Ordinanza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'articolo  11  della
legge 8 febbraio 1948, n. 47 (Disposizioni  sulla  stampa),  promosso
dal  Tribunale  di  Alessandria,  in  composizione  monocratica,  nel
procedimento penale a carico di P.G. con  ordinanza  del  24  gennaio
2011, iscritta al n. 144 del registro  ordinanze  2011  e  pubblicata
nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  28,  prima   serie
speciale, dell'anno 2011. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 9 novembre  2011  il  Giudice
relatore Alessandro Criscuolo. 
    Ritenuto  che  il  Tribunale  di  Alessandria,  in   composizione
monocratica, con ordinanza depositata nella cancelleria  della  Corte
il 24 gennaio 2011 ha  sollevato,  con  riferimento  all'articolo  3,
primo  comma,   della   Costituzione,   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 11  della  legge  8  febbraio  1948,  n.  47
(Disposizioni  sulla  stampa)  «nella  parte  in  cui  esclude  dalla
responsabilita' civile ivi prevista il proprietario  ed  editore  del
sito web, sul quale vengono diffusi giornali telematici»; 
      che,  come  il  giudicante  riferisce,  egli  e'   chiamato   a
pronunciare nel processo a carico di P.G., imputato  del  delitto  di
cui  all'art.  595  del  codice   penale   «perche',   quale   autore
dell'articolo "Minorenne costretta a prostituirsi: storia  di  amori,
sfruttamento e orge", pubblicato sul sito  Giornal.it,  offendeva  la
reputazione di  B.R.,  falsamente  indicando  che  questi  era  stato
arrestato per favoreggiamento. Con l'aggravante di aver  commesso  il
fatto con il mezzo della stampa, attribuendo un fatto determinato»; 
      che, in prima udienza, la persona offesa B.R. si era costituita
parte civile, chiedendo la citazione quale responsabile civile  della
E. s.r.l., societa' editrice del giornale on line,  sul  cui  dominio
era comparso l'articolo ritenuto diffamatorio; 
      che, disposta dal giudicante la citazione, la detta societa' si
era costituita ed aveva proposto istanza di esclusione,  sulla  quale
il pubblico ministero si era rimesso alla giustizia, mentre la  parte
civile ne aveva chiesto il rigetto, con l'argomento che, diversamente
opinando, si sarebbe creata una  ingiustificata  minor  tutela  delle
vittime di reati commessi mediante la diffusione in rete, rispetto  a
quella prevista per i medesimi reati commessi col mezzo della stampa; 
      che il responsabile civile  e'  il  soggetto  tenuto,  a  norma
dell'art. 185, secondo comma, cod. pen. a rispondere «a  norma  delle
leggi civili» per il fatto dell'imputato e con costui in solido; 
      che il soggetto chiamato a rispondere come responsabile civile,
a sostegno dell'istanza di esclusione, ha dedotto l'impossibilita' di
applicare al direttore del  giornale  telematico  la  responsabilita'
penale per culpa in vigilando prevista dall'art.  57  cod.  pen.  nei
confronti del direttore o del vice-direttore del periodico  stampato,
in ossequio al principio di tassativita'  della  fattispecie  penale,
corollario del principio costituzionale di stretta legalita', sancito
dall'art. 25, secondo comma, Cost.; 
      che, tuttavia, nel caso in esame, ad avviso del rimettente,  si
verte  in  tema  di  responsabilita'   civile,   sicche'   viene   in
considerazione non l'art.  57  o  l'art.  57-bis  cod.  pen.,  ma  il
disposto dell'art. 11 della legge 8 febbraio  1948,  n.  47,  recante
«Disposizioni sulla stampa», ai sensi del quale «per i reati commessi
col mezzo della stampa sono civilmente responsabili,  in  solido  con
gli  autori  del  reato  e  fra  di  loro,  il   proprietario   della
pubblicazione e l'editore»; 
      che neppure questa norma, peraltro, consente un'interpretazione
analogica, perche' limita  espressamente  la  responsabilita'  civile
dell'editore ai reati commessi col  mezzo  della  stampa,  ossia  con
riproduzioni tipografiche le quali vengano diffuse tra il pubblico su
supporto cartaceo; 
      che, ai sensi dell'art. 11 (recte: art. 12) delle  disposizioni
sulla legge in generale, stante il chiaro significato letterale della
norma, non e' consentito il  ricorso  all'interpretazione  analogica,
