Ricorso  per  illegittimita' costituzionale - ex art. 1 della legge
 costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, e 32 della legge 11 marzo 1953,
 n.  87  - proposto dalla regione Lombardia, in persona del presidente
 pro-tempore della giunta regionale, dott. ing. Giuseppe Giovenzana, a
 cio'  autorizzato  con  del.  g.r.  n.  2718  del  30  novembre 1990,
 rappresentata e difesa, per mandato  a  margine  del  presente  atto,
 dagli  avvocati  Maurizio Steccanella, del foro di Milano, e Giovanni
 C. Sciacca, del foro di Roma, presso il  quale,  in  Roma,  via  G.B.
 Vico,  n. 29, viene eletto il domicilio, contro e nei confronti della
 Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente  del
 Consiglio  dei  Ministri  in  carica, sedente in Roma, palazzo Chigi,
 nonche'  domiciliato  ex  lege  presso  gli  uffici   dell'Avvocatura
 generale  dello  Stato,  in  Roma,  via dei Portoghesi, n. 12, per la
 dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 19 del d.-l.
 13  settembre 1990, n. 324, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della
 Repubblica  italiana  n.  265   del   13   novembre   1990,   recante
 "Provvedimenti   urgenti   in   tema   di   lotta  alla  criminalita'
 organizzata".
                               F A T T O
    L'art.  19  del  d.-l.  13 novembre 1990, n. 324, pubblicato nella
 Gazzetta Ufficiale del 13 novembre 1990, n. 265, recita:
    "1.  Fermo  restando  quanto  stabilito  dagli artt. 41 e seguenti
 della legge 8 giugno 1990, n. 142, il comitato regionale di controllo
 procede  al  riesame  degli  atti  deliberativi indicati nell'art. 45
 della  medesima  legge,  ancorche'  divenuti  esecutivi,  quando   il
 prefetto ne faccia motivata richiesta; in sede di riesame il comitato
 si pronuncia anche sugli eventuali vizi di eccesso di potere rilevati
 e,  nel  termine  di  trenta  giorni  dalla data di ricevimento della
 richiesta, e' tenuto ad inviare al  prefetto  copia  della  decisione
 adottata".
    "2.  Ai  fini indicati nel comma 1 il prefetto acquisisce gli atti
 deliberativi ed ogni altra documentazione ad essi attinente presso le
 amministrazioni   e   gli   organi  competenti,  che  sono  tenuti  a
 rilasciarne copia".
    Viene   in  tal  modo  istituito  ed  introdotto  nell'ordinamento
 giuridico e nel sistema normativo riferito al  controllo  sugli  atti
 degli  enti  locali un sistema ed un regime del tutto nuovo e diverso
 rispetto a quello: impostato  dalla  Costituzione  della  Repubblica,
 all'art.   130,   il  quale,  attraverso  l'art.  114,  si  riconduce
 direttamente  all'art.  5  della   medesima   Carta   costituzionale;
 realizzato  -  in un primo tempo - mediante le disposizioni contenute
 nella  legge  10  febbraio  1953,  n.  62,   sulla   costituzione   e
 funzionamento  degli  organi  regionali (artt. da 55 a 64); portato a
 compimento attuativo dagli statuti regionali (art.  56  della  citata
 legge  n.  62/1953)  e dalle varie leggi regionali di attuazione; e -
 infine - ribadito, consolidato ed anzi portato ad ulteriori  coerenti
 livelli  di  approfondimento  normativo, dagli artt. da 41 a 46 della
 recente legge sul "nuovo ordinamento delle autonomie locali" 8 giugno
 1990, n. 142, il cui carattere di strumento legislativo espressivo di
 principi fondamentali dell'ordinamento giuridico della Repubblica, e,
 come  suol dirsi, di attuazione "diretta" di precetti costituzionali,
 oltre che del tutto ovvio, e' sottolineato dal  testo  inequivocabile
 del  suo  art. 1, ed e' ulteriormente rimarcato dall'ultimo comma del
 medesimo, che,. . . neutralizzando, per  cosi'  dire,  uno  dei  piu'
 frequentemente  applicabili  criteri  ermeneutici  che  presiedono al
