Ordinanza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'articolo 2268, comma
1, numero 297), del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66  (Codice
dell'ordinamento militare), e dell'articolo 14, commi  14  e  14-ter,
della legge 28 novembre 2005, n.  246  (Semplificazione  e  riassetto
normativo  per  l'anno  2005),  promosso  dal  Giudice   dell'udienza
preliminare del Tribunale di Treviso nel procedimento penale a carico
di Q. D. e altri con ordinanza del 21 gennaio 2011,  iscritta  al  n.
153 del registro ordinanze 2011 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 29, prima serie speciale, dell'anno 2011. 
    Udito nella camera di consiglio del 9 novembre  2011  il  Giudice
relatore Giorgio Lattanzi. 
    Ritenuto che, con ordinanza emessa il 21 gennaio  2011  (r.o.  n.
153 del 2011), il Giudice dell'udienza preliminare del  Tribunale  di
Treviso ha sollevato, in  riferimento  agli  artt.  18,  25,  secondo
comma,  e  76   della   Costituzione,   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'articolo 2268 del decreto  legislativo  15  marzo
2010, n. 66 (Codice dell'ordinamento militare), nella parte  in  cui,
al numero 297) del comma 1, abroga il decreto legislativo 14 febbraio
1948, n. 43 (Divieto delle associazioni di carattere militare); 
        che,  con  la  medesima  ordinanza,  il  giudice  a  quo   ha
sollevato,   in   via   subordinata,   questione   di    legittimita'
costituzionale, per violazione dell'art. 76 Cost., dell'articolo  14,
commi  14  e  14-ter,  della  legge  28   novembre   2005,   n.   246
(Semplificazione e  riassetto  normativo  per  l'anno  2005)  e,  per
l'effetto, dell'articolo 2268 del citato d.lgs. n. 66 del 2010, nella
parte in cui, al numero 297) del comma 1, abroga il d.lgs. n. 43  del
1948; 
        che il giudice a quo procede nei confronti  di  piu'  persone
imputate del reato previsto dall'art. 1 del d.lgs. n. 43 del 1948, in
riferimento  alla  «formazione  del  corpo  paramilitare   denominato
"Polisia Veneta", dotata di un inquadramento e ordinamento gerarchico
interno in tutto analogo a quello militare»; 
        che, ricorda il rimettente, il d.lgs. n. 43 del 1948, entrato
in vigore il 17 febbraio 1948, e' stato confermato nella sua  vigenza
dal decreto  legislativo  1°  dicembre  2009,  n.  179  (Disposizioni
legislative statali anteriori al 1° gennaio 1970, di cui  si  ritiene
indispensabile la permanenza in  vigore,  a  norma  dell'articolo  14
della legge 28 novembre 2005, n. 246), adottato in forza della delega
conferita al Governo dalla  legge  28  novembre  2005,  n.  246,  per
individuare le norme anteriori al 1970 da mantenere in vigore; 
        che il successivo d.lgs. n. 66 del  2010,  con  il  quale  e'
stato introdotto il Codice dell'ordinamento militare, all'art.  2268,
comma 1, ha abrogato  una  serie  di  atti  normativi  specificamente
elencati, tra i quali, al numero 297), e' compreso anche il d.lgs. n.
43 del 1948; 
        che l'abrogazione in questione «non era possibile  in  quanto
il d.lgs. n. 43/1948 era stato espressamente fatto salvo  dal  d.lgs.
