
rappresentato dalle eventuali misure di prevenzione e  di  ripristino
ambientale connesse alla gestione del singolo impianto;  materia  ora
compiutamente regolata dal Titolo II della Parte sesta del  d.lgs.  3
aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale). 
    3.1.2. - Anche il  criterio  sub  b)  di  cui  al  punto  3.1.  -
riguardante il necessario collegamento  del  prelievo  alla  pubblica
spesa in relazione ad un presupposto economicamente  rilevante  -  e'
rispettato. La disposizione censurata stabilisce infatti, come appena
visto, che il contributo sia  destinato  al  finanziamento  di  spese
pubbliche ambientali. Questa connotazione funzionale e il  fatto  che
il prelievo abbia per oggetto l'attivita' economica di gestione degli
impianti consentono  di  ritenere  il  contributo  uno  strumento  di
riparto, ai sensi dell'art. 53 Cost., del carico della spesa pubblica
in ragione della capacita' economica manifestata dai soggetti gestori
degli impianti. 
    3.1.3. - Da quanto sopra deriva che la prestazione «contributiva»
in esame, rispondendo alle indicate  caratteristiche  essenziali  del
tributo, ha la  natura  fiscale  ad  essa  riconosciuta  dalla  Corte
rimettente. In particolare, il prelievo previsto dal  censurato  art.
16 della legge regionale n. 18 del 1986  costituisce  un  tributo  di
scopo, che ha: a) quali soggetti  passivi,  i  «soggetti  gestori  di
impianti di innocuizzazione e di  eliminazione  e  di  discariche  di
rifiuti urbani, assimilabili agli urbani, speciali  fatta  esclusione
per gli inerti e tossici e nocivi,  nonche'  i  soggetti  gestori  di
impianti di stoccaggio provvisorio dei rifiuti tossici e  nocivi  per
conto terzi»; b) quali soggetti attivi, «il Comune sede  di  impianto
di innocuizzazione e di eliminazione o di discarica»  ed  il  «Comune
sede di impianto di stoccaggio  provvisorio»;  c)  quale  presupposto
economicamente rilevante, la gestione di  detti  impianti;  d)  quale
base  imponibile,  l'entita',  in  chilogrammi,  dei  «rifiuti  [...]
innocuizzati, eliminati, collocati in discarica o stoccati  nell'anno
precedente» a quello di riferimento. 
    3.2. - Con riguardo all'altro punto da esaminare - concernente la
legittimita'    costituzionale    della    censurata    disposizione,
interpretata come istitutiva di  un  tributo  -,  va  osservato  che,
nonostante la congiunta evocazione a parametro dell'art. 23  Cost.  e
del previgente art.  119  Cost.  (applicabile  nella  specie  ratione
temporis),  il  rimettente  denuncia,   fondamentalmente,   solo   la
violazione di quest'ultimo articolo (rectius, del suo  primo  comma).
In particolare, il giudice a quo afferma che l'istituzione, da  parte
della Regione, di un tributo non previsto  da  una  precedente  legge
statale viola il primo comma dell'art. 119 Cost. nella parte  in  cui
stabilisce che «Le Regioni hanno autonomia finanziaria nelle forme  e
nei limiti stabiliti da leggi della Repubblica». E' quindi  opportuno
esaminare prioritariamente la  censura  prospettata  con  riferimento
all'evocato primo comma dell'art. 119 Cost. 
    La censura e' fondata. Infatti detto parametro  e'  stato  sempre
interpretato da questa Corte (sentenze n. 355 del 1998;  n.  295  del
1993; n. 294 del 1990; n. 214 e n. 204 del 1987; n. 272 e n. 271  del
1986) nel senso che la potesta' legislativa  tributaria  regionale  -
che costituisce un aspetto dell'autonomia finanziaria garantita  alle
Regioni - non puo' essere legittimamente esercitata  in  mancanza  di
una previa disposizione di legge statale che definisca, quanto  meno,
gli elementi essenziali del tributo. In base a tale  disposizione  la
potesta' normativa regionale si configura,  percio',  come  meramente
attuativa delle leggi  statali.  Nella  specie,  non  e'  rinvenibile
alcuna disposizione  di  legge  statale  che  abbia  attribuito  alla
Regione Piemonte la suddetta potesta'  normativa  di  attuazione  con
riferimento al denunciato prelievo tributario. 
    4. - E' appena il caso di  soggiungere  che  -  contrariamente  a
quanto sostenuto dalla difesa regionale - la  censurata  disposizione
non trova fondamento nell'art. 41, terzo comma, Cost., per  il  quale
«La legge determina i  programmi  e  i  controlli  opportuni  perche'
l'attivita' economica pubblica e privata possa essere  indirizzata  e
coordinata a fini sociali».  Tale  comma,  infatti,  non  attribuisce
competenze legislative ulteriori rispetto  a  quelle  spettanti  alle
Regioni ai sensi del testo originario degli artt. 117 e 119  Cost.  e
non e', comunque, pertinente alla  sollevata  questione,  perche'  si
limita a consentire la predisposizione  con  legge  di  «programmi  e
[...] controlli» che sono, invece, del tutto  estranei  al  contenuto
della denunciata disposizione. 
    5. - Il riconoscimento della fondatezza della censura prospettata
dal  rimettente  in   riferimento   all'art.   119   Cost.   comporta
l'assorbimento dell'esame delle ulteriori censure.