Ricorso della Regione siciliana, in persona del  Presidente  pro
tempore,   rappresentato   e   difeso,   sia    congiuntamente    che
disgiuntamente, giusta procura a margine  del  presente  atto,  dagli
Avvocati  Paolo  Chiapparrone  e  Beatrice  Fiandaca,   elettivamente
domiciliato presso la sede dell'Ufficio della  Regione  siciliana  in
Roma, via Marghera n. 36,  ed  autorizzato  a  proporre  ricorso  con
deliberazione della Giunta regionale allegata; 
    Contro il Presidente del  Consiglio  dei  Ministri  pro  tempore,
domiciliato per la carica in Roma, Palazzo Chigi, presso  gli  Uffici
della Presidenza del Consiglio  dei  Ministri,  e  difeso  per  legge
dall'Avvocatura dello Stato, per la dichiarazione  di  illegittimita'
costituzionale dell'articolo 6,  comma  6-ter  del  decreto-legge  13
agosto 2011, n. 138 come convertito con modificazioni  con  legge  14
settembre 2011,  n.148  recante  «Ulteriori  misure  urgenti  per  la
stabilizzazione  finanziaria»  pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale
della Repubblica italiana 16 settembre 2011, n. 216; 
    Per violazione degli  artt.  32  e  33  dello  Statuto  siciliano
nonche' delle relative norme di attuazione in materia  di  demanio  e
patrimonio di cui al  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  1°
dicembre 1961, n. 1825; 
    dell'articolo 2, comma 1, comma 2, comma  da  2-bis  a  2-quater,
comma 3, comma 6, comma 35-octies e comma 36 nonche'  commi  5-bis  e
5-ter  del  medesimo  decreto-legge  13  agosto  2011,   n.138   come
convertito con modificazioni con legge  14  settembre  2011,  n.  148
recante «Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria»
pubblicato nella Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  italiana  16
settembre 2011, n. 216 per violazione  degli  artt.  36  e  37  dello
Statuto siciliano nonche'  delle  relative  norme  di  attuazione  in
materia finanziaria di cui al D.P.R. 26 luglio 1965,  n.1074  ed,  in
particolare, all'art. 2. 
 
                                Fatto 
 
    Nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 216 del 16 settembre
2011, e'  stata  pubblicata  la  legge  15  luglio  2011  n.  111  di
conversione con modificazioni, del decreto-legge 13 agosto  2011,  n.
138  recante  «Ulteriori  misure  urgenti  per   la   stabilizzazione
finanziaria». 
    Detto  decreto,  nel  testo  quale   risulta   dalla   legge   di
conversione, contiene svariate disposizioni che si  profilano  lesive
delle prerogative statutarie di questa regione. 
    A) In primo luogo, esaminando le previsioni che  si  sottopongono
allo scrutinio di costituzionalita' di codesta ecc.ma  Corte,  rileva
il contenuto dell'art.6, comma  6-ter  che  cosi'  prevede  «Per  una
efficace e  immediata  attuazione  di  quanto  previsto  in  tema  di
razionalizzazione della  spesa  delle  amministrazioni  pubbliche  al
comma 1 dell'articolo 12 del decreto-legge  6  luglio  2011,  n.  98,
convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio  2011,  n.  111,
l'Agenzia del demanio  procedera',  con  priorita'  in  aree  a  piu'
elevato disagio occupazionale e produttivo, ad operazioni di permuta,
senza oneri a carico del bilancio dello Stato, di  beni  appartenenti
allo Stato, con esclusione di tutti i beni comunque trasferibili agli
enti pubblici territoriali ai sensi del decreto legislativo 28 maggio
2010, n. 85, fermo restando quanto previsto  dall'articolo  2,  comma
196-bis, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, con immobili  adeguati
all'uso  governativo,  al  fine  di  rilasciare  immobili  di   terzi
attualmente   condotti   in   locazione   passiva   dalla    pubblica
amministrazione ovvero appartenenti al demanio e al patrimonio  dello
Stato ritenuti inadeguati. Le amministrazioni dello Stato  comunicano
all'Agenzia del demanio l'ammontare dei fondi statali gia'  stanziati
e non impegnati al fine della realizzazione  di  nuovi  immobili  per
valutare  la  possibilita'  di  recupero  di  spesa  per  effetto  di
operazioni di permuta, ovvero gli immobili di nuova realizzazione  da
destinare ad uso governativo». 