previsto dal secondo comma soltanto nel caso in cui si  verifichi  un
vuoto normativo; 
      che,  tuttavia,  ad  avviso  del  giudicante,  e'   dubbia   la
compatibilita' della norma  col  principio  di  uguaglianza,  sancito
dall'art.   3   Cost.,   in   quanto   essa   accorda   una    tutela
ingiustificatamente piu' ampia alle persone offese da reati  commessi
col mezzo della carta stampata, rispetto a  quelle  che  il  medesimo
reato abbiano subito col mezzo di un giornale telematico; 
      che tale disparita' di trattamento non e' giustificata, perche'
la diffusione  della  rete  internet,  avvenuta  negli  ultimi  anni,
consente  ai  giornali  telematici  una  divulgazione  potenzialmente
analoga, se non superiore, a quella dei giornali stampati; 
      che la questione  sarebbe  rilevante,  perche'  il  rimettente,
applicando  la  norma  de  qua,  dovrebbe  accogliere  l'istanza   di
esclusione formulata dal responsabile civile; 
      che nel giudizio dinanzi a questa  Corte  e'  intervenuto,  con
atto depositato il 19 luglio 2011, il Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo che la questione  sia  dichiarata  non  fondata,  in
quanto nella normativa vigente gia' sarebbe  possibile  rinvenire  la
soluzione  della  questione  stessa,  «nel  senso  che   nulla   osta
all'applicazione della disciplina dei reati commessi  a  mezzo  della
stampa, prevista dalla legge n. 47 del 1948,  anche  all'informazione
on  line,  purche'  si  tratti  di   informazione   professionale   e
registrata». 
    Considerato che il  Tribunale  di  Alessandria,  in  composizione
monocratica, dubita, in  riferimento  all'articolo  3,  primo  comma,
della Costituzione, della legittimita'  costituzionale  dell'art.  11
della legge 8 febbraio 1948, n. 47 (Disposizioni sulla stampa), nella
parte in cui esclude dalla responsabilita'  civile  ivi  prevista  il
proprietario ed editore del sito web, sul quale sono diffusi giornali
telematici; 
      che,   in   tal   modo,   sarebbe    accordata    una    tutela
ingiustificatamente piu' ampia alle persone offese da reati  commessi
col mezzo della carta stampata, rispetto  alle  persone  che  abbiano
subito il medesimo reato col mezzo di un giornale telematico,  avente
ormai una diffusione potenzialmente analoga  a  quella  dei  giornali
stampati; 
      che,  in   base   alla   ricostruzione   del   rimettente,   la
dichiarazione di illegittimita' costituzionale della norma  censurata
dovrebbe condurre a qualificare come illecita la condotta di soggetti
(il proprietario e l'editore del sito web, sul quale vengono  diffusi
giornali  telematici  recanti  notizie  ritenute  diffamatorie)   non
compresi nella previsione di  detta  norma  nel  momento  in  cui  la
condotta stessa fu realizzata; 
      che, tuttavia, l'eventuale  accoglimento  della  questione  non
potrebbe condurre ad una pronuncia di condanna  al  risarcimento  del
danno del presunto responsabile civile nel giudizio a  quo,  perche',
come e' stato gia' chiarito, «una sentenza di questa Corte  non  puo'
avere l'effetto di rendere antigiuridico un  comportamento  che  tale
non era nel momento in cui e' stato posto in essere» (sentenza n. 202
del 1991; ordinanza n. 71 del 2009); 
      che, infatti, la condotta di un soggetto puo' essere assunta  a
fonte  di  responsabilita'  civile  per  il  risarcimento  dei  danni
soltanto se,  quando  fu  compiuta,  sussisteva  un  preciso  obbligo
giuridico sancito da una norma conoscibile dall'agente  (sentenza  n.
202 del 1991 citata, punto 4 del Considerato in diritto); 
      che,   per   conseguenza,   la   questione   di    legittimita'
costituzionale sollevata dal rimettente non e' rilevante nel giudizio
principale, nel quale la persona offesa ha chiesto la citazione  come
responsabile civile della  societa'  editrice  del  giornale  online,
unicamente allo scopo di ottenere una condanna  al  risarcimento  del
danno, che, per i motivi  esposti,  non  potrebbe  essere,  comunque,
pronunciata; 
      che,  pertanto,  la  detta  questione  deve  essere  dichiarata
manifestamente inammissibile. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale.