Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri,  rappresentato
e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato presso i  cui
uffici  e'  domiciliato  in  Roma  alla  via  dei   Portoghesi,   12,
ricorrente; 
    Contro Regione Friuli Venezia Giulia, in persona  del  Presidente
della Regione pro-tempore, con sede in  Trieste,  piazza  dell'Unita'
d'Italia n. 1, intimata; 
    Per la declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art.  2
commi 55, 70, 85, 88, 91, 106, dell'art. 7  comma  51,  dell'art.  10
commi 25, 85, 86, dell'art. 12 commi 26, 28, 32, 33, 38, dell'art. 13
comma 25, della Legge regionale n. 11 dell'11 agosto 2011, pubblicata
nel B.U.R. n. 34  del  24  agosto  2011,  recante  "Assestamento  del
bilancio 2011 e del bilancio pluriennale per gli  anni  2011-2013  ai
sensi dell'articolo 34 della Legge Regionale  n.  21/2007",  come  da
delibera del Consiglio dei Ministri in data 13 ottobre 2011  e  sulla
base di quanto specificato nell'allegata relazione del Ministro per i
rapporti con le Regioni. 
    Sul B.U.R. della Regione Friuli  Venezia  Giulia  n.  34  del  24
agosto 2011 e' stata pubblicata la Legge Regionale 11 agosto 2011  n.
11 recante "Assestamento del bilancio 2011 e del bilancio pluriennale
per  gli  anni  2011-2013  ai  sensi  dell'articolo  34  della  Legge
Regionale n. 21/2007". 
    Il Governo ritiene che l'art. 2 commi 55, 70, 85,  88,  91,  106,
l'art. 7 comma 51, l'art. 10 commi 25, 85, 86, l'art.  12  commi  26,
28,  32,  33,  38,  l'art.  13  comma  25,  siano  costituzionalmente
illegittimi per i seguenti 
 
                               Motivi 
 
    L'art. 2, comma 55, prevede la concessione di un contributo  alla
societa'  Udine  e  Gorizia  Fiere  S.p.a.  a  sollievo  degli  oneri
necessari per la realizzazione di progetti espositivi da  realizzarsi
presso  i  quartieri  fieristici  di  Udine  e  Gorizia.  La   misura
introdotta dalla disposizione regionale  e'  di  tipo  selettivo,  in
quanto destinata solo alla societa' Udine e Gorizia Fiere  S.p.a.  e,
pertanto, deve essere notificata alla Commissione  europea  ai  sensi
dell'articolo 108 TFUE. Il legislatore regionale, non  prevedendo  la
notifica alla Commissione europea ai sensi  dell'art.  108  TFUE,  ha
violato l'art.117, comma 1 della Costituzione che impone il  rispetto
dei vincoli comunitari e internazionali. 
    Al riguardo, si segnala che la giurisprudenza comunitaria  (sent.
del 10 maggio 2001 relativa ai casi  riuniti  C-223/99  e  C-260/99),
affrontando la problematica generale della natura del servizio  posto
in essere dagli enti fieristici, ha confermato che le  attivita'  che
realizzano lo scopo complessivo di tali  societa'  sono  contendibili
sul mercato degli operatori fieristici. La  medesima  giurisprudenza,
inoltre,  in  linea  con  la   comunicazione   interpretativa   della
Commissione sul mercato interno per il settore fiere  ed  esposizioni
(GUCE 1998, C-143, pag. 2), ha  affermato  il  carattere  commerciale
delle attivita' degli  operatori  fieristici,  anche  qualora  questi
agiscano nella forma giuridica di enti autonomi senza scopo di lucro.
Stante la contendibilita'  sul  mercato  dei  servizi  offerti  dalla
societa' Udine e Gorizia Fiere S.p.a., un trattamento favorevole  nei
confronti dell'ente medesimo si traduce  in  un  pregiudizio  per  la
concorrenza con gli altri soggetti economici che operano nello stesso
mercato. Pertanto, con la disposizione in  argomento  il  legislatore
regionale,  eccedendo  dalla  propria  competenza,   ha   invaso   la
competenza esclusiva dello Stato in violazione dell'art. 17, comma 2,
lett. e), della Costituzione, in materia di tutela della concorrenza. 