 problema della successione delle leggi nel tempo (quello della "nuova
 regolamentazione   della   materia...",   e  facendo  salva  solo  la
 abrogazione  espressa),  ne  fa  una  legge  sui  generis,  di  rango
 "particolare" e, se fosse concesso esprimersi in tal senso..., "quasi
 di rango costituzionale"|
    Il sistema predetto si e', dunque, caratterizzato, nelle sue linee
 fondamentali, come segue:
      1)  il  controllo  sugli  atti degli ee.ll. e' funzione non piu'
 statale, e certamente non piu' "governativa", ma regionale;
      2)  il  controllo e' di mera legittimita' (con la sola eccezione
 originaria della richiesta di  riesame  nel  merito,  ora,  peraltro,
 soppressa anch'essa dalla legge n. 142);
      2)  e'  stata  eliminata, quindi, l'antica "tutela", ne' vi sono
 piu', in capo ad alcuno, funzioni, appunto "tutorie",  nei  confronti
 degli  ee.ll. (sono state, fin dall'origine, espunte dall'ordinamento
 tutte  le  "preventive  autorizzazioni"   che   caratterizzavano   la
 pregressa legislazione centralistico-autoritaria);
      3)  la  legittimita'  degli  atti,  pur soggetti a controllo, e'
 "presunta", nel senso che l'esercizio  negativo  del  controllo  deve
 avvenire  entro  termini  tassativi  di  tempo  e  secondo  procedure
 ugualmente tassative (si pensi solo alla riconfermata possibilita' di
 porre  in  essere  un  solo  atto  di  "istruttoria"  finalizzata  al
 controllo  (e  anch'esso  entro  un   termine   tassativo),   laddove
 l'esercizio  positivo  del  controllo  non  si  estrinseca, se non di
 fatto, impropriamente ed eventualmente, in un atto specifico (il c.d.
 "visto", in realta': "non impedimento all'ulteriore corso"), peraltro
 di effetto equivalente al silenzio dello o.c.,  protratto  per  venti
 giorni dalla sottoposizione dell'atto da controllare;
      4)  non  solo il funzionamento - come tralatiziamente si ritiene
 -, ma, a ben vedere, la stessa costituzione/istituzione degli  oo.cc.
 e'  demandata  alla  potesta'  legislativa regionale (sia pure con il
 rispetto delle norme statali concernenti  la  mera  composizione  dei
 collegi),  se  e'  vero  che  gia'  con la legge n. 62/1953, era data
 facolta'  alle  regioni  di  affiancare  all'unico  c.r.c.,   sezioni
 decentrate  di  esso,  e  che facolta' del genere appaiono accentuate
 dalla recente legge n. 142/1990;
      5)  resta  pacificamente  demandata  alla  potesta'  legislativa
 regionale sia l'individuazione specifica degli atti  da  assoggettare
 al  controllo  -  pur  nell'ambito di quelli che la legge dello Stato
 qualifica tali per genus, sia -  soprattutto  -  la  regolamentazione
 della  concreta  osservanza  del  termine entro il quale il controllo
 deve essere esercitato  (decorrenza:  cfr.,  ora,  il  settimo  comma
 dell'art. 46 della legge n. 142/1990).
    Leggi  regionali  di  questa  specie,  sono state, senza obiezione
 alcuna, varate e sottoposte, da quasi tutte le regioni, al  controllo
 governativo che nulla ha eccepito.
    Valga,  a  mo'  di esempio, la l.r. della ricorrente Lombardia, n.
 12/1982, successivamente  e  recentemente  modificata  in  chiave  di
 "accentuazione"  della tassativita' dei termini per l'utile esercizio
 del controllo, senza che il  Governo  della  Repubblica  nulla  abbia
 eccepito|
    In questo quadro - dunque - la sottoposizione al controllo - cosi'
 configurato  -  degli  atti,  ad  esempio,  delle  -  successivamente
 istituite  - uu.ss.ll. (che sono enti di diretta emanazione regionale
 e che  operano  in  materia  di  sicura  appartenenza  alle  funzioni
 regionali)   non   ha   creato   alcun   problema   istituzionale  od
 ordinamentale.
    Per  di  piu',  si  e'  agevolmente  affermata  una  opinione  non
 contrastata, secondo la quale il controllo sugli atti non si  estende
 alla  verifica  dell'eventuale  vizio  di eccesso di potere, motivata
 dalla constatazione che, in caso contrario, da un lato sarebbe stato,
 in  definitiva,  riconosciuto agli oo.rr.cc. un... surrettizio potere
 di "amministrazione attiva", sia pure indiretta (cfr.:  Consiglio  di
 Stato, sezione quinta, 25 maggio 1987, n. 334), e, dall'altro, che si
 sarebbe "reintrodotto" dalla proverbiale... finestra, un controllo di
 merito  a  contenuto  cassatorio (e non nella forma, ammessa, di mero
 "richiamo a riconsiderare", come era quello previsto fino all'entrata
 in  vigore  della  legge  n.  142/1990, gia' scacciato dalla... porta
 istituzionale dal capoverso dell'art. 128  della  Costituzione  (cfr.
 t.a.r. Lazio, sezione prima, 4 aprile 1987, n. 735).
    Non  solo. Nonostante un non recente avviso del Consiglio di Stato
 (1980) - peraltro non  piu'  invocabile  nella  vigenza  dell'attuale
 legge  n.  142/1990  -, ha finito con il prevalere il piu' recente ed
 avvertito orientamento (t.a.r. Toscana, 19  febbraio  1987,  n.  154;
 t.a.r.  Sardegna,  24  giugno  1987, n. 527) secondo il quale l'unico
 provvedimento  istruttorio  ammesso  (ordinanza  di  sospensione  dei
 termini  per richiesta di chiarimenti e/o di elementi integrativi del
 giudizio),  non  consente  -  poi  -  di  pronunciare  l'annullamento
 dell'atto  controllato per motivi diversi che fossero gia' rilevabili
 ab origine, il che sottolinea ed evidenzia che l'intero "sistema" del
 controllo  (regionale)  sugli  atti  degli  ee.ll.,  si  ispira  alla
 brevita'-tassativita'  dell'esercizio  (condicio  iuris  "risolutiva"
 dell'esecutivita'  dell'atto  deliberativo)  del potere (negativo) di
 controllo, e quindi della "presunzione di  legittimita'"  degli  atti
 controllati.
    Cosi'  stando  le cose, l'art. 19 del d.-l. n. 324 del 13 novembre
 1990, pubblicato in pari data nella Gazzetta Ufficiale,  sconvolge  e
 stravolge  il  consolidato  anzidetto regime del controllo sugli atti
 degli ee.ll., istituendo - nientemeno  -  un  potere  prefettizio  di
 chiedere  ed  ottenere  dal  "comitato  regionale di controllo" un...
 riesame  (generico,  illimitato  e  non  soggetto  ad  alcun  termine
 temporale  o di decadenza|||) di atti gia' assoggettati a controllo e
 controllati, al quale riesame il c.r.c. sarebbe tenuto, per di  piu',
 entro  un termine tassativo (trenta giorni) - laddove il prefetto non
 ha alcun termine da rispettare per richiedere  siffatto  riesame|  -,
 onde  "ridecidere"  (?)  sul  "gia'  deciso" e quindi inviare (se non
 bastasse|) copia della propria "ridecisione" al prefetto richiedente.
    Tale  "riesame",  nonostante  una certa... pudicizia terminologica
 degli estensori del testo del d.-l., ravvisabile  in  quel  singolare
 "ancorche' divenuti esecutivi...", investe, viceversa e con evidenza,
 i soli provvedimenti divenuti esecutivi a seguito di esito favorevole
 del  controllo,  posto  che non sarebbe comprensibile quale interesse
 potrebbe avere e - soprattutto - quale fine  potrebbe  perseguire  il
 prefetto  ad  ottenere  un  "visto" retroattivo - ora per allora - su
 atti deliberativi gia' (magari da gran tempo) annullati e quindi  non
 suscettibili di alcuna reviviscenza effettuale|
    Per...  soprammercato,  il  "riesame"  dovra' estendersi al vaglio
 dell'eventuale vizio di eccesso di potere dell'atto "riesaminato" (il
 quale,  quindi,  potrebbe  essere annullato per ragioni diverse e non
 considerate a suo tempo|).
    Ancora|  Nulla  si dice in ordine a cio' che accadra' se il c.r.c.
 non ottemperera' all'obbligo  di  comunicare  al  prefetto,  entro  i
 prescritti  trenta  giorni,  l'esito del chiestogli "riesame", ne' si
 specifica se, in questa nuova e reiterata fase di controllo, possansi
 ancora  una  volta richiedere (magari per vagliare ex novo il dedotto
 eccesso di potere) chiarimenti ed elementi di  giudizio  e,  in  caso
 affermativo,   "a   chi",   se   al  prefetto  deducente  o  all'ente
 (ri)controllato...
    Nemmeno si dice quali effetti giuridici si determinino allorche' -
 ad esempio -  dall'atto,  prima  "vistato"  ed  ora  retroattivamente
 annullato,  siano  scaturiti rapporti giuridici o situazioni di fatto
 obiettivamente suscettibili di  tutela  piena  (diritti  dei  terzi).
 Basti  pensare all'avvenuta stipulazione di un contratto con la p.a.,
 ovvero alle avvenute  costruzioni  conformi  ad  un  provvedimento  a
 contenuto urbanistico-edilizio a suo tempo assentito dal c.r.c.
    Il secondo comma dell'articolo qui impugnato, conferisce - inoltre
 - al prefetto un potere di acquisizione diretta e preliminare (presso
 le  amministrazioni  controllate) di "ogni altra documentazione", con
 evidente maggiore ampiezza di contenuto e di oggetto, rispetto a quei
 "chiarimenti"  e  a  quegli  "ulteriori  elementi di giudizio" che il
 c.r.c. avrebbe potuto  -  peraltro  uno  actu  -  ottenere  all'epoca
 dell'originario controllo a suo tempo effettuato.
    Due  notazioni di completamento, rilevanti o meno che esse possano
 apparire ai fini del giudizio di legittimita' costituzionale:
       a)  non si chiarisce "quale" prefetto possa avvalersi del nuovo
 potere di richiesta di riesame, se, cioe', quello  operante  dove  ha
 sede  il c.r.c., o quello preposto alla provincia dove ha sede l'ente
 controllato, il  che  pone  -  senza  risolverlo  -  un  problema  di
 competenza provvedimentale;
       b)  si  parla  solo  di  "comitato  regionale di controllo" (al
 singolare) e non si fa cenno alle "speciali  sezioni  decentrate"  di
 cui all'art. 56 della legge n. 62/1953, la cui possibile esistenza e'
 stata, con l'art. 41, secondo comma, della legge n. 142/1990 (che  e'
 pur  dichiaratamente fatto salvo) estesa a ripartizioni di competenza
 per materia.
    Da  ultimo,  va  notato  che  si  premette  all'art.  19 un "fermo
 restando...", riferito agli artt. 41 e seguenti della  recente  legge
 n.  142/1990 - la quale, infatti, come vuole l'ultimo comma dell'art.
 1, non potrebbe  essere  modificata  tacitamente,  laddove,  come  si
 dira',   tali   disposizioni   risultano  profondamente  intaccate  e
 contraddette anche e soprattutto nel loro - pur dichiarato  -  valore
 di norme "di principio".
    Le  illegittimita' costituzionali che caratterizzano l'art. 19 del
 d.-l. 13 novembre 1990, n.  324,  sono,  dunque,  assai  rilevanti  e
 molteplici,  investendo  numerosi e diversi profili, cosi' come ci si
 propone di dimostrare, a sostegno del presente ricorso, nei  seguenti
 termini di
                             D I R I T T O
    Gia'   nella   esposizione   -   forzatamente   diffusa   -  delle
 caratteristiche dell'art. 19 del d.-l. n. 394 del 13 novembre 1990  e
 nella,  necessariamente  ampia,  disamina  di  quanto  esso incida ed
 innovi rispetto al presistente sistema istituzionale e normativo  del
 controllo  sugli  atti  degli  ee.ll.,  sono  insite  le doglianze di
 illegittimita' costituzionale che  la  ricorrente  regione  Lombardia
 intende svolgere in questa sede.
    Ne risultera' (con l'auspicio che cio' possa non essere ascritto a
 demerito  della  ricorrente  stessa)  una   certa   "sintesi"   nella
 susseguente trattazione del "diritto".
    Che  il  controllo sugli atti degli ee.ll. sia funzione attribuita
 dalla Costituzione (art. 130) e dalle leggi "di principio"  attuative
 di quest'ultima (la n. 62/1953, non meno dell'attuale n. 142/1990, il
 cui  "rango"  e'  particolare  e  che  non   puo'   essere   abrogata
 "tacitamente"  ex  art.  1 della stessa) alle regioni, non puo' esser
 dubbio.
    Orbene,  sotto  questo primo profilo, una cosi' profonda ingerenza
 di un organo del Governo centrale, al quale  si  affida,  nientemeno,
 che  un  illimitato  potere  di  riaprire  la  fase di controllo gia'
 conclusa, attinge a livelli tali di "invasivita'"  di  risolversi  in
 una  autentica  "riappropriazione  statuale"  e  in  una indubitabile
 reviscenza dell'antica e non piu' consentita "tutela" prefettizia.

                                   I
    Vengono letteralmente infrante le regole sulla competenza, fissate
 dall'art. 130 della Costituzione (attuativo a sua volta dell'art.  5)
 e  ribadita  dall'art.  59,  primo  e  ultimo  comma,  della legge n.
 62/1953, oltre che, di recente, con legge... "solennemente  definita"
 al  suo art. 1, dagli artt. da 41 a 45 della legge n. 142/1990, se e'
 vero che il c.r.c. risulta tenuto ad ottemperare alla  richiesta  del
 prefetto,   trasformato   in   una  sorta  di...  pubblico  ministero
 (sollicitator?) della reiterazione del controllo, per di piu'  a  sua
 discrezione e senza limiti di tempo.

                                  I I
    Risultano  sovvertiti  i  limiti costituzionali (art. 130, secondo
 comma) dell'oggetto del controllo, se anche il vizio  di  eccesso  di
 potere, in quanto dedotto dal prefetto, dovra' essere vagliato, e con
 esso si... ripristina - di fatto - un controllo cassatorio di merito,
 in  aperto  contrasto  anche con i commi iniziali degli artt. 41 e 45
 della legge n. 142/1990 che pur si dice debbano restare "fermi" (?) e
 che  rientrano  fra  "i principi fondamentali dell'ordinamento" delle
 autonomie (art. 1, primo e terzo comma), sono -  cioe'  -  attuazione
 diretta dell'art. 5 e dell'art. 114 della Costituzione.
    Osserviamo,  al  riguardo,  che  la circolare n. 17102/127/1, uff.
 terzo, diffusa dal gabinetto del Ministro dell'interno addi' 7 giugno
 1990,  affermava  testualmente:  "...  la  disciplina  del  controllo
 preventivo di legittimita' si ispira a due principi fondamentali (|):
 a)  l'abolizione  del  controllo di merito (e, nella forma consentita
 dall'art. 130 della Costituzione...) manifestamente residua di quella
 'tutela'  ormai  ritenuta  incoerente"  -  sono  parole  del Ministro
 dell'interno| - "con l'evoluzione dei principi autonomistici e con il
 livello  di maturita' istituzionale degli ee.ll.; e b) la limitazione
 del controllo di legittimita' agli atti piu'  importanti  nella  vita
 degli enti...".

                                 I I I
    Resta eliminata la tassativita' temporale della operativita' della
 condicio iuris (che, come accennato e' solo di carattere  risolutivo)
 alla  quale  sia  la  Costituzione  che le leggi dello Stato portanti
 norme di principio (art. 59 della legge n.  62/1953,  e  -  con  piu'
 forza  -  art.  46,  primo, quarto e quinto comma, dell'art. 46 della
 recente legge n. 142, che e' uno degli articoli  che  l'art.  19  del
 d.-l. pur vorrebbe restassero "fermi"...), assoggettavano l'esercizio
 stesso del controllo sugli atti.