    La norma surriportata risulta lesiva delle prerogative statutarie
garantite alla Regione siciliana dagli artt. 32 e 33 dello Statuto  e
dalle norme di attuazione in materia di demanio e patrimonio  di  cui
al D.P.R. 1° dicembre 1961, n. 1825. 
    B) L'articolo 2, commi 1, 2, commi da 2-bis a 2-quater, comma  3,
comma 6, comma 35-octies e comma 36 nonche' commi 5-bis e 5- ter sono
anch'essi lesivi delle  prerogative  statutarie  con  riferimento  ai
contenuti di ciascuno di essi. 
    L'art. 2, comma 1 del d.l. n. 138/11 ha reintrodotto  l'art.  18,
comma 22-bis del d.l. n. 98/11  convertito  con  modificazioni  dalla
legge n. 111/2011, riguardo alla previsione, con decorrenza dal  2011
e fino al 2013,  di  un  contributo  di  solidarieta'  a  carico  dei
contribuenti con reddito complessivo superiore a  90.000  Euro  lordi
annui, articolato su due aliquote (5% e 10%). 
    In particolare l'art. 2 «Disposizioni  in  materia  di  entrate»,
comma 2, in  considerazione  della  eccezionalita'  della  situazione
economica internazionale e tenuto conto delle esigenze prioritarie di
raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica concordati in sede
europea, dispone, a decorrere dal  1°  gennaio  2011  e  fino  al  31
dicembre 2013, l'introduzione di  un  contributo  di  solidarieta'  a
carico di tutti i contribuenti il cui  reddito  complessivo  ai  fini
IRPEF sia superiore a 300.000 euro lordi annui, prorogabile anche per
gli anni successivi al 2013 fino al raggiungimento  del  pareggio  di
bilancio. Con  decreto  di  natura  non  regolamentare  del  Ministro
dell'economia e delle finanze, da emanarsi entro il 30 ottobre  2011,
saranno  determinate  le  modalita'  tecniche  di  attuazione   delle
disposizioni di cui al presente comma, garantendo l'assenza di  oneri
per il bilancio dello Stato. 
    L'articolo 2, commi da 2-bis a 2-quater (Aumento aliquota IVA dal
20 al 21 per cento) sostituisce, alla lettera a) del comma  2-bis  il
primo comma dell'articolo 16 del D.P.R. n. 633 del 1972 stabilendo la
nuova misura dell'aliquota IVA al ventuno per cento. 
    L'articolo 2, comma 3 (Maggiori entrate derivanti  dai  giochi  e
dall'accisa sui tabacchi) dispone che il  Ministero  dell'economia  e
delle finanze-Amministrazione autonoma dei  monopoli  di  Stato,  con
propri decreti dirigenziali adottati entro sessanta giorni dalla data
di  entrata  in  vigore  del  presente  decreto,   emani   tutte   le
disposizioni  in  materia  di  giochi  pubblici  utili  al  fine   di
assicurare maggiori entrate, inclusa anche la modifica  della  misura
del prelievo erariale unico. 
    L'attuazione  delle  disposizioni   del   presente   comma   deve
assicurare maggiori entrate in misura non inferiore a  1.500  milioni
di euro annui a decorrere dall'anno 2012. Viene infine  previsto  che
le maggiori entrate derivanti dal presente comma  sono  integralmente
attribuite allo Stato. 
    Articolo 2, comma 6 e ss. (Imposte sostitutive  sugli  interessi,
premi). 
    L'art. 2, comma 6 e seguenti provvede a uniformare il  regime  di
tassazione di  tutte  le  rendite  finanziarie  introducendo  per  le
ritenute, le imposte sostitutive sugli interessi, premi e ogni  altro
provento di cui all'articolo 44  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 e  sui  redditi  diversi  di  cui
all'articolo 67, comma 1, lettere da c-bis a c-quinquies del medesimo
decreto, ovunque ricorrano, la misura unica del 20 per cento. 
    Di conseguenza alcune fattispecie tassate al 27 per cento vengono
ricondotte ad una aliquota del  20  (es.  conti  correnti  bancari  o
postali) mentre per altre si passa da una aliquota del 12,5%  ad  una
tassazione del 20% (obbligazioni, azioni, ETF, pronti contro termine,
...). 
    L'articolo 2, comma 35-octies. (Imposta sul money transfer) 
    Il comma 35-octies prevede l'istituzione di un'imposta  di  bollo
sui trasferimenti di  denaro  all'estero  effettuati  attraverso  gli
istituti bancari, le agenzie «money  transfer»  ed  altri  agenti  in
attivita' finanziaria. L'imposta e' dovuta in misura pari  al  2  per
cento dell'importo trasferito con ogni  singola  operazione,  con  un
prelievo minimo pari  a  3  euro.  L'imposta  non  e'  dovuta  per  i
trasferimenti effettuati dai cittadini  dell'Unione  europea  nonche'
per  quelli  effettuati  verso  i  Paesi  dell'Unione  europea.  Sono
esentati i trasferimenti effettuati da soggetti muniti  di  matricola
INPS e codice fiscale. 
    L'articolo 2, commi 5-bis e 5-ter  (Recupero  somme  non  versate
condono 2002). 
    La norma in parola dispone  che  l'Agenzia  delle  entrate  e  le
societa' del gruppo Equitalia e la societa' Riscossione  Sicilia,  al
fine di recuperare all'entrata del  bilancio  dello  Stato  le  somme
dichiarate e non versate dai contribuenti che  si  sono  avvalsi  dei
condoni e delle sanatorie di cui alla legge 27 dicembre 2002, n. 289,
anche dopo l'iscrizione a ruolo e la notifica delle relative cartelle
di pagamento, provvedano all'avvio, entro e non oltre  trenta  giorni
dalla data di entrata  in  vigore  della  legge  di  conversione  del
presente decreto, ad  una  ricognizione  di  tali  contribuenti.  Nei
successivi trenta giorni, le societa' del gruppo Equitalia  e  quelle
di Riscossione Sicilia provvedono, altresi', ad avviare nei confronti
di ciascuno dei contribuenti di cui al periodo precedente ogni azione
coattiva necessaria  al  fine  dell'integrale  recupero  delle  somme
dovute e non corrisposte, maggiorate degli interessi maturati,  anche
mediante l'invio di un'intimazione a pagare quanto concordato  e  non
versato alla prevista scadenza,  inderogabilmente  entro  il  termine
ultimo del 31 dicembre 2011. In caso di omesso pagamento delle  somme
dovute e iscritte a ruolo entro il termine di cui al comma 5-bis,  si
applica una sanzione pari al 50 per cento delle predette somme. 
    L'articolo 2, comma 36 (Destinazione delle maggiori entrate). 
    Il comma 36, prevede  che  per  un  periodo  di  cinque  anni  le
maggiori entrate derivanti dal decreto-legge in esame siano riservate
all'Erario,  per  essere  destinate  alle  esigenze  prioritarie   di
raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica concordati in sede
europea,  anche  alla  luce  della  eccezionalita'  della  situazione
economica internazionale. Tali maggiori entrate, al netto  di  quelle
necessarie al mantenimento del pareggio di bilancio ed alla riduzione
del debito, confluiranno in un Fondo  per  la  riduzione  strutturale
della  pressione  fiscale  finalizzato  alla  riduzione  degli  oneri
fiscali e contributivi gravanti sulle famiglie e sulle imprese». 
    Tutte  le  disposizioni  finanziarie  surriportate  si  profilano
lesive degli artt. 36 e 37 dello Statuto d'autonomia e delle relative
norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in  materia
finanziaria, adottate con D.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074. 
 
                               Diritto 
 
    AA) Violazione degli artt. 32 e  33  dello  Statuto  siciliano  e
delle  relative  norme  di  attuazione  in  materia  di   demanio   e
patrimonio. L'art. 6, comma 6-ter del d.l. n. 138/2011,  prevede  che
possono costituire oggetto di permuta demaniale da parte dello Stato,
anche quei beni che, ubicati in Sicilia, vengano a  perdere  la  loro
destinazione a servizi di carattere nazionale. 
    Tale previsione viola l'art. 32 dello  Statuto  che  esclude  dal
trasferimento al demanio regionale i beni «che interessano la  difesa
o  servizi  di  carattere  nazionale»  per  cui,  venendo  meno  tale
destinazione, implicita nella permuta, la loro titolarita'  non  puo'
che essere trasferita alla Regione ricorrente. 
    Ed infatti, il trasferimento dei beni dallo  Stato  alla  Regione
non  e'  collegata  ad  un  criterio   contabile-   patrimoniale   di
ripartizione, (che  giustificherebbe  la  sostituzione  dell'uno  con
altro)  ma  ad  un  criterio  esclusivamente  «funzionale»   la   cui
violazione ha gia' dato  luogo  alla  proposizione  di  un  conflitto
relativo alla dismissione  di  beni  del  demanio  militare  ad  oggi
pendente). 
    BB) Violazione degli  artt.  36  e  37  dello  Statuto  siciliano
d'autonomia  e  delle  relative  norme  di  attuazione   in   materia
finanziaria, adottate con D.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074 
    L'esame dei menzionati  commi  viene  effettuato  alla  luce  dei
principi contenuti negli artt. 36 e 37 dello Statuto  e  nell'art.  2
delle norme di attuazione dello Statuto della  Regione  siciliana  in
materia finanziaria, adottate con D.P.R. 26 luglio 1965,  n.1074,  il
quale, nello stabilire che «ai sensi del primo comma dell'articolo 36
dello Statuto spettano alla Regione  siciliana,  oltre  alle  entrate
tributarie  da  essa  direttamente  deliberate,  tutte   le   entrate
tributarie erariali riscosse nell'ambito del suo territorio,  dirette
o indirette, comunque  denominate»,  prevede,  come  deroga,  che  il
gettito di nuove  entrate  tributarie  possa  essere  destinato  «con
apposite  leggi  alla  copertura  di  oneri  diretti   a   soddisfare
particolari  finalita'  contingenti  o   continuative   dello   Stato
specificate nelle leggi medesime». 
    Risulta  evidente  che,  dall'applicazione   delle   disposizioni
contenute nei commi 1, 2, da 2-bis a 2-quater, 3, da 5-bis a 5-ter, 6
e ss. e 35-octies dell'art.2, derivera' un  gettito  originato  o  da
tributi nuovi o dall'aumento di aliquote di tributi preesistenti  che
determineranno maggiori  entrate  da  riservare  allo  Stato  con  le
finalita' e i limiti temporali, indicati nel comma  36  del  medesimo
articolo. 
    Ma la destinazione all'erario regionale puo' essere sottoposta  a
deroghe e limitazioni qualora ricorrano  determinate  condizioni.  La
prima e cioe' quella della novita' e'  stata  ben  individuata  dalla
giurisprudenza di codesta Corte che, con sentenza n.49  del  1972  ha
precisato che «per nuova entrata tributaria, di cui  all'art.  2  del
D.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, contenente  le  norme  di  attuazione
dello Statuto della Regione siciliana in  materia  finanziaria,  deve
intendersi non un tributo nuovo, ma solo un'entrata derivante  da  un
atto impositivo nuovo, in mancanza del quale l'entrata non si sarebbe
verificata, a nulla rilevando che il nuovo atto impositivo  introduca
un tributo nuovo o ne  aumenti  soltanto  uno  precedente».  Tuttavia
l'atto  impositivo  nuovo  deve   soddisfare   il   requisito   della
specificita' dello scopo cosi' come espressamente previsto  dall'art.
2 del D.P.R.  26  luglio  1965,  n.  1074,  contenente  le  norme  di
attuazione  dello  Statuto  della  Regione   siciliana   in   materia
finanziaria. Ed invero, dalle previsioni recate dagli artt. 36  dello
Statuto e dall'articolo 2 del D.P.R. 26 luglio 1965, n.  1074  emerge
la regola generale secondo  la  quale,  a  parte  talune  individuate
eccezioni, tra le quali sono  da  ricomprendere  le  (effettivamente)
nuove entrate tributarie il cui gettito sia  destinato  con  apposite
leggi alla  copertura  di  oneri  diretti  a  soddisfare  particolari
finalita' contingenti o continuative dello  Stato  specificate  nelle
leggi medesime, spettano alla Regione siciliana, oltre  alle  entrate
tributarie  da  essa  direttamente  deliberate,  tutte   le   entrate
tributarie erariali riscosse nell'ambito del suo territorio,  dirette
o indirette, comunque denominate . 
    Ora, la norma in esame, malgrado configuri anche  nuove  entrate,
non indica, come dovrebbe, una specifica destinazione del gettito che
ne giustifichi  l'attribuzione  allo  Stato  assolvendo,  cosi'  alla
prescrizione contenuta dall'art.2 del D.P.R. 26 luglio 1965, n.  1074
ed e', pertanto, e' lesiva dei parametri rubricati. 
    Al  riguardo,  non  si  puo'  non   rilevare   che   quest'ultima
disposizione non sembra presentare i requisiti di legittimita'  della
riserva statale, siccome previsti all'art. 2 del D.P.R. n. 1074/65  e
cioe', la novita' dell'entrata (intesa sia come novita'  del  tributo
in se stesso o maggiorazione di entrate  derivanti  da  tributo  gia'
esistente (Corte costituzionale sentenze n. 49/72 e n. 429/96)  e  la
specifica finalita' (contingente o continuativa prevista nella  legge
medesima). 
    Altrettanto puo' affermarsi, alla  luce  della  riserva  erariale
contenuta  al  comma  36  dell'art.2,  in  ordine  alla  disposizione
contenuta nel comma 5-bis dell'art.2, laddove prevede, anche  per  la
Societa' Riscossione Sicilia, che le entrate tributarie derivanti dal
recupero delle  somme  dovute  e  non  corrisposte,  discendenti  dal
condono di cui alla legge 27 dicembre 2002, n.289, vengano versate al
bilancio dello Stato, sottraendo in  tal  modo  all'erario  regionale
risorse ad esso spettanti. 
    Infatti, siffatte risorse non deriverebbero  dall'istituzione  di
un nuovo tributo, ne'  dall'aumento  di  aliquota  di  una  forma  di
prelievo  preesistente,  ma  concernerebbero  tributi  erariali   che
avrebbero  dovuto  essere  riscossi  nel  territorio  regionale.   Al
riguardo,  la  stessa  Corte  Costituzionale,  per  una   fattispecie
analoga, nella sentenza n.152/2011 ha affermato: «che  tale  gettito,
lungi dal costituire frutto di una nuova entrata tributaria erariale,
non e' altro che l'equivalente del gettito del tributo  previsto  (al
di fuori dei casi nei quali e' concesso il  credito  d'imposta),  che
compete alla Regione sulla base e nei limiti dell'art. 2  del  d.P.R.
n. 1074 del 1965.». 
    Pertanto,  la  summenzionata  disposizione,  presenta  nella  sua
formulazione letterale elementi di illegittimita'. 
    In ordine, poi, alla formula di  riserva  erariale  prevista  dal
comma 36 dell'art.2, appare il caso di sottolineare  che,  quando  la
legge che istituisce  la  riserva  all'erario  comprende  sia  misure
accrescitive delle  entrate  che  riduzioni  di  gettito,  per  nuove
entrate riservate allo Stato devono intendersi  solo  gli  incrementi
netti di risorse derivanti dalla  legge,  «dunque  solo  le  maggiori
entrate che eccedono le minori entrate  contemporaneamente  derivanti
dallo stesso provvedimento» (Sent. 198/99 e sent. 49/72). 
    Pertanto, laddove le norme in parola prevedono anche la  generica
destinazione delle maggiori entrate, al netto di quelle necessarie al
mantenimento del pareggio di bilancio e alla riduzione del debito, al
«Fondo per la riduzione strutturale  della  pressione  fiscale»  che,
peraltro,   non   e'   un'   esigenza   prioritaria,    si    profila
l'illegittimita'  costituzionale  delle  stesse.  Infatti  la   norma
dovrebbe disporre l'afflusso al fondo di cui sopra, unicamente  delle
maggiori entrate al netto di quelle spettanti alla Regione  siciliana
in virtu' dell'art.36  dello  Statuto  e  delle  correlate  norme  di
attuazione in materia finanziaria (D.P.R.  n.  1074/65)  ,  anche  in
considerazione   della   circostanza   che   l'eventuale    riduzione
strutturale della pressione fiscale avra' effetti immediati e diretti
sulle entrate erariali di spettanza regionale. 
    In tal modo, alla  Regione  siciliana  sara'  garantita,  se  non
altro, la spettanza delle entrate  derivanti  dai  sopracitati  commi
dell'art.2, Per quelli conseguenti dall'attuazione del  comma  5-bis,
in forza dei principi affermati dalla citata sentenza n. 152/2011, e'
di pacifica spettanza della Regione siciliana. 