    L'art. 2, comma 70, prevede, a sostegno dei rivenditori di generi
di monopolio, la concessione di contributi per  la  ristrutturazione,
l'arredo e la dotazione di sistemi di sicurezza, nonche' per  l'avvio
di nuove attivita'  commerciali  da  parte  dei  rivenditori  cessati
dall'attivita'; la  promozione  di  attivita'  di  ricerca  di  nuova
occupazione e di reinserimento professionale; la creazione  di  borse
di  studio  per  la  frequenza   di   corsi   di   qualificazione   e
riqualificazione. 
    La concessione di detti contributi configura un'ipotesi di  aiuto
di Stato. Con particolare riguardo al contributo per il reinserimento
professionale, essa configura anche un aiuto al funzionamento. 
    Cosi' disponendo, il legislatore regionale ha ecceduto la propria
competenza e, ponendosi in contrasto con la normativa comunitaria  in
materia di aiuti  di  Stato  (Regolamento  di  esenzione  800/2008  e
Regolamento de minimis 1998/2006), ha violato l'art.  117,  comma  1,
della Costituzione. 
    L'art. 2 comma 85, incentiva la creazione  di  nuove  imprese  da
parte delle donne  nei  settori  artigianato,  commercio,  turismo  e
servizi, mediante concessione  di  contributi  in  conto  capitale  a
parziale copertura dei costi per la realizzazione degli investimenti,
nonche' delle spese di costituzione e primo impianto. 
    Cosi' disponendo, il legislatore regionale ha ecceduto la propria
competenza e, ponendosi in contrasto con la normativa comunitaria  in
materia di aiuti  di  Stato  (Regolamento  di  esenzione  800/2008  e
Regolamento de minimis 1998/2006), ha violato l'art.  117,  comma  1,
della Costituzione. 
    L'art. 2, comma 88, prevede la concessione  di  un  finanziamento
alla  ASDI  denominata  "Distretto  del   Mobile   Livenza   Societa'
Consortile a r.l." ed all'"Agenzia  per  lo  sviluppo  del  distretto
industriale  della  Sedia  S.p.a.   Consortile"   per   progetti   di
ristrutturazione  e  riorganizzazione  aziendale,   innovazione   del
prodotto e del processo, per l'internazionalizzazione e  lo  sviluppo
delle reti distributive, nonche' per il sostegno  dello  sviluppo  di
contratti  di  rete  di  imprese  ed  altre  forme  di   aggregazione
finalizzate   alla   promozione   del   prodotto.    Nel    rilevare,
preliminarmente, che  le  ASDI  citate  sono  societa'  consortili  a
capitale misto pubblico e privato, le misure previste sono  selettive
in quanto destinate solo ad imprese di  uno  specifico  settore;  per
tale ragione, esse devono essere notificate alla Commissione  europea
ai sensi dell'articolo 108 TFUE. 
    Tale obbligo sussiste anche qualora le  predette  misure  possano
essere ricondotte, come sembra rilevarsi dalla lettura  della  norma,
agli orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato per il  salvataggio
e la ristrutturazione delle imprese in difficolta' (GUCE n.  244  del
1° ottobre 2004). 
    Pertanto,  il  legislatore  regionale,   eccedendo   la   propria
competenza, ha invaso la competenza esclusiva dello Stato in  materia
di tutela della concorrenza prevista dall'art. 117,  comma  2,  lett.
e),  della  Costituzione.  Il  legislatore  regionale,  inoltre,  non
prevedendo la notifica alla Commissione europea  ai  sensi  dell'art.
108 TFUE, ha violato anche l'art. 117, comma 1 della Costituzione che
impone il rispetto dei vincoli comunitari e internazionali. 
    L'art. 2, comma 91, prevede un finanziamento ad integrazione  del
fondo rischi di Confidimprese FVG e di Confidi Friuli, per  sostenere
il rafforzamento, il consolidamento ed il sostegno finanziario  delle
imprese. 
    Posto che le misure previste sono selettive in  quanto  destinate
solo  ad  imprese  di  un  specifico  settore,  esse  devono   essere
notificate alla Commissione europea ai sensi dell'articolo 108 TFUE. 