n. 179/2009 del primo gennaio (rectius: dicembre) 2009»; 
        che inoltre, precisa il rimettente, il 16  dicembre  2010  e'
entrato in vigore il decreto legislativo 13  dicembre  2010,  n.  213
(Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 1°  dicembre  2009,
n. 179, recante disposizioni  legislative  statali  anteriori  al  1°
gennaio 1970, di cui  si  ritiene  indispensabile  la  permanenza  in
vigore), che ha modificato e integrato il  d.lgs.  n.  179  del  2009
disponendo  che  dal  relativo  Allegato   1   sono   espunte   varie
disposizioni legislative  statali  «e  in  particolare,  al  n.  1001
dell'elenco, il decreto legislativo n. 43/1948»; 
        che la norma abrogata, sottolinea ancora il  giudice  a  quo,
dava attuazione al principio  di  cui  all'art.  18,  secondo  comma,
Cost., e la sua abrogazione farebbe si' che la condotta, pur  vietata
dalla Costituzione, diventerebbe «lecita  per  l'ordinamento  penale,
non essendo sanzionata da altre norme penali»; 
        che, in via subordinata, il tribunale rimettente  solleva  la
questione di legittimita' costituzionale dell'art.  14,  commi  14  e
14-ter, della legge n. 246  del  2005  per  violazione  dell'art.  76
Cost., con  conseguente  illegittimita'  costituzionale  della  norma
abrogatrice impugnata in via principale, perche' la legge delega  non
specificherebbe il settore  nel  quale  il  Governo  e'  delegato  ad
esercitare la  funzione  legislativa,  «limitandosi  a  indicare  una
totale abrogazione di norme anteriori a una data,  senza  distinzione
di  materie»,  e  non  enuncerebbe  principi  e   criteri   direttivi
sufficientemente determinati; 
        che la questione sarebbe rilevante nel  giudizio  principale,
perche' se la norma impugnata fosse legittima il procedimento  penale
dovrebbe concludersi con una sentenza di proscioglimento per abolitio
criminis,  laddove,  in  caso  contrario,  dovrebbe  proseguire   per
pervenire a una pronuncia di merito; 
        che,    muovendo    dall'analisi     della     giurisprudenza
costituzionale in tema  di  sindacato  di  legittimita'  sulle  norme
penali di favore, il giudice a  quo  rileva  come  nel  caso  di  una
disposizione abrogatrice  di  una  fattispecie  di  reato  non  possa
escludersi il  sindacato  di  costituzionalita',  perche'  altrimenti
verrebbero a residuare aree dell'ordinamento ad esso sottratte; 
        che, se e' vero che «il sindacato  della  Corte  puo'  essere
limitato dal principio della riserva di legge nell'ipotesi di cattivo
esercizio in concreto da parte del Governo della funzione legislativa
conferitagli ex art. 76 Cost. dalle Camere,  e'  anche  vero  che  il
controllo di legittimita' costituzionale  delle  norme  primarie  non
puo' essere negato quando vi sia una scelta del legislatore  delegato
che esuli completamente dalla delega ricevuta»; 
        che,  insomma,  nel  caso  di  abrogazione   di   una   norma
incriminatrice  in  assenza   di   delega   legislativa,   la   Corte
costituzionale non effettuerebbe  autonome  scelte  punitive,  ma  si
limiterebbe a garantire l'osservanza  del  principio  di  riserva  di
legge, stabilito dall'art. 25, secondo comma, Cost. 
    Considerato che il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale
di Treviso dubita, in riferimento agli artt. 18, 25, secondo comma, e
76,   della   Costituzione,   della    legittimita'    costituzionale
dell'articolo 2268, comma 1, numero 297), del decreto legislativo  15
marzo 2010, n. 66 (Codice dell'ordinamento militare), nella parte  in
cui abroga il decreto legislativo 14 febbraio 1948,  n.  43  (Divieto
delle associazioni di carattere militare), e in via  subordinata,  in
riferimento all'art.  76  Cost.,  della  legittimita'  costituzionale
dell'articolo 14, commi 14 e 14-ter, della legge 28 novembre 2005, n.
246 (Semplificazione e riassetto normativo per l'anno  2005)  e,  per
l'effetto, dell'articolo 2268,  comma  1,  numero  297),  del  citato
d.lgs. n. 66 del 2010, nella parte in cui abroga il d.lgs. n. 43  del
1948; 
        che la questione sollevata in via subordinata investe  l'art.
