ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 12,  28,  29,
 30,  34,  36,  44 e 50 della legge 4 luglio 1967, n. 580 ("Disciplina
 per la lavorazione ed il commercio dei cereali, degli sfarinati,  del
 pane  e delle paste alimentari"), promosso con ordinanza emessa il 13
 novembre 1990 dal Pretore di Arezzo sul ricorso  proposto  da  S.r.l.
 Faralli  Elio  contro  Prefettura  di  Arezzo  iscritta  al  n. 1 del
 registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
 Repubblica, n. 5 - prima serie speciale - dell'anno 1991;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 Ministri;
    Udito nella camera di consiglio  del  20  marzo  1991  il  Giudice
 relatore Renato Granata;
    Ritenuto  che con ordinanza in data 13 novembre 1990 il Pretore di
 Arezzo   ha   sollevato   questione   incidentale   di   legittimita'
 costituzionale - in relazione all'art. 10 Cost. - degli artt. 12, 28,
 29, 30, 34, 36, 44 e 50 legge 4 luglio 1967 n. 580 (Disciplina per la
 lavorazione  ed il commercio dei cereali, degli sfarinati, del pane e
 delle paste alimentari) nella parte in cui  consentono  alle  imprese
 che  esportano  prodotti  italiani nei paesi della C.E.E. di derogare
 alle prescrizioni limitative  degli  ingredienti  consentiti  per  la
 produzione  degli  sfarinati,  del  pane  e  delle paste alimentari e
 viceversa prevedono un divieto (non derogabile) di importazione degli
 stessi prodotti dai paesi della C.E.E.; tale  normativa  nazionale  -
 assume il giudice rimettente - sarebbe contrastante con gli artt. 30,
 32  e  36  del  Trattato istitutivo della Comunita' economica europea
 (ratificato con legge 14  ottobre  1957  n.  1203)  potendo  in  essa
 identificarsi   una   misura  di  effetto  equivalente  ad  una  (non
 consentita)  restrizione  all'importazione  tra  Stati  membri  della
 C.E.E.;
      che  e'  intervenuto  il  Presidente del Consiglio dei Ministri,
 tramite l'Avvocatura generale  di  Stato,  eccependo  preliminarmente
 l'inammissibilita'  della questione essendo l'ordinanza del giudice a
 quo assolutamente mancante  di  motivazione  sulla  rilevanza  e  non
 risultando  in  particolare  se,  nella specie, si tratti di prodotti
 importati,  o  meno,  da altri Stati membri della Comunita' economica
 europea; nel merito l'Avvocatura generale  ritiene  inammissibile  la
 questione  sollevata  atteso  che l'eventuale contrasto tra normativa
 comunitaria  e  normativa  nazionale  non  si  pone  in  termini   di
 incostituzionalita' di quest'ultima.
    Considerato   che   il  giudice  rimettente  ha  omesso  qualsiasi
 motivazione sul punto della rilevanza della questione incidentale  di
 costituzionalita', pretermettendo finanche di indicare se il giudizio
 in  corso  avesse,  o meno, ad oggetto merci di provenienza dai paesi
 della Comunita' economica europea, violando in tal modo  il  precetto
 dell'art.  23, secondo comma, della legge 11 marzo 1953 n. 87, che fa
 obbligo al giudice a quo di esporre nell'ordinanza  di  rimessione  i
 termini  ed  i  motivi della questione (v., ex plurimis, ord. 416 del
 1987);
      che comunque - dopo l'assetto che la  giurisprudenza  di  questa
 Corte ha dato al problema dei rapporti tra ordinamento comunitario ed
 ordinamento   nazionale  nella  sentenza  n.  170  del  1984  -  deve
 conseguentemente ritenersi inammissibile (in tal senso  v.  ord.  nn.
 274  e  275  del  1986) la questione di illegittimita' costituzionale
 della legge nazionale per  contrasto  con  la  normativa  comunitaria
 dovendo  il  giudice  nazionale  -  ove  ritenga  che  la fattispecie
 sottoposta  alla  sua  cognizione  sia   ricompresa   nella   materia
 comunitaria  -  procedere  alla  diretta applicazione di quest'ultima
 normativa (e segnatamente, nella specie, degli art. 30, 32 e  36  del
 Trattato istitutivo);