    Pertanto,  il  legislatore  regionale,  eccedendo  dalla  propria
competenza, ha invaso la competenza esclusiva dello Stato in  materia
di tutela della concorrenza prevista dall'art. 117,  comma  2,  lett.
e),  della  Costituzione.  Il  legislatore  regionale,  inoltre,  non
prevedendo la notifica alla Commissione europea  ai  sensi  dell'art.
108 TFUE, ha violato anche l'art. 117, comma 1 della Costituzione che
impone il rispetto dei vincoli comunitari e internazionali. 
    L'art. 2, comma 106, prevede la concessione dl un  contributo  al
Consorzio per lo sviluppo Industriale della zona dell'Aussa  Corno  a
sollievo degli oneri sostenuti  per  l'esercizio  della  facolta'  di
riacquisto  della  proprieta'  di  aree  cedute.  Nel  rappresentare,
preliminarmente,  che  la  Commissione  europea  ha  formulato   alle
autorita' italiane alcune richieste di informazioni  in  relazione  a
incentivi concessi a consorzi, si rileva che  il  beneficio  previsto
dal comma 106 e' selettivo e, in quanto tale, deve essere  notificato
alla Commissione europea ai sensi dell'art. 108 TFUE. 
    Cosi' disponendo, il  legislatore  regionale  ha  ecceduto  dalla
propria competenza e, non prevedendo  la  notifica  alla  Commissione
europea ai sensi dell'art. 108 TFUE, ha violato l'art. 117,  comma  1
della Costituzione che impone il rispetto dei  vincoli  comunitari  e
internazionali. 
    L'art. 7, comma 51, stabilisce che  per  i  contratti  di  lavoro
autonomo, di natura  coordinata  e  continuativa,  stipulati  per  le
esigenze didattiche e divulgative svolte dalla scuola dei corsi e dei
merletti di Gorizia, non trovano applicazione le disposizioni  recate
dall'art. 12, comma 13, nonche' le riduzioni di spesa di cui all'art.
12 comma 30, della L.R. n. 22/2010. L'art. 12, comma 13,  della  L.R.
n. 22/2010 prevede che "Al fine di  valorizzare  le  professionalita'
interne all'amministrazione, per gli anni 2011, 2012 e 2013 la  spesa
annua della Regione, e degli altri enti pubblici il  cui  ordinamento
e' disciplinato dalla Regione, per studi e incarichi  di  consulenza,
inclusa quella relativa a studi e incarichi di consulenza conferiti a
pubblici dipendenti, e' ridotta del 20 per cento rispetto alla  media
delle medesime spese riferite ai consuntivi del triennio 2007-2009". 
    La disposizione di cui all'art.  12,  comma,  30  della  L.R.  n.
22/2010 prevede che "Ai fini del  conseguimento  degli  obiettivi  di
contenimento della spesa pubblica di cui all'articolo 9, commi 5,  6,
7, 8 e 28 del decreto-legge 78/2010, convertito dalla legge 122/2010,
per le Amministrazioni di cui al comma 21 e  gli  enti  del  servizio
sanitario  della  Regione,  continuano  a  trovare  applicazione   le
disposizioni di cui all'articolo 13, commi dal 14 al 23, della  legge
regionale 30 dicembre 2009, n.  24  (Legge  finanziaria  2010),  come
modificato dall'articolo 8, comma 1, della presente legge". 
    Il mancato rispetto delle disposizioni di  cui  ai  citati  commi
comporta, come conseguenza, la violazione degli artt. 6 e 9 del  D.L.
n. 78/2010 che costituiscono principi generali ai quali le Regioni si
devono adeguare ai fini del rispetto della normativa  in  materia  di
contenimento della spesa delle pubbliche amministrazioni ed appaiono,
pertanto, lesive di principi fondamentali  stabiliti  dallo  Stato  a
norma dell'art. 117, terzo comma, Cost., che inquadra la materia  del
coordinamento della  finanza  pubblica  fra  quelle  di  legislazione
concorrente. 
    L'art. 10, comma 25, prevede che ai fini dell'applicazione  delle
deroghe al regime assunzionale di cui al comma 29, dell'art. 12 della
L.R. 17/2008, per il calcolo del rapporto fra dipendenti in  servizio
e popolazione residente di cui alla lett. b), non vengono conteggiati
i dipendenti collocati in aspettativa retribuita per almeno sei  mesi
continuativi nel corso dell'esercizio finanziario di riferimento. 
    La disposizione in esame altera il corretto modo  di  determinare
il rapporto spesa corrente/spesa per il personale che rileva ai  fini
dell'Osservanza  delle   norme   statali   che,   in   funzione   del
coordinamento della  finanza  pubblica,  hanno  fissato  limiti  alle
assunzioni e alla spesa complessiva per il personale (art. 76 comma 7
del D.L. 25 giugno 2008 n. 112, modificato dalla legge di conversione
6 agosto 2008, n. 133 e sostituito dall'art. 14,  comma  9,  D.L.  31
maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 luglio
2010, n. 122; per l'applicazione di tale  ultima  disposizione,  cfr.
art. 14, comma 9, D.L. 78/2010; successivamente, l'art.  76  comma  7
D.L. 112/2008 e' stato modificato  dall'art.  1,  comma  118,  L.  13
dicembre 2010, n. 220, a decorrere dal 1°  gennaio  2011  e,  infine,
dall'art. 20, comma 9, D.L. 6 luglio 2011,  n.  98,  convertito,  con
modificazioni, dalla L. 15 luglio 2011, n. 111; art. 9, comma 1,  del
D.L. n. 78/2010). 
    Il  legislatore  regionale,   pertanto,   ha   violato   principi
fondamentali in materia di coordinamento della  finanza  pubblica  di
cui all'art. 117, comma 3, della Costituzione. 
    L'art.  10,  comma  85,  nello  stabilire   l'inquadramento   del
personale appartenente alla categoria  PLA3  e  PLA4  alla  categoria
superiore PLB configura un inquadramento riservato. 
    L'art. 10, comma 86, sostituisce l'art. 26, comma 5,  della  L.R.
n. 9/2009. 
    Tale disposizione, nello stabilire l'inquadramento del  personale
appartenente alla polizia  locale  gia'  inquadrato  nella  ex  sesta
qualifica funzionale  alla  categoria  superiore  PLB,  configura  un
inquadramento riservato. 
    L'art. 12, comma  26,  stabilisce  che  il  personale  del  ruolo
regionale che svolge incarichi dirigenziali a  tempo  determinato  di
cui all'art. 10 commi 6,  7,  8,  e  9  della  L.R.  n.  12/2009  sia
inquadrato nel ruolo unico dei dirigenti  regionali  con  incarico  a
tempo indeterminato. Anche in questo caso, il  legislatore  regionale
ha realizzato un inquadramento riservato. 
    Pur riconoscendo alla Regione competenza legislativa  in  materia
di organizzazione amministrativa regionale, non puo' non  censurarsi,
sul piano dell'imparzialita' e  del  buon  andamento  della  pubblica
amministrazione, la scelta operata dal  legislatore  regionale  nelle
tre norme sopra citate. Trattasi, nella  fattispecie,  di  assunzioni
totalmente riservate, in palese  contrasto  con  le  disposizioni  in
materia di accesso ai pubblici uffici, anche alla luce della costante
giurisprudenza  costituzionale  secondo  la   quale   "l'area   delle
eccezioni" alla regola del pubblico concorso deve essere  "delimitata
in modo rigoroso" (cfr., da  ultimo,  sentenza  n.  9/2010).  Secondo
codesta ecc.ma Corte, le deroghe sono legittime solo in  presenza  di
"peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico"  idonee  a
giustificarle. 
    Si deduce, in proposito, la violazione  degli  articoli  3  e  97
della Costituzione,  in  riferimento  al  principio  di  uguaglianza,
imparzialita' e buon andamento,  nonche'  alla  regola  del  concorso
pubblico per  l'assunzione  nella  pubblica  amministrazione,  regola
posta a tutela non  solo  dell'interesse  pubblico  alla  scelta  dei
migliori, mediante una selezione aperta alla partecipazione di coloro
che siano in possesso dei prescritti requisiti, ma anche del  diritto
dei potenziali aspiranti a partecipare alla relativa selezione. 
