Sentenza 
 
nel giudizio per conflitto di attribuzione  tra  poteri  dello  Stato
sorto a seguito della deliberazione della Camera dei deputati del  28
ottobre 2009 (doc. IV-ter n. 10-A), relativa  alla  insindacabilita',
ai sensi dell'articolo 68, primo  comma,  della  Costituzione,  delle
opinioni espresse dall'onorevole Carmine Santo Patarino nei confronti
del  dottor  Nicola  Putignano,  promosso  dal  Giudice  dell'udienza
preliminare presso il Tribunale ordinario  di  Taranto,  con  ricorso
notificato il 30 marzo 2011, depositato presso la cancelleria  il  26
aprile 2011 ed iscritto al n. 5 del  registro  conflitti  tra  poteri
dello Stato 2010, fase di merito. 
    Visto l'atto di costituzione della Camera dei deputati; 
    udito nell'udienza pubblica del  20  settembre  2011  il  Giudice
relatore Giorgio Lattanzi; 
    udito l'avvocato Vito Cozzoli per la Camera dei deputati. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Con ricorso depositato presso la  cancelleria  il  7  giugno
2010 (confl. pot.  amm.  n.  5  del  2010)  il  Giudice  dell'udienza
preliminare  del  Tribunale  di  Taranto  ha  promosso  conflitto  di
attribuzione tra poteri dello Stato e ha chiesto a  questa  Corte  di
dichiarare che non spettava alla Camera dei deputati di affermare che
i fatti per i quali e' in corso procedimento penale nei confronti  di
Carmine Santo Patarino, per il delitto di cui all'art. 595 del codice
penale  nei  confronti  di  Nicola  Putignano,  concernono   opinioni
espresse da un parlamentare nell'esercizio delle sue funzioni,  e  di
annullare conseguentemente la deliberazione che  la  medesima  Camera
aveva adottato il 28 ottobre 2009 recependo la proposta della  Giunta
per le autorizzazioni a procedere di «dichiarare che i  fatti  per  i
quali e' in corso il procedimento concernono  opinioni  espresse  dal
deputato Patarino nell'esercizio delle sue  funzioni,  ai  sensi  del
primo comma dell'art. 68 della Costituzione». 
    Il ricorrente rileva che la condotta  ascritta  all'on.  Patarino
consiste nell'avere,  con  denuncia  presentata  alla  Procura  della
Repubblica presso il Tribunale ordinario di Taranto, accusato  Nicola
Putignano sia «di aver inviato al Sindaco di Castellaneta una lettera
raccomandata  contenente  "intimidazioni  minacciose",  che  dovevano
essere  interpretate  come  rivolte   "ad   estorcere   provvedimenti
amministrativi"» in favore del medesimo Putignano, sia di  pretendere
di «ottenere con minacce tutto quanto torna utile al  gruppo  da  lui
rappresentato»; l'on. Patarino avrebbe inoltre accusato il  Putignano
«di non gradire  che  da  parte  degli  amministratori  vi  fosse  il
rispetto della legge e la trasparenza, essendo lo stesso ed il gruppo
di "Nuova Concordia" abituati da sempre a fare il buono ed il cattivo
tempo per il loro interesse aziendale». 
    Nella  denuncia  sarebbero   state   presenti   «altre   numerose
espressioni rivolte a screditare  e  squalificare  la  condotta»  del
Putignano, anche «nella qualita' di amministratore del gruppo  "Nuova
Concordia", in specie per quanto relativo al rapporto tra lo stesso e
l'amministrazione comunale di Castellaneta». 
    Cio' posto, poiche' «il mero "contesto politico" o, in ogni modo,
l'attinenza a temi di rilievo generale dibattuti in  Parlamento,  non
connot[erebbero] di per se' le dichiarazioni  come  espressive  della
funzione parlamentare» e poiche' dalla relazione della Giunta per  le
autorizzazioni a procedere della Camera dei deputati non  emergerebbe
alcun atto tipico della  funzione  parlamentare,  cui  ricondurre  la
denuncia che si assume diffamatoria, il  ricorrente  ritiene  che  le
dichiarazioni oggetto del procedimento penale  non  siano  riferibili
alla funzione parlamentare dell'on. Patarino. 
