ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 53 e 54 della
 legge 24  novembre  1981,  n.  689  (Modifiche  al  sistema  penale),
 promosso  con  ordinanza  emessa  il  9 marzo 1990 dal Giudice per le
 indagini preliminari presso il Tribunale di Ancona  nei  procedimenti
 penali  riuniti  a  carico di Mancini Osvaldo, iscritta al n. 525 del
 registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
 Repubblica n. 35, prima serie speciale, dell'anno 1990;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 12 dicembre 1990 il Giudice
 relatore Ettore Gallo;
    Ritenuto  che  il  Giudice  per  le indagini preliminari presso il
 Tribunale di Ancona, con ordinanza 9 marzo 1990, sollevava  questione
 di  legittimita'  costituzionale  degli  artt. 53 e 54 della legge 24
 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale),  in  riferimento
 agli artt. 2 e 3 della Costituzione;
      che,  secondo  quanto  si  legge  nell'ordinanza,  l'imputato ha
 formulato richiesta di applicazione della pena ex art. 444 n.  2  del
 codice  di  procedura  penale,  ottenendo  il  consenso  del pubblico
 ministero;
      che   l'ordinanza   non   specifica,   pero',   ne'   il  titolo
 dell'imputazione ne' la pena fra le parti concordata, sicche'  si  e'
 dovuto  apprendere il primo dalla memoria dell'Avvocatura dello Stato
 (frode fiscale ai sensi degli artt. 81 del codice penale  e  8  della
 legge  n. 4 del 1929, 4 del decreto legge n. 429 del 1982, convertito
 nella legge n. 516 del 1982) ed evincere la seconda (nella misura  di
 mesi  2, giorni 25 di reclusione e Lit. 2.225.000 di multa) in quanto
 corrispondente alla misura  sostitutiva  di  mesi  5,  giorni  20  di
 liberta'  controllata  e  Lit.  5  milioni  di multa, che l'ordinanza
 afferma  richiesta  dall'imputato  in  subordine   alla   sospensione
 condizionale della pena;
      che  il  giudice  a  quo,  dopo avere escluso la possibilita' di
 concedere la sospensione  condizionale  della  pena  (che  l'imputato
 risulta  avere  gia' ottenuto per due volte consecutive in precedenti
 condanne), afferma di volere esaminare il fondamento della  richiesta
 di liberta' controllata, limitandosi, pero', a riportare il contenuto
 dell'art. 53 della citata legge n. 689 del 1981, senza trarne  alcuna
 conclusione;
      che, a quel punto, invece, il G.I.P. rileva che il secondo comma
 del detto articolo fa riferimento alla competenza del Pretore,  e  il
 successivo art. 54 sancisce espressamente che le sanzioni sostitutive
 riguardano esclusivamente i reati di competenza del Pretore  talche',
 ritenendo  lesiva  dei  princip|  contenuti  negli  artt. 2 e 3 della
 Costituzione l'ingiustificata disparita' di  trattamento  subi'ta  da
 coloro  che  commettono  reati  di  competenza del Tribunale, talvola
 anche di piu'  lieve  entita',  solleva  la  riportata  questione  di
 legittimita' costituzionale;
      che  e'  intervenuto  nel  giudizio  innanzi  a  questa Corte il
 Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato  dall'Avvocatura
 Generale  dello  Stato,  la  quale  ha chiesto che la questione venga
 dichiarata inammissibile o, al piu', infondata;
    Considerato  che, avendo il giudice a quo ritenuto non concedibile
 la richiesta sospensione condizionale della pena, avrebbe  dovuto  di
 conseguenza   respingere   in   toto  la  richiesta  senza  ulteriori
 considerazioni, ai sensi dell'art. 444, comma terzo,  del  codice  di
 procedura penale;
      che,  tuttavia,  potrebbe darsi che il giudice abbia ritenuto la
 richiesta di sospensione della  pena  non  condizionante  l'efficacia
 della   richiesta  principale  di  applicazione  della  pena  perche'
 espressa "in subordine" (sul  che,  tuttavia,  non  c'e'  l'ombra  di
 motivazione) e la riproduzione per intero dell'art. 53 della legge n.
 689 del  1981  sufficiente  a  mettere  in  evidenza  che  semmai  la
 semidetenzione,   e   non  la  liberta'  controllata,  poteva  essere
 applicata in sostituzione di una pena concordata che superava di gran
 lunga  i  mesi  tre  di  reclusione, una volta operata la conversione
 della grave pena pecuniaria (ma anche di questo l'ordinanza non fa il
 minimo cenno);
      che    ciononostante    la    questione   resta   manifestamente
 inammissibile, perche' il giudice ha trascurato che le Sezioni  Unite
 penali  della  Corte  di  Cassazione hanno escluso la possibilita' di
 applicare  in  tal  caso  sanzioni  sostitutive,   mentre   reiterata
 giurisprudenza  di  questa  Corte (sentenze 24 maggio 1984 n. 148; 17
 dicembre 1985 n. 350; ordinanze numeri 105 del 1986; 259,  398,  528,
 533  e  552  del  1987)  ha  dichiarato  inammissibile  la  questione
 concernente l'applicazione di sanzioni  sostitutive  a  reati  per  i
 quali  la  legge  preveda  pena  pecuniaria,  sola o congiunta a pena
 detentiva;
      che,   percio',   la  questione  prospettata  e'  manifestamente
 irrilevante.