LA CORTE D'APPELLO 
 
    Ha pronunciato la seguente ordinanza. 
    La Corte, visti gli atti del procedimento penale a carico  di  P.
G. ed altri per il reato di cui agli artt. 73, 1 e  6  comma  ed  80,
secondo comma del d.P.R. n. 309/1990, premette quanto segue: 
        P. G. e' stato ammesso al  gratuito  patrocinio  in  data  30
settembre 2004 con  provvedimento  del  Tribunale  di  Milano  ed  ha
nominato come proprio difensore l'avv. F. S. del foro di Milano; 
        in data 21 gennaio 2011 il predetto difensore  ha  presentato
la richiesta di liquidazione dei compensi per  lo  svolgimento  della
sua  attivita'  professionale,  con  riferimento   al   giudizio   di
cassazione e al giudizio di  appello  in  sede  di  rinvio,  tenutosi
successivamente   in   questa   Corte    territoriale    a    seguito
dell'annullamento della precedente decisione di secondo grado; 
        nelle  more  del  nuovo   giudizio   di   appello   e   prima
dell'apertura  del  nuova  dibattimento,  e'  entrata  in  vigore  la
disposizione di cui all'art. 12-ter, comma 1, lettera a), del d.l. 23
maggio 2008, n. 92, convertito in legge 24 luglio 2008, n. 125; 
        a seguito di tale norma, la  quale  ha  introdotto  il  comma
4-bis dell'art. 76 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per coloro  che
sono stati gia'  condannati  per  i  reati  di  cui  agli  artt.  73,
limitatamente alle ipotesi aggravate dall'art. 80 e 74, comma 1,  del
d.P.R. n.  309/1990,  il  reddito  si  ritiene  superiore  ai  limiti
previsti per essere ammessi al gratuito patrocinio; 
        il P.  risulta  gia'  condannato  con  sentenze  della  Corte
d'appello di Roma in data 24 maggio 1995, irrevocabile dal 10 gennaio
1996, e 25 febbraio 1997, irrevocabile dal 24 ottobre 1997, oltre che
per il reato di cui all'art. 74 comma 2 (ipotesi da cui non  discende
la presunzione assoluta di cui sopra) anche per  il  delitto  di  cui
all'art. 73, 80, secondo comma, del d.P.R. n.  309/1990,  che  invece
rende operativa la citata esclusione, ragion  per  cui,  per  effetto
delle citate condanne, il P. non potrebbe beneficiare del  patrocinio
a spese dello Stato con riferimento alla causa penale in oggetto; 
        con separato decreto in data 20 giugno  2011,  questa  Corte,
considerato che la disposizione che esclude il P. dal poter usufruire
del patrocinio gratuito e' disposizione che ha  riflessi  sostanziali
in quanto, pur attenendo a  modalita'  di  svolgimento  di  attivita'
processuale, incide sul suo diritto di difesa,  ha  ritenuto  di  non
potere attribuire alla norma in parola effetto retroattivo, anche per
i suoi riflessi nei riguardi del difensore,  che  ha  svolto  la  sua
attivita' confidando in una diversa normativa al tempo  vigente,  ma,
semmai, efficacia solo a partire dalla data di sua entrata in vigore; 
        conseguentemente, all'avv. F. S. questa Corte, con il decreto
citato, ha parzialmente liquidato  il  compenso,  con  riferimento  a
tutte le attivita' svolte prima della data di entrata in vigore della
citata  disposizione  di  legge,  avvenuta   il   26   luglio   2008,
riservandosi la decisione in merito alla richiesta del difensore  per
euro 774,69 (e quote di competenza  per  rimborso  forfettario  spese
generali,  contributo  alla  cassa  di  previdenza  ed  IVA),   somme
attinenti al compenso per l'attivita'  difensiva  dinnanzi  a  questa
Corte  territoriale  nel  giudizio   di   rinvio,   svoltosi   invece
successivamente alla data sopra citata; 
        sulla richiesta del difensore  non  si  puo'  decidere  senza
affrontare  la  questione  della  legittimita'  costituzionale  della
normativa di cui 12-ter,comma 1, lettera a), del d.l. 23 maggio 2008,
n. 92, convertito in legge 24 luglio 2008, n. 125,  introduttiva  del
comma 4-bis all'art. 76 del d.P.R. 30 maggio 2002, n.  115,  perche',
se si ritiene che tale norma sia costituzionalmente legittima,  nulla
potrebbe essere  liquidato  ulteriormente  per  patrocinio  gratuito,
mentre, se tale norma fosse costituzionalmente illegittima, la  Corte
dovrebbe procedere, secondo  gli  usuali  criteri,  a  determinare  e
liquidare il residuo compenso al difensore del P.; 
        la questione e' dunque rilevante ai fini della decisione  che
la Corte deve assumere  anche  tenuto  conto  del  fatto  che  il  P.
detenuto dal 2005, i cui precedenti ostativi risale a fatti  avvenuti
circa venti anni or sono. 
    Tanto Premesso, questa Corte osserva: 
        l'esigenza di assicurare la difesa, in tema penale, a chi non
sia in grado economicamente di permettersela ha  trovato  accoglienza
non solo nella legislazione nazionale,  ma  anche  nella  Convenzione
Europea dei Diritti dell'Uomo, adottata a Roma il  4  novembre  1950,
resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848 ed entrata  in  vigore
il 26 ottobre 1955, il cui art. 6, comma 3, lettera c),  dispone  che
«ogni accusato ... se non ha i mezzi per ricompensare  un  difensore,
(ha diritto a ...) essere assistito gratuitamente da un difensore  di
ufficio quando lo esigano gli interessi della giustizia»; 
        la nostra Carta costituzionale,  all'art.  24,  terzo  comma,
dispone che «sono assicurati ai non abbienti, con appositi  istituti,
i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione»; 
        sebbene la norma europea non  disciplini  l'ipotesi  per  cui
l'indigente possa essere assistito da un  difensore  di  fiducia,  ma
preveda solo, evidentemente come minima  guarentigia,  l'obbligatoria
assistenza di un  difensore  di  ufficio  e  la  nostra  Costituzione
deleghi alla legge ordinaria la  definizione  dei  mezzi  di  difesa,
appare indiscutibile che entrambe le norme colleghino l'istituto  del
patrocinio gratuito alla sola, sufficiente, condizione di precarieta'
economica dell'interessato; 
        come si e' anticipato, la diposizione di cui all'art. 12-ter,
comma 1, lettera a) del d.l. 23 maggio 2008,  n.  92,  convertito  in
legge 24 luglio 2008, n. 125, con il comma  4-bis  dell'art.  76  del
d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, ora stabilisce pero' che,  per  coloro
che sono stati gia' condannati per i reati di cui agli artt. 74 comma
1 ed 80, secondo comma, del d.P.R. n. 309/1990, il reddito si ritiene
superiore  ai  limiti  previsti  per  essere  ammessi   al   gratuito
patrocinio, introducendo una presunzione iuris  et  de  iure,  quindi
assoluta  e  quindi  resistente  a  qualsiasi  tentativo   di   prova
contraria; 
        al di la' delle formula usata - e dello strumento sostanziale
indiretto con il quale  si  perviene  all'esclusione  degli  imputati
condannati (nello specifico per i delitti aggravati di  cui  all'art.
74 comma 1 o 80, secondo comma  del  d.P.R.  n.  309/1990),  ritenuti
percettori di sufficiente reddito, di fatto il  dictum  della  norma,
assistita da  presunzione  assoluta,  nega  a  quei  pregiudicati  la
possibilita', in ogni caso, di beneficiare  del  patrocinio  a  spese
dello Stato; 
        posta nei suddetti termini la questione, l'applicazione della
norma in parola appare presentare  all'interprete  una  questione  di
legittimita' costituzionale, non manifestamente  infondata,  rispetto
alle norme di rango superiore sopra indicate; 
        si osserva in particolare che la nostra norma costituzionale,
che ovviamente non si riferisce al solo settore penale ma  all'intera
giurisdizione, ed anche la norma europea non distinguono, ai fini del
beneficio, tra accusati in ragione dei loro precedenti. 
    Come detto, infatti, posta l'inviolabilita' del diritto di difesa
in ogni stato e grado del procedimento,  quelle  norme  collegano  la
gratuita disponibilita' dei mezzi per agire o difendersi in  giudizio
non all'esistenza di precedenti condanne definitive  per  determinati
delitti, bensi', come e' ragionevole che sia, alla sola, ed  attuale,
indisponibilita' di risorse economiche del richiedente; 
        collegando invece l'esclusione del patrocinio a  spese  dello
Stato, o comunque l'offerta gratuita dei mezzi per agire o  resistere
in giudizio, non ad un effettivo stato di indigenza del soggetto,  ma
all'esistenza di condanne per delitti  dei  quali  presumere  in  via
assoluta  un'apprezzabile  attuale   redditivita',   puo'   anzitutto
apparire incoerente rispetto ad un principio di ragionevolezza. 
    Infatti,  anche  solo  volendo   limitare   la   questione   alla
giurisdizione penale, i delitti indicati nella  norma  in  esame  non
esauriscono certamente il numero di  quelli  che  possono  costituire
fonte di attuale reddito o far presumere un accumulo di ricchezza  da
parte del condannato (si pensi a taluni reati finanziari, o  commessi
nell'esercizio del commercio, ovvero anche ad alcuni  delitti  contro
il patrimonio). 
    Soprattutto, pero', la disposizione di cui si dovrebbe  ora  fare
applicazione, come anticipato, sembra violare le disposizioni di  cui
all'art. 23, 4 comma, Cost. e 6 comma 3, lettera c), della menzionata
Carta europea, limitandone l'ambito applicativo; 
        come si puo' intuire, infatti,  e'  certamente  comprensibile
che lo Stato debba essere preservato da un  intervento  assistenziale
nei confronti di  coloro  che  possano  affrontare  la  giurisdizione
grazie ai propri mezzi, e, a questo  scopo,  pare  anche  ragionevole
presumere  disponibilita'  economica  da  parte   degli   autori   di
determinati reati  caratterizzati  da  consistente  lucro,  tuttavia,
appare a questa Corte territoriale attinta da non manifesto dubbio di
costituzionalita'  una   diposizione   che   sancisca   in   concreto
l'esclusione dal patrocinio gratuito tout court, in  ragione  di  una
presunzione assoluta, che, per quanto detto, appare forzare  il  dato
delle  norme  di  rango  superiore,  dato  coniugabile   invece   con
l'introduzione di una presunzioneiuris tantum, che, onerando di prova
il richiedente, consenta al giudice una  verifica,  anche  attraverso
gli  organi  deputati  ai  controlli,   della   situazione   concreta
legittimante, costituita dalla permanente indisponibilita'  di  mezzi
per approntare la propria difesa; 
        ne',  infine,  il  dubbio  di   legittimita'   costituzionale
afferente  alla  disposizione  in  parola  potrebbe  essere   fugato,
ipotizzando che,  in  caso  di  precarieta'  economica  del  soggetto
escluso dal patrocinio gratuito, costui possa comunque  usufruire  di
un difensore di ufficio, i cui compensi sono anticipati  dallo  Stato
ai sensi dell'art. 116, primo comma del d.P.R. n.  115/2002,  qualora
il difensore  possa  dimostrare  di  avere  inutilmente  esperito  le
procedure di recupero del credito, posto che nessuna norma allo stato
prevede una siffatta  procedura  per  la  (sostanzialmente  coattiva)
sostituzione del difensore di fiducia con un  difensore  di  ufficio,
rimanendo peraltro l'assistito d'ufficio, a differenza del difeso  in
patrocinio gratuito, sempre esposto alla ripetizione da  parte  dello
Stato delle somme anticipate, a mente del 2 comma del citato art. 116
del d.P.R. n. 115/2002.