Sentenza 
 
nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 85, comma 1, del
decreto del Presidente della Repubblica 29  settembre  1973,  n.  602
(Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul  reddito)  promossi
dal Giudice dell'esecuzione del Tribunale di Forli' con ordinanza del
2 agosto 2010 e dal Giudice dell'esecuzione del Tribunale  di  Torino
con ordinanza del 31 maggio 2010, iscritte al  n.  380  del  registro
ordinanze 2010 ed al n. 5 del registro ordinanze  2011  e  pubblicate
nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  50,  prima   serie
speciale, dell'anno 2010 e n. 5, 1ª serie speciale, dell'anno 2011. 
    Visti gli atti di intervento del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 5  ottobre  2011  il  Giudice
relatore Franco Gallo. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Nel corso  di  una  procedura  di  riscossione  coattiva  di
crediti tributari effettuata mediante  espropriazione  immobiliare  e
promossa nei confronti di  un  contribuente  dalla  s.p.a.  Equitalia
Romagna, agente della riscossione per la provincia  di  Forli-Cesena,
il Giudice dell'esecuzione del Tribunale  ordinario  di  Forli',  con
ordinanza depositata il 2 agosto 2010 (r.o.  n.  380  del  2010),  ha
sollevato, in riferimento agli artt. 3, 42 e 53  della  Costituzione,
questioni di legittimita'  dell'art.  85,  comma  1,  del  d.P.R.  29
settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle  imposte
sul reddito) − secondo cui «Se il terzo incanto ha esito negativo, il
concessionario,  nei  dieci  giorni  successivi,  chiede  al  giudice
dell'esecuzione l'assegnazione dell'immobile allo Stato per il  minor
prezzo tra il prezzo base del terzo incanto e la somma per  la  quale
si procede, depositando nella cancelleria del giudice dell'esecuzione
gli atti del  procedimento»  −,  «nella  parte  in  cui  prevede  che
l'assegnazione allo Stato abbia luogo "per il  minor  prezzo  tra  il
prezzo base del terzo incanto e la somma per la  quale  si  procede",
anziche' "per il prezzo base del terzo incanto"». 
    1.1. - Il Giudice dell'esecuzione rimettente riferisce, in  punto
di  fatto,  che:  a)  la  s.p.a.  Equitalia  Romagna  aveva  promosso
«esecuzione esattoriale»  immobiliare  per  crediti  tributari  dello
Stato, pari  ad  € 59.466,41,  risultanti  dagli  estratti  di  ruolo
prodotti in giudizio; b) la procedura di riscossione  si  era  svolta
regolarmente   con   la   trascrizione   dell'avviso    di    vendita
dell'immobile, la sua notificazione al debitore e l'effettuazione  di
tre incanti andati deserti; c) la base d'asta del terzo  incanto  era
stata di € 79.454,67; d) l'agente della riscossione aveva chiesto, ai
sensi dell'art.  85  del  d.P.R.  n.  602  del  1973,  l'assegnazione
dell'immobile  pignorato  allo  Stato  per   il   prezzo   costituito
dall'importo  dei  sopra  indicati  crediti  tributari  dello  Stato,
inferiore alla base d'asta del terzo incanto;  e)  erano  intervenuti
nell'esecuzione la s.p.a. CORIT − Riscossioni Locali, per un  credito
di € 1.628,58, la Cassa dei Risparmi di Forli' e della  Romagna,  per
un credito di € 1.941,15 e la stessa s.p.a.  Equitalia  Romagna,  con
due interventi per crediti, rispettivamente, di €  2.581,72  e  di  €
6.296,79. 
    1.2. - Il medesimo giudice rimettente premette poi, in  punto  di
diritto, che: a) in base al comma 2 dell'art. 85 del  d.P.R.  n.  602
del 1973 (secondo  cui,  a  seguito  dell'istanza  dell'agente  della
riscossione di assegnazione  dell'immobile  allo  Stato,  il  giudice
dell'esecuzione,  in  caso  di  esito  negativo  del  terzo  incanto,
«dispone l'assegnazione»),  il  giudice  dell'esecuzione  non  ha  il
potere discrezionale di non far luogo all'assegnazione allo Stato ne'
puo' rifiutare l'emissione del decreto  di  trasferimento  quando  lo
Stato abbia versato  il  prezzo  nel  termine  fissato  dallo  stesso
giudice; b) tale assegnazione ha natura "sostitutiva"  della  vendita
forzata ed il prezzo versato dallo Stato, pari alla minor  somma  tra
la base d'asta del terzo incanto ed  il  credito  tributario  per  il
quale si procede, e' acquisito alla massa attiva di cui all'art.  509
del codice di  procedura  civile  ed  assegnato  all'esattore  ovvero
distribuito tra l'esattore e gli eventuali  concorrenti,  in  ragione
delle rispettive cause di prelazione (art. 84 del d.P.R. n.  602  del
1973; art. 596 cod. proc. civ.); c) l'indicata disciplina esclude sia
la corresponsione di conguagli a carico dello Stato sia  l'incremento
del prezzo di assegnazione nel  caso  di  differenza  tra  il  minore
importo del credito tributario per cui si procede e la maggiore  base
d'asta del terzo  incanto;  d)  il  «credito  per  cui  si  procede»,
menzionato dalla disposizione denunciata,  e'  esclusivamente  quello
tributario,  senza  che  rilevino  i  diversi  crediti  eventualmente
concorrenti al  riparto  ed  aventi  prelazione  anteriore  a  quelli
dell'esattore, considerato che l'art. 85 del d.P.R. n. 602  del  1973
non rinvia ne' all'art. 589 cod. proc. civ. (secondo  cui  «l'istanza
di assegnazione deve contenere l'offerta di pagamento  di  una  somma
non inferiore a quella prevista nell'art. 506») ne' all'art. 506 cod.
proc. civ. (il quale  indica,  per  l'assegnazione,  «un  valore  non
inferiore alle spese di esecuzione e  ai  crediti  aventi  diritto  a
prelazione  anteriore  a   quello   dell'offerente»);   e)   siffatta
interpretazione del menzionato quadro normativo  e,  in  particolare,
della disposizione denunciata  e'  «l'unica  possibile,  non  essendo
prospettabile un'interpretazione costituzionalmente  orientata  della
stessa». 
    1.3. - Sulla base di tali premesse, il giudice a quo afferma,  in
punto di non manifesta infondatezza, che la disposizione  denunciata,
«nella parte in cui prevede che l'assegnazione allo Stato abbia luogo
"per il minor prezzo tra il prezzo base del terzo incanto e la  somma
per la quale si procede", anziche' "per  il  prezzo  base  del  terzo
incanto"», si pone in contrasto: a) con gli artt. 3 e 53  Cost.,  per
«violazione dei principi di ragionevolezza rispetto ai mezzi  e  allo
scopo e di uguaglianza  in  se',  e  in  relazione  al  principio  di
capacita'  contributiva»;  b)  con  gli  artt.  3  e  42  Cost.,  per
l'«irragionevole  determinazione  del   prezzo   per   l'assegnazione
coattiva». 