    Gia'  l'art.  63,  primo comma, correlato, del resto, con il terzo
 comma del precedente art. 60, della legge n. 62/1953, non  lasciavano
 dubbi   sul   principio  della  "irretrattabilita'"  della  pronuncia
 conclusiva del procedimento di controllo.
    Basta leggere l'art. 46 della legge n. 142/1990 per rendersi conto
 che quel principio e' stato di recente, semmai, rafforzato|
    Anche  a  questo  proposito, va ricordata la gia' citata circolare
 del Ministero dell'interno  7  giugno  1990,  la  quale  da  un  lato
 doverosamente  sottolinea che tale principio di brevita'-tassativita'
 del procedimento di controllo risulta  accentuato  dall'obbligo,  per
 gli  oo.rr.cc., non solo di deliberare entro i fatidici venti giorni,
 ma di darne - in caso di controllo negativo - comunicazione  all'ente
 controllato (senza di che l'atto controllato si considera assentito),
 e dall'altro ribadisce che "modalita', termini  e  decorrenze"  (|||)
 spettano   alla   potesta'   legislativa  regionale  (comma  settimo,
 dell'art. 46).
    Non  e'  chi  non  veda  che,  all'opposto, nessun termine reale e
 concreto residua a seguito della emanazione del qui'  impugnato  art.
 19  del d.-l. n. 324, se e' vero che "in ogno tempo" il controllo (ed
 anzi un piu' ampio  ed  incisivo  controllo|)  puo'  essere  comunque
 riattivato:  non vi e' piu' alcuna certezza in ordine alla conseguita
 esecutivita' di un atto amministrativo deliberativo|
    E'  ben conscia, la ricorrente, che, a rigore, non competerebbe ad
 essa sollevare, in questa sede, specifica questione  in  ordine  alle
 conseguenze   di  diritto  (ed  anche  di  diritto  privato)  che  un
 annullamento "ora per allora" potranno prodursi a carico degli ee.ll.
 e  dei  terzi  che  con  essi siano entrati in giuridico rapporto (si
 pensi  solo  ai  contratti  |||),  ma  ben  potra'  la  ecc.ma  Corte
 costituzionale,  sollevare  di  ufficio  dinanzi  a  se' anche questa
 ulteriore questione, cosi' come quella dell'uso  distorto  e  deviato
 dello  strumento del decreto-legge ("caso straordinario di necessita'
 ed urgenza")??? Ricordiamo a noi stessi  taluni  solenni  ammonimenti
 della Corte sull'uso disinvolto dei decreti-legge), per introdurre (o
 cercare  di  introdurre...)  una  simile...   tellurica   innovazione
 regressiva dell'ordine costituzionale-istituzionale delle autonomie e
 delle relative competenze.

                                  I V
    Risulta  vulnerato  anche il principio, sin qui, come si e' detto,
 riconosciuto  ed  affermato,  della  unicita'  e  della   limitazione
 oggettiva  dei  poteri,  per  cosi'  dire,  "istruttori"  finalizzati
 all'esercizio  del  controllo,  nonche'  il  principio  "dispositivo"
 secondo   il  quale  se  l'ente  controllato  non  adempie  a  quanto
 richiestogli,  la  conseguenza   e'   solo   quella   del   possibile
 annullamento  del  suo  atto,  ovvero (secondo talune leggi regionali
 attuative)  l'automatica  caducazione   (revoca   tacita)   dell'atto
 soggetto al controllo.
    Non  vi  e'  piu' protrazione della "pendenza" del procedimento di
 controllo a seguito  di  "una  sola  interruzione  per  richiesta  di
 chiarimenti  o  di  ulteriori  elementi  del  giudizio", ma un potere
 prefettizio di acquisire ex officio (secondo comma dell'art.  19  del
 decreto-legge) ogni sorta di atti e documenti al fine di "riattivare"
 il "nuovo" controllo.
   Vi  e' la conseguente possibilita' - inevitabile - che l'atto venga
 annullato ex post (ora per allora) anche per motivi  gia'  rilevabili
 nella  "prima  fase"  e  non  ritenuti  - in allora - invalidanti dal
 c.r.c.