    Codesta ecc.ma Corte, con specifico riferimento a tale principio,
ha recentemente ribadito (sent. n. 52/2011)  che  "Il  principio  del
pubblico concorso costituisce la  regola  per  l'accesso  all'impiego
alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, da  rispettare  allo
scopo  di  assicurare  la  loro  imparzialita'  ed  efficienza.  Tale
principio si e'  consolidato  nel  senso  che  le  eventuali  deroghe
possono essere giustificate solo da peculiari e straordinarie ragioni
di interesse pubblico" (cfr. anche le sentenze nn. 195-150 e 100  del
2010, n. 293 del 2009). Nella medesima pronuncia codesta ecc.ma Corte
ha escluso che tali peculiari e straordinarie  ragioni  di  interesse
pubblico possano essere ravvisate nella personale  aspettativa  degli
aspiranti,  anche  se  gia'  legati  da  rapporto  di   impiego   con
l'amministrazione. 
    Pertanto, per i  motivi  sopra  evidenziati  e  per  il  costante
orientamento giurisprudenziale, le norme in esame violano i  principi
costituzionali di uguaglianza,  buon  andamento  e  di  imparzialita'
della pubblica amministrazione di cui  gli  articoli  3  e  97  della
Costituzione,  in  base  ai  quali  agli  impieghi  nelle   pubbliche
amministrazioni si accede mediante concorso pubblico,  salvo  i  casi
stabiliti dalla legge. 
    Inoltre, l'art. 10, comma 85, comportando anche un incremento del
salario accessorio, si  pone  in  contrasto  con  la  previsione  del
contenimento della spesa tramite il tetto massimo per il  trattamento
economico complessivo, stabilita dall'art. 9  del  D.L.  n.  78/2010,
violando, di conseguenza, principi fondamentali fissati dallo Stato a
norma dell'art. 117, comma  3,  della  Costituzione,  in  materia  di
coordinamento della finanza pubblica. 
    L'art. 12, comma 28, estende il disposto dell'art. 13,  comma  18
della L.R. 24/2009 al personale che  ha  stipulato  il  contratto  di
lavoro a tempo determinato alla data del 31 dicembre 2008, purche' in
servizio alla data di entrata in vigore della legge in esame.  L'art.
13,  comma  18,  della  L.R.  n.  24/2009  riguarda  i  processi   di
stabilizzazione  di  personale  con  contratto  di  lavoro  a   tempo
determinato. 
    Cio' contrasta con l'art. 36 del D.Lgs. n. 165/2001 e  successive
modificazioni ed integrazioni, in base al quale le assunzioni a tempo
determinato  possono  avvenire  esclusivamente  per   rispondere   ad
esigenze temporanee ed eccezionali e non come normale  programmazione
delle assunzioni. 
    La norma in esame, pertanto, viola l'articolo 117 secondo  comma,
lett. l), della Costituzione, che riserva alla  competenza  esclusiva
dello Stato l'ordinamento civile e, quindi,  i  rapporti  di  diritto
privato, nonche' con l'articolo 117, terzo comma, della Costituzione,
che inquadra la materia del coordinamento della finanza pubblica  fra
quelle di legislazione concorrente, in quanto non si  fa  cenno  alla
necessita' di assicurare il  rispetto  della  disciplina  statale  di
principio sul contenimento della spesa di personale (art. 76 comma  7
del D.L. 25 giugno 2008 n. 112, modificato dalla legge di conversione
6 agosto 2008, n. 133 e sostituito dall'art. 14,  comma  9,  D.L.  31
maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 luglio
2010, n. 122; per l'applicazione di tale  ultima  disposizione,  cfr.
art. 14, comma 9, D.L. 78/2010; successivamente, l'art.  76  comma  7
D.L. 112/2008 e' stato modificato  dall'art.  1,  comma  118,  L.  13
dicembre 2010, n. 220, a decorrere dal 1°  gennaio  2011  e,  infine,
dall'art. 20, comma 9, D.L. 6 luglio 2011,  n.  98,  convertito,  con
modificazioni, dalla L. 15 luglio 2011, n. 111; art. 9, comma 1,  del
D.L. n. 78/2010). 
    L'art. 12, comma 32, quantifica e  attribuisce  ex  lege  aumenti
tabellari e indennita' prescindendo da quanto  stabilito  nel  titolo
III   del   D.Lgs.   n.   165/2001   (contrattazione   collettiva   e
rappresentanza sindacale), che obbliga al  rispetto  della  normativa
contrattuale e delle procedure da seguire in sede di  contrattazione.
In tal modo la  norma  si  pone  in  contrasto  con  le  disposizioni
contenute nel titolo III  del  D.  Lgs.  n.  165/2001,  violando,  di
conseguenza,  l'art.  117,   secondo   comma,   lettera   l),   della
Costituzione, che riserva l'ordinamento civile e, quindi, i  rapporti
di diritto privato, alla competenza esclusiva dello Stato. 
    La stessa disposizione regionale, inoltre, lede anche i  principi
di  uguaglianza,  buon  andamento  e  imparzialita'  della   pubblica
amministrazione di cui agli articoli 3  e  97  Cost.,  in  quanto  al
personale  delle  Regione  ivi  indicato   verrebbe   attribuito   un
trattamento diverso rispetto al personale del medesimo comparto. 
    L'art. 12,  comma  33,  stabilisce  che  l'indennita'  di  pronto
intervento  di  cui  all'articolo  4,  lettera  e),   del   Contratto
Integrativo di ente 1998-2001,  del  personale  regionale,  area  non
dirigenziale, documento stralcio sottoscritto in data 15 maggio 2003,
spettante al personale previamente individuato dal direttore centrale
della protezione civile e immediatamente disponibile per il  servizio
di pronto intervento  e'  rideterminata,  con  decorrenza  dal  primo
giorno del mese successivo alla  data  di  entrata  in  vigore  della
legge, in 90 euro mensili lordi da corrispondere per  12  mensilita',
con imputazione al Fondo regionale per la protezione  civile  di  cui
all'articolo 33 della Legge Regionale n. 64/1986. 
    Cio' contrasta con la disposizione contenuta nell'art.  9,  comma
1, del D.L. 78/2010 in base alla quale per gli anni 2011, 2012 e 2013
il trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti, anche di
qualifica   dirigenziale,   non   puo'   superare   il    trattamento
ordinariamente spettante per l'anno  2010,  al  netto  degli  effetti
derivanti da eventi  straordinari  della  dinamica  retributiva,  ivi
incluse le variazioni dipendenti da eventuali arretrati. Pertanto, la
norma in esame si pone in contrasto con i principi fondamentali della
vigente normativa statale in materia di coordinamento  della  finanza
pubblica cui la Regione, pur nel rispetto della  sua  autonomia,  non
puo' derogare e comporta, quindi, una violazione  dell'articolo  117,
comma 3, della Costituzione. 
    L'art. 12, comma 38, modifica l'articolo 10 della Legge Regionale
23 luglio 2009 n. 12, introducendo il comma 4-ter a norma  del  quale
il direttore centrale della direzione centrale  salute,  integrazione
sociosanitaria e politiche sociali, e' nominato dal Presidente  della
Regione, esclusivamente tra i soggetti inseriti nell'elenco di cui al
comma  4-quater,  senza  la  necessita'  di  effettuare   valutazioni
comparative. 
    Al riguardo, la norma regionale, escludendo espressamente che  la
nomina del direttore centrale abbia luogo sulla base  di  valutazioni
comparative, lede i principi di buon andamento e imparzialita'  della
pubblica amministrazione, violando, di conseguenza, gli articoli 3  e
97 della Costituzione. 
    L'art. 13,  comma  25,  apporta  modiche  alla  L.R.  n.  17/2009
(Disciplina delle concessioni e conferimento di funzioni  in  materia
di demanio idrico regionale). 
    Le norme di nuova introduzione prevedono: 
    «Art. 4. Sdemanializzazione. - 1. La sdemanializzazione  di  beni
del demanio idrico regionale e' disposta, con decreto  del  Direttore
di servizio,  pubblicato  nel  Bollettino  ufficiale  della  Regione,
previo accertamento di cessata funzionalita' idraulica da parte dalla
struttura regionale competente. 
    2. I beni  del  demanio  idrico  regionale  sdemanializzati  sono
acquisiti al patrimonio  disponibile  della  Regione  e  iscritti  in
apposita sezione del  registro  inventariale  dei  beni  disponibili,
sulla base del valore inventariale determinato secondo le tariffe e i
parametri fissati nell'allegato A,  che  sono  oggetto  di  revisione
quinquennale. 
    3. L'alienazione a soggetti privati dei beni di cui al comma 2 e'
consentita qualora il Comune interessato, entro trenta  giorni  dalla
richiesta  del  Servizio  competente,   non   manifesti   l'interesse
all'acquisizione  del   bene.   Il   silenzio   costituisce   assenso
all'alienazione  dei  beni  sdemanializzati  a  favore  dei   privati
richiedenti. 
    4. Con regolamento regionale sono stabiliti criteri, modalita'  e
termini delle procedure dl sdemanializzazione e alienazione dei  beni
sdemanializzati»; 
      b) dopo l'articolo 4 sono inseriti i seguenti: 
    «Art. 4-bis. Alienazione di beni sdemanializzati  con  superficie
fino a 5000 mq. - 1. I beni sdemanializzati  con  superficie  fino  a
5000 mq sono alienati mediante vendita diretta in favore del soggetto
interessato che ne faccia richiesta e che se  ne  assume  i  relativi
oneri. [.]». 
    «Art. 4-ter. Alienazione di beni sdemanializzati  con  superficie
superiore a 5000 mq. -  1.  I  beni  sdemanializzati  con  superficie
superiore a 5000 mq sono  alienati  mediante  procedura  di  evidenza
pubblica, previa autorizzazione della Giunta regionale. 
    2.  Nelle  more  del  procedimento   di   sdemanializzazione   e'
autorizzata l'occupazione temporanea dei beni in relazione  ai  quali
sia stata accertata la perdita di funzionalita'  idraulica,  fino  al
rilascio  del  decreto  di  sdemanializzazione,  subordinatamente  al
pagamento del canone di occupazione». 
    Tali previsioni regionali si pongono in contrasto con la  vigente
normativa statale in tema di demanio asservito alla funzionalita' del
servizio  idrico  integrato,  recata  dall'art.  143  del  D.Lgs.  n.
152/2006, a norma della quale "1. Gli acquedotti, le  fognature,  gli
impianti  di  depurazione  e  le  altre  infrastrutture  idriche   di
proprieta' pubblica, fino al punto di consegna e/o misurazione, fanno
parte del demanio ai sensi degli articoli 822 e seguenti  del  codice
civile e sono inalienabili se non nei modi  e  nei  limiti  stabiliti
dalla legge". 
    In particolare, la condizione per la quale i  beni  in  argomento
potrebbero essere sdemanializzati  solo  in  presenza  dell'accertata
cessazione della "funzionalita' idraulica", si pone in contrasto  con
la norma statale di riferimento su richiamata, nella misura in cui la
verifica di cessazione della funzionalita', demandata ad una autonoma
valutazione degli uffici regionali,, consentisse  la  cessione  della
proprieta' di beni comunque asserviti al servizio  idrico  integrato.
Si consideri, infatti, che non risulta  codificato  nella  disciplina
statale il concetto di  "funzionalita'  idraulica"  richiamato  dalla
norma regionale. Inoltre, si censura il mancato rispetto delle regole
comunitarie e nazionali  sulle  procedure  a  evidenza  pubblica,  in
quanto la disposizione regionale introduce un criterio arbitrario  di
sottrazione al principio  dell'alienazione  mediante  gara  pubblica,
stabilendo una soglia di 5000 mq. al di sotto della quale la cessione
puo' avvenire in forma diretta, con grave pregiudizio per le esigenze
di tutela della concorrenza. 
    Pertanto, la norma  regionale  in  esame,  dettando  disposizioni
difformi dalla normativa statale di riferimento,  viola  l'art.  117,
co. 2, lett. e) ed s), della Costituzione, in materia di tutela della
concorrenza e in materia di tutela dell'ambiente  e  dell'ecosistema,
per le quali lo Stato ha competenza legislativa esclusiva.