ha pronunziato la seguente
                                SENTENZA
     nei  giudizi  riuniti  di legittimita' costituzionale dell'art. 14,
 primo comma, del R.D. 29 giugno 1939, n. 1127, promossi con le seguenti
 ordinanze pronunziate il 25 giugno  1956  dalla  Corte  di  cassazione,
 Sezioni  unite civili, nei procedimenti civili vertenti rispettivamente
 tra:
     1) la Societa' per azioni Carlo Erba, il Ministero dell'industria e
 commercio e l'Alto Commissariato per l'igiene e la  sanita'  contro  la
 Societa' Parke Davis & Company;
     2)  la  Societa'  per  azioni  Carlo Erba, l'Istituto De Angeli, il
 Ministero  dell'industria  e  commercio  e  l'Alto  Commissariato   per
 l'igiene  e  la  sanita'  contro  le  ditte  J.  R. Geigy A. G., Usines
 Chimiques des Laboratoires Francaises ed altre ditte;
     3) l'Alto Commissariato per l'igiene e la sanita' contro  la  ditta
 Farbwerk A. G. Vermales Meister Lucius & Bruening;
     4)  la  Societa'  per  azioni Carlo Erba e l'Alto Commissariato per
 l'igiene e la sanita' contro la ditta May e Baker;
     5) la Societa' dr. Recordati  laboratorio  farmacologico  e  l'Alto
 Commissariato per l'igiene e la sanita' contro la ditta May e Baker;
     6)  la  Societa'  per  azioni Carlo Erba e l'Alto Commissariato per
 l'igiene e la sanita' contro la ditta C. I. B. A. S. A. ;
     7) l'Istituto De Angeli e l'Alto Commissariato per  l'igiene  e  la
 sanita' contro la ditta The Wellcome Foundation Limited di Londra;
     8)  l'Alto  Commissariato per l'igiene e la sanita' contro la ditta
 American Cyanamid Company;
     9)  l'Alto Commissariato per l'igiene e la sanita' contro la  ditta
 American Cyanamid Company;
     10)  l'Alto Commissariato per l'igiene e la sanita' contro la ditta
 American Cyanamid Company;
     ordinanze  iscritte rispettivamente ai nn. 311, 312, 313, 314, 315,
 320, 321, 324, 325 e 326 del Reg. ord. 1956 e pubblicate nella Gazzetta
 Ufficiale della Repubblica n. 273 del 27 ottobre 1956 le prime  cinque,
 e  le  altre  nella  Gazzetta  Ufficiale  della Repubblica n. 279 del 3
 novembre 1956.
     Udita nell'udienza pubblica del 19 dicembre 1956 la  relazione  del
 Giudice Giuseppe Castelli Avolio;
     uditi  gli  avvocati  Carlo  Arturo  Jemolo,  Mario Rotondi, Natale
 Mazzola' ed Enrico Porzio per la Societa' Carlo Erba  e  l'Istituto  De
 Angeli, e gli avvocati Umberto Allioni, Virgilio Andrioli, Adolfo Mario
 Bentivoglio e Costantino Mortati per le ditte Parke Davis & Company, J.
 R.  Geigy A. G., Usines Chimiques des Laboratoires Francaises, Farbwerk
 A. G. Vermals Meister Lucius & Bruening, C. I. B. A. S. A.
                           Ritenuto in fatto:
     Con dieci ordinanze pronunciate il 25  giugno  1956,  la  Corte  di
 cassazione  a  sezioni  unite  civili  ha  disposto  la  sospensione di
 altrettanti giudizi davanti ad essa pendenti e  la  trasmissione  degli
 atti  a  questa  Corte per la decisione della questione di legittimita'
 costituzionale dell'art. 14, primo comma, del R.D.  29 giugno 1939,  n.
 1127,  che  dispone  testualmente:  "non  possono costituire oggetto di
 brevetto i medicinali di qualsiasi genere ne' i processi  per  la  loro
 produzione".
     La  questione di legittimita' costituzionale del citato art. 14 era
 stata sollevata nel corso di vari procedimenti, instaurati  da  diverse
 case  farmaceutiche  avanti  alla Commissione dei ricorsi in materia di
 brevetti presso il Ministero dell'industria e commercio, a seguito  del
 rifiuto  opposto  dall'ufficio  brevetti  alle domande di privativa per
 invenzioni industriali di metodi di  fabbricazione di medicinali.
     In questi procedimenti i difensori delle  case  ricorrenti  avevano
 sostenuto   la   tesi   -   poi   accolta  dalla  Commissione  -  della
 illegittimita' costituzionale dell'art. 14,  primo  comma,  del  citato
 R.D.  n.  1127  del  1939,  per essere questa norma in contrasto con la
 delega legislativa conferita al Governo con il R.D.L. 24 febbraio 1939,
 n. 317, convertito nella legge 2 giugno 1939, n. 739, e in  particolare
 per  avere  stabilito,  eccedendo  i limiti della delega, la esclusione
 della brevettazione dei processi per la produzione di medicamenti.
     Contro le decisioni della Commissione dei brevetti avevano proposto
 ricorso per cassazione alcune case farmaceutiche italiane  che  avevano
 spiegato  intervento  nei  giudizi  davanti  alla  Commissione  stessa,
 nonche',  in via incidentale adesiva,  il  Ministero  dell'industria  e
 commercio  e  l'Alto  Ccmmissariato  per l'igiene e la sanita'. Innanzi
 alla  Corte  di  cassazione  era  stata  riproposta  la  questione   di
 legittimita'  costituzionale  ed  essendo,  nel  frattempo,  entrata in
 funzione  la  Corte  costituzionale,  era  stata  appunto  chiesta   la
 sospensione  del  processo  e la trasmissione degli atti a questa Corte
 per la decisione.
     Le ordinanze della Corte  di  cassazione  sono  state  regolarmente
 notificate ai sensi di legge, comunicate ai Presidenti dei due rami del
 Parlamento e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale.
     Nei  termini  di  legge  si  sono  costituite in giudizio davanti a
 questa Corte solo  alcune  delle  parti  rispettivamente  ricorrenti  e
 resistenti  nel  giudizio  di  cassazione.  In particolare, le societa'
 Carlo Erba e Istituto De Angeli si sono costituite  con  il  patrocinio
 degli  avvocati  Enrico  Porzio,  Mario  Rotondi, Carlo Arturo Jemolo e
 Natale Mazzola'; le societa' Parke Davis & Company,  R.  Geigy  A.  G.,
 Farbwerk  Bruening  e  C.  I.  B. A.   con il patrocinio degli avvocati
 Umberto  Allioni,  Virgilio   Andreoli,   Adolfo   Mario   Bentivoglio,
 Costantino  Mortati  e  Piero  Petrilli.  Non  si  e' invece costituita
 l'Avvocatura generale dello Stato.
     La Corte di cassazione, nelle sue ordinanze,    ha  sostanzialmente
 osservato  che  la questione di legittimita' costituzionale proposta e'
 rilevante per la definizione dei giudizi dal momento che, per stabilire
 se sia o meno consentita la brevettazione di singoli  processi  per  la
 fabbricazione  di  medicamenti,  si  deve  preliminarmente risolvere la
 questione  di  legittimita'  costituzionale  della  norma  che   quella
 brevettazione  esclude;  che  la questione stessa, nonostante abbia per
 oggetto un eccesso del provvedimento delegato rispetto  alla  legge  di
 delegazione  verificatosi  anteriormente  all'entrata  in  vigore della
 Costituzione, e' di competenza di questa Corte; che infine  l'eccezione
 non  poteva considerarsi come manifestamente infondata per l'assorbente
 ragione che la stessa Corte di cassazione in suoi precedenti  giudicati
 l'aveva accolta.
     I   difensori   delle  case  farmaceutiche  che  avevano  sollevato
 l'eccezione di illegittimita'  costituzionale  ribadiscono,  in  questa
 sede,   la  loro  tesi.  Premettono  che  la  materia  delle  privative
 industriali e dei marchi di  fabbrica e di commercio era stata regolata
 con R.D. 13 settembre 1934, n. 1602, per  delegazione  contenuta  nella
 legge  25  novembre 1926, n. 2032; che l'art. 16 del R.D. stabiliva che
 non potevano costituire oggetto di privativa i medicamenti di qualsiasi
 genere, ma che  si  poteva  tuttavia  "concedere  la  privativa  per  i
 processi  usati  nella  loro produzione"; che peraltro l'art. 134 delle
 disposizioni  transitorie  dello  stesso  decreto  ne  aveva   rinviato
 l'entrata  in  vigore  a  quindici  giorni dopo l'entrata in vigore del
 regolamento da emanarsi entro sei mesi dalla pubblicazione del decreto;
 che il regolamento non era mai stato emanato, sicche'  il  decreto  non
 aveva  mai acquistato forza di legge; che con D.L. 24 febbraio 1939, n.
 317 (convertito poi nella legge  2  giugno  1939,  n.  739)  era  stata
 disposta  l'attuazione  del  R.D.  n.  1602 del 1934 in tempi diversi e
 mediante  separati  provvedimenti,  ma  che,  per  quanto  propriamente
 concerne  la  norma  di cui all'art. 16 di quest'ultimo decreto, si era
 voluto differirne a tempo indeterminato l'entrata in vigore.
     Osservano poi che, per rimanere nei limiti della delega, si sarebbe
 dovuto: o omettere ogni menzione degli articoli del decreto  del  1934,
 nella  parte  costituente  una  innovazione  rispetto alla legislazione
 anteriore,  ovvero   riprodurre   puramente   le   disposizioni   della
 legislazione  anteriore  (nella specie, art. 6 legge sardo - piemontese
 30 ottobre 1859,  n.  3731,  che  disponeva:  "Non  possono  costituire
 argomento  di  privativa.  .  .  i  medicamenti  di qualsiasi specie").
 Rilevano che nel testo dell'art. 14 del R.D. n. 1127 del 1939 e'  stato
 invece  inserito  l'inciso "ne' i processi per la loro produzione", che
 non si trova in nessuna delle leggi che si dovevano  riprodurre  e  che
 percio' esorbita dai limiti della delega.
     Concludono  chiedendo  dichiararsi la illegittimita' costituzionale
 dell'art. 14 del R.D. 29 giugno 1939, n. 1127, nella parte  in  cui  ha
 sancito  che  non possono formare oggetto di brevetto i processi per la
 produzione dei medicamenti.
    A queste argomentazioni si oppongono le difese delle Societa'  Carlo
 Erba e Istituto De Angeli, osservando che, in virtu' degli articoli 2 e
 5  della  legge  di  delegazione del 1939, era stata differita sine die
 l'entrata in vigore dell'art. 16, comma secondo, del R.D. 13  settembre
 1934,  n.  1602,  concernente  la  brevettazione  delle  invenzioni  di
 processi per medicamenti; che pertanto, non potendo entrare  in  vigore
 questo  precetto,  il  decreto legislativo ben poteva - sia pure fino a
 quando non fosse stata data esecuzione al  principio  di  cui  al  piu'
 volte citato art.  16 - codificare il principio opposto. Il che appunto
 era  stato  fatto,  nei  limiti della delegazione, anzi formulando, con
 parole diverse, un comando che era gia' contenuto negli  artt.  2  e  5
 della legge di delegazione.
     Conseguentemente  le difese delle Societa' Carlo Erba e Istituto De
 Angeli  concludono  chiedendo   che   si   dichiari   la   legittimita'
 costituzionale della norma in questione.
     In  una memoria depositata presso la cancelleria di questa Corte il
 6 dicembre, i difensori delle societa' Parke Davis, C. I. B. A.,  Geigy
 e  Farbwerke  hanno  ulteriormente  illustrato  i  motivi esposti nelle
 precedenti deduzioni, osservando non essere vero che  l'art.    14  del
 decreto legislativo del 1939 avrebbe avuto lo stesso significato se non
 avesse  fatto  menzione  del divieto di brevettabilita' dei processi; e
 che neppure si potrebbe ritenere che la statuizione,  nel  senso  della
 non   brevettazione,  fosse  meramente  interpretativa  della  disposta
 sospensione del principio della brevettibilita'.
     Quanto alla portata della legge di delegazione del 1939, negano che
 in materia di processi medicinali il Governo fosse stato autorizzato  a
 portare deroghe alla legislazione anteriore.
     Rispetto  a  questa  legislazione anteriore sostengono, infine, che
 sotto l'impero della legge del 1859 la prassi  amministrativa  era  nel
 senso  di  autorizzare  la brevettazione, ed indicano 62 casi nei quali
 sarebbero  stati  concessi  altrettanti   brevetti   di   processi   di
 fabbricazione di medicinali.
     A  sua  volta  la  difesa  delle  case  farmaceutiche  Carlo Erba e
 Istituto De Angeli, con memoria in pari data, premette che la  presente
 controversia,   cosi'   come   ogni  altra  questione  di  legittimita'
 costituzionale  di  un  atto  avente  forza  di  legge,  rientra  nella
 competenza  di  questa  Corte,  e ribadisce le ragioni gia' esposte nel
 senso della piena costituzionalita' dell'art. 14 piu' volte citato.
     Specificamente osserva che per la legge di delegazione 24  febbraio
 1939  il  legislatore poteva, e perfino doveva, modificare il testo del
 1934;  che  l'attuale  non  brevettabilita'  dei  processi  era   stata
 espressamente  voluta  dal  legislatore  delegante;  che,  a parte ogni
 questione sulla interpretazione dell'art. 6 della legge del  1859,  non
 si  sarebbe neppure potuto ignorare che questa legge rientra tra quelle
 esplicitamente abrogate dall'art.  104 della legge delegata del 1939, a
 cio' facoltizzata dall'art. 3 della legge di delegazione.
     II Presidente, avvalendosi della  facolta'  prevista  dall'art.  15
 delle  Norme  integrative  per  i  giudizi  davanti  a questa Corte, ha
 disposto che le dieci cause promosse con le sopra indicate ordinanze  e
 chiamate alla stessa udienza siano congiuntamente discusse.
                         Considerato in diritto:
     I giudizi cui han dato luogo le dieci ordinanze delle Sezioni unite
 della  Corte  di  cassazione vanno riuniti e decisi con unica sentenza,
 data la identita' della controversia, dei  motivi  che  vi  hanno  dato
 origine  e,  sostanzialmente,  delle  argomentazioni  svolte a sostegno
 delle tesi dibattute.
     Per  quanto  la  questione  circa  la  competenza di questa Corte a
 giudicare della legittimita' costituzionale  delle  leggi  delegate  in
 riferimento  alle  rispettive  leggi  deleganti,  e  col  rispetto  dei
 principi costituzionali che consentono e disciplinano  la  facolta'  di
 delega  al  Governo  di  emanare norme aventi forza di legge, non abbia
 formato oggetto di specifica  discussione  da  parte  delle  rispettive
 difese  (e  su  tale  questione  la Corte deve richiamarsi alla propria
 pronuncia del 16 gennaio 1957, n. 3, nella  quale  questa  fondamentale
 questione  e'  ampiamente trattata, con l'affermazione della competenza
 della Corte medesima), ritiene tuttavia il Collegio che,  nel  caso  in
 esame,  trattandosi  di  delega  anteriore  all'entrata in vigore della
 Costituzione, sia necessario, innanzi tutto,  affermare  la  competenza
 della   Corte   anche  riguardo  alle  leggi  delegate  anteriori  alla
 Costituzione e determinare poi,  rispetto  a  queste,  i  limiti  della
 propria indagine.
     Sul  primo  punto  e' da rilevare che, dopo l'affermazione fatta da
 questa Corte fin con la sua  prima  sentenza,  del  5  giugno  1956,  e
 ripetuta  in  altre  numerose  successive,  della  propria competenza a
 giudicare della questione circa la  legittimita'  delle  leggi  emanate
 anche  anteriormente  alla entrata in vigore della Costituzione, non vi
 puo' essere dubbio alcuno circa la competenza della  Corte  medesima  a
 giudicare   della  legittimita'  costituzionale  dei  decreti  delegati
 emanati anteriormente alla Costituzione. I decreti delegati  sono  atti
 legislativi  aventi  piena  forza di legge,  eppero' sullo stesso piano
 delle leggi ordinarie, ai fini del controllo  della  loro  legittimita'
 costituzionale,  li  hanno  collocati  l'art.  134 della Costituzione e
 l'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1,  sussistendo
 ovviamente   anche  per  essi  la  medesima  esigenza  di  legittimita'
 costituzionale.
     Sull'altro punto, e cioe' sui limiti del sindacato di  legittimita'
 costituzionale  della  Corte  sui decreti delegati anteriori alla Costi
 tuzione, e' da rilevare, intanto, che nessun dubbio vi e'  che  per  le
 deleghe legislative posteriori all'entrata in vigore della Costituzione
 l'indagine  deve essere innanzi tutto rivolta - come e' stato precisato
 con la richiamata sentenza di questa Corte del 16 gennaio 1957, n. 3  -
 all'accertamento  dell'osservanza  dei  limiti  e  delle condizioni che
 l'art. 76 della Costituzione pone per  l'esercizio  della  facolta'  di
 delega  legislativa  da parte del Governo. Per quanto riguarda, invece,
 il periodo anteriore alla entrata in vigore della Costituzione, pur non
 esistendo quei limiti e   quelle condizioni  ora  tassativamente  posti
 dalla  Costituzione,  sussistevano tuttavia dei principi costituzionali
 fondamentali, dai quali il Governo nell'emanazione dei decreti delegati
 non poteva in nessuna guisa decampare: fondamentalmente due, e cioe' la
 esistenza di una delega legislativa  e  la  limitazione,  insita  nella
 delega  stessa,  posta  al  Govemo  di mantenersi entro i confini della
 delega. Di questi principi costituzionali - fondamentali e tradizionali
 di ogni Stato di diritto sono ora espressione le  attuali  disposizioni
 degli  artt.  70  e 77, primo comma, della Costituzione, la prima delle
 quali stabilisce che la funzione legislativa appartiene alle due Camere
 e, la seconda, che il Governo non puo' senza delegazione  delle  Camere
 emanare decreti aventi valore di legge ordinaria.
     Se   cosi'   e',   nel  caso  attuale  l'indagine  della  Corte  e'
 circoscritta all'esame dell'assunto eccesso di delega che  risulterebbe
 dal  confronto  fra l'art. 14, primo comma, del R.D. 29 giugno 1939, n.
 1127 (decreto delegato), che  stabilisce  che  non  possono  costituire
 oggetto  di  brevetto  i  processi per la produzione dei medicamenti, e
 l'art. 2, ultimo comma, del R.D.L. 24  febbraio  1939,  n.  317  (legge
 delegante),  che  differiva  l'attuazione  dell'art.    16  del R.D. 13
 settembre 1934, n.  1602,  il  quale  ammetteva  la  concessione  della
 privativa  industriale  per  i  processi  usati  per  la produzione dei
 medicamenti.
     L'assunto eccesso, se sussistente, violerebbe entrambi  i  principi
 costituzionali sopra richiamati, ora consacrati nella Costituzione.
     Ritiene  la Corte che per giudicare circa la sussistenza o meno del
 dedotto eccesso di delega, e quindi sulla illegittimita' costituzionale
 del primo comma dell'art. 14 del R.D. 29 giugno 1939, n. 1127,  occorra
 inquadrare le disposizioni in esame nel sistema seguito dal legislatore
 in   materia   di   concessione  di  brevetti  per  la  produzione  dei
 medicamenti.
     L'originaria legge sardo - piemontese 30  ottobre  1859,  n.  3731,
 sulle  privative  industriali,  stabiliva,  all'art.  6,  n. 4, che non
 potevano  costituire  "argomento"  di  privativa  "i   medicamenti   di
 qualsiasi  specie". L'esclusione della brevettabilita' dei medicamenti,
 per se stessi considerati, e' ripetuta nelle leggi  successive,  e  sul
 tal  punto  non  nasce  questione  alcuna.  E'  dubbio se, in base alla
 ricordata legge sardo - piemontese, durante il lunghissimo  periodo  di
 tempo in cui essa rimase in vigore, si potessero concedere brevetti per
 i   procedimenti   industriali   di   fabbricazione   dei  medicamenti,
 avvalendosi del n. 3 dell'art. 2 della legge stessa  che  ammetteva  la
 brevettabilita',  in  generale,  per  i processi o metodi di produzione
 industriale. Certo e' che si deve giungere al R.D. 13  settembre  1934,
 n.  1602,  per  trovare  la  espressa disposizione dell'art. 16 - molto
 probabilmente introdotta  a  seguito  dello  sviluppo  industriale  nel
 nostro  Paese  nel  settore  chimico - farmaceutico e delle conseguenti
 richieste delle categorie interessate - con la quale, fermo il  divieto
 della  concessione  della  privativa  per  i  medicamenti  di qualsiasi
 genere, si stabiliva che poteva "tuttavia concedersi la privativa per i
 processi usati nella loro produzione".  Senonche', ne' l'art.  16,  ne'
 le  altre  disposizioni  del  R.D.  13  settembre 1934 entrarono mai in
 vigore,  giacche'  l'entrata  in  vigore  del   decreto   stesso   era,
 dall'articolo 134, condizionata alla pubblicazione del regolamento e il
 decreto  avrebbe  dovuto  entrare  in  vigore quindici giorni dopo tale
 pubblicazione. Il regolamento non fu mai  emanato.  La  brevettabilita'
 dei procedimenti industriali per la produzione dei medicamenti rimaneva
 cosi'  un  principio  legislativamente  accolto,  ma  in  una legge mai
 entrata in vigore.
     Per regolare  la  complessa  materia  delle  privative  industriali
 sopraggiunse  la  legge  delega  24 febbraio 1939, n. 311, in base alla
 quale fu poi emanato il decreto  delegato  29  giugno  1939,  n.  1127,
 contenente l'art. 14, ora impugnato di illegittimita' costituzionale.
     La  legge  delega  richiamava il R.D. 13 settembre 1934 e stabiliva
 (art. 1) che esso avrebbe dovuto avere attuazione  "in  tempi  diversi,
 mediante  distinti  provvedimenti,  separatamente  per la materia delle
 invenzioni, per quella dei modelli e per quella dei marchi".  Circa  la
 ripartizione delle disposizioni riguardanti le materie e il tempo della
 loro  emanazione,  la  legge  delega  concedeva  al  Governo  una certa
 ampiezza di poteri.
     Infatti, l'ultimo comma dell'art. 1 cosi' si esprimeva: "Al Governo
 del  Re  sono delegati i necessari poteri per stabilire la ripartizione
 delle disposizioni secondo  le  tre  distinte  materie  anzidette,  per
 regolare  la  gradualita' dell'applicazione delle disposizioni stesse e
 per riunire in appositi testi le disposizioni da mettere in  attuazione
 per  prime,  nonche'  quelle  da  attuare  in tempi successivi". Circa,
 infine, l'ampiezza dei poteri che con la delegazione venivano conferiti
 e il metodo da seguire per il loro esercizio, il  secondo  e  il  terzo
 comma  dell'art.  3  stabilivano:  "Il  Governo  del  Re,  con i poteri
 anzidetti, provvedera' altresi'  a  coordinare.  .  .  le  disposizioni
 richiamate,.  .  .  al  fine  di  disciplinare organicamente le singole
 materie, integrando, modificando, sopprimendo  le  disposizioni  stesse
 (le  disposizioni  del  R.D.  13  settembre  1934,  n. 1602), anche per
 armonizzarle con le convenzioni internazionali, esecutive nel Regno, e,
 in  generale,  con  le  altre  leggi  dello  Stato.  Gli  stessi  testi
 indicheranno  anche le leggi e i decreti che resteranno abrogati con la
 loro entrata in vigore".
     L'art. 2 della legge delega, ai fini della formazione dei testi  di
 cui  si  e' discorso, rinviava a tempi successivi l'attuazione di varie
 disposizioni del richiamato R.D. 13 settembre 1934. Fra  queste,  nello
 stesso  art.  2  e'  contenuta  -  come  gia'  si  e'  ricordato  -  la
 disposizione: "Analogamente, e' differita l'attuazione: art. 16,  comma
 secondo, riguardante le invenzioni dei processi per medicamenti. . . ".
 Circa  queste  disposizioni  da  emanare  in tempi successivi, l'art. 5
 disponeva al primo comma: "In conformita' degli artt. 1 e  3  e  con  i
 poteri  da  essi  conferiti  al Governo del Re, sara' provveduto a dare
 attuazione alle  norme  la  cui  applicazione  e'  differita  ai  sensi
 dell'art. 2".
     Da  queste  disposizioni  e dalla precisazione dei poteri conferiti
 con la legge di delegazione e' dato trarre le conclusioni  decisive  ai
 fini della risoluzione della controversia in esame.
     1.  -  Indubbiamente,  con la emanazione della legge delega, doveva
 rimanere  sospesa  la  possibilita'   di   concessione   di   privative
 industriali in materia di processi di fabbricazione di medicamenti.
