Ordinanza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 2,  comma  212,
lettera b), n. 2, della legge 23 dicembre 2009, n. 191  (Disposizioni
per la formazione del bilancio annuale e pluriennale  dello  Stato  -
legge finanziaria 2010), che ha introdotto il comma  6-bis  nell'art.
10 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115
(Testo  unico  delle  disposizioni  legislative  e  regolamentari  in
materia di spese di giustizia - Testo A),  promosso  dal  Giudice  di
pace di Bari nel procedimento vertente tra A. D. e il Comune di  Bari
con ordinanza del 27 settembre 2010, iscritta al n. 61  del  registro
ordinanze 2011 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 16, 1ª serie speciale, dell'anno 2011. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 21 settembre 2011 il  Giudice
relatore Luigi Mazzella. 
    Ritenuto che, nel corso di un giudizio di opposizione a  sanzione
amministrativa, il Giudice di pace di Bari, con ordinanza iscritta al
n.  61  del  ruolo  ordinanze  dell'anno  2011,  ha   sollevato,   in
riferimento agli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione,  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 212, lettera b), n. 2,
della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per la  formazione
del bilancio annuale e pluriennale dello Stato  -  legge  finanziaria
2010), che ha introdotto il comma 6-bis nell'art. 10 del d. P. R.  30
maggio 2002, n. 115 (Testo unico  delle  disposizioni  legislative  e
regolamentari in materia di spese di  giustizia  -  Testo  A),  nella
parte in cui dispone,  anche  con  riferimento  ai  giudizi  previsti
dall'art. 204-bis del decreto legislativo  30  aprile  1992,  n.  285
(Nuovo codice della strada), che «nei procedimenti di cui all'art. 23
della legge 24 novembre 1981, n. 689, e successive modificazioni, gli
atti del processo sono soggetti soltanto al pagamento del  contributo
unificato, nonche' delle spese forfetizzate secondo l'importo fissato
nell'art. 30 del presente testo unico»; 
        che il rimettente deduce che il  ricorrente  nel  giudizio  a
quo, nell'impugnare il verbale con il quale gli era stata  contestata
la violazione dell'art. 146, comma 3, del d.lgs. n. 285 del  1992  ed
irrogata la sanzione pecuniaria di euro 163,86, in via preliminare ha
eccepito l'incostituzionalita' della norma che  impone  il  pagamento
del «contributo unificato» nei  giudizi  di  opposizione  a  sanzione
amministrativa; 
        che il Giudice di pace di Bari rileva che a tale onere non e'
soggetto il ricorso gerarchico al Prefetto, il quale, pero',  non  e'
sovrapponibile al ricorso giurisdizionale, sia per la  posizione  non
terza dell'organo chiamato a deciderlo, sia perche' non  assicura  la
completezza   degli   accertamenti;   pertanto   la   gratuita'   del
procedimento  potrebbe  spingere  il  trasgressore  ad  affidarsi  al
Prefetto, soprattutto nei casi in cui non vi e' proporzionalita'  tra
la misura della sanzione  pecuniaria  ed  il  costo  del  ricorso  al
giudice, sicche'  l'interessato  sarebbe  indotto  a  ricorrere  alla
tutela  minore,  rinunciando  a  quella  giurisdizionale   assicurata
dall'art. 24 Cost. a tutti i cittadini; 
        che, ad avviso del giudice a quo, la norma censurata  non  e'
coerente con l'esenzione prevista per i procedimenti penali,  poiche'
le sanzioni amministrative hanno il medesimo carattere  sanzionatorio
di quelle penali e, talora, possono produrre conseguenze  piu'  gravi
delle seconde; 
        che il rimettente aggiunge che la disposizione impugnata  non
assicura l'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge rispetto  a
tutti gli atti rinvenienti da  sanzioni  amministrative  illegittime,
lasciando al trasgressore, specialmente di fronte a  «multe»  minime,
la  scelta  di   rinunciare   alla   tutela   dinanzi   all'autorita'
giurisdizionale oppure di affidarsi al Prefetto, organo non terzo; 
        che,  pertanto,  la  norma  censurata   comprometterebbe   la
facolta' dei cittadini di agire in giudizio (con conseguente  lesione
dell'art. 24 Cost.) per far valere i loro  diritti  contro  gli  atti
della pubblica amministrazione (contrastando cosi' anche  con  l'art.
