ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 458 del codice
 di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 23 maggio  1990
 dal  Tribunale di Torino nel procedimento penale a carico di Perrelli
 Antonino, iscritta al n. 471 del registro ordinanze 1990 e pubblicata
 nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 33, prima serie speciale
 dell'anno 1990;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 28 novembre 1990 il Giudice
 relatore Aldo Corasaniti;
    Ritenuto  che Antonino Perrelli veniva tratto a giudizio immediato
 dinanzi al Tribunale di Torino a seguito del rigetto,  da  parte  del
 giudice   dell'udienza   preliminare,  della  richiesta  di  giudizio
 abbreviato perche' avanzata oltre il termine di  sette  giorni  dalla
 notificazione  del  decreto  di  citazione  ad  esso  imputato,  come
 prescritto, a pena di decadenza,  dell'art.  458,  primo  comma,  del
 codice  di  procedura  penale,  e tuttavia entro i sette giorni dalla
 notificazione del relativo avviso dell'udienza al difensore;
      che  il  Tribunale, su eccezione dell'imputato, cui si associava
 il p.m., con ordinanza del 23 gennaio 1990, ha sollevato questione di
 legittimita'  costituzionale  dell'art. 458 c.p.p. nella parte in cui
 non prevede che il termine di sette giorni per richiedere il giudizio
 abbreviato  "o  l'applicazione  della  pena  ai  sensi  dell'art. 444
 c.p.p." decorra dalla notificazione dell'avviso  al  difensore  della
 data  fissata  per il giudizio immediato, in riferimento all'art. 24,
 secondo comma, della Costituzione, in quanto viene  cosi'  vanificato
 il  diritto di difesa dell'imputato, sotto il profilo dell'assistenza
 tecnica, in una ipotesi - la scelta di un rito speciale -  che,  piu'
 di  altre,  per  le  conseguenze  che  essa  comporta,  richiede  una
 valutazione di opportunita' in cui appare essenziale l'assistenza del
 difensore;
      che,   ad  avviso  dell'autorita'  remittente,  l'esercizio  del
 diritto dell'imputato di richiedere taluno dei  riti  speciali  viene
 cosi'  sottoposto  ad un termine di decadenza, peraltro ristretto, la
 cui  decorrenza  e'  sganciata   dalla   conoscenza   dei   necessari
 presupposti da parte del difensore tecnico;
      che  nel giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei
 ministri, rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, concludendo  per
 l'infondatezza della questione;
    Considerato che, per quanto attiene all'applicazione della pena su
 richiesta (art. 444 c.p.p.), la questione e' comunque  manifestamente
 infondata  perche' la richiesta puo' essere avanzata dall'imputato, a
 norma  dell'art.  446,  primo  comma,  "fino  alla  dichiarazione  di
 apertura   del   dibattimento  di  primo  grado",  non  essendo  essa
 sottoposta,  come  ritiene   l'autorita'   remittente,   al   termine
 prescritto dall'art. 458 c.p.p.;
      che  altrettanto  manifestamente infondata e' la questione sotto
 il  profilo  concernente  il  termine  per  richiedere  il   giudizio
 abbreviato,   perche'   il   decreto  del  giudice  per  le  indagini
 preliminari che dispone il giudizio immediato  -  decreto  contenente
 "anche  l'avviso  che l'imputato puo' chiedere il giudizio abbreviato
 ovvero l'applicazione della pena a norma dell'art.  444"  (art.  456,
 secondo  comma)  -  viene  notificato, come prescritto dall'art. 456,
 all'imputato (oltre che al p.m. ed alla persona offesa) almeno  venti
 giorni  prima  della data fissata per il giudizio, mentre il relativo
 avviso viene notificato al difensore dell'imputato entro il  medesimo
 termine,  sicche', nell'ipotesi in cui all'imputato sia notificato il
 decreto prima della notificazione al difensore del  relativo  avviso,
 il  primo  e'  posto  nelle  condizioni di informare il secondo della
 citazione a giudizio entro un termine che, pur  essendo  inspirato  a
 ragioni   di   necessaria   speditezza,   appare   tuttavia  adeguato
 all'esercizio del diritto di difesa;
      che  ben diversa e' l'ipotesi considerata da questa Corte con la
 sentenza n. 436  del  1990  circa  l'adeguatezza  del  termine  dalla
 richiesta   di  incidente  probatorio  da  parte  del  p.m.  concesso
 all'imputato per presentare  deduzioni  sull'ammissibilita'  o  sulla
 fondatezza  della  richiesta  stessa, perche' in quel caso l'art. 396
 prescrive il termine, sensibilmente piu' breve, di due giorni;
      che   pertanto   la   questione   va  dichiarata  manifestamente
 infondata;
    Visti  gli  artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87 e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi  davanti
 alla Corte costituzionale;