    1.3.1. - Con riferimento alla dedotta violazione degli artt. 3  e
53 Cost., il rimettente osserva che la disciplina denunciata presenta
tre diversi profili di contrasto con la Costituzione, in  quanto:  a)
il parametro del credito tributario per cui si procede non e'  idoneo
a stabilire un ragionevole prezzo di acquisto coattivo dell'immobile;
b) irragionevolmente  «ceteris  paribus  premia  l'accumulazione  del
debito» tributario; c)  non  trova  giustificazione  nell'adempimento
dell'obbligazione  tributaria  e,  quindi,  viola  il  principio   di
capacita' contributiva. 
    Sotto il primo profilo, il giudice  a  quo  assume  che,  secondo
ragione,  l'assegnazione  dell'immobile   allo   Stato,   in   quanto
sostitutiva della vendita, potrebbe avvenire solo con  il  versamento
del prezzo ribassato che funge  da  base  d'asta  del  terzo  incanto
(anche  a  tener  conto  delle  particolari  esigenze  pubblicistiche
sottostanti  all'esecuzione  esattoriale)  e  non  certo  del  prezzo
corrispondente alla misura del credito tributario  per  il  quale  si
procede;  ammontare,   questo,   che   costituisce   una   «variabile
indipendente dal valore dell'immobile  [...]  neppure  indirettamente
collegata» con esso. 
    Sotto il  secondo  profilo,  prosegue  il  medesimo  giudice,  la
disciplina  denunciata  e'   irragionevole,   perche'   «premia»   il
contribuente che ha un debito tributario di ammontare superiore  alla
base d'asta, mentre sfavorisce il contribuente  debitore  di  tributi
per un ammontare complessivo inferiore a  detta  base,  il  quale,  a
seguito dell'assegnazione  del  suo  immobile  allo  Stato,  subisce,
«oltre  alla  perdita  dell'immobile,  anche   l'ulteriore   falcidia
rappresentata dalla differenza tra base d'asta e tributo insoluto». 
    Sotto il terzo profilo,  sempre  ad  avviso  del  rimettente,  la
fissazione del  prezzo  di  assegnazione  dell'immobile  in  base  al
criterio della minor somma  tra  base  d'asta  del  terzo  incanto  e
credito tributario per cui si procede, pur non avendo la funzione  di
sanzionare  l'inadempienza  del  contribuente,  tuttavia   impone   a
quest'ultimo -  nell'evenienza,  meramente  casuale,  che  il  debito
tributario sia inferiore al prezzo base del terzo incanto - di subire
un  sacrificio  patrimoniale  superiore  (per  la  misura  pari  alla
differenza tra la base d'asta  ed  il  debito  tributario)  a  quello
commisurato alla sua  capacita'  contributiva  e,  quindi,  a  quello
corrispondente all'obbligazione tributaria  (e  relativi  accessori),
come accertata e risultante dall'estratto di ruolo. Al  riguardo,  il
giudice a quo sottolinea che il principio di  capacita'  contributiva
e' applicabile  anche  nella  fase  della  riscossione  dei  tributi,
perche' il citato «art. 53 comma 1 Cost.  non  distingue  il  momento
fisiologico dell'adempimento dalle patologie del rapporto di imposta»
e perche' «il concorso  alle  spese  pubbliche  si  attua  [...]  con
l'adempimento,  spontaneo  o  coattivo   che   sia,   della   pretesa
tributaria». 
    1.3.2. - Con riferimento alla dedotta violazione degli artt. 3  e
42 Cost., il rimettente osserva che l'assegnazione dell'immobile allo
Stato ad un prezzo  pari  all'ammontare  del  credito  tributario  e,
quindi, inferiore al prezzo base del terzo incanto,  non  costituisce
il «serio ristoro» che la giurisprudenza costituzionale richiede  per
l'indennizzo da corrispondersi in caso di espropriazione per pubblica
utilita' ai sensi del  terzo  comma  dell'art.  42  Cost.  (cita,  in
proposito, le sentenze di questa Corte n. 348 del 2007  e  n.  5  del
1980). Il principio «del serio ristoro», secondo il  giudice  a  quo,
pur se previsto per l'indennizzo  a  seguito  di  espropriazione  per
pubblica utilita' o di altri atti ablatori  disposti  dalla  pubblica
amministrazione, e' applicabile anche nell'ipotesi del  trasferimento
coattivo della proprieta' privata di cui al caso di  specie,  perche'
«quando lo Stato esercita la potesta', con determinazione unilaterale
e fuori da un contesto negoziale, di acquistare un bene  privato,  il
corrispettivo dello scambio deve essere "congruo, serio ed  adeguato"
ossia deve assumere  a  parametro  -  pur  potendo  discostarsene  al
ribasso per contemperare interessi pubblici e privati  -  "il  valore
del bene in  relazione  alle  sue  caratteristiche  essenziali  fatte
palesi dalla potenziale utilizzazione economica di esso" (Corte cost.
30.1.1980 n. 5) e non puo' legittimamente basarsi  su  "elementi  del
tutto sganciati da tale dato" (Corte cost. 24.10.2007 n. 348)». 
    1.3.3. - Il rimettente deduce, poi, che per la risoluzione  della
questione sollevata non soccorre l'ordinanza n. 383 del 1988, con  la
quale la Corte costituzionale ha dichiarato manifestamente  infondata
la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 87 e  51  del
d.P.R. n. 602 del 1973, nel testo  vigente  ratione  temporis,  nella
parte  in  cui,  attribuendo  all'esattore  il  potere  di  procedere
all'espropriazione forzata anche quando il  debitore  sia  dichiarato
fallito  o   sottoposto   a   liquidazione   coatta   amministrativa,
«consentono che la procedura esattoriale  possa  concludersi  con  la
devoluzione del bene allo  Stato  per  il  minor  prezzo  tra  quello
dell'incanto e  l'ammontare  dell'imposta  per  cui  ha  avuto  luogo
l'esecuzione». Per il giudice a quo, infatti: a)  i  parametri  della
questione gia' decisa dalla Corte (artt. 3, 24, 97 e 113 Cost.)  sono
diversi da quelli oggi prospettati (artt. 3 e 53 Cost; artt. 3  e  42
Cost.), come sono diverse le questioni; b) a seguito dell'entrata  in
vigore del d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 46 (Riordino della  disciplina
della riscossione mediante ruolo, a norma dell'articolo 1 della legge
28 settembre 1998,  n.  337),  il  quadro  normativo  dell'esecuzione
esattoriale e' significativamente mutato e, in particolare,  l'allora
vigente art. 90 del d.P.R. n. 602 del 1973 - il quale, prevedendo  il
diritto di riscatto dell'immobile aggiudicato o devoluto allo  Stato,
consentiva  di  evitare  la  falcidia  del  patrimonio  del  debitore
rappresentata dalla differenza tra base d'asta e  pretesa  tributaria
rimasta insoluta - e' stato abrogato; c) anche se permane la facolta'
del debitore o di un terzo di  adempiere  il  debito  estinguendo  il
processo esecutivo, purche' esercitata prima dell'assegnazione  (art.
61 del d.P.R. n. 602 del 1973; art.  187-bis  delle  disposizioni  di
attuazione  del  codice  di  procedura  civile),  tale  facolta'   e'
meramente eventuale; d) comunque, «anche il contribuente inadempiente
[...] ha diritto  a  non  subire  la  falcidia  del  suo  patrimonio»
conseguente all'applicazione della disposizione denunciata. 
    1.4. - Quanto alla rilevanza, il  Giudice  dell'esecuzione,  dopo
avere ribadito che l'interpretazione  della  disposizione  denunciata
sopra indicata e' «l'unica possibile»  e  che  non  e'  prospettabile
un'interpretazione costituzionalmente orientata della stessa, afferma
che,   ove   non   intervenisse   la   richiesta   dichiarazione   di
illegittimita' costituzionale, sussisterebbero  tutte  le  condizioni
per far luogo all'assegnazione allo Stato dell'immobile per un prezzo
pari alla «somma per la quale si procede». 
    2. - E' intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo che le questioni siano dichiarate non fondate. 
    2.1. - Quanto al dubbio prospettato dal rimettente in ordine alla
ragionevolezza della denunciata disposizione, «rispetto allo scopo  e
al principio di uguaglianza», la difesa dello Stato  afferma  che  la
scelta del legislatore di prevedere l'assegnazione dell'immobile allo
Stato per il minor prezzo tra il prezzo base del terzo incanto  e  la
somma per la quale si procede  «non  risulta  irragionevole»,  tenuto
conto che: a) le argomentazioni utilizzate dalla Corte costituzionale
nell'ordinanza  n.  383  del  1988  per   dichiarare   la   manifesta
infondatezza della questione di legittimita' degli artt. 87 e 51  del
d.P.R. n. 602  del  1973,  nella  formulazione  vigente  prima  della
riforma attuata con il d.lgs. n.  46  del  1999,  sono  valide  anche
nell'«attuale contesto normativo in parte  mutato»  e  nonostante  la
«diversa prospettazione della questione da parte del giudice a  quo»;
b) il rimettente non ha considerato ne' che il prezzo base del  terzo
incanto non puo' costituire  un  «utile  parametro  di  riferimento»,
considerato  che  per  quel  prezzo  l'immobile  «non  e'   risultato
"appetibile" sul mercato»  ne'  che  «per  lo  Stato  la  devoluzione
rappresenta  un  "acquisto  coattivo"»  di  detto  immobile,  con  la
conseguenza che «L'accoglimento della questione  [...]  comporterebbe
[...] per lo Stato l'acquisto (coattivo) di un immobile [...]  ad  un
valore risultato non appetibile sul mercato, ossia un esito  che  non
potrebbe ritenersi congruo e ragionevole»; c) l'istituto censurato e'
«preordinato a fronteggiare  la  invendibilita'  del  bene  esecutato
evitando che la procedura  esecutiva  si  estingua  per  mancanza  di
offerte e non e' pregiudizievole per  i  creditori,  che  partecipano
comunque alla distribuzione del ricavato  dall'assegnazione,  potendo
essi stessi partecipare agli incanti». 
    2.2. - Quanto al parametro di cui all'art. 53 Cost., l'Avvocatura
generale dello Stato  afferma  che  esso  non  e'  conferente,  nella
specie, atteso che il principio di  capacita'  contributiva  «attiene
alla genesi dell'obbligazione tributaria, ovvero al momento in cui si
verifica il presupposto dell'imposizione»  (cita,  in  proposito,  la
sentenza di questa Corte n. 172 del 1986, nonche' le ordinanze n. 181
del 2007, n. 252 del 1985 e n. 367 del 1983) e non riguarda la  «fase
patologica  dell'obbligazione  tributaria»,  ossia  la  «fase   della
riscossione di somme gia' resesi definitive», nella quale  invece  si
inserisce la disposizione denunciata. 
    2.3. − Priva  di  fondamento  e',  infine,  secondo  la  medesima
Avvocatura generale, anche  la  questione  sollevata  in  riferimento
all'art.  42  Cost.,  perche'  detto  parametro  riguarda  l'istituto
dell'espropriazione per motivi di interesse generale, che fa sorgere,
in capo all'espropriato, un interesse legittimo all'indennizzo, e non
quello,  ad  essa  estraneo,  dell'espropriazione  forzata   (vengono
richiamate le sentenze di questa Corte n. 13  del  1971;  n.  93  del
1964; n. 42 del 1964). 
    3. - Nel corso  di  una  procedura  di  riscossione  coattiva  di
crediti tributari effettuata mediante  espropriazione  immobiliare  e
promossa nei confronti di  un  contribuente  dalla  s.p.a.  Equitalia
Nomos, agente della  riscossione  per  la  provincia  di  Torino,  il
Giudice  dell'esecuzione  del  Tribunale  ordinario  di  Torino,  con
ordinanza pronunciata il 18 maggio 2010 e depositata il successivo 31
maggio 2010 (r.o. n. 5 del 2011), ha sollevato, in  riferimento  agli
artt. 3, 42 e 53 Cost., questioni di legittimita' dell'art. 85, comma
1, del d.P.R. n. 602 del  1973,  «nella  parte  in  cui  prevede  che
l'assegnazione allo Stato abbia luogo "per il  minor  prezzo  tra  il
prezzo base del terzo incanto e la somma per la  quale  si  procede",
anziche' "per [...] il prezzo base del terzo incanto"». 
    3.1. - Il Giudice dell'esecuzione rimettente riferisce, in  punto
di fatto, che: a) il suddetto agente della riscossione aveva promosso
«esecuzione esattoriale»  immobiliare  per  crediti  tributari  dello
Stato, pari  ad  € 48.621,49,  risultanti  dagli  estratti  di  ruolo
prodotti in atti; b)  la  procedura  di  riscossione  si  era  svolta
regolarmente,   con   la   trascrizione   dell'avviso   di    vendita
dell'immobile, la sua notificazione al debitore e l'effettuazione  di
tre incanti andati deserti; c) la base d'asta del terzo  incanto  era
stata di € 145.331,76; d) l'agente della riscossione  aveva  chiesto,
ai sensi dell'art. 85 del d.P.R.  n.  602  del  1973,  l'assegnazione
dell'immobile  pignorato  allo  Stato  per   il   prezzo   costituito
dall'importo  dei  sopra  indicati  crediti  tributari  dello  Stato,
inferiore alla base d'asta del  terzo  incanto;  e)  era  intervenuto
nell'esecuzione  il  «creditore  sequestrante   Fallimento   AEDIFICA
S.r.l.»; f) la causa era stata trattenuta a riserva,  per  provvedere
sull'istanza di assegnazione. 
    3.2. - Il Giudice dell'esecuzione prospetta questioni analoghe  a
quelle sollevate con l'ordinanza introduttiva del  giudizio  r.o.  n.
380 del 2010, svolgendo  argomentazioni  sostanzialmente  coincidenti
con quelle esposte in detta ordinanza. 
    3.3. - Quanto alla  rilevanza,  il  Giudice  dell'esecuzione  del
Tribunale ordinario di Torino - dopo avere  anch'egli  affermato  che
l'interpretazione  della  disposizione  denunciata  da  lui  seguita,
analoga a quella esposta  nell'ordinanza  introduttiva  del  giudizio
r.o.  n.  380  del  2010,  e'  «l'unica  possibile»  e  che  non   e'
prospettabile  un'interpretazione  costituzionalmente   orientata   -
afferma che, nella specie: a) sussistono tutte le condizioni per  far
luogo all'assegnazione allo Stato dell'immobile per  un  prezzo  pari
alla «somma per la quale si  procede»,  invece  che  per  il  maggior
importo del prezzo base del terzo incanto andato deserto; b) solo per
effetto della richiesta pronuncia  di  illegittimita'  costituzionale
«l'istanza di assegnazione dovrebbe essere o respinta oppure  accolta
ma per il maggior prezzo previsto dall'art. 85 emendato». 
    4. − Anche in questo giudizio di legittimita'  costituzionale  e'
intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, svolgendo considerazioni
identiche a quelle  esposte  nell'atto  di  intervento  nel  giudizio
iscritto  al  r.o.  n.  380  del  2010  e   concludendo   nel   senso
dell'infondatezza delle questioni. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. − Con due ordinanze, di contenuto sostanzialmente identico, il
Giudice dell'esecuzione del  Tribunale  ordinario  di  Forli'  ed  il
Giudice dell'esecuzione del Tribunale ordinario  di  Torino  dubitano
della legittimita' costituzionale dell'art. 85, comma 1,  del  d.P.R.
29 settembre 1973,  n.  602  (Disposizioni  sulla  riscossione  delle
imposte sul reddito), il quale, nel contesto della  disciplina  della
riscossione coattiva delle imposte sul  reddito  effettuata  mediante
espropriazione immobiliare, dispone che:  «Se  il  terzo  incanto  ha
esito negativo,  il  concessionario,  nei  dieci  giorni  successivi,
chiede al giudice dell'esecuzione l'assegnazione  dell'immobile  allo
Stato per il minor prezzo tra il prezzo base del terzo incanto  e  la
somma per la quale si  procede,  depositando  nella  cancelleria  del
giudice dell'esecuzione gli atti del procedimento». La  disposizione,
applicabile solo «se si procede per entrate tributarie  dello  Stato»
(art. 30, comma 1, del  d.lgs.  26  febbraio  1999,  n.  46,  recante
«Riordino della disciplina della riscossione mediante ruolo, a  norma
dell'articolo  1  della  legge  28  settembre  1998,  n.  337»),   e'
denunciata «nella parte in cui prevede che l'assegnazione allo  Stato
abbia luogo "per il minor prezzo tra il prezzo base del terzo incanto
e la somma per la quale si procede", anziche' "per il prezzo base del
terzo incanto"». 
    Secondo i rimettenti, la disposizione denunciata  contrasta  con:
a) gli artt. 3 e 53 della Costituzione, per «violazione dei  principi
di ragionevolezza rispetto ai mezzi e allo scopo e di uguaglianza  in
se', e in relazione al principio di capacita' contributiva»;  b)  gli
artt. 3 e 42 Cost., per l'«irragionevole  determinazione  del  prezzo
per l'assegnazione coattiva». 
    1.1. - Con riferimento agli artt. 3  e  53  Cost.,  i  rimettenti
prospettano tre distinti profili di illegittimita' costituzionale. 
    Con il primo, deducono che la disposizione denunciata  viola  gli
evocati parametri perche' l'entita' della  «somma  per  la  quale  si
procede» − cioe' del credito tributario posto a base  dell'esecuzione
− non costituisce un ragionevole prezzo di acquisto di  un  immobile,
ma rappresenta una «variabile indipendente dal  valore  dell'immobile
[...] neppure indirettamente collegata» con esso, e cio' a differenza
del «prezzo ribassato che funge da base d'asta del terzo incanto». 
    Con  il  secondo  profilo,  deducono   l'irragionevolezza   della
disposizione perche' questa, «ceteris paribus, premia l'accumulazione
del debito», favorendo il contribuente che ha un debito tributario di
ammontare superiore alla base d'asta del terzo incanto e  sfavorendo,
invece,  il  contribuente  debitore  di  tributi  per  un   ammontare
complessivo  inferiore  a   detta   base,   il   quale,   a   seguito
dell'assegnazione del suo immobile allo Stato, subirebbe, «oltre alla
perdita dell'immobile, anche l'ulteriore falcidia rappresentata dalla
differenza tra base d'asta e tributo insoluto». 
    Con  il  terzo  profilo,  viene  dedotto  che   la   disposizione
denunciata     non     trova     giustificazione     nell'adempimento
dell'obbligazione  tributaria  e,  quindi,  viola  il  principio   di
capacita' contributiva, imponendo al contribuente  -  nell'evenienza,
meramente casuale, che il debito tributario sia inferiore  al  prezzo
base del terzo incanto - di subire  un  sacrificio  patrimoniale  (in
misura pari alla differenza tra la base d'asta del terzo  incanto  ed
il debito tributario) superiore a quello commisurato all'obbligazione
tributaria (e relativi accessori) e, quindi, a quello  corrispondente
alla sua capacita' contributiva. 
    1.2. - Con riferimento  agli  artt.  3  e  42  Cost.,  i  giudici
rimettenti sollevano  questioni  di  legittimita'  sotto  il  profilo
dell'«irragionevole  determinazione  del  prezzo  per  l'assegnazione
coattiva», in quanto l'assegnazione dell'immobile allo Stato  per  un
prezzo pari all'ammontare del credito tributario e, quindi, inferiore
al prezzo base del terzo incanto, non rispetterebbe il principio  del
«serio ristoro» elaborato  dalla  giurisprudenza  costituzionale  per
l'indennizzo da corrispondersi in caso di espropriazione per pubblica
utilita'; principio applicabile − sempre secondo i rimettenti − anche
nell'ipotesi del trasferimento coattivo della proprieta'  privata  di
cui al caso di specie. 
    2. − I due giudizi devono essere riuniti e congiuntamente decisi,
perche'   prospettano    identiche    questioni    di    legittimita'
costituzionale. 
    3. - Va preliminarmente rilevato che i rimettenti, nel  sollevare
le questioni di  legittimita'  costituzionale,  muovono  da  una  non
implausibile interpretazione della disposizione denunciata e, piu' in
generale, della disciplina dell'assegnazione dell'immobile allo Stato
dettata dall'art. 85 del d.P.R. n. 602 del 1973. 
    I giudici a quibus assumono, in particolare, che: a)  il  giudice
dell'esecuzione, in presenza dei presupposti  richiesti  dalla  legge
(cioe' la deserzione del terzo  incanto,  nonche'  la  richiesta  del
«concessionario» - oggi «agente della  riscossione»  -  di  assegnare
l'immobile allo Stato per un prezzo pari  al  minor  importo  tra  il
prezzo base del terzo incanto e la somma per la  quale  si  procede),
non ha il potere  discrezionale  di  non  procedere  all'assegnazione
dell'immobile ne' puo', quando  lo  Stato  abbia  versato  il  prezzo
stabilito nel termine fissato dal giudice, rifiutare l'emissione  del
decreto di trasferimento; b) l'assegnazione prevista dall'art. 85 del
d.P.R. n. 602 del 1973 ha natura "sostitutiva" della vendita  forzata
ed il prezzo versato dallo Stato, pari alla minor somma tra  la  base
d'asta del terzo incanto ed il credito tributario  per  il  quale  si
procede, e' acquisito alla massa attiva prevista  dall'art.  509  del
codice di procedura civile  e,  a  seconda  dei  casi,  e'  assegnato
all'agente della riscossione ovvero distribuito tra tale agente e gli
eventuali  concorrenti,  in  ragione  delle   rispettive   cause   di
prelazione;   c)   la   disposizione   censurata   esclude   sia   la
corresponsione di conguagli a carico dello Stato sia l'incremento del
prezzo di assegnazione nel caso di differenza tra il  minore  importo
del credito tributario e la maggiore base d'asta del  terzo  incanto;
d) ai fini della determinazione del prezzo di assegnazione, rileva il
solo credito tributario dello Stato e non  anche  i  diversi  crediti
eventualmente concorrenti al riparto ed aventi prelazione anteriore a
quello erariale. 
    Tale  ricostruzione   del   quadro   normativo   effettuata   dai
rimettenti, come  anticipato,  non  e'  implausibile  ed  esclude  la
possibilita' di interpretare la disposizione denunciata  in  modo  da
superare i prospettati dubbi di legittimita' costituzionale. 
    3.1.  -  Quanto  al  punto  sub  a),   la   non   implausibilita'
dell'interpretazione che nega il  potere  discrezionale  del  giudice
dell'esecuzione di rigettare la richiesta  di  assegnazione  discende
sia dalla lettera del comma 2 dell'art. 85 del d.P.R. n. 602 del 1973
(il quale  prevede,  senza  consentire  alcuna  scelta  all'autorita'
giudiziaria,  che  il  giudice  dell'esecuzione,   dietro   richiesta
dell'agente della riscossione,  «dispone  l'assegnazione»);  sia  dal
testo del comma 3 del medesimo art. 85 del d.P.R. n. 602 del 1973 (il
quale − nel caso in cui lo Stato non abbia  versato  nel  termine  il
prezzo di assegnazione del bene - attribuisce il potere di richiedere
lo svolgimento di un quarto incanto esclusivamente al concessionario,
ora agente della riscossione, «su  indicazione  dell'ufficio  che  ha
formato il ruolo», e quindi non consente al  giudice  dell'esecuzione
di disporre d'ufficio un nuovo incanto). La specialita' del  disposto
del citato art. 85 del d.P.R. n. 602 del 1973 rispetto alla normativa
generale    sull'espropriazione    forzata     ordinaria     comporta
l'applicazione esclusiva della suddetta norma speciale,  per  effetto
del disposto dell'art. 49, comma  2,  del  d.P.R.  n.  602  del  1973
(secondo cui «Il procedimento di espropriazione forzata  e'  regolato
dalle norme ordinarie applicabili in  rapporto  al  bene  oggetto  di
esecuzione, in quanto non derogate dalle  disposizioni  del  presente
capo e con esso compatibili»), e rende percio' irrilevante  accertare
se, nel diverso  ambito  dell'espropriazione  forzata  ordinaria,  il
giudice dell'esecuzione abbia il potere  discrezionale  di  rigettare
l'istanza  di  assegnazione.  In  particolare,  il  fatto  che  nella
riscossione   coattiva   delle   imposte   sul    reddito    mediante
espropriazione forzata immobiliare il legislatore ha  determinato  in
una misura fissa e speciale il prezzo di  assegnazione  dell'immobile
allo Stato (art. 85 del d.P.R. n.  602  del  1973)  esclude  che,  in
mancanza  di  una  espressa   previsione   di   legge,   il   giudice
dell'esecuzione possa discrezionalmente  valutare  la  congruita'  di
detto prezzo. L'art. 85 del d.P.R. n. 602 del 1973 e'  incompatibile,
quindi, con l'art. 586, primo comma, cod. proc. civ.  che  conferisce
invece al giudice, nell'ambito dell'esecuzione ordinaria,  il  potere
discrezionale di valutare la congruita' del prezzo e di sospendere la
vendita quando lo ritenga notevolmente inferiore a quello giusto. 
    3.2.  -  Quanto  al  punto  sub  b),   la   non   implausibilita'
dell'interpretazione  che  afferma  la  natura  "sostitutiva"   della
vendita forzata propria dell'assegnazione  allo  Stato  prevista  dal
citato art. 85 del d.P.R. n. 602 del 1973 si desume dai commi 2  e  3
di detto articolo, i quali − nello stabilire che  il  prezzo  per  il
quale e' stata disposta l'assegnazione allo Stato deve essere versato
nel termine previsto - implicitamente  escludono  che  l'assegnazione
possa qualificarsi "satisfattiva" o come una datio in solutum  (cioe'
senza effettivo esborso di prezzo da  parte  del  creditore)  ovvero,
ancora, come  una  assegnazione  "mista"  (cioe'  con  versamento  di
conguaglio,  ai  sensi   dell'art.   162   delle   disposizioni   per
l'attuazione del codice di procedura  civile,  nel  caso  in  cui  il
valore del bene assegnato superi il  credito  dell'assegnatario).  La
necessita' dell'effettivo versamento del prezzo per il quale e' stata
disposta  l'assegnazione  dell'immobile   allo   Stato   costituisce,
pertanto, una condizione  per  perfezionare  il  trasferimento  della
proprieta' del bene (commi 2 e 3 dell'art. 85 del d.P.R. n.  602  del
1973)  ed  induce  a  considerare   detta   assegnazione   come   una
"assegnazione-vendita"; ipotesi nella quale il versamento del  prezzo
va a favore della massa attiva prevista dall'art. 509 cod. proc. civ. 
