ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 401 del codice
 di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 16 maggio  1990
 dal   Giudice   per   le   indagini  preliminari  presso  la  Pretura
 circondariale di Venezia nel procedimento penale a carico  di  Scarpa
 Eros  ed  altri,  iscritta  al  n.  466 del registro ordinanze 1990 e
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  33,  prima
 serie speciale, dell'anno 1990;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 14 novembre 1990 il Giudice
 relatore Ugo Spagnoli;
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Con ordinanza del 16 maggio 1990 il Giudice per le indagini
 preliminari presso la Pretura di Venezia ha sollevato, in riferimento
 agli  artt.  3  e  24 Cost., questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 401 cod. proc. pen. "nella parte in cui non prevede che  la
 persona  offesa  dal  reato  al  pari  della  persona sottoposta alle
 indagini possa nominare un  consulente  tecnico  qualora  l'incidente
 probatorio sia stato disposto per l'espletamento di una perizia".
    All'ammissibilita'  di  tale  nomina  -  che  era  nella specie in
 contestazione - ostano, secondo il giudice  a  quo,  la  mancanza  di
 un'apposita  previsione  nel  citato  art.  401, la riserva alle sole
 parti (quindi, dopo l'esercizio dell'azione  penale)  del  potere  di
 nomina del consulente tecnico (art. 225), e la circostanza che per la
 persona offesa manca una disposizione, quale quella di  cui  all'art.
 61,  che,  estendendo  i  diritti  e  le  garanzie dell'imputato alla
 persona sottoposta alle indagini, conferisce  a  questa  il  suddetto
 potere.
    Ne'  una  diversa  interpretazione sarebbe consentita della natura
 sostanzialmente anticipatoria rispetto al dibattimento dell'incidente
 probatorio,  dato  che in tale sede il difensore della persona offesa
 puo' solo chiedere al  giudice  di  rivolgere  domande  alla  persona
 sottoposta  ad  esame  (art.  401,  quinto  comma) e non ha quindi il
 potere  di  porre  domande  dirette  spettante  in  dibattimento   al
 difensore della parte civile.
    Cio'  premesso,  il giudice rimettente assume che l'impossibilita'
 di nomina del consulente tecnico in  sede  di  perizia  disposta  con
 incidente  probatorio  pone la persona offesa in condizione deteriore
 rispetto all'indagato, cui invece tale facolta' spetta. Essa  sarebbe
 inoltre  irragionevole,  dato che detta facolta' compete alla persona
 offesa nel caso di accertamenti tecnici non ripetibili  disposti  dal
 P.M.  (art.  360, terzo comma, cod. proc. pen.), si' che nei due casi
 si avrebbe disparita' di trattamento tra persone offese.
    Un'ulteriore  disparita'  sarebbe  poi  da  registrare rispetto al
 responsabile civile, dato che costui, nel caso che  gli  elementi  di
 prova gia' raccolti gli siano sfavorevoli, puo' evitare di subire gli
 effetti del giudicato penale (art. 651) chiedendo di  essere  escluso
 dal  giudizio  (art.  86,  secondo comma). La persona offesa, invece,
 patirebbe gli effetti di una  sentenza  di  condanna  fondata  su  un
 accertamento  peritale  espletato  nell'incidente  probatorio cui sia
 stata posta "in grado di partecipare"  (art.  404),  pur  non  avendo
 potuto validamente interloquire in esso per la mancata partecipazione
 alle relative operazioni  di  un  proprio  consulente  tecnico.  Cio'
 comporta  anche, secondo il giudice a quo, violazione del suo diritto
 di difesa, dato che il consulente potrebbe solo rilevare incongruenze
 e  contraddizioni della perizia nella successiva fase dibattimentale.
    2.  - Il Presidente del Consiglio dei ministri, intervenuto per il
 tramite dell'Avvocatura dello Stato, ha chiesto che la questione  sia
 dichiarata  non  fondata, perche' poggiante su un erroneo presupposto
 interpretativo. L'applicabilita' della norma (art. 225) che  consente
 alle "parti private" di nominare propri consulenti tecnici in caso di
 perizia  dovrebbe  invero,  secondo  l'Avvocatura,  desumersi   dalla
 disposizione (art. 401, quinto comma) secondo la quale nell'incidente
 probatorio "le prove sono assunte  con  le  forme  stabilite  per  il
 dibattimento" (salvo per l'assenza di pubblicita' e la partecipazione
 solo  su  autorizzazione  di  indagato  e  persona  offesa).  Costoro
 dovrebbero  percio'  considerarsi  "parti" dell'incidente, pienamente
 parificate quanto a facolta' partecipative, garanzie di difesa  e  di
 rispetto  del  contraddittorio (cfr. artt. 403 e 404); ne' le cautele
 con cui si e' mirato ad evitare la partecipazione all'incidente delle
 persone   "terze"   rispetto   all'oggetto   della  prova  potrebbero
 riguardare la  persona  offesa,  che  e'  parte  potenziale  al  pari
 dell'indagato.
    D'altra  parte,  la  "partecipazione"  alla  prova  che condiziona
 l'efficacia per il danneggiato della sentenza  di  assoluzione  (art.
 404)  non  sarebbe razionalmente idonea a produrre un tale effetto se
 intesa  come  mera  assistenza  che  prescinde  dall'intervento   del
 consulente  tecnico,  dato  che  in  tal  modo si porrebbe la persona
 offesa in posizione deteriore rispetto a quella della  parte  privata
 che partecipi all'assunzione della medesima prova in dibattimento.
    L'interpretazione  del  giudice  a  quo  contrasta quindi, secondo
 l'Avvocatura, con la logica del sistema; e cio' si evincerebbe  anche
 dalla  regola  -  opposta a quella enunciata nell'ordinanza - vigente
 per l'istituto previsto dall'art. 360  cod.  proc.  pen.,  per  certi
 versi complementare a quello in esame.
                         Considerato in diritto
    1.  -  Con  l'ordinanza  indicata  in  epigrafe, il Giudice per le
 indagini preliminari  presso  la  Pretura  circondariale  di  Venezia
 dubita  della legittimita' costituzionale dell'art. 401 del codice di
 procedura penale in quanto,  a  suo  avviso,  preclude  alla  persona
 offesa  di  nominare un consulente tecnico che partecipi alla perizia
 disposta  con  incidente  probatorio.   La   norma,   cosi'   intesa,
 contrasterebbe:
      con l'art. 3 Cost., in quanto irragionevolmente detta una regola
 diversa  da  quella  prevista  per  gli  accertamenti   tecnici   non
 ripetibili  del P.M. e pone la persona offesa in condizione deteriore
 rispetto all'indagato (cfr. art. 61), al  responsabile  civile  (cfr.
 art.  86,  secondo comma) ed alla stessa persona offesa che partecipi
 ai suddetti accertamenti tecnici (cfr. art. 360);
      con l'art. 24 Cost., in quanto menoma la difesa del danneggiato,
 che subirebbe gli effetti della sentenza di assoluzione fondata sulla
 perizia (art. 404) pur non avendo partecipato a questa con un proprio
 consulente tecnico.
    2.   -   Se  la  norma  impugnata  dovesse  intendersi  nel  senso
 presupposto dal giudice a quo, essa sarebbe indubbiamente lesiva  dei
 disposti  costituzionali  invocati.  Per  limitarsi  ai  rilievi piu'
 evidenti, sarebbe di certo irragionevole, e lesivo del  principio  di
 uguaglianza,   che  la  persona  offesa  possa  nominare  un  proprio
 consulente tecnico in sede di  accertamenti  tecnici  non  ripetibili
 disposti  dal  P.M.  -  come  espressamente prevede l'art. 360, primo
 comma - e non possa farlo nell'ambito della perizia disposta mediante
 l'incidente  probatorio:  pur  se  si  tratta  in  entrambi i casi di
 accertamenti  destinati  ad   essere   utilizzati   come   prova   in
 dibattimento  (cfr. artt. 431, 511, 526). Ed il diritto di difesa del
 danneggiato sarebbe sicuramente violato se si dovesse ritenere che la
 sentenza  di  assoluzione  fondata  su  una perizia assunta con detto
 incidente possa avere efficacia di giudicato nei suoi confronti,  nel
 giudizio per le restituzioni ed il risarcimento del danno (art. 652),
 pur quando la sua "partecipazione" (art. 404) alla formazione di tale
 prova  sia  costretta  nei  limiti della mera assistenza: senza cioe'
 quella  possibilita'  di  interloquire  efficacemente   nell'indagine
 tecnica  che  solo  la  partecipazione  ad  essa  del consulente puo'
 realmente consentire (cfr., tra le altre, le  sentenze  nn.  149  del
 1983 e 345 del 1987).
    3.  -  La  regola  per cui, tra piu' interpretazioni possibili, va
 preferita  quella  conforme  a  Costituzione  rende  pero'   doveroso
 verificare  l'esattezza del presupposto ermeneutico da cui la censura
 trae origine, che non a caso e' contestato dall'Avvocatura.
    Esaminando  la  questione sotto il profilo sistematico, e' agevole
 rilevare,  innanzitutto,  che   la   nuova   disciplina   processuale
 concernente  la  persona  offesa  si  caratterizza - oltre che per un
 complessivo rafforzamento, rispetto al  codice  previgente,  del  suo
 ruolo  - per il rapporto di complementarita' tra le garanzie per essa
 apprestate  nella  fase   delle   indagini   preliminari   e   quelle
 riconosciute  alla  parte  civile nella fase successiva all'esercizio
 dell'azione penale. Dal momento, cioe', che la  persona  offesa  puo'
 poi  assumere, se danneggiata dal reato, il ruolo di parte civile, la
 partecipazione all'assunzione di prove  che  nell'ambito  delle  fase
 delle  indagini  preliminari  e'  dato riconoscerle va funzionalmente
 considerata come anticipazione di quanto ad essa spettera' una  volta
 che la costituzione di parte civile sara' stata formalizzata.
