IL PRETORE Letti gli atti del procedimento penale a carico di Pati Giuseppe, nato a Copertino il 3 maggio 1967 e residente in Lequile, imputato, del delitto di cui all'art. 589 del c.p.; O S S E R V A Il 30 giugno 1990 il procuratore della Repubblica presso la pretura circondariale di Lecce emetteva decreto di citazione a giudizio nei confronti di Pati Giuseppe per il reato di cui all'art. 589 del c.p. All'udienza dibattimentale del 10 novembre 1990 il pubblico ministero, per contestare in parte il contenuto della deposizione resa dall'imputato ai sensi dell'art. 503 del c.p.p., chiedeva di servirsi delle "dichiarazioni spontanee" rese dalla parte esaminata alla polizia stradale nella immediatezza del fatto, contenute nel fascicolo del pubblico ministero. Il difensore dell'imputato si opponeva sia alla contestazione, sia all'acquisizione nel fascicolo per il dibattimento di tali "dichiarazioni spontanee". Avendo il Pati reso quelle dichiarazioni senza l'assistenza del difensore, viene sollevata d'ufficio questione di legittimita' degli artt. 350, settimo comma, e 503, terzo comma del c.p.c. L'art. 350 del c.p.c., cosi' come gli altri articoli contenuti nel titolo quarto del libro quinto, mira a dare attuazione alla direttiva 31 della legge 16 febbraio 1987, n. 81, chiarendo nella sua formulazione che la polizia giudiziaria puo': a) assumere, con l'assistenza obbligatoria del difensore e con le modalita' previste dall'art. 64, sommarie informazioni dalla persona indagata utilizzabili ai fini processuali e, agli effetti del giudizio, per le contestazioni; b) assumere, sul luogo o nell'immediatezza del fatto, anche senza la presenza del difensore, notizie ed indicazioni dalla persona nei cui confronti vengono svolte le indagini al solo fine della immediata prosecuzione delle indagini, col divieto assoluto di qualsiasi documentazione ed utilizzazione processuale; c) ricevere dichiarazioni spontanee dall'"indagato", utilizzabili, se documentate ai sensi dell'art. 357, secondo comma, lett. b), non come prova ma eventualmente per le contestazioni a norma dell'art. 503, terzo comma del c.p.p. Come si legge nella relazione ministeriale al progetto preliminare ed al testo definitivo del codice di procedura penale, la formulazione dell'art. 350 rispecchia l'interpretazione della direttiva 31 prevalsa in Commissione redigente dopo un animato dibattito. Ritenne la commissione che la direttiva 31 consentisse anche la previsione delle cc.dd. dichirazioni spontanee rese dall'indiziato senza il difensore alla polizia giudiziaria ed utilizzabili in giudizio ai fini delle contestazioni, pervenedno a tale conclusione con l'argomento che tale direttiva mostrerebbe di distinguere le "informazioni rese" (utilizzabili) da quelle "assunte (e, quindi, provocate) dalla polizia giudiziaria" (inutilizzabili). La linea interpretativa seguita nella formulazione del settimo comma dell'art. 350, e conseguentemente dall'art. 357, secondo comma, lett. b), che consente la documentazione delle dichiarazioni spontanee rese dall'indiziato alla polizia giudiziaria senza l'assistenza del difensore per l'eventuale utilizzazione a norma dell'art. 503, terzo comma, ai fini delle contestazioni, appare pero' in contrasto con la precisa volonta' del legislatore delegante che con la direttiva 31 seconda parte pone il divieto di "ogni utilizzazione agli effetti del giudizio, anche attraverso testimonianza della stessa polizia giudiziaria, delle dichiarazioni ad essa rese da testimoni o dalla persona nei cui confronti vengono svolte le indagini, senza l'assistenza della difesa". Il divieto di utilizzazione, posto dal legislatore delegante, si riferisce, secondo l'univoco significato letterale della direttiva in esame, anche alle "dichiarazioni rese" (quindi, non provocate ma spontanee) dall'indiziato alla polizia giudiziaria senza l'assistenza del difensore e non solo alle "informazioni assunte" (e, quindi, provocate), alle quali peraltro fa richiamo alla stessa direttiva la' dove consente alla polizia giudiziaria "di assumere sul luogo e nell'immediatezza del fatto, anche senza l'assistenza del difensore, notizie ed indicazioni utili ai fini dell'immediata prosecuzione delle indagini", con divieto, pero', di ogni documentazione ed utilizzazione processuale. Quindi, le disposizioni di cui all'art. 350, settimo comma, e degli artt. 357, secondo comma, lett. b), e 503, terzo comma, del c.p.p., che alla prima sono correlate, nella parte in cui consentono la documentazione delle dichiarazioni spontanee rese dall'indiziato alla polizia giudiziaria senza l'assistenza del difensore e la successiva eventuale utilizzazione per le contestazioni, esorbitando dai limiti della delega contenuta nella direttiva 31, si pongono in contrasto con gli artt. 76 e 77 della Costituzione. Ove, poi, non si ritenessero in contrasto con la ratio della direttiva 31, le norme in esame violerebbero l'art. 24, secondo comma, della Costituzione non garantendo alcun diritto di difesa a chi, gia' indiziato del reato, decidesse di rendere dichiarazioni spontanee alla polizia giudiziaria senza essere edotto delle contestazioni a suo carico e senza la possibilita' di esercitare pienamente il diritto di difesa nella fase piu' delicata del processo, quando vengono raccolte le prime fonti di prova. La prospettata questione e' certamente rilevante nel giudizio in corso in quanto se venisse dichiarata l'illegittimita' costituzionale degli articoli del codice di procedura penale citati verrebbe meno la possibilita' per il p.m. di contestare all'imputato le dichiarazioni spontanee rese alla polizia giudiziaria.