    3.3.  -  Quanto  al  punto  sub  c),   la   non   implausibilita'
dell'interpretazione che esclude sia la corresponsione di conguagli a
carico dello Stato sia l'incremento del prezzo  di  assegnazione  nel
caso di differenza tra il minore importo del credito tributario e  la
maggiore base d'asta del terzo incanto discende dalla circostanza che
conguagli ed incrementi non sono previsti dalla legge e che, in forza
dell'art. 3, comma 40, lettera b-ter), del decreto-legge 30 settembre
2005, n. 203 (Misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni
urgenti  in  materia  tributaria  e  finanziaria),  convertito,   con
modificazioni, dalla legge  2  dicembre  2005,  n.  248,  sono  stati
eliminati tutti i riferimenti al  «conguaglio»  contenuti  nel  testo
originario dei commi 2 e 3 dell'art. 85 del d.P.R. n. 602  del  1973,
con  effetto  dalla  data  di  entrata  in  vigore  della  legge   di
conversione (3 dicembre 2005). 
    3.4. - Quanto, infine, al punto sub d),  la  non  implausibilita'
dell'interpretazione dei rimettenti  (per  i  quali,  ai  fini  della
determinazione del prezzo di  assegnazione  dopo  la  deserzione  del
terzo incanto, rileva il solo credito tributario dello  Stato  e  non
anche i diversi  crediti  eventualmente  concorrenti  al  riparto  ed
aventi prelazione anteriore a quello erariale) deriva dal fatto  che:
1)  le  parole  «somma  per  la   quale   si   procede»   individuano
esclusivamente la somma iscritta a ruolo; 2) la fissazione del prezzo
di assegnazione allo Stato in una misura, come gia'  detto,  fissa  e
speciale, si configura come una deroga non solo all'art.  586,  primo
comma, cod. proc. civ., ma anche all'art.  589,  primo  comma,  dello
stesso   codice,   secondo   cui,   nell'espropriazione   immobiliare
ordinaria, il prezzo minimo dell'assegnazione e' stabilito in modo da
soddisfare le  spese  procedurali  ed  i  crediti  aventi  prelazione
anteriore. 
    3.5. - Questa Corte, per effettuare  il  richiesto  scrutinio  di
legittimita'     costituzionale,      deve      pertanto      muovere
dall'interpretazione data dai rimettenti alla disposizione denunciata
ed  alla  disciplina  dell'assegnazione  dell'immobile   allo   Stato
contenuta nell'art. 85 del d.P.R. n. 602 del 1973. 
    4. - Nel merito, con la prima  questione,  i  rimettenti  evocano
congiuntamente gli artt. 3 e 53 Cost., per «violazione  dei  principi
di ragionevolezza rispetto ai mezzi e allo scopo e di uguaglianza  in
se', e in relazione  al  principio  di  capacita'  contributiva»,  in
ragione del fatto che la misura della somma per la quale si procede −
cioe' del credito tributario per la riscossione del quale l'agente ha
proceduto all'espropriazione forzata − non e' idonea a  stabilire  un
ragionevole prezzo di acquisto di un immobile, costituendo  essa  una
«variabile  indipendente  dal  valore  dell'immobile  [...]   neppure
indirettamente collegata» con questo; e cio' diversamente dal «prezzo
ribassato che funge da base d'asta  del  terzo  incanto».  Nonostante
l'evocazione congiunta dei suddetti parametri,  i  giudici  a  quibus
denunciano  fondamentalmente,  con  riferimento  all'art.  3   Cost.,
l'irragionevolezza («in se'», come si esprimono) della determinazione
del prezzo di assegnazione  dell'immobile  allo  Stato  nella  misura
dell'importo del credito tributario per cui si  procede,  ove  questo
sia inferiore alla base  d'asta  del  terzo  incanto  andato  deserto
(cosiddetto "criterio del minor  prezzo"  previsto  dalla  denunciata
disposizione). Solo in via sussidiaria e ad colorandum viene da  essi
prospettata anche la lesione del principio di capacita'  contributiva
(art. 53 Cost.). 
    Data la peculiarita' della prospettazione e' opportuno  esaminare
in via preliminare la censura sollevata con riferimento al solo  art.
3  Cost.,  sotto  il  profilo  della  violazione  del  principio   di
ragionevolezza. 
    La censura e' fondata. 
    4.1. -  Occorre  innanzitutto  osservare  che,  contrariamente  a
quanto affermato dalla difesa dello Stato e  conformemente  a  quanto
ritenuto dai giudici a quibus, non sono pertinenti, nella specie,  le
argomentazioni svolte da questa Corte nell'ordinanza n. 383 del 1988,
con la quale fu dichiarata la manifesta infondatezza della  questione
di legittimita' degli artt. 87 e 51 del d.P.R. n. 602 del  1973  (nel
testo antecedente al  riordino  della  disciplina  della  riscossione
mediante ruolo, operato dal d.lgs. n. 46 del 1999; testo  rimasto  in
vigore dal 1° giugno 1974 al 30 giugno 1999),  nella  parte  in  cui,
attribuendo all'esattore il potere  di  procedere  all'espropriazione
forzata anche quando il debitore sia dichiarato fallito o  sottoposto
a liquidazione coatta amministrativa, «consentono  che  la  procedura
esattoriale possa concludersi con la devoluzione del bene allo  Stato
per  il  minor  prezzo  tra   quello   dell'incanto   e   l'ammontare
dell'imposta per cui ha avuto luogo l'esecuzione». 
    Al riguardo va sottolineato il diverso contesto normativo in  cui
si inserivano le  disposizioni  oggetto  della  citata  decisione  di
questa Corte. Il primo comma dell'art. 87 del d.P.R. n. 602 del  1973
stabiliva (nel testo allora vigente) che: «Quando  il  terzo  incanto
non e' stato autorizzato o quando ha  esito  negativo  l'immobile  e'
devoluto di diritto allo Stato per il minor prezzo tra il prezzo base
dell'incanto determinato ai sensi del secondo comma  dell'art.  85  e
l'ammontare  dell'imposta  e   della   relativa   soprattassa,   pene
pecuniarie e interessi per i  quali  ha  avuto  luogo  l'esecuzione».