     2. - Rimasta sospesa la concessione dei brevetti, se anche si fosse
 potuto  ricorrere,  precedentemente,  alla legge sardo - piemontese del
 1859, per ottenere la brevettazione in base al n.  3 dell'art.  2,  che
 si   riferiva,  genericamente,  ai  processi  e  metodi  di  produzione
 industriale, tale ricorso diveniva ormai inammissibile.
     3.  -  Diveniva  anche  formalmente  impossibile  procedere  a  tal
 ricorso,  in  quanto,  con  la legge delegata, la legge del 1859 veniva
 espressamente abrogata. E l'abrogazione era giustificata sotto  duplice
 motivo:  perche',  formalmente,  la  facolta'  di  abrogazione di testi
 precedenti era espressamente concessa - come si e' visto - con l'ultimo
 comma dell'art. 3 della  legge  delega;  perche',  sostanzialmente,  il
 decreto  delegato (R.D. 29 giugno 1939, n. 1127), disciplinava l'intera
 materia dei brevetti per invenzioni industriali e quindi la  legge  del
 1859, che appunto tale materia disciplinava, rimaneva abrogata.
     4.  -  Disciplinando  il  R.D.  29 giugno 1939 l'intera materia dei
 brevetti per invenzioni industriali, nasce la questione se il  medesimo
 doveva  occuparsi  o meno - mantenendosi nei limiti della delegazione -
 anche  della  materia  della  brevettazione   dei   processi   per   la
 fabbricazione  dei  medicamenti.  Su  tal punto ritiene la Corte che il
 Governo, dovendo emanare, quale prima legge di attuazione della delega,
 un testo organico sulla matetia dei brevetti industriali, e  quindi  un
 testo  necessariamente  completo,  doveva indubbiamente occuparsi della
 materia.    Doveva  occuparsene,  tenendo  conto  dello   stato   della
 legislazione  e in riferimento alla legge delega. Ora se l'art. 2 della
 legge delega aveva rinviato sine die  l'attuazione  del  secondo  comma
 dell'art. 16 del R.D. 13 settembre 1934, n.  1602, che aveva ammessa la
 possibilita' di concessione della privativa per i processi usati per la
 produzione dei medicamenti (e tale disposizione, per giunta, come si e'
 ricordato,  non  era  mai  entrata  in  vigore), lo stato di fatto, che
 trovava espresso riscontro nella legislazione allora vigente, era  che,
 fino   alla   emanazione   di   nuove  disposizioni,  brevetti  per  la
 fabbricazione  di  medicamenti  non  se  ne  potevano  concedere.  Come
 stabiliva  l'art. 5 della legge delega, solo successivamente si sarebbe
 provveduto a dare attuazione alle altre norme  del  R.D.  13  settembre
 1934,  la cui attuazione era stata differita, e fra queste quella sulla
 brevettabilita'  dei  processi  per  la  produzione  dei   medicamenti.
 Consegue  che,  non  puo'  davvero  dirsi  che  sia  costituzionalmente
 illegittima, in quanto eccedente i limiti della delega, la disposizione
 dell'art. 14 del R.D. 29 giugno 1939, la  quale,  rispecchiando  quello
 stato  di  fatto,  quale si era venuto formando attraverso le ricordate
 disposizioni legislative, stabiliva che "non possono costituire oggetto
 di brevetto i medicamenti di qualsiasi genere, ne' i  processi  per  la
 loro  produzione". In sostanza, la norma impugnata del decreto delegato
 trae la sua ragion d'essere dalla constatazione  che,  nell'ordinamento
 in   vigore,   era  sancito,  sia  pure  attraverso  la  formula  della
 sospensione del  principio  della  brevettabilita',  il  divieto  della
 brevettazione,  del  che  il  Governo, nell'esercizio della delega, non
 poteva non prendere atto.
     Il divieto peraltro, della brevettazione, nel  periodo  cui  si  e'
 accennato,  non  implica  negazione  del  principio che venne posto nel
 decreto del 13 settenbre 1934,  che  ammetteva  la  possibilita'  della
 concessione  della  privativa  per  i  processi  di  fabbricazione  dei
 medicamenti. Dato il rinvio di una disciplina definitiva  ad  un  tempo
 successivo, in base alla riserva contenuta nel piu' volte citato art. 5
 del R.D. 10 febbraio 1936 - e riannodandosi appunto a tale riserva-, il
 legislatore potra' riprendere eventualmente in esame l'intera materia.