ha pronunciato la seguente ORDINANZA nei giudizi di legittimita' costituzionale degli artt. 444, secondo comma, e 445, primo comma, del codice di procedura penale, promossi con le seguenti ordinanze: 1) ordinanza emessa l'11 maggio 1990 dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Ancona nel processo penale a carico di La Rocca Carmelo Francesco, iscritta al n. 526 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 35, prima serie speciale, dell'anno 1990; 2) ordinanza emessa il 20 luglio 1990 dal Pretore di Isernia - Sezione distaccata di Venafro nel processo penale a carico di Potena Pasqualino, iscritta al n. 540 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 36, prima serie speciale, dell'anno 1990; 3) ordinanza emessa il 2 luglio 1990 dal Pretore di Prato nel processo penale a carico di Pieroni Rinaldo ed altro, iscritta al n. 630 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 40, prima serie speciale, dell'anno 1990; Visti l'atto di costituzione della S.I.A.E., nonche' gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 28 novembre 1990 il Giudice relatore Giovanni Conso; Ritenuto che il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Ancona con ordinanza dell'11 maggio 1990, il Pretore di Prato con ordinanza del 2 luglio 1990 e il Pretore di Isernia Sezione distaccata di Venafro con ordinanza del 20 luglio 1990 hanno sollevato, in riferimento agli artt. 2, 3, 24 e 25 della Costituzione, questione di legittimita' dell'art. 445, primo comma, del codice di procedura penale, nella parte in cui stabilisce che la sentenza con la quale viene disposta l'applicazione della pena su richiesta delle parti, anche quando e' pronunciata dopo la chiusura del dibattimento, non ha efficacia nei giudizi civili o amministrativi; e che il Pretore di Prato e il Pretore di Isernia - Sezione distaccata di Venafro hanno anche denunciato, in riferimento agli artt. 3, 24 e 25 della Costituzione, l'illegittimita' dell'art. 444, secondo comma, del codice di procedura penale, nella parte in cui preclude al giudice, con la sentenza che applica la pena richiesta dalle parti, di decidere sulla domanda proposta dalla parte civile; e che in tutti i giudizi e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, chiedendo che le questioni siano dichiarate non fondate, mentre nel giudizio promosso dal Pretore di Prato si e' costituita la Societa' Italiana degli Autori ed Editori (S.I.A.E.) con atto di costituzione e deduzioni depositato il 30 ottobre 1990, domandando che la Corte, previo riesame della sentenza n.443 del 1990, dichiari, in riferimento agli artt.3, 24, primo comma, e 25, primo comma, della Costituzione, l'illegittimita' sia dell'art. 444, secondo comma, sia dell'art.445, primo comma, del codice di procedura penale; Considerato che le ordinanze sollevano identiche questioni e che, quindi, i relativi giudizi vanno riuniti; che questa Corte, con la ricordata sentenza n.443 del 1990, che ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art.444, secondo comma, secondo periodo, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che il giudice condanni l'imputato al pagamento delle spese processuali in favore della parte civile, salvo che ritenga di disporne, per giusti motivi, la compensazione totale o parziale, sentenza successiva a tutte e tre le ordinanze di rimessione, ha gia' dichiarato inammissibile - perche' irrilevante nei giudizi penali, nei quali mai la norma censurata potrebbe trovare applicazione - la questione di legittimita' dell'art.445, primo comma, secondo periodo, dello stesso codice, nella parte in cui prevede che la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti, anche se pronunciata dopo la chiusura del dibattimento, non ha efficacia nei giudizi civili o amministrativi, e ha gia' dichiarato non fondata la questione di legittimita' dell'art. 444, secondo comma, secondo periodo, del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 24, primo comma, 25, primo comma, e 3 della Costituzione, nella parte in cui prevede che, in caso di applicazione della pena su richiesta delle parti, il giudice, se vi e' costituzione di parte civile, non debba decidere sulla relativa domanda; e che ne' le ordinanze di rimessione ne' le deduzioni della parte privata costituita adducono argomenti nuovi o diversi rispetto a quelli esaminati dalla corte nella predetta pronuncia; Visti gli artt.26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;