    2. - Il conflitto e' stato dichiarato ammissibile  con  ordinanza
n. 87 dell'11 marzo 2011. A seguito di essa il  Giudice  dell'udienza
preliminare del Tribunale di  Taranto  ha  notificato  il  ricorso  e
l'ordinanza alla Camera dei deputati in data 30 marzo 2011 e in  data
26 aprile 2011 ha depositato tali atti, con  la  prova  dell'avvenuta
notificazione. 
    3. - Nel costituirsi  in  giudizio  la  Camera  dei  deputati  ha
chiesto alla Corte di dichiarare l'inammissibilita' del conflitto  o,
in subordine, di rigettare il ricorso. 
    3.1. - La Camera ricostruisce il «prolungato conflitto  fra  l'ex
senatore Nicola Putignano e il deputato, nonche' consigliere comunale
di Castellaneta (Taranto), Carmine Santo  Patarino,  in  merito  alla
realizzazione di infrastrutture  turistiche  nell'area  della  stessa
Castellaneta,  in  cui  il  Putignano  era  impegnato  nel  ruolo  di
presidente del consiglio di amministrazione di un  importante  gruppo
imprenditoriale». Alla denuncia-querela presentata nel 2004  dall'on.
Patarino faceva seguito la controdenuncia  del  Putignano,  che  dava
origine alle imputazioni, nei confronti del primo, di calunnia  e  di
diffamazione. Ritenendo eccepita l'insindacabilita' di  cui  all'art.
68, primo comma, Cost. per la sola accusa di diffamazione, il Giudice
dell'udienza preliminare del Tribunale di  Taranto  aveva  condannato
l'on. Patarino per il reato di calunnia, mentre  aveva  rimesso  alla
Camera dei deputati, ex art. 3 della legge 20 giugno 2003, n. 140, la
valutazione sull'insindacabilita' delle opinioni che avevano  formato
oggetto del capo di imputazione relativo alla  diffamazione.  Con  la
deliberazione  del  28  ottobre  2009,   all'origine   del   presente
conflitto,  l'Assemblea  della  Camera  ha  dichiarato  che  i  fatti
esaminati dall'Autorita' giudiziaria procedente (ivi compresi  quelli
relativi all'imputazione per calunnia) concernevano opinioni espresse
dal deputato Patarino nell'esercizio delle  sue  funzioni,  ai  sensi
dell'art. 68, primo comma, Cost. 
    3.2.  -  Cio'  premesso,  la  Camera   dei   deputati   eccepisce
l'inammissibilita'   dell'atto   introduttivo   del   conflitto   per
violazione dell'art. 24, comma 1, delle Norme integrative dei giudizi
davanti    alla    Corte    costituzionale,    sotto    il    profilo
dell'insufficiente esposizione delle  «ragioni  del  conflitto»:  non
verrebbero compiutamente menzionate le dichiarazioni del parlamentare
ritenute lesive e oggetto dell'imputazione e, piu'  in  generale,  il
thema  decidendum  sarebbe  prospettato  in  modo  carente,  se   non
addirittura contraddittorio. Nel ricorso sarebbero  rinvenibili  solo
alcune parole («intimidazioni minacciose» e «estorcere  provvedimenti
amministrativi») e una breve frase di senso compiuto («pretendeva  di
poter ottenere con minacce tutto quanto torna utile al gruppo da  lui
rappresentato»),  attribuite  all'on.  Patarino.  Secondo  la  Camera
«l'esiguita' di tali enunciati - unita al fatto  che  essi  non  sono
neppure cronologicamente  contestualizzati  nella  descrizione  della
complessa ed articolata vicenda che  ha  dato  origine  al  conflitto
(...) - rende con tutta evidenza  non  soddisfatto  l'onere,  facente
capo   all'Autorita'    giudiziaria    ricorrente,    di    riportare
"compiutamente", "puntualmente" ed "in modo esatto ed obiettivo",  le
dichiarazioni asseritamente offensive addebitate al parlamentare». 
