Ricorso per illegittimita' costituzionale - ex art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, e 32 della legge 11 marzo 1953, n. 87 - proposto dalla regione Lombardia, in persona del presidente pro-tempore della giunta regionale, dott. ing. Giuseppe Giovenzana, a cio' autorizzato con del. g.r. n. 2718 del 30 novembre 1990, rappresentata e difesa, per mandato a margine del presente atto, dagli avvocati Maurizio Steccanella, del foro di Milano, e Giovanni C. Sciacca, del foro di Roma, presso il quale, in Roma, via G.B. Vico, n. 29, viene eletto il domicilio, contro e nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente del Consiglio dei Ministri in carica, sedente in Roma, palazzo Chigi, nonche' domiciliato ex lege presso gli uffici dell'Avvocatura generale dello Stato, in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 19 del d.-l. 13 settembre 1990, n. 324, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 265 del 13 novembre 1990, recante "Provvedimenti urgenti in tema di lotta alla criminalita' organizzata". F A T T O L'art. 19 del d.-l. 13 novembre 1990, n. 324, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 13 novembre 1990, n. 265, recita: "1. Fermo restando quanto stabilito dagli artt. 41 e seguenti della legge 8 giugno 1990, n. 142, il comitato regionale di controllo procede al riesame degli atti deliberativi indicati nell'art. 45 della medesima legge, ancorche' divenuti esecutivi, quando il prefetto ne faccia motivata richiesta; in sede di riesame il comitato si pronuncia anche sugli eventuali vizi di eccesso di potere rilevati e, nel termine di trenta giorni dalla data di ricevimento della richiesta, e' tenuto ad inviare al prefetto copia della decisione adottata". "2. Ai fini indicati nel comma 1 il prefetto acquisisce gli atti deliberativi ed ogni altra documentazione ad essi attinente presso le amministrazioni e gli organi competenti, che sono tenuti a rilasciarne copia". Viene in tal modo istituito ed introdotto nell'ordinamento giuridico e nel sistema normativo riferito al controllo sugli atti degli enti locali un sistema ed un regime del tutto nuovo e diverso rispetto a quello: impostato dalla Costituzione della Repubblica, all'art. 130, il quale, attraverso l'art. 114, si riconduce direttamente all'art. 5 della medesima Carta costituzionale; realizzato - in un primo tempo - mediante le disposizioni contenute nella legge 10 febbraio 1953, n. 62, sulla costituzione e funzionamento degli organi regionali (artt. da 55 a 64); portato a compimento attuativo dagli statuti regionali (art. 56 della citata legge n. 62/1953) e dalle varie leggi regionali di attuazione; e - infine - ribadito, consolidato ed anzi portato ad ulteriori coerenti livelli di approfondimento normativo, dagli artt. da 41 a 46 della recente legge sul "nuovo ordinamento delle autonomie locali" 8 giugno 1990, n. 142, il cui carattere di strumento legislativo espressivo di principi fondamentali dell'ordinamento giuridico della Repubblica, e, come suol dirsi, di attuazione "diretta" di precetti costituzionali, oltre che del tutto ovvio, e' sottolineato dal testo inequivocabile del suo art. 1, ed e' ulteriormente rimarcato dall'ultimo comma del medesimo, che,. . . neutralizzando, per cosi' dire, uno dei piu' frequentemente applicabili criteri ermeneutici che presiedono al problema della successione delle leggi nel tempo (quello della "nuova regolamentazione della materia...", e facendo salva solo la abrogazione espressa), ne fa una legge sui generis, di rango "particolare" e, se fosse concesso esprimersi in tal senso..., "quasi di rango costituzionale"| Il sistema predetto si e', dunque, caratterizzato, nelle sue linee fondamentali, come segue: 1) il controllo sugli atti degli ee.ll. e' funzione non piu' statale, e certamente non piu' "governativa", ma regionale; 2) il controllo e' di mera legittimita' (con la sola eccezione originaria della richiesta di riesame nel merito, ora, peraltro, soppressa anch'essa dalla legge n. 142); 2) e' stata eliminata, quindi, l'antica "tutela", ne' vi sono piu', in capo ad alcuno, funzioni, appunto "tutorie", nei confronti degli ee.ll. (sono state, fin dall'origine, espunte dall'ordinamento tutte le "preventive autorizzazioni" che caratterizzavano la pregressa legislazione centralistico-autoritaria); 3) la legittimita' degli atti, pur soggetti a controllo, e' "presunta", nel senso che l'esercizio negativo del controllo deve avvenire entro termini tassativi di tempo e secondo procedure ugualmente tassative (si pensi solo alla riconfermata possibilita' di porre in essere un solo atto di "istruttoria" finalizzata al controllo (e anch'esso entro un termine tassativo), laddove l'esercizio positivo del controllo non si estrinseca, se non di fatto, impropriamente ed eventualmente, in un atto specifico (il c.d. "visto", in realta': "non impedimento all'ulteriore corso"), peraltro di effetto equivalente al silenzio dello o.c., protratto per venti giorni dalla sottoposizione dell'atto da controllare; 4) non solo il funzionamento - come tralatiziamente si ritiene -, ma, a ben vedere, la stessa costituzione/istituzione degli oo.cc. e' demandata alla potesta' legislativa regionale (sia pure con il rispetto delle norme statali concernenti la mera composizione dei collegi), se e' vero che gia' con la legge n. 62/1953, era data facolta' alle regioni di affiancare all'unico c.r.c., sezioni decentrate di esso, e che facolta' del genere appaiono accentuate dalla recente legge n. 142/1990; 5) resta pacificamente demandata alla potesta' legislativa regionale sia l'individuazione specifica degli atti da assoggettare al controllo - pur nell'ambito di quelli che la legge dello Stato qualifica tali per genus, sia - soprattutto - la regolamentazione della concreta osservanza del termine entro il quale il controllo deve essere esercitato (decorrenza: cfr., ora, il settimo comma dell'art. 46 della legge n. 142/1990). Leggi regionali di questa specie, sono state, senza obiezione alcuna, varate e sottoposte, da quasi tutte le regioni, al controllo governativo che nulla ha eccepito. Valga, a mo' di esempio, la l.r. della ricorrente Lombardia, n. 12/1982, successivamente e recentemente modificata in chiave di "accentuazione" della tassativita' dei termini per l'utile esercizio del controllo, senza che il Governo della Repubblica nulla abbia eccepito| In questo quadro - dunque - la sottoposizione al controllo - cosi' configurato - degli atti, ad esempio, delle - successivamente istituite - uu.ss.ll. (che sono enti di diretta emanazione regionale e che operano in materia di sicura appartenenza alle funzioni regionali) non ha creato alcun problema istituzionale od ordinamentale. Per di piu', si e' agevolmente affermata una opinione non contrastata, secondo la quale il controllo sugli atti non si estende alla verifica dell'eventuale vizio di eccesso di potere, motivata dalla constatazione che, in caso contrario, da un lato sarebbe stato, in definitiva, riconosciuto agli oo.rr.cc. un... surrettizio potere di "amministrazione attiva", sia pure indiretta (cfr.: Consiglio di Stato, sezione quinta, 25 maggio 1987, n. 334), e, dall'altro, che si sarebbe "reintrodotto" dalla proverbiale... finestra, un controllo di merito a contenuto cassatorio (e non nella forma, ammessa, di mero "richiamo a riconsiderare", come era quello previsto fino all'entrata in vigore della legge n. 142/1990, gia' scacciato dalla... porta istituzionale dal capoverso dell'art. 128 della Costituzione (cfr. t.a.r. Lazio, sezione prima, 4 aprile 1987, n. 735). Non solo. Nonostante un non recente avviso del Consiglio di Stato (1980) - peraltro non piu' invocabile nella vigenza dell'attuale legge n. 142/1990 -, ha finito con il prevalere il piu' recente ed avvertito orientamento (t.a.r. Toscana, 19 febbraio 1987, n. 154; t.a.r. Sardegna, 24 giugno 1987, n. 527) secondo il quale l'unico provvedimento istruttorio ammesso (ordinanza di sospensione dei termini per richiesta di chiarimenti e/o di elementi integrativi del giudizio), non consente - poi - di pronunciare l'annullamento dell'atto controllato per motivi diversi che fossero gia' rilevabili ab origine, il che sottolinea ed evidenzia che l'intero "sistema" del controllo (regionale) sugli atti degli ee.ll., si ispira alla brevita'-tassativita' dell'esercizio (condicio iuris "risolutiva" dell'esecutivita' dell'atto deliberativo) del potere (negativo) di controllo, e quindi della "presunzione di legittimita'" degli atti controllati. Cosi' stando le cose, l'art. 19 del d.-l. n. 324 del 13 novembre 1990, pubblicato in pari data nella Gazzetta Ufficiale, sconvolge e stravolge il consolidato anzidetto regime del controllo sugli atti degli ee.ll., istituendo - nientemeno - un potere prefettizio di chiedere ed ottenere dal "comitato regionale di controllo" un... riesame (generico, illimitato e non soggetto ad alcun termine temporale o di decadenza|||) di atti gia' assoggettati a controllo e controllati, al quale riesame il c.r.c. sarebbe tenuto, per di piu', entro un termine tassativo (trenta giorni) - laddove il prefetto non ha alcun termine da rispettare per richiedere siffatto riesame| -, onde "ridecidere" (?) sul "gia' deciso" e quindi inviare (se non bastasse|) copia della propria "ridecisione" al prefetto richiedente. Tale "riesame", nonostante una certa... pudicizia terminologica degli estensori del testo del d.-l., ravvisabile in quel singolare "ancorche' divenuti esecutivi...", investe, viceversa e con evidenza, i soli provvedimenti divenuti esecutivi a seguito di esito favorevole del controllo, posto che non sarebbe comprensibile quale interesse potrebbe avere e - soprattutto - quale fine potrebbe perseguire il prefetto ad ottenere un "visto" retroattivo - ora per allora - su atti deliberativi gia' (magari da gran tempo) annullati e quindi non suscettibili di alcuna reviviscenza effettuale| Per... soprammercato, il "riesame" dovra' estendersi al vaglio dell'eventuale vizio di eccesso di potere dell'atto "riesaminato" (il quale, quindi, potrebbe essere annullato per ragioni diverse e non considerate a suo tempo|). Ancora| Nulla si dice in ordine a cio' che accadra' se il c.r.c. non ottemperera' all'obbligo di comunicare al prefetto, entro i prescritti trenta giorni, l'esito del chiestogli "riesame", ne' si specifica se, in questa nuova e reiterata fase di controllo, possansi ancora una volta richiedere (magari per vagliare ex novo il dedotto eccesso di potere) chiarimenti ed elementi di giudizio e, in caso affermativo, "a chi", se al prefetto deducente o all'ente (ri)controllato... Nemmeno si dice quali effetti giuridici si determinino allorche' - ad esempio - dall'atto, prima "vistato" ed ora retroattivamente annullato, siano scaturiti rapporti giuridici o situazioni di fatto obiettivamente suscettibili di tutela piena (diritti dei terzi). Basti pensare all'avvenuta stipulazione di un contratto con la p.a., ovvero alle avvenute costruzioni conformi ad un provvedimento a contenuto urbanistico-edilizio a suo tempo assentito dal c.r.c. Il secondo comma dell'articolo qui impugnato, conferisce - inoltre - al prefetto un potere di acquisizione diretta e preliminare (presso le amministrazioni controllate) di "ogni altra documentazione", con evidente maggiore ampiezza di contenuto e di oggetto, rispetto a quei "chiarimenti" e a quegli "ulteriori elementi di giudizio" che il c.r.c. avrebbe potuto - peraltro uno actu - ottenere all'epoca dell'originario controllo a suo tempo effettuato. Due notazioni di completamento, rilevanti o meno che esse possano apparire ai fini del giudizio di legittimita' costituzionale: a) non si chiarisce "quale" prefetto possa avvalersi del nuovo potere di richiesta di riesame, se, cioe', quello operante dove ha sede il c.r.c., o quello preposto alla provincia dove ha sede l'ente controllato, il che pone - senza risolverlo - un problema di competenza provvedimentale; b) si parla solo di "comitato regionale di controllo" (al singolare) e non si fa cenno alle "speciali sezioni decentrate" di cui all'art. 56 della legge n. 62/1953, la cui possibile esistenza e' stata, con l'art. 41, secondo comma, della legge n. 142/1990 (che e' pur dichiaratamente fatto salvo) estesa a ripartizioni di competenza per materia. Da ultimo, va notato che si premette all'art. 19 un "fermo restando...", riferito agli artt. 41 e seguenti della recente legge n. 142/1990 - la quale, infatti, come vuole l'ultimo comma dell'art. 1, non potrebbe essere modificata tacitamente, laddove, come si dira', tali disposizioni risultano profondamente intaccate e contraddette anche e soprattutto nel loro - pur dichiarato - valore di norme "di principio". Le illegittimita' costituzionali che caratterizzano l'art. 19 del d.-l. 13 novembre 1990, n. 324, sono, dunque, assai rilevanti e molteplici, investendo numerosi e diversi profili, cosi' come ci si propone di dimostrare, a sostegno del presente ricorso, nei seguenti termini di D I R I T T O Gia' nella esposizione - forzatamente diffusa - delle caratteristiche dell'art. 19 del d.-l. n. 394 del 13 novembre 1990 e nella, necessariamente ampia, disamina di quanto esso incida ed innovi rispetto al presistente sistema istituzionale e normativo del controllo sugli atti degli ee.ll., sono insite le doglianze di illegittimita' costituzionale che la ricorrente regione Lombardia intende svolgere in questa sede. Ne risultera' (con l'auspicio che cio' possa non essere ascritto a demerito della ricorrente stessa) una certa "sintesi" nella susseguente trattazione del "diritto". Che il controllo sugli atti degli ee.ll. sia funzione attribuita dalla Costituzione (art. 130) e dalle leggi "di principio" attuative di quest'ultima (la n. 62/1953, non meno dell'attuale n. 142/1990, il cui "rango" e' particolare e che non puo' essere abrogata "tacitamente" ex art. 1 della stessa) alle regioni, non puo' esser dubbio. Orbene, sotto questo primo profilo, una cosi' profonda ingerenza di un organo del Governo centrale, al quale si affida, nientemeno, che un illimitato potere di riaprire la fase di controllo gia' conclusa, attinge a livelli tali di "invasivita'" di risolversi in una autentica "riappropriazione statuale" e in una indubitabile reviscenza dell'antica e non piu' consentita "tutela" prefettizia. I Vengono letteralmente infrante le regole sulla competenza, fissate dall'art. 130 della Costituzione (attuativo a sua volta dell'art. 5) e ribadita dall'art. 59, primo e ultimo comma, della legge n. 62/1953, oltre che, di recente, con legge... "solennemente definita" al suo art. 1, dagli artt. da 41 a 45 della legge n. 142/1990, se e' vero che il c.r.c. risulta tenuto ad ottemperare alla richiesta del prefetto, trasformato in una sorta di... pubblico ministero (sollicitator?) della reiterazione del controllo, per di piu' a sua discrezione e senza limiti di tempo. I I Risultano sovvertiti i limiti costituzionali (art. 130, secondo comma) dell'oggetto del controllo, se anche il vizio di eccesso di potere, in quanto dedotto dal prefetto, dovra' essere vagliato, e con esso si... ripristina - di fatto - un controllo cassatorio di merito, in aperto contrasto anche con i commi iniziali degli artt. 41 e 45 della legge n. 142/1990 che pur si dice debbano restare "fermi" (?) e che rientrano fra "i principi fondamentali dell'ordinamento" delle autonomie (art. 1, primo e terzo comma), sono - cioe' - attuazione diretta dell'art. 5 e dell'art. 114 della Costituzione. Osserviamo, al riguardo, che la circolare n. 17102/127/1, uff. terzo, diffusa dal gabinetto del Ministro dell'interno addi' 7 giugno 1990, affermava testualmente: "... la disciplina del controllo preventivo di legittimita' si ispira a due principi fondamentali (|): a) l'abolizione del controllo di merito (e, nella forma consentita dall'art. 130 della Costituzione...) manifestamente residua di quella 'tutela' ormai ritenuta incoerente" - sono parole del Ministro dell'interno| - "con l'evoluzione dei principi autonomistici e con il livello di maturita' istituzionale degli ee.ll.; e b) la limitazione del controllo di legittimita' agli atti piu' importanti nella vita degli enti...". I I I Resta eliminata la tassativita' temporale della operativita' della condicio iuris (che, come accennato e' solo di carattere risolutivo) alla quale sia la Costituzione che le leggi dello Stato portanti norme di principio (art. 59 della legge n. 62/1953, e - con piu' forza - art. 46, primo, quarto e quinto comma, dell'art. 46 della recente legge n. 142, che e' uno degli articoli che l'art. 19 del d.-l. pur vorrebbe restassero "fermi"...), assoggettavano l'esercizio stesso del controllo sugli atti. Gia' l'art. 63, primo comma, correlato, del resto, con il terzo comma del precedente art. 60, della legge n. 62/1953, non lasciavano dubbi sul principio della "irretrattabilita'" della pronuncia conclusiva del procedimento di controllo. Basta leggere l'art. 46 della legge n. 142/1990 per rendersi conto che quel principio e' stato di recente, semmai, rafforzato| Anche a questo proposito, va ricordata la gia' citata circolare del Ministero dell'interno 7 giugno 1990, la quale da un lato doverosamente sottolinea che tale principio di brevita'-tassativita' del procedimento di controllo risulta accentuato dall'obbligo, per gli oo.rr.cc., non solo di deliberare entro i fatidici venti giorni, ma di darne - in caso di controllo negativo - comunicazione all'ente controllato (senza di che l'atto controllato si considera assentito), e dall'altro ribadisce che "modalita', termini e decorrenze" (|||) spettano alla potesta' legislativa regionale (comma settimo, dell'art. 46). Non e' chi non veda che, all'opposto, nessun termine reale e concreto residua a seguito della emanazione del qui' impugnato art. 19 del d.-l. n. 324, se e' vero che "in ogno tempo" il controllo (ed anzi un piu' ampio ed incisivo controllo|) puo' essere comunque riattivato: non vi e' piu' alcuna certezza in ordine alla conseguita esecutivita' di un atto amministrativo deliberativo| E' ben conscia, la ricorrente, che, a rigore, non competerebbe ad essa sollevare, in questa sede, specifica questione in ordine alle conseguenze di diritto (ed anche di diritto privato) che un annullamento "ora per allora" potranno prodursi a carico degli ee.ll. e dei terzi che con essi siano entrati in giuridico rapporto (si pensi solo ai contratti |||), ma ben potra' la ecc.ma Corte costituzionale, sollevare di ufficio dinanzi a se' anche questa ulteriore questione, cosi' come quella dell'uso distorto e deviato dello strumento del decreto-legge ("caso straordinario di necessita' ed urgenza")??? Ricordiamo a noi stessi taluni solenni ammonimenti della Corte sull'uso disinvolto dei decreti-legge), per introdurre (o cercare di introdurre...) una simile... tellurica innovazione regressiva dell'ordine costituzionale-istituzionale delle autonomie e delle relative competenze. I V Risulta vulnerato anche il principio, sin qui, come si e' detto, riconosciuto ed affermato, della unicita' e della limitazione oggettiva dei poteri, per cosi' dire, "istruttori" finalizzati all'esercizio del controllo, nonche' il principio "dispositivo" secondo il quale se l'ente controllato non adempie a quanto richiestogli, la conseguenza e' solo quella del possibile annullamento del suo atto, ovvero (secondo talune leggi regionali attuative) l'automatica caducazione (revoca tacita) dell'atto soggetto al controllo. Non vi e' piu' protrazione della "pendenza" del procedimento di controllo a seguito di "una sola interruzione per richiesta di chiarimenti o di ulteriori elementi del giudizio", ma un potere prefettizio di acquisire ex officio (secondo comma dell'art. 19 del decreto-legge) ogni sorta di atti e documenti al fine di "riattivare" il "nuovo" controllo. Vi e' la conseguente possibilita' - inevitabile - che l'atto venga annullato ex post (ora per allora) anche per motivi gia' rilevabili nella "prima fase" e non ritenuti - in allora - invalidanti dal c.r.c. L'ente non potra' piu'... rinunciare a tener fermo il proprio atto (limitandosi a non fornire i chiesti elementi integrativi e/o i chiarimenti richiesti dallo o.r.c.), ma dovra' ottemperare alla richiesta del prefetto di inviargli ogni atto o documento, a sensi del secondo comma dell'art. 19, ignorando quale significato e valore essi assumeranno nella adombrata ipotesi di successiva sollecitazione del riesame... V E' apertamente "cassato" (pur senza la esplicita abrogazione di cui all'ultimo comma dell'art. 1) il settimo comma dell'art. 46 della recente legge n. 142/1990, posto che non avra' piu' alcun senso che leggi regionali si cimentino a stabilire termini e decorrenze per l'esercizio del controllo, volta che questo ultimo potra' comunque e sempre essere indefinitamente ripreso e rieffettuato. Trattasi di una palese revoca tacita di attribuzione legislativa, operata a danno delle regioni, in diversa e altrettanto grave violazione dell'art. 130 della Costituzione. V I E' del tutto vanificato il contenuto dell'art. 45 della recente legge n. 142/1990. L'art. 19 oggetto del presente ricorso, infatti, non limita agli atti di cui al primo comma dell'art. 45 della legge n. 142/1990, il nuovo potere prefettizio di chiedere il riesame, ma si riferisce all'intero art. 45, ricomprendendo, pertanto, anche gli atti di competenza delle giunte i quali sono - nel nuovo regime delle autonomie locali - solo "eventualmente" soggetti a controllo. Cio' puo' significare due cose: 1) o che il prefetto possa, a suo arbitrio, estendere l'ambito degli atti da controllare; 2) ovvero che venga fortemente incentivato l'uso, da parte delle minoranze consiliari, della facolta' di cui al secondo comma dell'art. 45 (richiesta di sottoposizione al controllo), al solo scopo di porre - poi - il prefetto in condizioni di provocarne, se "vistati" l'eventuale "riesame"| Il risultato sara' quello che atti che il legislatore "dei principi" (legge n. 142/1990) intendeva - di norma - sottrarre al controllo preventivo di legittimita', saranno controllati (o almeno... controllabili) due volte, ed anche sotto il profilo dell'eccesso di potere, cioe', in pratica - come riconosce la citata circolare ministeriale - anche nel merito ||| V I I Vi e' infine, un diverso profilo di incostituzionalita' che attinge alla violazione degli artt. 115, 117, prima "voce", 123 e - ancora - 130 della Costituzione. Che gli organi (comitato, ovvero sezioni decentrate) di controllo sugli atti degli ee.ll. siano organi regionali, non puo' essere posto in dubbio. Se non bastasse il chiarissimo disposto dell'art. 130 della Costituzione, soccorrerebbero gli artt. 55, primo e secondo comma, 56 e 58 della legge 10 febbraio 1953, n. 62, nonche' 41, primo comma, e 42 della legge n. 142/1990, ad infine - indirettamente, ma inequivocamente - l'art. 46, settimo comma, di quest'ultima legge. Orbene, che il prefetto (rectius: "un" prefetto, posto che non e' detto quale egli sia, fra i preposti alle diverse province che compongono ciascuna regione|), possa "esigere" - entro un termine tassativo| - una prestazione provvedimentale da un organo regionale, quale quella di cui all'art. 19, primo comma, del d.-l. n. 324, costituisce invasivita' manifesta e patente violazione dei citati articoli della Costituzione e dei principi espressi - e tali qualificati - dalle leggi di attuazione dei medesimi.