    L'ente non potra' piu'... rinunciare a tener fermo il proprio atto
 (limitandosi a non fornire  i  chiesti  elementi  integrativi  e/o  i
 chiarimenti  richiesti  dallo  o.r.c.),  ma  dovra'  ottemperare alla
 richiesta del prefetto di inviargli ogni atto o  documento,  a  sensi
 del  secondo comma dell'art. 19, ignorando quale significato e valore
 essi assumeranno nella adombrata ipotesi di successiva sollecitazione
 del riesame...

                                   V
    E'  apertamente  "cassato"  (pur senza la esplicita abrogazione di
 cui all'ultimo comma dell'art. 1) il settimo comma dell'art. 46 della
 recente  legge  n. 142/1990, posto che non avra' piu' alcun senso che
 leggi regionali si cimentino a stabilire  termini  e  decorrenze  per
 l'esercizio  del controllo, volta che questo ultimo potra' comunque e
 sempre essere indefinitamente ripreso e rieffettuato. Trattasi di una
 palese  revoca  tacita  di  attribuzione legislativa, operata a danno
 delle regioni, in diversa e altrettanto  grave  violazione  dell'art.
 130 della Costituzione.

                                  V I
    E'  del  tutto  vanificato il contenuto dell'art. 45 della recente
 legge n. 142/1990.
    L'art.  19  oggetto del presente ricorso, infatti, non limita agli
 atti di cui al primo comma dell'art. 45 della legge n.  142/1990,  il
 nuovo  potere  prefettizio  di  chiedere  il riesame, ma si riferisce
 all'intero art. 45,  ricomprendendo,  pertanto,  anche  gli  atti  di
 competenza  delle  giunte  i  quali  sono  -  nel  nuovo regime delle
 autonomie locali - solo "eventualmente" soggetti a controllo.
    Cio' puo' significare due cose:
      1)  o  che il prefetto possa, a suo arbitrio, estendere l'ambito
 degli atti da controllare;
      2) ovvero che venga fortemente incentivato l'uso, da parte delle
 minoranze  consiliari,  della  facolta'  di  cui  al  secondo   comma
 dell'art.  45  (richiesta  di  sottoposizione  al controllo), al solo
 scopo di porre - poi - il prefetto in condizioni  di  provocarne,  se
 "vistati" l'eventuale "riesame"|
    Il  risultato  sara'  quello  che  atti  che  il  legislatore "dei
 principi" (legge n. 142/1990) intendeva - di  norma  -  sottrarre  al
 controllo   preventivo   di   legittimita',  saranno  controllati  (o
 almeno...  controllabili)  due  volte,  ed  anche  sotto  il  profilo
 dell'eccesso  di potere, cioe', in pratica - come riconosce la citata
 circolare ministeriale - anche nel merito |||

                                 V I I
    Vi  e'  infine,  un  diverso  profilo  di  incostituzionalita' che
 attinge alla violazione degli artt. 115, 117, prima "voce", 123  e  -
 ancora - 130 della Costituzione.
    Che  gli organi (comitato, ovvero sezioni decentrate) di controllo
 sugli atti degli ee.ll. siano organi regionali, non puo' essere posto
 in  dubbio.  Se  non  bastasse  il chiarissimo disposto dell'art. 130
 della Costituzione, soccorrerebbero gli artt.  55,  primo  e  secondo
 comma, 56 e 58 della legge 10 febbraio 1953, n. 62, nonche' 41, primo
 comma, e 42 della legge n. 142/1990, ad infine -  indirettamente,  ma
 inequivocamente - l'art. 46, settimo comma, di quest'ultima legge.
    Orbene,  che il prefetto (rectius: "un" prefetto, posto che non e'
 detto quale egli sia,  fra  i  preposti  alle  diverse  province  che
 compongono  ciascuna  regione|),  possa  "esigere" - entro un termine
 tassativo| - una prestazione provvedimentale da un organo  regionale,
 quale  quella  di  cui  all'art.  19,  primo comma, del d.-l. n. 324,
 costituisce invasivita' manifesta e  patente  violazione  dei  citati
 articoli  della  Costituzione  e  dei  principi  espressi  -  e  tali
 qualificati - dalle leggi di attuazione dei medesimi.