    Richiamato  l'orientamento  della  giurisprudenza  costituzionale
secondo cui non  e'  consentita  la  sostituzione  delle  espressioni
ritenute  offensive  con   una   libera   rielaborazione   ad   opera
dell'autorita' giudiziaria ricorrente, la Camera dei deputati rileva,
per un verso, che anche nella parte  finale  del  ricorso  e'  omessa
l'adeguata specificazione delle affermazioni del parlamentare e,  per
altro  verso,  che  sarebbe  incerta  la  stessa  individuazione  del
procedimento in relazione al quale e' sorto il  conflitto.  La  Corte
costituzionale non  sarebbe  messa  in  condizione  di  accertare  se
sussista  il  nesso  funzionale  tra  le   frasi   incriminate,   non
compiutamente individuabili, e l'attivita'  parlamentare  tipica,  di
cui le frasi stesse potrebbero costituire la divulgazione esterna. 
    3.3. - Nel merito, la Camera dei deputati rimarca  l'infondatezza
del ricorso per conflitto di attribuzione. Anche sulla base di alcuni
documenti allegati (due articoli di giornale e una  lettera  dell'on.
Patarino al coordinatore provinciale del Genio civile), la resistente
sottolinea il ruolo  di  attivo  rappresentante  della  comunita'  di
Castellaneta svolto dall'on. Patarino, il suo impegno politico per la
tutela del territorio e l'attenzione con la quale ha  seguito  alcune
rilevanti iniziative imprenditoriali del  gruppo  societario  facente
capo all'ex senatore  Nicola  Putignano:  tali  iniziative  avrebbero
creato una forte conflittualita' con  associazioni  ambientalistiche,
agricoltori   e   abitanti   del   territorio,   che   lamenterebbero
l'applicazione di tariffe dell'acqua piu' elevate rispetto  a  quanto
stabilito   negli   accordi   di   programma   intervenuti   tra   le
amministrazioni locali. Nel contesto di un impegno dell'on.  Patarino
volto  alla  tutela  della   legalita'   dell'azione   amministrativa
andrebbero interpretati, secondo la resistente, i  fatti  all'origine
del conflitto,  relativi  all'attivita'  imprenditoriale  del  Gruppo
Putignano   e   caratterizzati   dal   «braccio   di    ferro»    con
l'amministrazione comunale sulla  richiesta  di  nuovi  provvedimenti
autorizzatori e da un conflitto con la  cittadinanza  sulla  gestione
del servizio idrico. 
    Questi fatti, nella prospettazione  della  Camera  dei  deputati,
sarebbero all'origine delle frasi ritenute calunniose e diffamatorie,
che costituirebbero divulgazione di precedente attivita' parlamentare
dell'on. Patarino e piu' specificamente «la sostanziale riproduzione,
extra moenia, del contenuto di asserzioni presenti, innanzitutto, nel
documento»,  consultabile  in  un  sito  internet,  «presentato  alla
Presidenza della Camera dei deputati  il  30  giugno  2003»  dall'on.
Patarino quale interrogazione parlamentare, dalla quale  emergeva  un
contrasto tra  il  Comune  di  Castellaneta  e  il  Gruppo  Putignano
sull'uso delle risorse  idriche.  La  Camera  dei  deputati  richiama
inoltre l'interrogazione a risposta scritta n. 4/535, presentata il 2
agosto 2001, nella quale l'on. Patarino denunciava  collegamenti  tra
gli amministratori del  Comune  di  Castellaneta  e  la  criminalita'
organizzata e  segnalava  la  richiesta  di  rinvio  a  giudizio  nei
confronti di vari imputati per abuso d'ufficio in favore della  Nuova
Concordia s.r.l., che faceva parte del Gruppo Putignano. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - Il Giudice dell'udienza preliminare presso il  Tribunale  di
Taranto ha sollevato conflitto di attribuzione  nei  confronti  della
Camera dei deputati in relazione alla deliberazione  del  28  ottobre
2009 (doc.  IV-ter  n.  10-A),  con  la  quale  e'  stata  dichiarata
l'insindacabilita',  ai  sensi  dell'art.  68,  primo  comma,   della
Costituzione, delle opinioni  espresse  dal  deputato  Carmine  Santo
Patarino, per le quali pende procedimento penale nei  suoi  confronti
per  il  delitto  previsto  dall'art.   595   cod.   pen.,   opinioni
rappresentate dalle dichiarazioni contenute in  una  denuncia-querela
presentata dal parlamentare nei confronti di Nicola Putignano. 