113 Cost.); 
        che  nel   giudizio   di   legittimita'   costituzionale   e'
intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, il quale chiede  che  la
questione sia dichiarata inammissibile, irrilevante e non fondata; 
        che,  ad  avviso  dell'interveniente,  la  questione  sarebbe
inammissibile per difetto di motivazione, quanto al rapporto  tra  la
norma denunciata e gli artt.  24  e  113  Cost.,  e  per  difetto  di
motivazione in ordine alla sua rilevanza, quanto al parametro di  cui
all'art. 3 Cost., poiche' il  rimettente  non  ha  specificato  quali
siano le conseguenze pregiudizievoli derivanti a carico  della  parte
privata a causa del mancato pagamento del contributo unificato e,  in
particolare, non ha chiarito perche' tale omissione precluderebbe  al
cittadino l'accesso alla tutela giurisdizionale; 
        che  la  questione  sarebbe,  poi,  irrilevante,  poiche'  il
giudice a  quo  non  ha  specificato  come  le  asserite  conseguenze
discriminatorie e lesive del diritto di difesa si atteggino  rispetto
al caso oggetto del suo esame, prospettando  cosi'  la  questione  in
termini puramente astratti; 
        che la difesa dello Stato sostiene, infine, che la  questione
sarebbe  infondata,  poiche'  -  considerato  che   la   disposizione
censurata  non  prevede  la  conseguenza  dell'inammissibilita'   del
ricorso in caso di mancato pagamento del contributo unificato  -  non
possono  profilarsi  neppure  ricadute   sul   piano   della   tutela
giurisdizionale assicurata dall'art. 24 della Costituzione. 
    Considerato che il Giudice di pace di Bari dubita, in riferimento
agli artt.  3,  24  e  113  della  Costituzione,  della  legittimita'
dell'art. 2, comma 212, lettera b), n. 2,  della  legge  23  dicembre
2009, n. 191 (Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2010), che ha  introdotto
il comma 6-bis nell'art. 10 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115  (Testo
unico delle disposizioni legislative e regolamentari  in  materia  di
spese di giustizia  -  Testo  A),  nella  parte  in  cui,  anche  con
riferimento  ai  giudizi  previsti  dall'art.  204-bis  del   decreto
legislativo 30 aprile 1992,  n.  285  (Nuovo  codice  della  strada),
dispone che «nei procedimenti di  cui  all'art.  23  della  legge  24
novembre 1981, n. 689,  e  successive  modificazioni,  gli  atti  del
processo  sono  soggetti  soltanto  al   pagamento   del   contributo
unificato, nonche' delle spese forfetizzate secondo l'importo fissato
nell'art. 30 del presente testo unico»; 
        che il rimettente non ha precisato nella propria ordinanza se
il  contributo  unificato  sia  stato  o  meno  pagato  dalla   parte
ricorrente; 
        che,  conseguentemente,  la   questione   e'   manifestamente
inammissibile per difetto di motivazione sulla  rilevanza,  la  Corte
non essendo in condizione di verificare se effettivamente il  giudice
a quo debba fare applicazione della norma censurata; 
        che, infatti, come gia' affermato  da  questa  Corte,  se  il
contributo  fosse  gia'  stato  pagato  spontaneamente  dalla  parte,
l'asserito vulnus ai principi  costituzionali  invocati  sarebbe,  in
ipotesi, determinato da una disposizione che il rimettente  non  deve
applicare nel giudizio principale (ordinanze n.  195  e  n.  143  del
2011);  se,  invece,  il  contributo  non  fosse  stato  versato,  la
questione potrebbe essere rilevante solamente  se  il  pagamento  del
contributo unificato costituisse condizione di  ammissibilita'  o  di
procedibilita' della domanda (ordinanza  n.  143  del  2011),  ma  il
rimettente non ha indicato le  norme  che  possano  giustificare  una
simile conclusione. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale.