ORDINANZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'articolo 3 della
delibera legislativa n. 582-590-606 (Riorganizzazione e potenziamento
della rete regionale  di  residenzialita'  per  i  soggetti  fragili.
Misure finanziarie relative a personale comandato.  Disposizioni  per
il personale utilizzato in convenzione presso le aziende del Servizio
sanitario regionale), approvata  dall'Assemblea  regionale  siciliana
nella seduta del 14 giugno 2011, promosso dal Commissario dello Stato
per la Regione siciliana, con ricorso notificato il 20  giugno  2011,
depositato in cancelleria il 23 giugno 2011 ed iscritto al n. 61  del
registro ricorsi 2011. 
    Udito nella camera di consiglio del 18 ottobre  2011  il  Giudice
relatore Alessandro Criscuolo. 
    Ritenuto che, con  ricorso  notificato  il  20  giugno  2011,  il
Commissario dello Stato per la Regione siciliana  ha  impugnato,  con
riferimento agli articoli 3, 51, 81, quarto  comma,  97,  117,  commi
secondo, lettera l) e terzo, della  Costituzione,  l'articolo  3  del
disegno di legge della Regione  siciliana,  approvato  dall'Assemblea
regionale il 14 giugno 2011, recante il  n.  582-590-606  dal  titolo
«Riorganizzazione   e   potenziamento   della   rete   regionale   di
residenzialita' per i soggetti fragili. Misure finanziarie relative a
personale comandato. Disposizioni  per  il  personale  utilizzato  in
convenzione presso le aziende del Servizio sanitario regionale»; 
        che, come il ricorrente riferisce, la disposizione  impugnata
dispone l'estensione ai dipendenti delle societa'  miste,  costituite
ai sensi dell'art. 30 della legge regionale  7  agosto  1997,  n.  30
(Misure di politiche attive del lavoro  in  Sicilia.  Modifiche  alla
legge regionale  21  dicembre  1995,  n.  85.  Norme  in  materia  di
attivita' produttive e di sanita'. Disposizioni varie) ed in rapporto
convenzionale  con  le  Aziende  Sanitarie   provinciali   e   quelle
ospedaliere, nonche' con le  Aziende  ospedaliere  universitarie,  in
servizio alla data del 31 dicembre 2008, delle particolari  forme  di
stabilizzazione dei rapporti di lavoro  previste  dalla  legislazione
statale per i lavoratori impiegati in attivita' socialmente  utili  e
dalle  leggi  regionali,  comportanti  l'assunzione   con   procedure
selettive riservate. Per  assicurare  la  continuita'  degli  attuali
rapporti di lavoro e garantire i livelli  occupazionali,  le  Aziende
sanitarie sono autorizzate «medio tempore» a stipulare  contratti  di
lavoro quinquennali, suscettibili di rinnovo  sino  al  completamento
delle procedure di stabilizzazione; 
        che il ricorrente osserva come la Corte  costituzionale,  con
costante giurisprudenza, abbia affermato che l'art. 97  cost.  impone
quale forma generale ed ordinaria di reclutamento del  personale  una
selezione trasparente, comparativa, basata esclusivamente sul  merito
e aperta a tutti i cittadini in possesso di  requisiti  positivamente
ed obiettivamente definiti; 
        che,  in  particolare,  il  rispetto  di  tale  criterio   e'
condizione necessaria per assicurare che l'amministrazione  pubblica,
e segnatamente quella sanitaria preposta  alla  tutela  della  salute
garantita dall'art. 32 Cost., risponda ai  principi  dell'efficienza,
imparzialita' e democrazia; 
        che, ad avviso del  Commissario,  il  concorso  pubblico,  in
diretta attuazione degli articoli 3 e 51 Cost., e' condizione per  la
piena realizzazione del diritto di partecipazione all'esercizio delle
funzioni pubbliche da parte di tutti i cittadini, fra i quali sono da
includere, per la maggior parte degli impieghi, anche quelli di altri
Stati membri dell'Unione europea (e'  richiamata  la  sentenza  della
Corte di giustizia delle Comunita' europee del 2 luglio  1996,  nelle
cause C-290/94, C-174 /94 e C-473/93; 
        che il  ricorrente  precisa,  ancora,  come  affermato  dalla
sentenza n. 293 del 2009, che il concorso stabilito dal  primo  comma
dell'art. 97  cost.  e'  meccanismo  strumentale  al  buon  andamento
dell'amministrazione,  in  quanto  consente   il   reclutamento   dei
dipendenti in base al merito  che  si  riflette,  migliorandolo,  sul
rendimento delle pubbliche amministrazioni  e  sulle  prestazioni  da
queste rese ai cittadini; 
        che, inoltre, la Costituzione ha accordato al legislatore  la
facolta' di derogare al principio della selezione pubblica,  ma  tali
deroghe devono essere determinate in modo da attenersi  al  principio
di imparzialita', cosi' come  affermato  dalla  Corte  costituzionale
nella sentenza n. 453  del  1990,  sicche'  non  qualsiasi  procedura
selettiva, quale quella di specie,  puo'  dirsi  compatibile  con  il
principio  del  concorso  pubblico,  poiche'  quest'ultimo   non   e'
rispettato quando le  selezioni  sono  caratterizzate  da  arbitrarie
forme di restrizione dei  soggetti  legittimati  a  parteciparvi  (e'
richiamata la sentenza n. 194 del 2002 della Corte costituzionale); 
        che il Commissario osserva, altresi', come questa Corte abbia
puntualizzato, nella sentenza  n.  205  del  2004,  che  il  concorso
pubblico sia necessario anche nei casi di inquadramento di dipendenti
gia' in servizio o nel caso di trasformazione  dei  rapporti  non  di
ruolo, e non instaurati in origine mediante concorso, in rapporti  di
ruolo; 
        che, inoltre, il ricorrente riferisce come questa Corte abbia
affermato che le deroghe sono legittime solo in presenza di peculiari
e straordinarie esigenze di interesse pubblico idonee a giustificarle
(sentenza  n.  81  del  2006),  non  essendo  sufficiente   la   mera
circostanza che determinate categorie di dipendenti abbiano  prestato
attivita' lavorativa, come  nel  caso  di  specie,  peraltro  per  un
periodo limitato di tempo, presso l'amministrazione; 
        che, come affermato nella sentenza citata, non e' sufficiente
«la  personale  aspettativa  degli  aspiranti»  ad  una   misura   di
stabilizzazione    occorrendo,    invero,     particolari     ragioni
giustificative ricollegabili alle peculiarita' delle funzioni che  il
personale  e'  chiamato  a  svolgere:  e'  richiesta  l'esistenza  di
consolidate specifiche esperienze professionali maturate  all'interno
dell'amministrazione, e non  acquisibili  all'esterno,  che  facciano
ritenere la deroga al principio del  concorso  pubblico  essa  stessa
funzionale alle esigenze di buon andamento  dell'amministrazione  (al
riguardo sono richiamate le sentenze n. 9, n. 100, n. 179, n. 213, n.
225 e n. 235 del 2010, nonche' n. 215, n. 252 e n. 293 del 2009); 
        che, ad avviso  del  ricorrente,  detti  requisiti  non  sono
rinvenibili nella fattispecie in esame, anche perche'  i  destinatari
non hanno intrattenuto un rapporto di lavoro alle dirette  dipendenze
dell'amministrazione pubblica, in quanto dipendenti di societa' miste
convenzionate  con  le  strutture  sanitarie,   ma   soprattutto   in
considerazione del dato che  la  norma  censurata  non  richiede  che
sussistano esigenze organizzative e di fabbisogno di  personale,  ne'
fissa alcun limite numerico ai contratti di lavoro da stipulare; 
        che tali  considerazioni  inducono  il  ricorrente  ad  avere
fondate perplessita'  sulla  corrispondenza  dei  nuovi  rapporti  di
lavoro, da instaurarsi in applicazione della  norma  censurata,  alle
effettive  esigenze  delle  amministrazioni  e,  di  conseguenza,   a
ritenere violato  il  principio  di  buon  andamento  della  pubblica
amministrazione sancito dall'art. 97 Cost.; 
        che, inoltre, il Commissario ritiene che la  disposizione  in
esame sia in contrasto anche con gli articoli 3, 51 e  97  Cost.,  in
quanto individua quali destinatari soggetti titolari di  rapporti  di
lavoro non suscettibili di stabilizzazione, alla luce della normativa
statale di principio: l'art. 1, comma 558, della  legge  27  dicembre
2006 n. 296 (Disposizioni per la formazione del  bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato - Legge finanziaria 2007) e l'art. 17,  commi
10, 11 e 12, del decreto-legge 1° luglio 2009  n  78,  (Provvedimenti
anticrisi, nonche' proroga di termini) convertito, con modificazioni,
dall'art. 1, comma 1, della  legge  3  agosto  2009,  n.  122,  senza
fornire indicazioni circa la sussistenza di eventuali requisiti  tali
da giustificare la deroga al principio del pubblico  concorso,  quali
la peculiarita' delle funzioni che il personale svolge e/o specifiche
necessita' funzionali dell'amministrazione; 
        che, ad avviso del ricorrente e',  altresi',  violato  l'art.
81, quarto comma, cost. poiche' la norma consentirebbe la nascita  di
nuovi rapporti di lavoro anche in  assenza  di  posti  vacanti  nelle
piante organiche, determinando maggiori oneri per le  amministrazioni
del Servizio sanitario non quantificati e non coperti; 
        che, sotto tale profilo, la locuzione «senza oneri aggiuntivi
per la Regione»,  non  indicando  l'ammontare  della  spesa,  ne'  le
risorse con cui le  strutture  sanitarie  dovrebbero  procedere  alla
stabilizzazione del personale in questione, non e' tale da costituire
una copertura «credibile, sufficientemente sicura, non  arbitraria  o
irrazionale in equilibrato rapporto  con  la  spesa  che  si  intende
effettuare in  esercizi  futuri»  (al  riguardo  sono  richiamate  le
sentenze n. 100 del 2010 e n. 213 del 2008); 
        che, inoltre, secondo il  ricorrente,  la  norma  oggetto  di
censura, nell'ampliare i destinatari e prorogare  gli  effetti  della
stabilizzazione gia' prevista, viola l'art. 117, terzo  comma,  cost.
in quanto  confligge  con  i  principi  fondamentali  in  materia  di
coordinamento della finanza pubblica posti dall'art. 17, commi 10, 11
e 12, del citato d.l. n. 78 del 2009, convertito dalla legge  n.  122
del 2009 (al riguardo il ricorrente richiama la sentenza  n.  68  del
2011); 
        che,  ad  avviso  del  Commissario,  dette  disposizioni   si
ispirano alla finalita' di contenimento della  spesa  pubblica  nello
specifico settore del personale e costituiscono,  come  affermato  da
questa Corte, principi fondamentali in quanto  si  limitano  a  porre
obiettivi di riequilibrio della finanza senza prevedere  strumenti  e
modalita' per il perseguimento dei medesimi; 
        che, infatti, come affermato nella sentenza n. 69  del  2011,
«la spesa per il personale, per la sua importanza strategica ai  fini
del patto di stabilita' interna  (data  la  sua  rilevante  entita'),
costituisce non gia' una minuta voce di dettaglio, ma  un  importante
aggregato della spesa di parte corrente, con la  conseguenza  che  le
disposizioni relative  al  suo  contenimento  assurgono  a  principio
fondamentale della legislazione statale» (sentenza n. 169 del 2007); 
        che il secondo comma della  disposizione  in  questione,  la'
dove prevede la stipula di contratti di lavoro di diritto privato  di
durata quinquennale, eventualmente rinnovabili, costituisce un vulnus
alla  potesta'  legislativa  esclusiva  dello  Stato  in  materia  di
ordinamento civile, poiche' autorizza il ricorso al lavoro flessibile
con modalita' e forme diverse da quelle disciplinate dall'art. 36 del
decreto  legislativo  30  marzo  2001,   n.   165   (Norme   generali
sull'ordinamento del lavoro  alle  dipendenze  delle  amministrazioni
pubbliche) le cui previsioni,  ai  sensi  dell'art.  1  del  medesimo
decreto,    costituiscono    norme    fondamentali     di     riforma
economico-sociale  della  Repubblica   e   limitano   la   competenza
legislativa della Regione siciliana; 
        che, ai sensi del  citato  articolo  36,  le  amministrazioni
possono avvalersi delle forme contrattuali flessibili di assunzione e
di impiego del personale solo «per rispondere ad esigenze  temporanee
ed eccezionali», mentre la norma in esame  non  solo  non  indica  le
ragioni  straordinarie  che  possono  giustificare   il   ricorso   a
lavoratori  a  tempo   determinato,   ma   addirittura   prevede   la
possibilita' del rinnovo dei contratti senza  fissare  alcun  termine
finale di durata, in  tal  modo  palesando  l'intento  di  conservare
indefinitamente la vigenza dei rapporti di lavoro subordinato a tempo
determinato per far fronte alle normali esigenze dell'ente; 
        che la Regione siciliana non si e' costituita nel giudizio di
legittimita' costituzionale; 
        che,  successivamente  alla  proposizione  del  ricorso,   la
delibera legislativa impugnata e' stata promulgata e pubblicata  come
legge  della  Regione  siciliana  del   12   luglio   2011,   n.   14
(Riorganizzazione   e   potenziamento   della   rete   regionale   di
residenzialita' per i soggetti fragili. Misure finanziarie relative a
personale comandato. Disposizioni  per  il  personale  utilizzato  in
convenzione presso le aziende del Servizio sanitario regionale),  con
omissione della disposizione oggetto di censura. 
    Considerato  che  il  Commissario  dello  Stato  per  la  Regione
siciliana ha proposto - in  riferimento  agli  articoli  3,  51,  81,
quarto comma, 97, 117, commi secondo, lettera l)  e  terzo,  cost.  -
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3  della  delibera
legislativa della Regione  siciliana  in  data  14  giugno  2011,  n.
582-590-606 (Riorganizzazione e potenziamento della rete regionale di
residenzialita' per i soggetti fragili. Misure finanziarie relative a
personale comandato. Disposizioni  per  il  personale  utilizzato  in
convenzione presso le aziende del Servizio sanitario regionale); 
        che, successivamente all'impugnazione, la  predetta  delibera
legislativa e' stata promulgata e pubblicata come legge della Regione
siciliana 12 luglio 2011, n. 14, recante il titolo ora indicato,  con
omissione dell'articolo oggetto di censura; 
        che  questa  Corte,  pur  avendo  chiarito  che,   attraverso
l'istituto della promulgazione parziale, il Presidente della  Regione
siciliana «non viene investito di un arbitrario potere di determinare
autonomamente la definitiva non operativita'  di  singole  parti  del
testo  approvato  dall'Assemblea  regionale,  in  contrasto  con   la
ripartizione delle funzioni fra gli organi  direttivi  della  Regione
stabilita da norme di rango  costituzionale»  (sentenza  n.  205  del
1996)  ha,  tuttavia,  costantemente   affermato   che,   sul   piano
processuale, «l'intervenuto esaurimento del potere promulgativo,  che
si esercita necessariamente in modo unitario e  contestuale  rispetto
al    testo    deliberato    dall'Assemblea    regionale,    preclude
definitivamente la possibilita' che le parti della legge impugnate ed
omesse in sede di promulgazione acquistino o esplichino una qualsiasi
efficacia, privando cosi' di  oggetto  il  giudizio  di  legittimita'
costituzionale» (ordinanze n. 251, n. 166, n. 76, n. 57 e  n.  2  del
2011; nello stesso senso, ex plurimis: ordinanze n. 212, n. 183 e  n.
175 del 2010); 
        che, pertanto, deve essere  dichiarata  la  cessazione  della
materia del contendere.