Invece,  l'attuale  testo   dell'art.   85   del   medesimo   decreto
presidenziale - nell'ambito di  una  normativa  in  base  alla  quale
l'Intendente di finanza non ha piu' il potere discrezionale (previsto
dal previgente secondo comma dello stesso articolo) di autorizzare  a
procedere ad un terzo incanto nel caso in cui la  vendita  non  abbia
avuto luogo al secondo - stabilisce l'assegnazione dell'immobile allo
Stato, su richiesta dell'agente della  riscossione,  e  non  piu'  la
devoluzione di diritto del bene allo Stato.  La  profonda  diversita'
tra il previgente istituto  dell'automatica  devoluzione  di  diritto
allo  Stato  (con  possibilita'  di  riscatto  del  bene,  ai   sensi
dell'attualmente abrogato art. 90 del medesimo  decreto  legislativo,
da parte del debitore espropriato) e quello vigente dell'assegnazione
(cui puo' anche non seguire il trasferimento  della  proprieta'  allo
Stato, nel  caso  in  cui  lo  Stato  assegnatario  non  provveda  al
tempestivo versamento del prezzo) rende  essenzialmente  diverse  sul
piano economico, al di la' di apparenti analogie, le conseguenze  che
ciascuna delle due normative succedutesi nel  tempo  riconnette  alla
deserzione del terzo  incanto.  Del  resto,  gli  stessi  criteri  di
determinazione  del  prezzo  base  dell'incanto   sono,   nelle   due
normative,  del  tutto  diversi.  Tale  prezzo  base,  infatti,   era
originariamente calcolato in relazione al reddito imponibile ai  fini
dell'imposta locale sui redditi, moltiplicato per venti (art. 84  del
d.P.R. n. 602 del 1973, richiamato dall'art. 85, secondo comma, a sua
volta richiamato dall'art. 87, primo comma, dello  stesso  d.P.R.  n.
602 del 1973); attualmente, invece, e' determinato  in  relazione  al
triplo della valutazione catastale aggiornata con i  coefficienti  di
legge (ai sensi dell'art. 52, comma 4, del d.P.R. n.  131  del  1986,
richiamato dall'art. 79, commi 1 e 2, del d.P.R. n. 602 del 1973). 
    Inoltre, nel precedente giudizio di costituzionalita' erano stati
evocati parametri costituzionali diversi  da  quelli  indicati  dagli
odierni rimettenti. In particolare,  la  denuncia  dell'arbitrarieta'
dell'art. 87 del d.P.R. n. 602 del 1973 - sotto il profilo  che  tale
disposizione lasciava la determinazione del prezzo della  devoluzione
di diritto dell'immobile allo Stato «al caso  e  cioe'  all'ammontare
del credito fiscale che puo' essere superiore, pari  o  inferiore  al
valore  del  bene  devoluto  o  addirittura  [...]  irrisorio»  -  fu
prospettata dal rimettente dell'epoca in riferimento non  all'art.  3
Cost., ma all'art. 97 Cost., cioe'  ad  un  parametro  che  la  Corte
ritenne «del tutto inconferente».  Neppure  le  altre  argomentazioni
allora utilizzate dalla Corte  al  fine  di  escludere  il  contrasto
dell'art. 87 del d.P.R. n. 602  del  1973  con  gli  altri  parametri
evocati dal rimettente − artt. 3 (sotto il profilo, diverso da quello
qui in esame, della violazione del principio di  uguaglianza),  24  e
113 Cost. - sono idonee ad orientare la Corte nel presente  giudizio.
Esse, infatti,  attengono  alla  dimostrazione  della  compatibilita'
delle disposizioni denunciate con parametri (o  profili)  diversi  da
quelli attualmente prospettati oppure  riguardano  aspetti  di  dette
disposizioni, o del quadro normativo nel quale  esse  si  inserivano,
che non sono piu' attuali rispetto al vigente art. 85 del  d.P.R.  n.
602 del 1973 e al connesso quadro normativo. 
    La questione sollevata dagli  odierni  rimettenti  deve,  quindi,
essere scrutinata ex novo. 
    4.2. − Come piu' volte affermato da questa Corte,  la  disciplina
speciale della riscossione coattiva delle imposte non pagate risponde
all'esigenza  della  pronta  realizzazione  del  credito  fiscale   a
garanzia del regolare svolgimento della vita finanziaria dello  Stato
ed e', per tale  ragione,  improntata  a  criteri  di  semplicita'  e
speditezza della procedura (sentenze n. 351  del  1998,  n.  415  del
1996, n. 444 del 1995 e n. 358 del 1994; ordinanze n. 158  del  2008,
n. 217 del 2002 e n. 455 del 2000). 
    Coerentemente con tale finalita' di  tempestiva  riscossione  dei
crediti tributari, il legislatore, nel  caso  in  cui  sia  risultato
impossibile vendere l'immobile esecutato nel corso di tre  incanti  -
conclusisi con esito negativo nonostante gli elevati ribassi di legge
(art. 81, commi 1 e 2, del d.P.R. n. 602 del 1973: un terzo  rispetto
al prezzo base del primo incanto; un terzo rispetto  al  prezzo  base
del secondo incanto) -, ha previsto, con l'art. 85 del d.P.R. n.  602
del 1973, che il bene sia assegnato allo Stato.  Questa  soluzione  -
piu' di altre astrattamente ipotizzabili,  quali  lo  svolgimento  di
ulteriori incanti o l'amministrazione  giudiziaria  del  bene  (nella
prospettiva di una futura vendita o di una assegnazione a  condizioni
piu' favorevoli) - risponde alla ratio di accelerare il  procedimento
di  riscossione  coattiva,  assicurando  che  l'espropriazione  possa
ugualmente avere termine in modo rapido con la  realizzazione  di  un
ricavo, anche nel caso di incollocabilita' dell'immobile sul mercato. 
    La norma censurata, prevedendo che l'immobile sia assegnato  allo
Stato per il prezzo costituito dalla somma per la quale  si  procede,
soddisfa  certamente  tale  esigenza  di  speditezza,  ma  pone   una
disciplina palesemente irragionevole. L'irragionevolezza discende dal
fatto che la norma,  nello  stabilire  il  prezzo  del  trasferimento
immobiliare,  fissa  un  ammontare   che   prescinde   da   qualsiasi
collegamento  con  il  valore  del  bene  e  che  puo'  essere  anche
irrisorio; e cio' nonostante che il trasferimento  immobiliare  abbia
la finalita' di trasformare il bene in denaro per il  soddisfacimento
dei creditori e non certo  di  infliggere  una  sanzione  atipica  al
debitore inadempiente. L'ammontare del credito tributario per cui  si
procede - sia esso superiore o inferiore al  prezzo  base  del  terzo
incanto - dipende, in effetti, da circostanze contingenti e meramente
casuali, non correlate al valore dell'immobile,  e  non  puo'  essere
assunto, pertanto, quale criterio di  determinazione  del  prezzo  da
corrispondere in sede di  espropriazione  forzata.  La  volonta'  del
legislatore  di  svincolare   tale   prezzo   dall'effettivo   valore
dell'immobile e', del resto, dimostrata  anche  dall'esiguita'  della
soglia minima prevista dal vigente art. 76, comma 1,  del  d.P.R.  n.
602 del 1973 per consentire all'agente della riscossione di procedere
all'espropriazione immobiliare (ottomila euro, innalzata a  ventimila
euro, «qualora la pretesa iscritta a ruolo sia contestata in giudizio
ovvero sia ancora contestabile  in  tale  sede  ed  il  debitore  sia
proprietario dell'unita' immobiliare dallo stesso adibita  a  propria
abitazione principale»). 
    Ne' la facolta', attribuita al debitore o ad un  terzo  dall'art.
61 del d.P.R. n. 602 del  1973,  di  estinguere  il  procedimento  di
espropriazione  pagando  il  debito  vale  ad  escludere   l'indicata
irragionevolezza della norma denunciata. L'esercizio di tale facolta'
presuppone, infatti, una capacita' economica del  debitore  che  puo'
anche non sussistere. 
    4.3. - Per quanto sopra  osservato,  al  fine  di  porre  rimedio
all'irragionevolezza  della  disposizione  censurata,  e'  necessario
eliminare la possibilita' che l'immobile esecutato sia assegnato allo
Stato al prezzo corrispondente alla somma per la  quale  si  procede.
L'unica via percorribile a tal fine da questa Corte, senza superare i
limiti della propria giurisdizione, e' quella - indicata dai  giudici
a quibus e ricavabile dal complessivo assetto normativo disegnato dal
legislatore - di far venir meno il  cosiddetto  "criterio  del  minor
prezzo"  e  di  estendere  a  tutte  le   ipotesi   di   assegnazione
dell'immobile allo Stato (nel caso di deserzione del  terzo  incanto)
l'applicazione dell'altro parametro di determinazione del  prezzo  di
assegnazione previsto dallo stesso art. 85, comma 1,  del  d.P.R.  n.
602 del 1973, cioe' quello del prezzo base del  terzo  incanto.  Tale
prezzo, infatti, ove si tenga conto anche dell'esito negativo dei tre
esperimenti d'asta, si pone in  rapporto  non  irragionevole  con  il
valore dell'immobile; e cio' ancorche' sia notevolmente  inferiore  a
quello del primo incanto (due ribassi di un terzo  ciascuno  rispetto
alla precedente base d'asta) e muova da una base d'asta originaria di
valore assai  contenuto  (in  quanto  determinata,  come  visto,  con
riferimento al triplo della valutazione catastale  aggiornata  con  i
coefficienti di legge). Del resto, e' lo stesso  legislatore  che  ha
individuato  nel  prezzo  base  del  terzo  incanto  il   prezzo   di
assegnazione dell'immobile (art. 85, comma 1, del d.P.R. n.  602  del
1973),  sia  pure  limitatamente  all'ipotesi  in  cui   il   credito
tributario sia superiore alla base d'asta del terzo incanto. 
    Ne' puo' obiettarsi -  come,  invece,  fa  l'Avvocatura  generale
dello   Stato,   richiamando   un   passaggio    della    motivazione
dell'ordinanza di questa Corte n. 383 del 1988 − che  «l'accoglimento
della questione di  costituzionalita'  nei  termini  prospettati  dal
giudice a quo comporterebbe [...] per lo Stato l'acquisto  (coattivo)
di un immobile al prezzo base del terzo incanto  concluso  con  esito
negativo e,  quindi,  ad  un  valore  risultato  non  appetibile  sul
mercato,  ossia  un  esito  che  non  potrebbe  reputarsi  congruo  e
ragionevole». L'obiezione sarebbe pertinente ove  fosse  riferita  al
previgente istituto della devoluzione di diritto  dell'immobile  allo
Stato (art. 87 del d.P.R. n. 602 del 1973, nel testo  anteriore  alla
sua sostituzione ad opera dell'art. 16 del d.lgs. n. 46 del 1999), ma
non si attaglia al vigente istituto dell'assegnazione allo Stato  del
bene  previsto  dalla   disposizione   censurata.   Nell'ipotesi   di
devoluzione di diritto, l'automatica  acquisizione  dell'immobile  al
patrimonio statale (per  effetto  della  mancata  autorizzazione  del
terzo incanto o del suo esito negativo) operava a prescindere da  una
manifestazione  di  volonta'  dell'acquirente  e  non  consentiva  di
evitare  l'effetto  traslativo.  Cio'  non   avviene,   invece,   con
riferimento all'istituto dell'assegnazione dell'immobile regolato dal
vigente art. 85 del d.P.R. n.  602  del  1973.  L'attuale  disciplina
consente,  infatti,  allo  Stato  -  come  visto  -  di  valutare  la
convenienza dell'acquisizione dell'immobile al prezzo base del  terzo
incanto e, nel  caso  di  esito  negativo  di  tale  valutazione,  di
provocare l'estinzione del processo esecutivo non versando il  prezzo
di assegnazione nel termine stabilito  (a  meno  che  l'agente  della
riscossione, nei trenta giorni successivi alla scadenza  del  termine
per  il  versamento  del  prezzo,  non   dichiari,   su   indicazione
dell'ufficio che ha  formato  il  ruolo,  di  voler  procedere  a  un
ulteriore incanto per un prezzo base inferiore di un terzo rispetto a
quello dell'ultimo incanto: art. 85, comma 3, del d.P.R. n.  602  del
1973). Deve quindi negarsi che, per effetto  dell'accoglimento  della
questione di legittimita' sollevata, l'acquisto dell'immobile per  il
prezzo pari alla base d'asta  del  terzo  incanto  sia  imposto  allo
Stato. 
    L'accoglimento  della  questione  di  legittimita'  nei   termini
indicati non esclude,  come  e'  ovvio,  che  il  legislatore  possa,
nell'esercizio della sua  discrezionalita',  stabilire  parametri  di
determinazione del prezzo di assegnazione  dell'immobile  allo  Stato
diversi rispetto al prezzo base del terzo incanto, purche' essi siano
in ragionevole rapporto con il valore del bene pignorato. 
    4.4. - In conclusione, deve  essere  dichiarata  l'illegittimita'
costituzionale, per violazione dell'art. 3  Cost.,  in  relazione  al
principio di ragionevolezza, dell'art. 85, comma 1, del d.P.R. n. 602
del 1973, nella parte in cui prevede che,  se  il  terzo  incanto  ha
esito negativo, l'assegnazione dell'immobile allo Stato ha luogo «per
il minor prezzo tra il prezzo base del terzo incanto e la  somma  per
la quale si procede», anziche' per il prezzo base del terzo incanto. 
    5. - Il riconoscimento della fondatezza della questione sollevata
in riferimento  all'art.  3  Cost.,  in  relazione  al  principio  di
ragionevolezza,  comporta  l'assorbimento  dell'esame   delle   altre
questioni  e  degli  altri  profili  di   censura   prospettati   dai
rimettenti.