    Questo  collegamento  funzionale  e  sistematico  sta a base della
 regola di cui all'art. 178, lettera c), e si  esprime,  tra  l'altro,
 nella  previsione  secondo  cui,  in tanto la sentenza di assoluzione
 puo' essere fatta valere nei confronti del danneggiato nel successivo
 giudizio  di  danno,  in  quanto  costui  sia stato posto in grado di
 partecipare all'incidente probatorio su cui essa  sia  fondata  (art.
 404).
    Appare  percio'  corretta - come rilevato in dottrina - l'adozione
 di un criterio interpretativo che faccia ricorso  alla  normativa  in
 tema  di parte civile ove la disciplina concernente la persona offesa
 non risulti compiutamente delineata: e  di  conseguenza  il  silenzio
 della  norma  impugnata  circa  la possibilita' da parte di questa di
 nominare un consulente tecnico nella perizia disposta  con  incidente
 probatorio  non puo' essere assunto come indice univoco di esclusione
 di tale facolta'. Ne' maggiormente probante  e'  l'attribuzione  alle
 sole  "parti"  di  tale  facolta'  nella  disciplina  "statica" della
 perizia (art. 225), dato che il termine "parti" e' talvolta usato  in
 modo  da  ricomprendervi l'offeso dal reato, tanto nella delega (cfr.
 le direttive nn. 10 e 48 dell'art. 2,  concernenti  la  tutela  delle
 parti  rispetto  alle  perizie  e  la  proroga  del  termine  per  il
 compimento  delle  indagini  preliminari)  quanto  nella   disciplina
 codicistica  sulla  persona offesa (cfr. gli artt. 93, comma terzo, e
 95, comma primo, in tema di intervento degli enti collettivi).
    Se,  dunque,  i  poteri  della persona offesa sono funzionali alla
 tutela anticipata dei diritti riconosciuti alla  parte  civile,  essi
 devono    trovare   adeguata   espressione   proprio   nell'incidente
 probatorio, dato che in esso si procede all'assunzione anticipata  di
 mezzi  di  prova  destinati ad acquistare la forza probatoria propria
 delle prove espletate in dibattimento (artt. 431 e 511) e  percio'  a
 valere  anche  nei  confronti della parte civile. Tale tutela sarebbe
 invero evidentemente menomata se il legislatore, pur riconoscendo  il
 diritto  alla  persona  offesa  (e  del  suo difensore) a partecipare
 all'assunzione della  perizia  (artt.  401,  primo,  terzo  e  quinto
 comma),  avesse  poi  privato  tale  partecipazione  del  suo  nucleo
 essenziale,   costituito   dalla   possibilita'    di    interloquire
 nell'indagine tecnica attraverso il consulente.
    4.  -  Una simile conclusione e', tuttavia, contraddetta anche sul
 piano dell'interpretazione letterale dal disposto  del  quinto  comma
 dell'art.  401,  che,  stabilendo  in via generale che "le prove sono
 assunte con le forme stabilite per il dibattimento", rende chiaro che
 le  modalita' di espletamento della perizia nell'incidente probatorio
 sono quelle stesse  che  valgono  per  la  fase  dibattimentale:  ivi
 compresa,  quindi,  la  facolta' della persona offesa - al pari della
 parte civile - di parteciparvi  mediante  un  consulente  tecnico  ai
 sensi  dell'art. 225. La limitazione che nel medesimo quinto comma e'
 introdotta - quanto  alla  proponibilita'  di  domande  alle  persone
 esaminate  solo tramite il giudice - non fa che confermare l'ampiezza
 della regola generale immediatamente precedente.
    La facolta' della persona offesa di nominare un consulente tecnico
 non e' dunque menzionata nell'art. 401  perche'  ricompresa  in  tale
 regola;  ed  il  fatto che essa sia invece espressamente prevista per
 gli accertamenti tecnici non ripetibili del P.M. -  istituto  analogo
 alla  perizia anticipata per struttura e funzione, ed i cui risultati
 sono, come si e' detto, parimenti probanti in dibattimento (art. 431)
 -  dipende  dall'esservi  solo  in  questa  e non nell'altra ipotesi,
 necessita' di esplicitazione. Del resto, l'esclusione del  consulente
 tecnico  di  uno  dei  soggetti  operanti  nelle indagini preliminari
 sarebbe  in  evidente  contraddizione  con   l'ampiezza   del   ruolo
 riconosciuto  a  tale  figura dall'art. 233, ed in particolare con la
 regola della partecipazione automatica alla  perizia  del  consulente
 gia' nominato posta nel secondo comma dal medesimo articolo.
    Poiche'  dunque deve riconoscersi la facolta' della persona offesa
 di partecipare anche attraverso un consulente  tecnico  alla  perizia
 disposta   con   incidente   probatorio,  la  questione  deve  essere
 dichiarata non fondata.