    Cio', anche alla  luce  di  quanto  emerge  dalla  nuova  manovra
economica, che, in buona sostanza, aggiunge ulteriori 1,6 miliardi di
tagli circa per i prossimi due anni  a  carico  di  Regione  ed  enti
locali siciliani,  che,  sommandosi  a  quelli  gia'  previsti  dalla
manovra  di  luglio  (d.l.  n.  98/11),  e  se  correlati  ai  minori
trasferimenti, raggiungono i quattro miliardi di  Euro,  determinando
un ingiustificato squilibrio per il  bilancio  regionale.  (sent.  n.
138/99) 
    Peraltro, la disposizione recata dall'art. 2 comma 6,  del  testo
legislativo in  parola,  che  provvede  a  uniformare  il  regime  di
tassazione di tutte le rendite finanziarie, mentre da un lato riserva
allo Stato le  maggiori  entrate  che  deriveranno  dall'applicazione
della  norma,  dall'altro  non  assicura,  laddove  ha  previsto  una
riduzione  dal  27  al  20  per  cento  dell'aliquota  sulle  rendite
finanziarie (Conti correnti bancari e postali), la  salvaguardia  del
gettito gia'  spettante  alla  Regione  siciliana  attraverso  misure
compensative, determinando in tal modo un pregiudizio per la  finanza
della regione. 
    A  tal  proposito,   appare   necessario   evidenziare   che   la
giurisprudenza di Codesta ecc.ma Corte ha piu' volte affermato che la
legge dello Stato puo', nell'ambito di manovre di  finanza  pubblica,
anche determinare riduzioni nella  disponibilita'  finanziaria  delle
Regioni, purche' non sia  alterato  il  rapporto  tra  i  complessivi
bisogni regionali  e  i  mezzi  finanziari  per  farvi  fronte  (cfr.
sentenze n. 307 del 1983, n. 123 del 1992, n. 370 del  1993  e  n.138
del 1999). Nella  fattispecie  in  esame,  essendo  indiscutibile  il
depauperamento della finanza regionale, la stessa Corte ha  affermato
che non e': «necessario dimostrare alcun vulnus effettivo al bilancio
regionale». (sent. n. 152/2011). 
    A cio' si aggiunga che  l'art.19-bis  del  testo  legislativo  in
parola, che recita: «L'attuazione  delle  disposizioni  del  presente
decreto nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di
Trento e di Bolzano avviene nel rispetto dei  loro  statuti  e  delle
relative norme di attuazione e secondo quanto previsto  dall'articolo
27 della legge 5 maggio 2009, n. 42.» introduce nel  provvedimento  -
con riferimento  a  tutte  le  sue  disposizioni  -  la  clausola  di
«compatibilita'» con l'ordinamento delle Regioni a statuto speciale e
delle Province autonome, a  cui  e'  stato  aggiunto  il  riferimento
all'articolo 27 della legge n.  42/09,  quale  norma  che  disciplina
l'attuazione  del  federalismo  fiscale  nelle  Regioni   a   statuto
speciale. 
    L'esplicitazione di  questo  principio  e'  stata  introdotta  in
passato  principalmente  nelle  leggi  finanziarie  per  evitare  che
regioni e province autonome, nel dubbio sull'effettiva estensione  di
disposizioni  che  incidono  sulle  materie   di   loro   competenza,
ritenessero necessario chiedere una pronuncia a Codesta Corte. 
    Tuttavia, e' stato  gia'  precisato  in  una  serie  di  pronunce
concernenti le leggi finanziarie che simili  clausole,  formulate  in
termini generici, non hanno l'effetto di escludere una lesione  della
potesta' legislativa regionale (sentenze n. 326 del  2008,  nn.  165,
162 e 105 del  2007  e  nn.  234,  118  e  88  del  2006)  in  quanto
«l'eccessiva  vaghezza  della  loro  formulazione,  aggravata   dalla
complessa struttura delle  leggi  finanziarie,  frutto  della  prassi
invalsa negli ultimi anni, non puo' valere ad escludere le  autonomie
speciali  dall'applicazione  delle  norme  contenute  nelle  suddette
leggi» (sentenza n. 105/2007).