    2. - Preliminarmente, deve essere confermata  l'ordinanza  n.  87
del 2011, con la quale questa Corte  ha  ritenuto  l'esistenza  della
materia di un conflitto,  sussistendone  i  requisiti  soggettivo  ed
oggettivo. 
    3. - Il ricorso e' inammissibile. 
    E' consolidato, nella giurisprudenza costituzionale,  l'indirizzo
secondo cui «il ricorso con il quale l'autorita' giudiziaria  propone
il conflitto di attribuzione ai  sensi  dell'art.  68,  primo  comma,
della Costituzione, deve rispettare il principio  di  completezza  ed
autosufficienza.  Tale  principio  impone  all'autorita'  giudiziaria
l'onere di indicare nel ricorso  gli  elementi  che  consentano  alla
Corte costituzionale di  valutarne  la  fondatezza,  raffrontando  le
dichiarazioni rese extra moenia dal parlamentare con il contenuto  di
atti tipici della sua funzione»  (sentenza  n.  31  del  2009;  nello
stesso senso, le sentenze n. 163 del 2008 e n. 271 del 2007). 
    Nel caso  di  specie,  la  descrizione  della  condotta  ascritta
all'on. Patarino e' avvenuta attraverso la sintetica  esposizione  di
alcune parti della denuncia  dallo  stesso  presentata  alla  Procura
della  Repubblica  presso  il  Tribunale  ordinario  di  Taranto:  il
Patarino avrebbe  accusato,  denigrandolo,  il  Putignano,  «di  aver
inviato  al  Sindaco  di  Castellaneta   una   lettera   raccomandata
contenente   "intimidazioni   minacciose",   che   dovevano    essere
interpretate    come    rivolte    "ad    estorcere     provvedimenti
amministrativi"» in favore del medesimo Putignano; di pretendere  «di
poter ottenere con minacce tutto quanto torna utile al gruppo da  lui
rappresentato»; di «non gradire che da parte degli amministratori  vi
fosse il rispetto della legge e la trasparenza, essendo lo stesso  ed
il gruppo di "Nuova Concordia" abituati da sempre a fare il buono  ed
il cattivo tempo per il  loro  interesse  aziendale».  Si  tratta  di
un'esposizione che riproduce in modo molto limitato le  dichiarazioni
del  parlamentare,  facendo  leva,  in  larga  misura,  su  una  loro
rielaborazione operata dallo stesso ricorrente, che non le  inserisce
nel contesto complessivo rappresentato dalla denuncia. Il  ricorrente
fa inoltre un generico riferimento  ad  «altre  numerose  espressioni
rivolte a screditare e squalificare la condotta» del Putignano, anche
«nella qualita' di amministratore del gruppo  "Nuova  Concordia",  in
specie  per  quanto  relativo   al   rapporto   tra   lo   stesso   e
l'amministrazione comunale di Castellaneta». 
    La descrizione, in termini peraltro molto  frammentari,  solo  di
alcune delle affermazioni dell'on. Patarino e il  riferimento,  privo
di   qualsiasi   ulteriore   specificazione,   ad   «altre   numerose
espressioni» rivolte a screditare  e  squalificare  la  condotta  del
Putignano, che sarebbero contenute nella denuncia, sono  inidonei  ad
offrire «una compiuta esposizione dei  fatti»  (sentenza  n.  79  del
2005), tale da descrivere «il  reale  contenuto  delle  dichiarazioni
attribuite al deputato, oggetto della delibera  di  insindacabilita'»
(sentenza n. 302 del 2007). Il ricorrente  ha  operato  una  propria,
parziale,  sintesi  delle  dichiarazioni  del  parlamentare  ritenute
diffamatorie e tale modalita' espositiva «non permette di  apprezzare
al giusto quelle rilevanti ai fini  della  corretta  valutazione  del
significato complessivo delle stesse e, quindi, di accertare il nesso
funzionale  con  atti  parlamentari  tipici  di  cui   esse   possano
eventualmente costituire sostanziale divulgazione» (sentenza  n.  246
del 2007). 
    Il ricorso, pertanto,  non  consentendo  di  valutare  quale  sia
l'«effettiva condotta» (sentenza n.  223  del  2009)  ascrivibile  al
parlamentare, deve essere dichiarato inammissibile.