14, commi 14 e 14-ter, della legge n. 246 del 2005,  nella  parte  in
cui costituisce la fonte del potere legislativo delegato,  esercitato
dal Governo con la norma impugnata in via principale; 
        che  infatti,   secondo   la   prospettazione   del   giudice
rimettente, dall'illegittimita' costituzionale della norma di  delega
deriverebbe, in via consequenziale, quella dell'art. 2268 del  d.lgs.
n. 66 del 2010, per assenza di delega; 
        che, anteriormente all'ordinanza di rimessione, e' entrato in
vigore il decreto legislativo 13 dicembre 2010, n. 213 (Modifiche  ed
integrazioni al decreto legislativo 1° dicembre 2009, n. 179, recante
disposizioni legislative statali anteriori al 1° gennaio 1970, di cui
si  ritiene  indispensabile  la  permanenza  in   vigore),   adottato
anch'esso, secondo quanto precisato nel suo preambolo, in  attuazione
della delega conferita con  «la  legge  28  novembre  2005,  n.  246,
recante semplificazione e riassetto  normativo  per  l'anno  2005,  e
successive modificazioni»; 
        che detto decreto delegato, all'art. 1,  stabilisce  che  «Ai
fini e per gli effetti dell'articolo 14, commi 14, 14-ter e 18, della
legge 28 novembre  2005,  n.  246,  e  successive  modificazioni,  al
decreto legislativo 1° dicembre  2009,  n.  179,  sono  apportate  le
seguenti modificazioni (...)  b)  dall'Allegato  1  sono  espunte  le
disposizioni legislative statali indicate nell'Allegato B al presente
decreto», tra le quali e' inserito il decreto legislativo n.  43  del
1948; 
        che il comma 14-ter dell'art. 14 della legge n. 246 del 2005,
come modificato dall'art.  4  della  legge  18  giugno  2009,  n.  69
(Disposizioni per  lo  sviluppo  economico,  la  semplificazione,  la
competitivita' nonche' in materia di processo civile), stabilisce che
«fatto  salvo  quanto  stabilito  dal  comma  17  [che  individua  le
categorie  di  disposizioni  legislative  destinate  a  rimanere   in
vigore], decorso un anno dalla scadenza del termine di cui  al  comma
14, ovvero del maggior termine previsto dall'ultimo periodo del comma
22, tutte  le  disposizioni  legislative  statali  non  comprese  nei
decreti legislativi di cui al  comma  14,  anche  se  modificate  con
provvedimenti successivi, sono abrogate»; 
        che di conseguenza l'art. 1 del d.lgs. n. 213 del  2010,  nel
prevedere che dall'Allegato 1 del d.lgs. n. 179 del 2009 - con cui il
Governo ha esercitato la delega conferita dall'art. 14,  comma  14  e
seguenti, della legge n. 246 del 2005, individuando  le  disposizioni
legislative anteriori al 1970 da mantenere in vigore - e' espunto  il
d.lgs. n. 43 del 1948, ne determinerebbe in ogni caso l'abrogazione; 
        che sebbene l'art. 1 del d.lgs. n. 213 del 2010 sia anteriore
rispetto all'ordinanza di rimessione e possa  influire  sul  percorso
argomentativo svolto per motivare la non manifesta infondatezza e  la
rilevanza delle questioni, il giudice a quo ha  omesso  di  valutarne
gli effetti; 
        che infatti una volta espunto il decreto  legislativo  n.  43
del 1948 dall'Allegato 1 al decreto legislativo n. 179 del 2009,  che
lo aveva mantenuto in vigore, avrebbe potuto anche  ritenersi  venuto
meno  l'ostacolo,  individuato   dal   tribunale   rimettente,   alla
successiva abrogazione espressa operata dall'art.  2268  del  decreto
legislativo n. 66 del 2010; 
        che inoltre il giudice  rimettente  avrebbe  dovuto  valutare
l'effetto abrogativo che sarebbe comunque indirettamente  determinato
dall'art. 1 del d.lgs. n. 213 del 2010 e  verificare  se  in  seguito
alla sua sopravvenienza  le  questioni  proposte  fossero  ugualmente
rilevanti; 
        che tale lacuna si risolve in un difetto di motivazione sulla
rilevanza e comporta la manifesta inammissibilita' della questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 2268, comma 1, numero 297), del
d.lgs. n. 66 del 2010, nella parte in cui abroga il d.lgs. n. 43  del
1948, e della questione di legittimita' costituzionale dell'art.  14,
commi  14  e  14-ter,  della  legge  n.  246  del   2005,   sollevata
limitatamente alla parte in cui contiene la delega all'adozione della
norma abrogatrice impugnata in via principale (ex  multis,  ordinanza
n. 76 del 2010). 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale.